2015-16
di Ezio Liporesi per Virtuspedia
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA: FEDERICO VECCHI
Iniziamo a conoscere il mondo del settore giovanile bianconero partendo dal suo responsabile tecnico, Federico Vecchi. Che proprio ieri sera ha portato l’Under 18, che guida personalmente, al successo nel derby in casa della Fortitudo 103.
Partiamo proprio da questa gara, dal suo risultato e da quello che ha indicato.
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 23/10/2015
“Una bella partita corale. La cosa che mi ha soddisfatto è stata la continuità, nel senso che di gara in gara stiamo migliorando sempre di più”.
Era anche un faccia a faccia tra Virtus e Fortitudo. Per giunta, giocato al PalaDozza. E infatti ha interessato molto pubblico e media.
“Il derby è sempre una partita speciale ed averla giocata con questo spirito è una bella iniezione di fiducia per il proseguo del nostro campionato”.
Tutte le categorie si sono “messe in moto” con i rispettivi tornei. Prime impressioni?
“Sono soddisfatto di come è iniziata la stagione agonistica, in particolare il clima che percepisco durante gli allenamenti e le partite, sia da parte dello staff che da parte dei giocatori, è una premessa fondamentale per creare l’ambiente ideale per il miglioramento e la crescita dei nostri ragazzi”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA: FRANCESCO NIEDDU
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 30/10/2015
Dalla Libertas San Felice, dove capì che la strada era quella del basket da insegnare, alla palestra Porelli, piccolo grande tempio della virtussinità. In mezzo, Francesco Nieddu ha accumulato esperienze diverse e, assicura, tutte importanti per accrescere un bagaglio tecnico di primissimo ordine.
“Uno dei miei ultimi allenatori, quando giocavo, è stato Ennio Zazzaroni, oggi Ds a Vigarano. Lui mi diceva che allenare era la mia strada, e ho iniziato alla Libertas, dove avevo smesso da giocatore. Gli anni della formazione sono stati quelli di San Lazzaro, dove con Roberto Rocca ho imparato il mestiere dell’allenatore, iniziando con pochi gruppi in una società piccola come i Cinghioss. Poi sfociati nel Bsl, fino alla dimensione che conosciamo ora. Un percorso formativo anche dal punto di vista di gestione e organizzazione”.
L’occasione di approdare a una prima squadra è arrivata presto. Tanto da farti vivere l’esperienza di essere il coach di ragazzi più grandi di te.
“Ero assistente della squadra in D e dopo un po’ mi sono trovato a guidarla. Non ho avuto particolari problemi, perché sono uno piuttosto predisposto all’ascolto. Anche io ho imparato molto, nell’immediato forse più di quanto ho dato. Ma devo dire che mi è successo tutto: da giovane ho avuto squadre senior molto esperte, come ne ho avute di molto giovani. Più tardi, squadre molto giovani e io non lo ero più tanto… C’è stata anche la parentesi femminile, che ho voluto fortemente. Tutte le combinazioni possibili. E credo che avere sperimentato situazioni così diverse sia stato parecchio utile”.
Dopo il lungo periodo sanlazzarese, un’altra avventura pluriennale a Lugo. Con la voglia di allontanarsi da casa per esplorare realtà nuove e diverse.
“A Lugo dopo il primo anno è venuto un po’ a mancare il senso del progetto iniziale. Ma dopo dieci anni vissuti a San Lazzaro stare qualche stagione lontano da Bologna è stato altrettanto formativo, soprattutto dal punto di vista umano. Devo dire che anche la proposta del settore femminile mi ha incuriosito, era un mondo che volevo esplorare”.
Da quest’anno, il nuovo mondo su cui lavorare si chiama Virtus. Come è nata l’occasione?
“Prima di tutto grazie a Federico Vecchi, con cui ci eravamo sfiorati a San Lazzaro e poi avevamo collaborato col Cna per i corsi allenatori. Venivo da un anno a Rimini, stavamo chiudendo per proseguire la collaborazione quando mi è stata fatta questa proposta che ho accettato d’istinto. Detto sinceramente, anche rimangiandomi anche un po’ la parola con Rimini, dove ero stato bene. Ma l’occasione era prestigiosa, e poter lavorare con Federico mi stimolava”.
Un segnale di fiducia, anche: Vecchi ti ha voluto accanto nell’Under 18 e ti ha affidato l’Under 16.
“La decisione immediata viene da questi particolari: la presenza di molte persone che conosco e stimo, come Federico ma anche come Daniele Cavicchi, con cui abbiamo diviso parte del percorso di formazione, o come Marco Patuelli; e il fatto di avere un ruolo non marginale in un società così blasonata”.
Entrare alla palestra Porelli da tecnico della Virtus fa un bell’effetto?
“Bello e un po’ strano. Come tanti giovani allenatori a Bologna, venivo qui a vedere allenare Sanguettoli, Consolini e altri grandi tecnici. Entrarci da allenatore nell’immediato impressiona. Poi entri nel ruolo e cerchi di fare al meglio il tuo lavoro”.
Il futuro prossimo dell’Under 18, nella quale collabori con Vecchi, e dell’Under 16 di cui sei prima guida?
“Hanno in comune il fatto di aver dovuto assimilare un sistema nuovo, con staff completamente rinnovati, dal capoallenatore al preparatore fisico. Ora vediamo una crescita abbastanza costante. Le partite finora sono state più abbordabili per quanto riguarda l’Under 18, più equilibrate per i ragazzi dell’Under 16. Più avanti, quando per esempio la squadra maggiore avrà recuperato gente come Petrovic e Penna, avremo nuove verifiche. Ma è il lavoro in palestra che ci dà le risposte più importanti”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA: MATTIA LARGO
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 06/11/2015
All’undicesima stagione nel mondo bianconero, Mattia Largo ne ha già viste tante, seguendo negli anni un po’ tutte le categorie giovanili ed approdando addirittura alla prima squadra, nello staff di coach Giorgio Valli. La chiave, in fondo, è quella di continuare a guardare le cose con entusiasmo, mettere passione nel proprio mestiere che è qualcosa di delicato: allenare, formare, far crescere i giovani.
“Qualcosa per cui se ti senti arrivato, hai chiuso. Il nostro è un percorso in cui ad ogni step c’è da imparare, ed è il bello di questo lavoro. Una fortuna. Se penso a quando sono arrivato qui, portato da Gianni Giardini, o ai grandi maestri con cui ho collaborato, alle attenzioni avute per il mio lavoro, posso davvero dire che sono stato fortunato”.
Anche a varcare la soglia della palestra Porelli, ormai parecchio tempo fa.
“Soprattutto. Essere in Virtus significa tanto per me. Io poi sono stato tifoso, prima di arrivare qui. Ho seguito la squadra anche in trasferta, ero sugli spalti nel giorno del “tiro da quattro” di Sasha. Venire qui è stato realizzare un sogno. Tre mesi prima di ricevere la chiamata di Giordano Consolini, ero a Montegranaro per la finale di A2. Sono passato dai cori alla palestra…”
Quella chiamata arrivò mentre stava ancora giocando in Serie D.
“Nel CVD, che era legato all’Horizon, società satellite del minibasket bianconero, dove operava Gianni Giardini. Fu lui a segnalarmi a Giordano, e poco dopo arrivò appunto quella chiamata. La fortuna di cui dicevo è stata essere presente nella conquista di due titoli italiani di categoria, in un caso proprio accanto a Consolini, nell’altro a Sanguettoli. La strada me l’hanno indicata maestri come loro, o come Cristian Fedrigo, che non mi stancherò mai di ringraziare perché è stato il primo a pungolarmi, a riprendermi quando era necessario. Nei primi anni ero molto superficiale, e piuttosto pigro, grazie a Cristian ho capito che dovevo lavorare molto su questo aspetto, e ancora lo faccio perché la crescita non è certo completata”.
Dicono che lavorare coi giovani di oggi sia più difficile. Sono davvero così complicati?
“Sono semplicemente meno abituati a sentirsi dire in faccia quello che non funziona. Ma se quando glielo dici riesci anche a spiegare le tue ragioni, la vedono in maniera diversa, positiva, e ti seguono. Chi ha detto che seguire i ragazzi con dedizione significhi automaticamente essere pesanti o pedanti? Più gli stai dietro, più dimostri che tieni a quello che fai, e quello che sta a cuore a te starà a cuore anche a loro. Bisogna provarci, coi ragazzi. Un gruppo va gestito, prima ancora che allenato, e devi sforzarti di capire il loro mondo e quello che hanno in testa”.
L’Under 14 che le è stata affidata quest’anno l’ha già capita? Che gruppo è?
“Interessante. Indietro fisicamente e mentalmente, perché molti di questi giocatori sono ancora acerbi, come è naturale per la loro età, e hanno enormi margini di miglioramento. Ma intravedo buone qualità, e soprattutto una grande capacità di stare insieme. E’ questo che fa di un gruppo di giocatori una squadra, a tutti i livelli”.
Intanto, alla selezione di categoria che si radunerà lunedì mattina al Cierrebi ci sono cinque elementi della sua Unipol Banca Under 14.
“Questa è una grande soddisfazione, perché sono ragazzini che si impegnano tanto. A questa età, venire in palestra quattro volte a settimana per un paio d’ore è uno sforzo importante. Sono contento se il mio lavoro è servito, ma questo è soprattutto un momento loro, qualcosa che ricorderanno e che darà loro nuovi stimoli. E questo mi rende felice”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA - RICCARDO PEZZOLI
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 13/11/2015
Un anno speciale, niente da dire. Te lo ricordi per forza, se in pochi mesi metti una firma nitida su uno “scudettino” di categoria e poi ti ritrovi al debutto nel ruolo di prima guida di un altro gruppo giovanile. E tutto questo alla Virtus, dove eri arrivato perché volevi provare a metterti in gioco in un ambiente dove la pallacanestro guarda ai giovani con una cura speciale.
Esattamente questo è successo a Riccardo Pezzoli, sul finire della quarta stagione vissuta in bianconero: dal tricolore Under 14 di Bormio, guidando la squadra durante la fase finale, assente giustificato l’head coach Cristian Fedrigo, alla stagione che sta per iniziare con la formazione Esordienti. Quattro stagioni dopo essere entrato in punta di piedi alla palestra Porelli.
“Venivo dal San Mamolo, dove ho fatto tutta la trafila da giocatore, fino a toccare la Serie D. Lì ho iniziato ad allenare, partendo dal minibasket. Mi ha convinto Romano Lanzarini, insegnare ai bimbi mi piaceva e non ho più smesso”.
Fino all’approdo alla Virtus.
“Era ed è una società che cura il settore giovanile con un’attenzione unica. Ed era anche la squadra per cui facevo il tifo, andandola a vedere con i miei, che erano abbonati. Insomma, ho fatto di tutto per arrivare qui”.
Ha lavorato al fianco dei migliori insegnanti.
“Fin dal primo anno con Cristian Fedrigo. Gli Under 15 alla prima stagione, poi ripartendo dagli Esordienti che sono diventati gli Under 14 tricolori quest’anno. A partire dalla seconda annata ho avuto modo di lavorare anche con Sanguettoli, Largo e Consolini”.
Ma con Fedrigo si è formata una coppia solidissima.
“Da lui ho imparato tanto. Professionalità, metodo, attenzione ai particolari. Lavorare accanto a Cristian è stato un grande salto di qualità”.
A Bormio, dopo tre anni di lavoro su quel gruppo, si è trovato a dover completare l’opera senza di lui.
“Bello, perché sia lui che era il capoallenatore che la società hanno deciso di darmi questa possibilità. Ma anche strano, perché fin lì avevamo condiviso ogni momento e giocare la finale stando in panchina senza la sua presenza è stato qualcosa di inatteso. Sono contento di aver completato l’opera, seguendo i suoi insegnamenti. Glielo dovevo”.
Ripartire dagli Esordienti, e da capoallenatore, che effetto fa?
“Domenica inizia il campionato, io in questo ruolo avevo già fatto una stagione al San Mamolo, ma questa è una realtà diversa. Era ciò che desideravo, sarà una grande possibilità e ci metterò impegno. Insegnerò a ragazzi di prima media, ed è una fascia d’età che mi piace perché so che troverò attenzione e permeabilità. Sarà un bel punto di partenza”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – DAVIDE D’ATRI
Un veterano. Uno che si è innamorato dell’idea di insegnare la pallacanestro ai giovani dopo aver fatto lui tutta la trafila da giocatore, dal minibasket alla Serie D. Davide D’Atri, qualifica di Allenatore Nazionale, capoallenatore dell’Under 13 e braccio destro di Giordano Consolini nell’Under 15 di Unipol Banca, è partito da lontano. Dall’altra sponda, mica è un segreto.
“In Fortitudo sono rimasto tanti anni. Poi le vicissitudini dell’era Sacrati hanno coinvolto un po’ tutti, e mi sono trasferito alla Salus, sempre per lavorare coi giovani. Nel contempo, mi sono ritagliato uno spazio anche nel mondo della pallacanestro femminile, guidando la Krea del presidente Civolani in Serie B”.
Il “pres” più longevo della storia sportiva bolognese. Lo sapeva?
“Un appassionato, anche. E un vero personaggio. Con quell’aria da burbero sotto cui nasconde molta generosità. Per la sua società ha investito tanto, per decenni, e questo è voler bene al basket. Io mi ci sono trovato bene: lui ha carattere, ma abbiamo subito definito i ruoli e li abbiamo rispettati”.
Dopo la Salus, l’esperienza a Monte San Pietro.
“Dove mi occupavo un po’ di tutto, seguendo il settore giovanile dall’Under 19 in giù. Ma a un certo punto ho avvertito la necessità di affrontare un cambio di ritmo, provare un’esperienza più completa. Avevo due strade, due anni fa, per lavorare in un settore giovanile di alto livello: venire alla Virtus o allontanarmi parecchio da casa”.
Come si è avvicinato al mondo bianconero?
“All’inizio, nel modo più semplice: mandando in giro il mio curriculum. Ma in realtà non è servito. Giordano Consolini mi aveva già proposto di venire qui un paio di volte, l’ultima avevo dovuto ringraziare e declinare, perché avevo già dato la mia parola ad Arletti, per andare in Salus. E io di parole ne ho una sola”.
La terza volta è stata quella buona.
“Quando Giordano ha visto il mio curriculum, mi ha telefonato. “Non ne ho bisogno, direi che un po’ ti conosco”, mi ha detto ridendo. Lui nel 2004 era stato anche mio istruttore al corso da allenatore nazionale, a Bormio. Così sono arrivato qui. L’ambiente giusto, quello che desideravo. C’è un’organizzazione perfetta, mi sento seguito e stimolato dalla società, nel mio lavoro. Questa è la mia seconda stagione qui, ed entrare alla Porelli è un piacere quotidiano”.
Ha avuto maestri importanti, nel suo percorso.
“Da giocatore mi ha seguito Andrea Sassoli. Da tecnico ho lavorato con gente come Dario Bellandi e Bebo Breveglieri in Fortitudo, mentre qui ho assistito Sanguettoli nella prima stagione e oggi Consolini. Se non si impara qualcosa da persone così, vuol dire che la testa è davvero dura…”
Ha anche il suo gruppo da far crescere: l’Unipol Banca Under 13.
“Sono molto contento, si lavora bene e tanto e ci sono i presupposti per fare buone cose. Ho un grande apporto dalla società e questo mi dà tranquillità. Siamo partiti bene, stiamo costruendo e al di là delle vittorie vedo una crescita di questi ragazzi, e una buona dose di talento tra di loro. Proviamo a fare una bella stagione, ma soprattutto a lavorare per il loro futuro e per quello della Virtus”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – GIORDANO CONSOLINI
Era il 1983, quando Giordano Consolini si affacciò al mondo bianconero. Da allora, a parte una breve parentesi appena fuori dalla sua Bologna, a Reggio Emilia, da quel mondo non è più uscito. Conoscendo i fasti della prima squadra, da assistente di Ettore Messina nei giorni della gloria e dell’Europa vista dall’alto, e ancora da capoallenatore riportandola dove meritava di stare, nella massima serie, dopo le stagioni più difficili. Ma soprattutto dedicandosi ai giovani, per scelta, “per cercare di aiutarli a crescere attraverso lo sport che amo, la pallacanestro”. La passione che si fa vocazione. In modo naturale.
Consolini, perché in casa Virtus il settore giovanile è così importante, così caratterizzante?
“Questo andrebbe chiesto a chi anche oggi ci investe, credendoci. Personalmente, penso che nella nostra società sia diventato una questione culturale, e così dovrebbe essere in effetti per tutte le società. Il settore giovanile si può fare bene o male, ci si può investire tanto, così così, anche meno. Ma è un dato di fatto che per qualcuno, pochi purtroppo, è qualcosa che fa parte dell’essere società, dei doveri e delle responsabilità che ha una realtà sportiva importante come la nostra. Che a mio modo di vedere si deve fare carico della formazione, proprio come una società civile, uno Stato, dovrebbero occuparsi della gioventù, della sua educazione, della sua crescita”.
In casa Virtus sono concetti ben noti da tempo.
“Al di là delle regole, delle condizioni che sono cambiate dai tempi dell’avvocato Porelli a oggi, ci deve essere un senso di dovere nei confronti della formazione. Credo che una società di vertice debba occuparsene, e dare anche l’esempio alle altre società. In qualche modo, deve fare tendenza”.
Fare tendenza oggi può voler dire invertire un trend che sembra non lasciare troppi spazi a chi esce dal settore giovanile e cerca di mettersi in luce col talento e la volontà.
“Bisogna fare in modo che il settore giovanile torni ad essere un’esigenza. Ovvio che contano regole e condizioni attuali. Quando c’era l’avvocato Porelli era davvero conveniente allestirlo, ti dava anche degli introiti oltre a produrre giocatori per la prima squadra e un senso di appartenenza, e a dare ai tifosi il piacere di vedere un ragazzo del vivaio crescere e diventare un po’ alla volta un giocatore importante. Sono valori oggi disconosciuti, tranne in qualche rara eccezione. La Virtus è una di queste, e oggi rafforza il senso di un progetto che ha radici antiche e guarda al futuro”.
Cosa hanno dato, a Giordano Consolini, questi decenni di lavoro accanto ai giovani, arricchiti da sei titoli italiani di categoria?
“E’ stata una mia scelta. Non l’ho mai messa in discussione in tutti questi anni, mai un secondo ho pensato a cosa avrei potuto fare se… Fuori dalla retorica, amo profondamente il rapporto quotidiano con i ragazzi e il poter essere, presuntuosamente, un loro aiuto per farli crescere meglio. Attraverso la pallacanestro, che amo.
E’ una cosa egoistica, prima di tutto, un mio appagamento. Ma è sincera, per questo credo di poterla “confessare” apertamente”. Vado in palestra con loro e provo da sempre a farli diventare giocatori migliori e, anche se loro non lo sanno, uomini migliori. Perché mai come in questo momento mi rendo conto che hanno bisogno di regole. E noi possiamo fargli capire quanto sia bello darsi una disciplina, che è una parola bellissima: disciplina non è stare in fila per tre, ma darsi delle regole cercando di onorarle”.
Banale chiedere se e quanto siano cambiati i giovani, in questi trent’anni.
“I giovani sono sempre giovani, è il mondo che è cambiato. L’unica cosa che viene percepita in modo leggermente diverso è il senso della responsabilità. Affrontare le responsabilità e sapere che comportano delle conseguenze, positive o negative. Ma se si è un po’ persa questa sensazione è colpa nostra, siamo noi cinquantenni ad essere meno responsabili di quelli di trent’anni fa”.
Dopo oltre un decennio al timone del settore, continua a vivere questo rapporto guidando una squadra giovane, l’Under 15, nella struttura gestita ora da Federico Vecchi, che ha raccolto il suo testimone. Cosa la spinge a varcare oggi come trent’anni fa la porta della palestra Porelli?
“Stare in mezzo ai giovani significa cercare di stare al passo, aggiornarsi, essere svegli, avere un atteggiamento positivo. Questo, mi illudo, può darmi la possibilità di invecchiare meglio”.
In questo cammino di insegnamento del basket alle nuove generazioni, quali sono state le persone determinanti per Giordano Consolini?
“Ho avuto la fortuna di avere grandissimi maestri, di crescere e formarmi nella Virtus. Tra persone eccellenti, allenatori e non solo: partendo dall’avvocato Porelli per arrivare a Ettore Messina, passando dal professor Enzo Grandi, da tanti altri personaggi unici. Chiaro che Ettore ha un posto speciale in tutto questo. Se ho potuto stare nel basket, essere a contatto con campioni immensi, avere esperienze inimmaginabili, devo ringraziare prima di tutto lui”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – PAOLO ZONCA
Ventisei anni, bolognese. Segni particolari: una passione profonda per la pallacanestro, coltivata troppo poco da giocatore per un incrocio sbagliato col destino, ma con determinazione e volontà anche dopo, in vesti diverse. A diciassette anni Paolo Zonca ha iniziato a stare dall’altra parte, con quelli che il basket lo insegnano. Giovanili della Fortitudo, quindi l’esperienza da assistant coach alla Libertas, fino all’A2 femminile, e ancora la scoperta di un mestiere attiguo e diverso, la scelta di dedicarsi alla preparazione fisica, che l’ha portato dopo una stagione a Mantova fino al mondo della Virtus. Da tecnico in sboccio a preparatore: percorso non convenzionale.
“Ho iniziato da ragazzino, nemmeno troppo presto perché avevo quasi quindici anni. La realtà è che mi presentai alla Ghepard per giocare a calcio, ma mi dissero che non c’era posto in squadra e mi indirizzarono alla pallacanestro. Non ne volevo sapere, mi convinse un compagno di classe. E invece di lì a poco sbocciò l’amore. A diciassette anni, quando mi ruppi i legamenti del ginocchio, la passione era già fortissima, e così pensai a un modo per continuare il percorso, possibilmente a un buon livello”.
Subito in palestra ad insegnare alle giovani leve. Fino a un incontro che ha rappresentato la svolta.
“Sono partito da zero, col minibasket e poi il settore giovanile in Fortitudo, e intanto ho continuato i miei studi a Scienze Motorie. Cinque anni fa ho conosciuto Matteo Boccolini, attuale preparatore della Dinamo Sassari. Un professionista che mi ha dato tanto, fiducia soprattutto. Grazie a lui mi sono appassionato ad un aspetto che all’inizio non avevo calcolato, e ho trovato molto stimolante il fatto di riuscire a vedere le cose con un occhio più tecnico, specifico e trasferirlo all’aspetto fisico”.
In qualche modo, si può dire che ha bruciato le tappe. Un anno fa l’esperienza con gli Stings, adesso il settore giovanile della Virtus. Bel percorso, e soprattutto veloce.
“La passione, la voglia di migliorare e di crescere giorno dopo giorno mi ha portato qui. Ma ho avuto fortuna a trovarmi accanto a gente come Matteo, o come Carlo Voltolini, che oggi mi sta dando aiuto e preziosi consigli. Io ci metto la volontà, ma se sulla strada incontri le persone giuste è un gran bel vantaggio”.
Lavorare nel mondo della V nera significa?
“Entrare alla Porelli è un’emozione. Ti approcci alla storia cercando di portare con te le tue conoscenze e la tua cultura del lavoro. Ho la possibilità di fare un’esperienza di alto livello a casa mia, accanto a professionisti seri e affermati. Quando mi hanno chiamato alla Virtus ho capito che era una grande occasione, di quelle che non devi lasciarti sfuggire”.
Lavorare con i ragazzi è molto diverso dal farlo con atleti professionisti. Approccio diverso e una responsabilità che ha a che fare con la loro crescita, atletica e umana.
“Certamente è anche un ambito più stimolante, per me. In Serie A i giocatori sono più o meno fatti e finiti, hanno conoscenze del lavoro specifico. Coi giovani c’è l’aspetto didattico, bisogna far loro capire anche come si deve ragionare per imparare ad ascoltare il proprio corpo, a gestirsi, a costruirsi un futuro nello sport. Come avere un foglio bianco su cui iniziare a scrivere da zero. E proprio questo mi piace, vederli crescere. E’ la cosa più bella che mi porto dietro dai tempi del minibasket”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – MATTEO FINI
Incroci, scelte, decisioni da prendere. La vita ne è piena, e per Matteo Fini quello che raccontiamo non sarà stato, o non sarà, l’ultimo. Importante e recente, questo sì. E’ stato qui, in casa Virtus, dove è approdato da tre stagioni, che Matteo, ventisei anni e una passione vera per la pallacanestro, ha deciso: stop con la doppia veste di assistente tecnico e preparatore del settore giovanile, e avanti soltanto con la seconda opzione. Quella per cui, crescendo anche professionalmente, oggi si sente più portato.
“Il doppio ruolo, diciamo così, risale al 2012, quando mi ritrovai a fare il secondo assistente e il preparatore dell’Under 19 agli Eagles. Durante quella stagione ho fatto il corso e preso le prime tessere, quella da allievo allenatore e poi quella da preparatore fisico. In queste vesti, un anno dopo, mi sono approcciato alla Virtus, seguendo i gruppi Under 13 e Under 14 e lavorando a stretto contatto con Luca Briziarelli e Carlo Voltolini, che poi mi ha portato con sé anche nella sfera della prima squadra. Loro hanno alimentato la mia curiosità, e mi hanno fatto capire che la preparazione fisica è l’ambito che mi interessa di più, in cui sento di poter dare qualcosa. Anche il mio percorso di studi mi dice questo: mi sono laureato in Scienze Motorie, specializzandomi in Scienze e Tecniche dell’Attività Sportiva. All’inizio di questa stagione ho avuto l’occasione giusta e ho capito che era il momento di prendere la decisione giusta”.
Alle spalle, una storia d’amore per la palla a spicchi, condita da qualche “sbandamento” verso quella ovale...
“Ho iniziato da ragazzino, alla Pgs Welcome, approdando tra i Cadetti della Fortitudo nel 2002, quando l’abbinamento era Skipper e la prima squadra fece la finale-scudetto con Treviso. Un anno soltanto, poi sono passato alla Salus e ancora alla Welcome, prima che una serie di infortuni mi facessero passare la voglia di scendere in campo. Non è che sarei arrivato chissà dove: ero un’onesta ala-centro, nessun talento oltre la norma. Mi sono preso una… pausa di riflessione un po’ movimentata, nel senso che mi sono messo a giocare a football americano nei Doves, e l’ho fatto per un paio d’anni. Altro infortunio, rimediato sui campi di sci però, e stop. Intanto ho iniziato l’Università e mi sono riavvicinato alla pallacanestro, per provare a farne un mestiere”.
Partendo dall’altra sponda, il settore minibasket della Fortitudo.
“Vennero a presentarsi a Scienze Motorie, cercavano qualcuno che avesse voglia di fare un po’ di tirocinio e andai. Tutto è iniziato lì, ma la scelta definitiva è recentissima e appartiene al mondo bianconero”.
Questa, come detto, è la terza stagione alla Unipol Banca. Primi bilanci?
“Gli anni vissuti qui mi hanno formato. Sono in una società che ha una storia, da cui sono passate grandi personalità, sia dal punti di vista tecnico che da quello atletico. Oggi lavoro con i gruppi Under 16 e Under 14, e collaboro alla preparazione degli Esordienti. Essere qui, a ventisette anni, è un traguardo che all’epoca dell’Università non avrei dato per scontato. Mi sento un privilegiato. E credo che dovrebbero sentirsi così anche i tanti ragazzi che sono qui ad allenarsi, e forse non si rendono immediatamente conto del lavoro che c’è dietro, per farli crescere come altrove non riuscirebbero”.
Una crescita costante, assistita da maestri che hanno lasciato il segno.
“Ho avuto la possibilità di lavorare con grandi insegnanti. Da Marco Sanguettoli, che attraverso il confronto quotidiano mi ha dato tantissimo, a Luca Briziarelli che nelle due passate stagioni mi ha dato sempre maggiori responsabilità, facendomi crescere. Fino a Carlo Voltolini, la persona da cui in assoluto ho preso di più, perché ha creato il metodo di lavoro che sto consolidando e mi ha spinto a prendere questa strada vedendo la mia passione e ritenendo che potessi intraprendere il percorso per cui credo di essere più portato”.
Ci si impadronisce, sempre più profondamente, di un mestiere anche attraverso il contatto quotidiano con chi deve trarne i benefici.
“Ho lavorato a contatto con i ragazzi, e anche con i giocatori professionisti. Ho notato le differenze di approccio al lavoro, che devono naturalmente esserci. E’ soprattutto un discorso didattico: a noi arrivano ragazzi da formare, si usa molto tempo per l’insegnamento dei gesti specifici, e le soddisfazioni più grandi arrivano quando lo stupore per la novità di certi esercizi diventa un approccio diverso, più naturale. I ragazzi oggi sono meno abituati a esplorare sé stessi, a capire dove si può arrivare col proprio corpo. Sta a noi insegnare che certe cose si possono fare. L’obiettivo è creare degli atleti, e delle persone, consapevoli. Accanto a professionisti come Carlo Voltolini e Paolo Zonca, è un percorso affascinante”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – LUCA BROCHETTO
Sette anni in Virtus. Parafrasare il titolo di un grande romanzo e di un grande film può aiutare, per una volta, a raccontare la lunga milizia di Luca Brochetto, responsabile del minibasket bianconero da quando fu chiamato, nel 2009, alla sede di via dell’Arcoveggio, dopo una lunga esperienza accumulata in realtà come Bologna Basket School, Libertas San Felice, Horizon, Trebbo, Polisportiva Santa Viola, Peperoncino e Francesco Francia.
“E’ una storia lunga perché ho iniziato molto presto. A diciassette anni avevo già capito che la cosa che mi piaceva di più, della pallacanestro, era allenare. Ho iniziato nel Bologna Basket School, con Andrea Rossi, occupandomi di attività giovanile e poi sempre, ovunque sia andato, di minibasket. Quando mi ha chiamato Giordano Consolini, proponendomi la responsabilità del settore in Virtus, venivo da una stagione in cui avevo guidato l’Under 19 a Trebbo, facendo anche l’assistente della prima squadra in serie C. Ma ho detto sì, perché ho capito subito che avevo davanti una grande occasione”.
Lavorare coi più piccoli è un mestiere particolare. Prima di ragionare di tecnica e tattica, c’è da dare un indirizzo, da trasmettere una passione. Quella che, quando prende, difficilmente svanisce.
“Quest’anno, oltre alla palestra delle scuole Tempesta, siamo tornati anche in forze al Cierrebi, potendo disporre di più ore di lavoro. Con sei istruttori e cinque assistenti, gestiamo circa 120 ragazzini. Io cerco di appassionarli a questo sport, dando loro indicazioni su come si sta in campo, come ci si rapporta coi compagni. E’ una forma di educazione, prima di tutto, gli aspetti motori arrivano dopo”.
Dedicarsi a questo settore così a lungo significa, ovviamente, amarlo.
“Stare in palestra con i bambini è impagabile. Giocare e divertirsi con loro, vederli migliorare giorno dopo giorno, mi dà una grande soddisfazione. E più sono piccoli, più i passi avanti si notano in breve tempo”.
Poi, naturalmente, c’è il piacere di lavorare con una V nera sul petto. Sapendo che sul futuro qui si investe con convinzione.
“Questi sette anni in Virtus mi hanno aiutato a crescere come persona, prima ancora che come allenatore. Giordano mi ha insegnato il metodo, e come si sta in palestra. Non ho avuto la fortuna di lavorare con gli altri allenatori del settore giovanile, ma ne condivido il progetto. So cosa significa avere la responsabilità di gestire un settore che vuole portare il numero più alto possibile di bambini alle porte delle giovanili. È una missione che porto avanti con orgoglio, sapendo che al momento giusto i ragazzi che avranno voglia di continuare dopo l’esperienza del minibasket si ritroveranno in ottime mani”.
IL BILANCIO DI FEDERICO VECCHI: "SODDISFATTO PER LA CRESCITA DEL SETTORE, MA SAPPIAMO BENE CHE SARA' UNA STRADA LUNGA"
Il momento giusto per un primo bilancio. Dopo la prima parte di stagione e un Natale… di lavoro, che ha visto impegnate tutte le formazioni di Unipol Banca, protagoniste nei principali tornei dedicati alla pallacanestro del futuro, tocca a Federico Vecchi, responsabile del settore giovanile della Virtus, analizzare lo stato delle cose e tirare le prime, non definitive, somme.
“Ho ereditato da Giordano Consolini una struttura che funzionava bene, una macchina oliata, ho trovato un lavoro ben fatto che ho proseguito conservandone la traccia. A livello organizzativo la presenza del dirigente responsabile Marco Patuelli è una garanzia di passione e professionalità. A livello tecnico la situazione è molto positiva perché in ogni gruppo abbiamo ragazzi interessanti e di prospettiva, e questo è fondamentale perché se non c’è talento nelle varie annate tutto ciò che poi viene fatto ha un’incidenza minore. La qualità esiste, e all’interno dello staff c’è una grande unità d’intenti, una linea condivisa sugli aspetti di crescita, tecnica e fisica, dei giocatori. Al fianco dello staff tecnico c’è uno staff di preparatori fisici molto bravi, che stanno facendo un ottimo lavoro sotto la guida di Carlo Voltolini”.
Infatti la crescita dei singoli e dei gruppi, nel corso della stagione, è stata evidente.
“La cosa importante è aver sempre presente il primo obiettivo di un settore giovanile, che è quello di formare dei ragazzi guidandoli per farli diventare i migliori giocatori possibili. Ogni miglioramento individuale, tecnico e fisico, è alla base di ciò che facciamo quotidianamente in palestra. Poi è chiaro che se migliorano i singoli ne trae giovamento anche il gruppo, la squadra cresce di livello e arrivano i risultati. Ma il settore giovanile deve soprattutto coltivare i talenti, far crescere il valore di ogni giocatore con pazienza, consentendo ai ragazzi di sbagliare per mettersi allo prova in aspetti del gioco in cui sono carenti, ma sempre nel rispetto delle esigenze di squadra”.
Di talenti, nelle formazioni di Unipol Banca, ce ne sono diversi. Qualcuno è arrivato proprio prima dell’inizio di questa stagione, e sta facendo passi avanti, proprio come ci si aspettava.
“Siamo soddisfatti, tra i ragazzi nuovi qualcuno era più pronto e qualche altro ha mostrato un potenziale un po’ più grezzo, come del resto ci aspettavamo. Ma tutti stanno mettendo grande passione, grande etica in quello che fanno in palestra. Per alcuni di loro, soprattutto quelli che sono arrivati da poco, ci vorrà un po’ più di tempo per capire dove potranno arrivare”.
La base, come si è detto, è il lavoro di chi ti ha preceduto. Ma l’opera non si è fermata. Come sei intervenuto, portando la tua esperienza, per proseguire il cammino?
“Io credo molto al fatto di allenare contemporaneamente le varie aree di miglioramento dei giocatori, e nella capacità di condivisione degli obiettivi fra le varie componenti coinvolte. Ho aumentato il tempo dedicato in ogni gruppo alla cura della componente fisica, abbiamo due preparatori che garantiscono la presenza ad ogni allenamento, dall’Under 14 all'Under 18 ed una supervisione per gli under13 ed Esordienti. Tutti gli allenamenti alla palestra Porelli sono svolti dagli allenatori in collaborazione con i preparatori, proprio per seguire il miglioramento dei giocatori sul piano tecnico-tattico e su quello fisico. Io sono cresciuto qui, mi sono formato in questo ambiente, che è stato la mia scuola. É stato molto naturale proseguire il lavoro tecnico impostato da Giordano, sono nato professionalmente con queste basi. Un altro aspetto su cui sono intervenuto, insieme al responsabile del minibasket Luca Brochetto, è l'aumento delle ore palestre dedicate al minibasket, per avvicinare sempre più bambini al mondo Virtus. Perchè se il settore giovanile è un serbatoio per la prima squadra, il minibasket lo è a sua volta per il settore giovanile”.
L’Under 18, che segui personalmente da head coach, è l’ultimo step del settore prima dell’approdo al basket dei “grandi”. Già oggi, per meriti e ovviamente anche per le necessità legate alla stagione intensa della prima squadra, troviamo spesso alcuni dei tuoi ragazzi nel roster di Obiettivo Lavoro. Significa che le cose vanno nella direzione giusta?
“Bisogna essere onesti, da questo punto di vista. Il primo obiettivo di un settore giovanile è fornire giocatori che possano allenarsi con la prima squadra, e non credo di dire una sciocchezza se affermo che fin qui siamo riusciti nel nostro intento. Il passo successivo per i più promettenti dei nostri atleti Under18, però, è riuscire a ritagliarsi un ruolo stabile nelle rotazioni fra i senior. Noi, anche considerando l’età dei ragazzi e il fatto che non partecipiamo all’Under 20, siamo nella prima di queste fasi. Sono soddisfatto anche per il feeling e la condivisione di obiettivi con Giorgio Valli e Sandro Crovetti, persone con cui ci si può rapportare con grande schiettezza, perché hanno una visione del settore giovanile precisa e lungimirante, una fortuna per noi e per come intendiamo il nostro lavoro”.
Insomma, i primi mesi di Federico Vecchi alla guida di un settore che in casa Virtus ha sempre avuto un valore fondamentale sono stati intensi e gratificanti.
“Stiamo camminando su una bella strada, ma con la consapevolezza che i percorsi di un settore giovanile sono naturalmente lunghi, per cui tutte le componenti devono essere compatte e coinvolte nel progetto. I ragazzi devono essere consapevoli che ogni volta che si entra in palestra è necessario avere il desiderio di mettersi in gioco, facendo passi avanti ogni giorno, con il gusto di praticare uno sport appassionante con l’impegno e la passione necessari. I mesi positivi che abbiamo alle spalle devono servirci da stimolo, sono un punto di partenza e non un punto di arrivo”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – ALESSANDRO SENNI
Un mondo nuovo. Pieno di fascino, di storia, di opportunità per sviluppare passione e mestiere. Alessandro Senni è approdato alla Virtus all’inizio di questa stagione, e ci ha messo un attimo a sentirsi in famiglia. E’ assistente nell’Unipol Banca Under 18 di Federico Vecchi e responsabile della foresteria, dove i giovani bianconeri arrivati da fuori città coltivano sogni e speranze di sport e di vita. Impegno delicato e stimolante.
“Infatti, quando l’amico Marco Patuelli mi ha contattato per propormi di venire qui, non ci ho pensato due volte. So bene che certi treni non passano due volte nella vita, e bisogna essere pronti a salirci. Devo dire che sono stato fortunato: ho giocato a basket per quindici anni, cresciuto nelle giovanili a Ravenna, sono arrivato ad essere aggregato alla prima squadra in B2 e a calcare i parquet della Serie D. Ma due anni fa ho voluto provare a seguire una strada nuova, frequentando un corso per allenatori. Mi piaceva l’idea di non chiudere sul campo il mio rapporto con questo sport che mi ha dato tanto. L’anno scorso ho fatto l’assistente nel supergruppo Under 19 del Basket Ravenna, che faceva tre campionati diversi con una ventina di ragazzi. Quest’anno ho colto al volo una grande opportunità”.
Effetti della palestra Porelli. La prima volta che hai varcato la soglia?
“La palestra la conoscevo, ma entrarci con addosso i simboli di questa società è un’altra cosa. Una sensazione strana, particolare, anche tosta dal punto di vista emotivo. Alzi la testa e vedi il palmares, le foto dei personaggi che hanno fatto la storia del club, e realizzi subito di essere arrivato in un mondo diverso. Mi sono detto: okay, adesso qui si fa sul serio… Dal punto di vista tecnico, sono stato imbarcato nell’avventura dell’Under 18 di Federico Vecchi, e ovviamente è qualcosa di impegnativo: ci si allena praticamente tutti i giorni, si è sempre in palestra e per me che cercavo proprio questo è qualcosa di piacevole”.
Oltre all’impegno da assistant coach c’è quello di responsabile della foresteria. Dai tempi dell’avvocato Porelli, un vero e proprio biglietto da visita della società. Insomma, un ruolo delicato.
“Si tratta di gestire la quotidianità, i piccoli e grandi problemi dei sette ragazzi che sono ospiti quest’anno. Un impegno full-time, perché ovunque tu sia devi essere pronto a intervenire per risolvere qualunque necessità. Vivo con loro, cerco di dare anche quel supporto di cui necessita un giovane che si trova per la prima volta lontano da casa. E’ il momento in cui imparano a gestirsi, a vivere autonomamente”.
Si dice sempre che le nuove generazioni sono profondamente cambiate, che è davvero un’altra gioventù. Luoghi comuni?
“C’è del vero. Sono stato ragazzo anche io, non troppo tempo fa, e noto che il modo di vivere e di rapportarsi agli altri è cambiato. I ragazzi di oggi sono più tecnologici, magari si mandano messaggi da una stanza all’altra invece di parlarsi. Tendono a isolarsi, a cercare metodi comunicativi più comodi. C’è una sorta di adattamento reciproco: io devo entrare nel loro mondo per capirli, loro devono rendersi conto un po’ alla volta che maturare come persone, prima che come giocatori, bisogna adattarsi a certe regole. E’ un rapporto importante, perché poi si creano legami d’affetto e mi piace l’idea che questi ragazzi possano essere aiutati nel loro percorso di crescita dalla mia presenza”.
L’Under 18, nella quale lavori insieme a Federico Vecchi e Francesco Nieddu, è l’avamposto del settore giovanile prima dell’approdo al basket dei “grandi”. Un passaggio cruciale. Un bel posto da cui insegnare questa disciplina.
“In questo gruppo, a livello tecnico, vedo alcuni giocatori davvero interessanti. Ogni tanto penso che stiamo allenando ragazzi che potrebbero davvero diventare bravi. Federico è un allenatore preciso, tecnico e cura tutti i particolari per far sì che un giovane giocatore capisca come approcciarsi al basket giovanile, in modo da essere il più pronto possibile quando arriverà il momento di confrontarsi con il basket dei senior. E’ molto bello e interessante lavorare accanto a lui, un’esperienza che mi arricchisce giorno dopo giorno”.
Per arrivare, in futuro, dove?
“Io voglio continuare ad assorbire questi insegnamenti da chi ha più esperienza di me e anche grazie a questo, capirò in fretta e con esattezza dove voglio arrivare. Prima o poi una squadra la guiderò come capo allenatore ed è chiaro che ci si augura sempre il massimo, ma questo è semplicemente il momento di imparare dai maestri”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – ANDREA GATTI
La passione per il basket l’ha respirata in famiglia, fin da bambino. Senza costrizioni, però: Andrea Gatti l’ha coltivata a modo suo, con tenacia, ponendosi da subito obiettivi precisi e facendo anche scelte coraggiose per perseguirli. Alla seconda stagione in casa Virtus, prova a fermarsi un attimo per ripensarle e raccontarle.
“Mio padre Maurizio ha lavorato per anni a stretto contatto con i giocatori di Serie A., instaurando rapporti profondi anche con uomini che sono stati vere bandiere per la Virtus, penso per esempio ad Antoine Rigaudeau. Io ero un bimbo e crescevo giocando con i loro figli, normale che l’amore per questo sport mi sia stato trasmesso. Da ragazzo ho fatto la trafila delle giovanili in diverse società, sempre con un chiodo fisso: se non dovessi funzionare da giocatore, mi dicevo, un giorno proverò ad allenare. Così, dopo anni passati a margine delle rotazioni, ho capito che quella era davvero la strada da seguire. A diciassette anni sono uscito dal parquet e ho iniziato a vedere il basket da un’altra ottica”.
Quella dell’allenatore, appunto. E qui subentrano quelle scelte coraggiose di cui si diceva.
“Ero iscritto a Economia e Commercio, mi mancava un anno alla laurea. Ma avevo già capito che non avrei avuto futuro. Immaginate uno che cerca un posto di lavoro in funzione delle ore che dovrà poi spendere in palestra… Non credo che avrei avuto la strada spianata. Così sono ripartito, e mi sono iscritto a Scienze Motorie, il corso di studi più attinente a ciò che volevo diventare. Mi hanno abbuonato appena due esami, è stato davvero un ritorno alla casella di partenza. Ma ora sono approdato al terzo anno, vedo più vicino il traguardo giusto”.
La panchina, all’inizio, è stata quella della Polisportiva Masi.
“Ho iniziato lì, e ci sono rimasto tre anni. Da assistente, nell’ultima stagione lavoravo su due squadre, l’Under 17 e gli Esordienti. Contemporaneamente, era il 2013-2014, mi feci avanti con Mattia Largo e gli chiesi se fosse possibile seguire un po’ di allenamenti della Virtus alla palestra Porelli. Finì che in quella stagione, ogni mercoledì, ero sulle tribunette a guardare il lavoro dei tecnici delle giovanili bianconere”.
Una presenza fissa che non è passata inosservata.
“Arriva l’estate e ricevo una chiamata di Giordano Consolini. “Ti vedo spesso in palestra”, esordisce. Capisco il senso della chiamata e mi precipito in ufficio, dopo cinque minuti ero entrato nello staff Virtus”.
Nella prima stagione al servizio di Unipol Banca, quella passata, Andrea ha lavorato proprio accanto a Mattia Largo, che guidava gli Under 13, e a Davide D’Atri con gli Esordienti. In questa annata continua il lavoro per l’Under 14 di Largo, e in aggiunta c’è quello con Francesco Nieddu nell’Under 16.
“Tutto molto stimolante. Anche perché ogni tecnico ha un suo modo di operare, in palestra, e io sono lì a raccogliere spunti, idee, programmi anche diversi tra di loro. Tutto questo mi arricchisce enormemente”.
La prima volta alla Porelli. Ricordi?
“Ho sempre provato un grande rispetto per il mondo bianconero e per il suo settore giovanile. Quando giocavi contro la Virtus percepivi questa identità forte, il carisma degli allenatori. Quando sono entrato qui, ho capito che tutto era proprio come lo immaginavo da fuori. Non vedevo l’ora di iniziare ad imparare da maestri come questi”.
Con una V nera sul petto, Andrea Gatti ora prova a immaginarsi il futuro. Uno così determinato, un’idea del proprio domani deve essersela fatta…
“Voglio semplicemente perseguire la strada che ho imboccato. Non torno indietro, adesso. Da giocatore avevo un limite fisico, da allenatore il tempo per fare qualcosa di buono c’è. Vado avanti sperando di poter dire, un giorno, che non ho lasciato nulla di intentato e ho reso al massimo delle mie possibilità”
L’UNIPOL BANCA SI TINGE D'AZZURRO
tratto da www.virtus.it - 29/01/2016
Quattro giovani del settore giovanile Unipol Banca sono stati convocati dal Settore Squadre Nazionali per il Raduno di Perfezionamento Tecnico Federale della Selezione Under 15 che si svolgerà a Giussano dal 5 al 7 febbraio 2016. Lorenzo Bianchini, Lorenzo Deri e Matteo Nicoli figurano nell’elenco dei 32 giocatori che si alleneranno agli ordini di coach Antonio Bocchino, mentre Giacomo Guidi è tra i giocatori a disposizione.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – ALESSANDRO GATTI
Viene da lontano, la passione di Alessandro Gatti, da due anni in Virtus, e oggi assistente allenatore di Unipol Banca, nell’Under 15 di Giordano Consolini e nell’Under 13 di Davide D’Atri. Dagli anni passati in campo, nelle “minors” ma fino a un certo punto, perché con una palla a spicchi tra le mani lui è arrivato fino alla Serie C con Granarolo.
“La strada del basket l’ho presa in prima media, trascinato da alcuni compagni che mi hanno tolto di dosso quella per il calcio. Facevo il portiere e quasi senza accorgermene mi sono trovato sul parquet, a fare la trafila nelle giovanili e poi con addosso la divisa di Castiglione Murri, Castel San Pietro, fino alla C con Granarolo. Poi, quando ho deciso di fare sul serio a Scienze Motorie, ho chiuso col basket giocato. Mi si è aperta, invece, la porta del lavoro di tecnico, quando mi hanno chiamato a Budrio, proprio in virtù del passato da giocatore e degli studi che avevo scelto”.
Nella Bassa, a due passi da casa (Alessandro vive da sempre a Castenaso), è rimasto quattro lunghi anni. Fino alla chiamata della Virtus, arrivata due anni fa.
“Alla Pallacanestro Budrio devo tanto, mi ha permesso di farmi le ossa prima col minibasket e poi col settore giovanile. Due estati fa uscivo dal corso di allenatore di base, frequentato a Cattolica con Giampiero Ticchi come insegnante. Una bella esperienza. Inaspettata, mi è arrivata la chiamata di Giordano Consolini. Aveva saputo che me l’ero cavata piuttosto bene, e Matteo Fini, che conoscevo da tempo, ci aveva messo una buona parola. Insomma, era l’inizio di luglio e mi trovai a ragionare di questa proposta. Sapevo che quello della Virtus era un treno inatteso e unico, e alla fine ho deciso di prenderlo”.
Alla Porelli c’era passato pochi mesi prima, e in quel caso la Virtus l’aveva sfidata.
“La prima volta, arrivai da avversario. Con l’Under 13 di Budrio, e trovai subito la squadra di Fedrigo che ci rifilò cinquanta punti. Mi trovai catapultato nel mondo Virtus, che non conoscevo, e mi sentii un po’ piccolo. Perché se solo ti affacci qui dentro, capisci subito che è una storia diversa. Un mondo da scoprire. Capisci che c’è una gestione particolare, professionale, e che anche il settore giovanile ha un’importanza speciale. Pochi mesi dopo ero proprio accanto a Cristian, una cosa che non mi sarei mai aspettato”.
Adesso tra queste mura passa gran parte delle sue giornate, divise tra palestra e università. Dopo la laurea, la specializzazione. E in via dell’Arcoveggio l’impegno con due gruppi di lavoro.
“Cosa significa essere qui? E’ molto più di un’opportunità. In due anni ho conosciuto molti allenatori e modi diversi di allenare. Quest’anno mi ritrovo anche a fianco di Giordano, da cui tutto partì con quella telefonata. Mi trovo bene, in un settore che è organizzato alla grande, con metodologie di lavoro che da fuori nemmeno si possono immaginare. Sono qui, cerco di raccogliere indicazioni e insegnamenti. E lavoro con i ragazzi, cosa che mi piace tantissimo. E’ uno stimolo, un esame anche per me. Ho seguito un gruppo per quattro anni, a Budrio, e ancora oggi quando vedo quei ragazzi sento il feeling che si è instaurato. Il bello è cercare di aiutarli nella crescita quotidiana, nella costruzione di una mentalità sportiva e non solo, in un momento importante della loro vita. In campo diventi un punto di riferimento, devi sempre tenerne conto”.
Il presente gli assorbe tutto il tempo. Il domani è un’idea che di tanto in tanto affiora. Un pensiero positivo.
“A volte ci penso, a quanta strada ho ancora da percorrere. Ovvio che si sogna sempre di andare lontano, di dare il massimo. Ma intanto bisogna saper ascoltare, capire che c’è ancora molto da imparare. Sono venuto alla Virtus per questo. Voglio assorbire il più possibile quello che vedo fare in palestra, questa è una scuola e ho avuto la fortuna di essere stato ammesso. Devo sfruttare questa opportunità”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – GIACOMO CAMPANELLA
Una strada spianata, e decisamente in discesa. Portava dritta verso la passione per il basket e per i colori bianconeri, e si può dire che Giacomo Campanella abbia iniziato a percorrerla poco dopo aver imparato a camminare.
“Avevo quattro anni quando papà mi portò per la prima volta a vedere una partita della Virtus. Andate a vedere l’elenco degli abbonati e lo trovate lì da venticinque anni: Antonio Campanella, prima tessera nel 1991. Un fedelissimo. Come me, che comunque nel 2005, a dieci anni, ero già a mia volta in quella lista. Ho visto anche Danilovic, magari in braccio a mio padre, ho vissuto da bambino il Grande Slam, mi sono goduto giocatori come Rashard Griffith e poi Vonteego Cummings, fino ai giorni nostri sono sempre stato lì, a palazzo. Ma nel cuore, di quei giocatori, ne ho soprattutto due: Alessandro Abbio, che ho ritrovato allenatore dei miei fratelli all’Atletico Borgo, e Manu Ginobili. Sono andato a vederlo giocare anche a San Antonio, e proprio grazie a una telefonata di Picchio ho potuto salutarlo prima di una partita degli Spurs. Emozione immensa”.
Non solo un amore da tifoso. Appena ha potuto, Giacomo ha cominciato a calcare il campo da gioco.
“E ancora lo faccio. Minibasket e giovanili all’Atletico, dove sono arrivato fino alla Serie D. Quest’anno sono approdato alla Masi, in Promozione. Col ruolo di sempre, guardia tiratrice. Diciamo che ho la mia mattonella, e da lì cerco di spostarmi il meno possibile…”
Non bastava, evidentemente. Per essere davvero passione a 360 gradi, mancava una vita da allenatore…
“Giocare mi piace, ma ormai è chiaro che quello che dovevo fare l’ho fatto. Non sono un atleta a fine carriera, ma la mia dimensione è quella in cui mi sto esprimendo. Volevo provare nuove esperienze, e ho avuto l’occasione di entrare davvero nel mondo della Virtus collaborando già dai tempi delle scuole superiori col minibasket di Luca Brochetto. Dopo quattro anni con lui, Federico Vecchi mi ha proposto di continuare, facendo la mia parte nel settore giovanile a partire da questa stagione. Non me lo sono fatto dire una seconda volta. La palestra Porelli la conoscevo bene, da innamorato avevo frequentato quelle tribune per vedere tanti allenamenti, ma entrarci con un incarico preciso nel settore giovanile è un’altra cosa”.
Ora Giacomo è nel gruppo di assistenti di Unipol Banca, e lavora con l’Under 14 di Mattia Largo e con la squadra Esordienti di Riccardo Pezzoli.
“Ne sono orgoglioso. Ho una grande occasione per imparare questo mestiere accanto a tecnici preparati, devo approcciarmi con l’umiltà e la voglia di conoscere che occorrono in questi casi. La passione, beh, quella mi pare di aver già spiegato a che livelli è…”
Nel gruppo è tra i più giovani. E anche questo, avendo a che fare con i ragazzi, può essere un aiuto.
“Nell’Under 14 ci sono ragazzi che hanno sette anni meno di me. In qualche modo, penso di poterli capire perché sono uscito da poco tempo da quell’età. Se può essere un contributo al grande lavoro dei capoallenatori, lo metto a disposizione più che volentieri”.
Il grande sogno chissà a che punto della vita si trova. Il percorso non è mai uguale a quello degli altri. Ma intanto, Giacomo Campanella si è incamminato su quella strada a grandi passi.
“Esco da scuola e i miei pomeriggi sono fatti di pallacanestro. Mi piace, è esattamente quello che volevo. Anche il mio percorso di studi in un certo senso aiuta: ho fatto l’Itis Belluzzi e poi mi sono iscritto a Scienze Statistiche, giocare coi numeri mi è sempre piaciuto e credo che il basket sia uno sport adatto ad essere studiato anche attraverso i numeri. Tanto che alla maturità presentai una tesina proprio in questa chiave. Dove arriverò? Non lo so e certamente non me lo domando oggi. Quello che mi importa è fare esperienza, e farla alla Virtus che considero una seconda casa da sempre. Imparare da persone che hanno molto da insegnarmi e crescere dentro a questo ambiente, con addosso questi colori: non è il massimo, a poco più di vent’anni?”
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – EDOARDO COSTA
“Allenatore per caso” sembrerebbe il titolo giusto per questa storia. Sembrerebbe. Perché in realtà, se Edoardo Costa a diciotto anni appena compiuti lavora già alla palestra Porelli, assistente di coach Davide D’Atri nell’Under 13 di Unipol Banca, un motivo deve pur esserci. E se lui nemmeno immaginava questa possibilità, quando Federico Vecchi gliel’ha proposta con quella che lui definisce “una telefonata a sorpresa”, l’estate scorsa, evidentemente in casa Virtus qualcuno aveva notato il suo modo di approcciarsi alla pallacanestro e alla vita.
“Gioco a basket da quando avevo sette anni, e sono entrato qui a tredici. Ho giocato tre stagioni in bianconero, sempre con Cristian Fedrigo come allenatore, fino all’Under 15. Poi sono passato a Granarolo dove ancora gioco, in Serie D. Sono un playmaker da sempre, ed è un ruolo che sento mio, mi piace. Non so se la mia visione del basket in campo è piaciuta o è stata notata da qualcuno, posso solo dire che in quei tre anni ho imparato tanto da Christian. Lui è stato un maestro per me, di sport ma anche di vita. Uno dei motivi per cui sono contento di essere qui. Sono tifoso virtussino da sempre, ho giocato per questi colori, ora sono qui e provo una nuova avventura. Fin qui, un percorso perfetto”.
Un ragazzo con le idee chiare, Edoardo. Frequenta l’ultimo anno al Galvani, liceo scientifico con indirizzo per le lingue straniere, inglese nella fattispecie. Ama la pallacanestro, e adesso sta imparando anche l’arte di insegnarla.
“Lavorare con Davide D’Atri è un’esperienza importante. Qui ci sono grandi allenatori, non potevo finire meglio. E non è da tutti iniziare proprio da qui, da questa palestra che per tanti è un punto di approdo. Sono stato fortunato, ora devo dimostrare di meritarmi questo privilegio”.
E’ il più giovane dello staff tecnico. Il percorso che sta affrontando sarà formativo non solo per i ragazzi che lo avranno tra i loro insegnanti, ma soprattutto per lui.
“A volte ci penso, e mi sento un po’ in soggezione in mezzo a questi tecnici capaci e molto più “attrezzati” di me sul’argomento basket. E tutti più grandi di me. Ma qui mi fanno sentire in famiglia, viene tutto naturale. I ragazzi della squadra? Hanno pochi anni meno di me, mi sembra ieri che frequentavo la seconda media come tanti di loro. Questo può essere un vantaggio, perché il loro linguaggio, il loro modo di affrontare la vita, li conosco bene. Ma tutto è relativo: Davide non sente un gap generazionale, perché ha tanta esperienza nel lavoro con i giovani. Sto solo cercando di dare il mio contributo, e di imparare da questa grande scuola bianconera”.
Per arrivare dove? Non è il momento di pensarci, assicura.
“Questo è il tempo dell’apprendimento. Non so nemmeno ancora quello che “farò da grande”. A fine stagione terminerò anche il liceo, dopo mi piacerebbe iscrivermi a Psicologia o a Scienze Motorie. Soprattutto nel secondo caso, darei un seguito al percorso che ho intrapreso qui. Intanto, mi godo questa chiamata e cerco di metterla a frutto. Tra studi, vita da giocatore e da assistente, di tempo ne resta poco, anche per fare programmi a lungo termine. Comunque vada, di una cosa sono certo: ci metterò tutto l’amore che ho per questa disciplina”.
PENNA CONVOCATO AL RADUNO DELLA NAZIONALE UNDER 18
tratto da www.virtus.it - 19/02/2016
Bella notizia per Lorenzo “Lollo” Penna, convocato al raduno della Nazionale Under 18 che si terrà a Campobasso dal 28 febbraio all’1 marzo. Il giocatore farà parte del gruppo chiamato a raccolta da coach Andrea Capobianco e dei suoi assistenti Fabrizio Ambrassa e Antonio Bocchino.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – MATTEO GRAZI
Una telefonata ti rimette in gioco, magari quando meno te lo aspetti. A Matteo Grazi, assistente di Riccardo Pezzoli nel gruppo Esordienti di Unipol Banca, è successo l’estate scorsa, quando ha ricevuto la chiamata di un suo vecchio maestro, Federico Vecchi, che era da poco diventato il responsabile del settore giovanile della Virtus.
“Lui era stato il mio allenatore alla Castiglione Murri, quando giocavo nelle giovanili di quella società. Un anno che ricordo con piacere, con lui mi trovai benissimo. Alla Castiglione Murri ho fatto tutta la trafila delle giovanili, e poi mi sono messo in gioco come assistente nel minibasket. Per un anno ho tenuto i piedi in due scarpe, giocavo e allenavo, poi ho deciso che un’ala piccola del mio calibro poteva anche smettere di calcare il parquet. Diciamo che non avrei lasciato troppi rimpianti in giro, ecco tutto. A diciannove anni, però, mi ero preso un anno sabbatico: appena iscritto all’Università, facoltà di Giurisprudenza, volevo capire quanto avrei dovuto spendere in termini di impegno negli studi”.
A maggior ragione, l’appello di Vecchi è arrivato quasi a sorpresa, e ha risvegliato una passione mai sopita.
“Dopo un anno fuori dal giro, il basket mi mancava. Del resto, non avevo idee precise su come avrei potuto ripartire, non avevo in mente particolari strategie di autopromozione. La chiamata di Federico mi ha tolto quel problema. Mi ha fatto piacere che abbia pensato a me, cinque anni dopo avermi allenato. Forse, in qualche modo, gli ho fatto una buona impressione già allora, dal punto di vista della disponibilità e della voglia di imparare. Mi riusciva naturale, con lui ho passato una stagione molto positiva”.
Ha messo tutto sulla bilancia, Matteo: da una parte il percorso universitario, dall’altra la voglia di dare ancora un senso al suo amore per la pallacanestro. Poi ha tirato le somme, e ha detto sì.
“So quanto si lavora sul settore giovanile in Virtus, so anche che devo impegnarmi negli studi. Ma sinceramente, a una proposta del genere non potevo dire di no. Sono virtussino da sempre, e alla Porelli ero sempre entrato soltanto da avversario. Farlo sentendomi davvero in famiglia è stata un’emozione impagabile”.
Sotto la guida di Riccardo Pezzoli, il gruppo Esordienti ha un compito importante e delicato, quello di
passaggio tra il minibasket e il basket.
“Mi piace l’ambiente e mi piace il gruppo. Sono convinto che potremo fare passi avanti, tutti insieme. Riccardo ha l’esperienza giusta, con Giacomo siamo quasi coetanei, parliamo la stessa lingua e ci diverte ragionare di basket anche fuori dagli orari di allenamento. Il mio futuro? Io vivo il presente con impegno, mi entusiasma essere qui e spero di restarci e imparare molte cose. Questa è una scuola che mi servirà nello sport come nella vita”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – MARCO PATUELLI
di Marco Tarozzi - www.virtus.it - 04/03/2016
Una storia che si potrebbe raccontare “a puntate”, quella di Marco Patuelli, ventisette anni, imolese, dirigente del settore giovanile di Unipol Banca. Perché dentro c’è la passione per la pallacanestro, coniugata a tutto tondo: da giocatore, istruttore, dirigente, giornalista. “Le ho viste tutte, effettivamente. Partendo dalla quarta elementare e dalla voglia di stare tra i canestri”. Allora sì, prendiamola larga e partiamo dagli anni giovanili. Tanto, il traguardo è già chiaro. Arriveremo qui: alla palestra Porelli, alla Virtus.
Primi passi in campo. Partendo dalla Virtus Imola.
“Sì, quando la prima squadra era in B1. Non avevo ancora finito le elementari. Da lì, poi, mi trasferii al Grifo, dove ho completato la trafila delle giovanili. E devo dire grazie a Stefano Mongardi, allora presidente della società, che comprese la mia passione e mi fece iniziare a dare una mano come assistente del minibasket e del settore giovanile, aprendo una nuova dimensione del mio rapporto col basket”.
Che portava dritto verso l’Andrea Costa…
“Esatto. E’ stato Fulvio Zavagli a portarmi lì, nella stagione 2011-2012. All’epoca già collaboravo alle pagine sportive del Domani di Bologna, ed entrai come addetto stampa della prima squadra che giocava in LegaDue. Ma divenni subito anche dirigente accompagnatore dell’Under 19 Eccellenza, che era guidata da Federico Vecchi, e istruttore degli Esordienti”.
La strada verso una carriera dirigenziale era aperta.
“Nella stagione successiva arrivò Renzo Vecchiato a fare il Ds, e divenni team manager della prima squadra, oltre che responsabile della comunicazione. Restando sempre accompagnatore dell’Under 19 di Federico. E l’anno dopo, stagione 2013-2014, pur non cambiando le mie mansioni mi sono trovato, data l’assenza di un Ds, ad avere un più ampio margine di azione, e a collaborare con coach Vincenzo Esposito nella costruzione della squadra che avrebbe affrontato il nuovo campionato di A2. A Natale di quell’anno, poi, Vecchi sostituì proprio Esposito in panchina. Di quella stagione ricordo con piacere anche la bella annata dell’Under 19 elite, che vinse il titolo regionale e disputò le Finali Nazionali di categoria a Grado”.
Nel frattempo, la voglia di crescere professionalmente nell’ambiente sportivo aveva aperto altre strade.
“Dal 2007 al 2012 ho collaborato al Domani di Bologna, conoscendo Marco Tarozzi che era caposervizio dello sport, e ho poi ritrovato qui. Per lui seguivo le squadre di calcio della mia città, Imolese e Dozzese. Ho anche collaborato per un paio d’anni al settimanale Sabato Sera, e scritto sulla Voce di Romagna. Per tre anni ho gestito anche un sito di informazione, SportImola Elite. Nella mia città insieme a Roberto Santi ho anche fatto parte dell’organizzazione del torneo estivo 3 vs.3, e ho curato due edizioni del Memorial Chicco Ravaglia. Stare dalla parte dell’organizzazione mi è sempre piaciuto, per questo avevo lavorato anche nello staff di un paio di campionati mondiali di ciclismo e in quello dei Giochi del Mediterraneo di Pescara, nel 2009. Sono contento di tutte le esperienze che ho fatto nella mia vita, da ognuna ho imparato lezioni che mi tornano utili nel lavoro quotidiano. E ancora adesso imparo qualcosa ogni giorno, non solo dal mondo del basket”.
In questa storia piena di occasioni e stimoli, a un certo punto, neppure troppo tempo fa, è entrata la Virtus.
“Nell’estate del 2014 avevo già deciso di chiudere la mia esperienza con l’Andrea Costa. Avevo qualche contatto con società di LegaDue, ma niente di definito. Un giorno apro il giornale e leggo la notizia che sarei passato alla Virtus, e il bello è che non avevo sentito nessuno. Ricordo che andai al PalaRuggi e c’era Vincenzo Esposito che allenava Michele Vitali, entrambi allora erano accasati a Caserta. Guardavo Michele e avevo davanti l’immagine di un ragazzo cresciuto nel settore giovanile bianconero, che era arrivato in Serie A. Mi colpì questa specie di presagio, e di lì a poco arrivò la chiamata di Giordano Consolini”.
A volte le notizie lette di sfuggita sui giornali hanno un fondo di verità…
“Giordano mi spiegò quello che mi veniva richiesto, il ruolo che avrei dovuto ricoprire all’interno del settore giovanile. Era quello che volevo, ci trovammo d’accordo immediatamente. Devo dirgli grazie, perché oltre a portarmi qui mi ha supportato tanto, perché provenivo da un contesto di prima squadra, e da settori giovanili di livello meno importante. Lui mi ha fatto capire come entrare in questo settore, tutto il lavoro che c’è dietro e quello che significa per questa società”.
Non era il caso di pensarci due volte, insomma.
“L’idea mi stimolava, conoscevo tante persone in Virtus e i loro metodi. Da Daniele Cavicchi ad Andrea Nobili, che aveva fatto il fisioterapista all’Andrea Costa prima di venire qui, fino a Gianluca Berti, il team manager, che proveniva da Reggio Emilia. Poi, alla fine della mia prima stagione bianconera, c’è stato il passaggio di consegne tra Consolini e Federico Vecchi, con cui ho condiviso tutti e tre gli anni di Imola. Sono contento di lavorare di nuovo con lui, perché è preparato e ha la mia stessa passione, oltre a conoscere molto bene quella che è la filosofia Virtus riguardo al settore giovanile”.
Quasi due anni con la V nera sul petto. Magari vale la pena fare un primo bilancio.
“Io mi ritengo fortunato, perché col tempo la mia passione è diventata il mio lavoro, e di questo devo ringraziare i miei genitori, Daniela e Giordano, che hanno sempre sostenuto e condiviso le mie scelte. Lavorare alla Virtus è bello, perché respiri la storia, noti subito la grande attenzione per il settore giovanile. Sono parte di una grande realtà, e per di più a due passi da casa mia. Non potevo chiedere di più. Qui hai la netta percezione di essere a un livello elevato, per quanto riguarda la cura del settore giovanile: è una società che ci crede, che investe risorse”.
C’è, da sempre, il segno lasciato dall’avvocato Porelli, che per primo attrezzò la Virtus perché fosse pronta a guardare al proprio futuro, e a costruirlo.
“Chi ha iniziato questo percorso ha avuto grande lungimiranza. Perché in questo caso i risultati non sono mai immediati, arrivano col tempo. I segni tangibili di questo lavoro di decenni sono i tanti giocatori che partendo da qui sono arrivati ad alta quota. Dietro c’è il lavoro di gruppo, quello che permette a uno staff tecnico di formare giocatori per la propria prima squadra, il senso ultimo del nostro operare. Per farlo al meglio servono le strutture, e la palestra Porelli è perfetta in questo senso: ci sono campo, palestra, sala pesi, uffici, tutto è concentrato qui”.
Le prime soddisfazioni, in questo viaggio nel mondo bianconero. Vogliamo provare a metterle in fila?
“Vedere un ragazzo del settore giovanile che arriva ad allenarsi con la prima squadra, magari a spendere minuti sul parquet in una partita di campionato. Lo scorso anno, Tommaso Oxilia lo ha fatto anche durante i playoff, è stata una bella emozione. Ancora, l’approdo di un team alle finali nazionali di categoria. Nella passata stagione i ragazzi dell’Under 17 hanno giocato la finale per il titolo, e quelli dell’Under 14 lo hanno conquistato. Momenti indimenticabili. Non solo per i successi in campo, ma perché quei giorni insieme sono costruttivi, il rapporto che si instaura tra giocatori e staff va oltre il significato sportivo. E’ davvero un momento di costruzione, qualcosa che si fa tutti insieme e di cui sono fiero di essere parte”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – STEFANO PINI
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 11/03/2016
La sua passione per la pallacanestro, Stefano Pini, dirigente accompagnatore di Unipol Banca Under 18, ha iniziato a coltivarla in Romagna, agli inizi degli anni settanta.
“La mia famiglia è originaria di Bergamo, ma papà per lavoro si trasferì a Faenza e lì ho iniziato a giocare, nelle categorie giovanili. Siccome questo sport ci ha messo un attimo a entrarmi sottopelle, sono iniziati ben presto i viaggi domenicali a Bologna, per vedere la Virtus al palasport di piazza Azzarita. Ho vissuto gli anni di John Fultz, che è stato l’idolo di quando ero ragazzino, quindi mi è rimasto nel cuore. Ma il grande basket arrivava anche a casa mia: per due anni a Faenza si organizzò il Leon d’Oro, torneo a cui parteciparono il Fernet Tonic di Meo Sacchetti e Renzo Bariviera, il Viganello con Manuel Raga. Era un altro basket, ma per un ragazzo in cerca di leggende c’era solo l’imbarazzo della scelta”.
L’ingresso in “casa Virtus” risale a diversi anni dopo. Stefano l’ha fatto da genitore, portando suo figlio in palestra.
“Giacomo ha fatto tutta la trafila delle giovanili, è cresciuto ascoltando gli insegnamenti di Cavicchi, Vecchi, Sanguettoli. E per qualche stagione ha poi allenato qui, facendo l’assistente di Consolini. Era insieme a Giordano e Polesinanti con gli Under 17 che nel 2007-2008 hanno conquistato il titolo italiano di categoria. La squadra di Vitali, Luca Fontecchio, Moraschini, Baldi Rossi, Gazzotti e compagni”.
Quella che chiameremo seconda vita bianconera, da dirigente accompagnatore, è iniziata una decina d’anni fa.
“La Virtus era diventata da tempo parte di me. Il primo abbonamento l’ho fatto nel ’91, l’anno prima che arrivasse a Bologna Sasha Danilovic. Quando Consolini mi ha fatto la proposta, l’ho accettata con orgoglio. Da allora ho sempre seguito le squadre dei più grandi, oggi lo faccio con gli Under 18 di Federico Vecchi. Ho visto crescere dentro la Porelli ragazzi come Pederzini, Masciadri, Moraschini, mi sono divertito cercando di rendermi utile. Stare a contatto coi giovani mi piace, poi qui vedi un basket giovanile di alto livello. E’ una pallacanestro meno tattica, meno esasperata rispetto a quella dei professionisti, la trovo piacevole, veloce, spesso spettacolare”.
Alla Virtus, poi, diventa spesso una pallacanestro che arriva alle finali nazionali, a qualunque livello.
“In questi anni ho festeggiato il titolo con due squadre. A Udine con gli Under 19 nel 2012, a Porto San Giorgio con gli Under 17 nel 2014. In assoluto, qui puoi toccare con mano ed apprezzare la grande organizzazione, il significato che il lavoro con i giovani ha per questa società. Si cerca il massimo, che non significa soltanto vincere titoli italiani: quelli danno lustro al progetto, ma il traguardo resta soprattutto formare questi ragazzi, come uomini e come atleti”.
Stefano li vede crescere, quasi sempre in un periodo delicato della vita e della carriera sportiva. In fondo al viaggio dentro il settore giovanile, c’è anche la risposta sul futuro per ognuno di questi giocatori.
“Incontro le loro storie, a volte le loro prime difficoltà importanti. Negli anni ho visto tanto basket, non sono un tecnico e non mi permetto di esserlo, ma spesso capisco quando possono averne. Consigli non ne ho troppi, anche perché io lavoro ancora e non vivo la palestra come lo staff tecnico e i giocatori. La maggior parte del tempo passato assieme è quello dei tornei, magari delle finali nazionali, e sono lunghe giornate che uniscono e possono cementare i rapporti. Si parla di tutto, io stesso sento un beneficio a rapportarmi con i ragazzi, e quando qualcuno approda a una Nazionale, quando un gruppo vince un titolo, provo una soddisfazione enorme”.
Il viaggio continua, nel frattempo. Tra ricordi indelebili e dedizione che non viene mai meno.
“I social, oggi, ci aiutano a tenere i contatti. Con i giocatori che sono passati da qui ci sono tante occasioni per scambiarsi un saluto o un augurio. Tra i momenti più belli che ho vissuto ci sono quelli in cui Giacomo giocava. Tra i genitori di quella squadra si era creato un bel feeling, le trasferte insieme erano un piacere. Essere stato genitore, prima che dirigente, mi è servito. Non che io sia mai stato un tifoso di quelli esagitati, ma stare tanti anni alla Virtus mi ha insegnato anche uno stile, un’etica comportamentale. Qui anche alle famiglie si richiede un comportamento consono allo stile e alla visione sportiva di questa società. Basta guardarsi intorno, qui alla Porelli, per capire che questo è un mondo che ha rispetto per lo sport, e cerca di trasmetterne i valori”.
OXILIA, PENNA E PETROVIC AI RADUNI DELLE NAZIONALI UNDER 18 IN VISTA DEL TORNEO SCHWEITZER DI MANNHEIM
tratto da www.virtus.it - 11/03/2016
Tre giocatori dell’Under 18 di Unipol Banca, Tommaso Oxilia, Lorenzo Penna e Danilo Petrovic, sono stati convocati per le giornate di raduno in vista del 28mo Albert Schweitzer Tournament 2016, riservato alle rappresentative nazionali Under 18.
Oxilia e Penna parteciperanno al collegiale della Nazionale italiana Under 18 di Andrea Capobianco, in programma a Bologna dal 22 al 25 marzo, per la quale è stato allertato come riserva anche Alessandro Pajola, classe 1999, mentre Petrovic sarà a Belgrado con la Nazionale Under 18 della Serbia.
L’Albert Schweitzer Tournament 2016 si terrà poi dal 26 marzo al 2 aprile a Mannheim, in Germania.
N.B. Oxilia non ha partecipato al raduno per una distorsione alla caviglia destra. Al suo posto Pajola.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – OXILIA, PENNA E PETROVIC, TRA CERTEZZE E SPERANZE
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 18/03/2016
Tre giocatori di Unipol Banca Under 18 convocati nelle rispettive rappresentative nazionali da cui dovranno uscire le squadre che parteciperanno al Torneo di Mannheim, ribalta europea per i giocatori della categoria. Bella soddisfazione per Tommaso Oxilia, Lorenzo Penna e Danilo Petrovic.
Abbiamo sentito i tre alfieri della squadra di Federico Vecchi, per analizzare la stagione che stanno vivendo con l’Under 18, tappa fondamentale per la formazione di un giovane giocatore, le prospettive del gruppo e le aspirazioni in vista della rassegna tedesca.
1 - La stagione dell'Under 18. Come sta crescendo il gruppo, e come si sviluppa la tua esperienza personale in una stagione che ti avvicina sempre di più alla pallacanestro dei "grandi"?
TOMMASO OXILIA – La squadra la vedo davvero bene, sta crescendo giorno dopo giorno e partita dopo partita. E’ un bel gruppo, sentiamo i passi avanti che stiamo facendo e ci diverte giocare insieme. Credo che tecnicamente e fisicamente ormai ci siamo, anche se è bello andare in palestra e imparare sempre qualcosa. Credo che dobbiamo allenare di più la costanza, imparare ad essere sempre più concreti. E questa è una cosa che deve far parte della nostra mentalità, è importante adesso e lo sarà quando ci affacceremo alla pallacanestro che potrebbe diventare il nostro mestiere.
LORENZO PENNA – E’ certamente un momento particolare del mio impegno nella pallacanestro. La sto vivendo come passo che precede l’entrata nel professionismo, e con Federico Vecchi stiamo lavorando proprio su questo, lo vedo da come si rapporta lui con noi giocatori, su come stiamo lavorando. E’ cambiato tanto, rispetto alla passata stagione. Non siamo partiti da zero, avevamo le basi, Federico ci ha dato qualcosa in più dal punto di vista tecnico e tattico. All’inizio abbiamo fatto più fatica tutti quanti, io stesso mi sto abituando e sto facendo passi avanti in altri aspetti del gioco, che magari prima consideravo meno. Questo soprattutto in allenamento, più ancora che in partita. Ci sono cose che poi nel professionismo ci chiederanno, e in palestra le curiamo tanto. Lavoriamo per essere una squadra, sapendo che poi al momento giusto chiunque di noi può prendersi la responsabilità che gli spettano.
DANILO PETROVIC – Sono molto contento dell’esperienza che sto facendo con la Virtus e della mia squadra. Rispetto alla scorsa stagione abbiamo inserito un giocatore come Alessandro Pajola e abbiamo cambiato allenatore. Federico Vecchi e lo staff dell’under 18 ci hanno fatto lavorare sodo per migliorare sia individualmente che come squadra. Si vede che siamo migliorati tanto nel corso della stagione e ora giochiamo molto meglio rispetto ai primi mesi. Vengo da un lungo infortunio che mi ha tenuto fuori per dieci mesi, sono rientrato pian piano e ora sono contento perché grazie al lavoro fatto ho potuto recuperare al 100%. La società oltre al campionato ci ha permesso di fare un’esperienza unica come il Torneo dell’Eurolega a Roma, abbiamo potuto confrontarci con alcune delle migliori squadre europee e ci siamo ben comportati. A livello personale ho lavorato molto a livello fisico e coach Vecchi mi ha aiutato nel migliorare la mia comprensione del gioco. Ho potuto allenarmi con la mia squadra, per me è una esperienza nuova che mi ha fatto molto piacere.
2 - Che finale di stagione ti aspetti, dove può arrivare Unipol Banca U18 con questo organico e il talento di cui dispone?
TOMMASO OXILIA – Un anno fa abbiamo fatto una mezza impresa, siamo proprio arrivati a un passo dal grande sogno. C’erano squadre molto più quotate della nostra, certamente favorite, e abbiamo stupito molta gente. Quest’anno siamo lì, aspettano anche noi e ci considerano nel gruppo di quelle squadre che se la possono giocare. Abbiamo un Pajola in più, e Alessandro è un gran bel rinforzo, ma anche Danilo Petrovic possiamo considerarlo un ottimo fattore aggiunto, perché l’anno scorso non ha potuto darci il suo prezioso contributo, che ci avrebbe fatto molto comodo. Insomma, siamo più forti anche per questo e abbiamo l’obbligo di provare ad andare fino in fondo. Abbiamo il destino nelle nostre mani.
LORENZO PENNA – L’anno scorso arrivammo in finale, a giocarci il titolo italiano, sorprendendo un po’ tutti. Quest’anno il livello è molto equilibrato, ma noi possiamo far bene, e dobbiamo provarci perché ne abbiamo le possibilità, e per me anche le qualità.
DANILO PETROVIC – Ci giocheremo le nostre carte fino in fondo, siamo migliorati tanto ma possiamo fare ancora qualcosa in più e provare a vincere il titolo italiano.
3 - Sei stato convocato nella rappresentativa da cui verrà selezionata la squadra per il Torneo di Mannheim, grande ribalta a livello europeo. Sensazioni personali, cosa significa per te?
TOMMASO OXILIA – Per me è un onore indossare i colori della mia Nazionale. Mi darò da fare per guadagnarmi un posto a Mannheim, e se ce la farò non lo considererò certo un punto di approdo, ma uno stimolo a fare bene anche lassù. E i numeri li abbiamo, perché l’Italia Under 18 ha un bell’organico. Siamo messi molto bene, secondo me, e dobbiamo apprfittare del palcoscenico importante che ci viene offerto. E’ il massimo a livello europeo, dobbiamo dimostrare che è una dimensione nella quale possiamo stare a pieno titolo. Impegnarci per ottenere il meglio.
LORENZO PENNA – Ogni volta che vado a rappresentare il mio paese è un’emozione. Tanti ragazzi vorrebbero arrivare lì, è un onore. Sento anche un pizzico di pressione addosso, la voglia di far vedere che ho fatto dei passi avanti. Qui c’è di mezzo la convocazione per Mannheim, non so se ci arriverò ma l’esempio degli anni scorsi, quando c’è andata gente come Mussini, Fiaccadori, tra l’altro vincendo, è importante: lavorerò per riuscire ad arrivare in Germania, e farmi valere come hanno fatto loro.
DANILO PETROVIC – Sono molto orgoglioso di poter tornare a vestire la maglia della mia nazionale, sarà un’esperienza importante per me e cercherò di dare il massimo per il mio paese. Un anno fa quando ero infortunato, non credevo che sarei potuto tornare in nazionale e sono contentissimo di aver raggiunto questo obiettivo personale. Avrò la possibilità di essere allenato da Gurovic che è stato un grande giocatore, mi potrà insegnare molto sia per migliorare come giocatore che come uomo.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – LUCA PATUELLI
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 24/03/2016
Luca Patuelli, imolese, classe 1994. La pallacanestro nel sangue, sottopelle, per una questione di Dna. Ha avuto un bell’esempio da seguire, il dirigente accompagnatore dell’Unipol Banca Under 16 di Francesco Nieddu. Passione di famiglia.
“Mio fratello Marco, dirigente del settore giovanile, ha cinque anni più di me. Lui ha iniziato a giocare a dieci anni, io gli sono andato a ruota un anno dopo, e ne avevo soltanto sei. Da allora non ho mai smesso. Ho fatto le giovanili alla Virtus Imola, poi alla Spes e al Grifo, e un anno prima di finire quel percorso avevo già preso la strada del basket amatoriale”.
Mica in maniera anonima. Da campione del mondo. Un titolo AICS che la squadra che vede tra le sue fila i fratelli Patuelli ha conquistato l’estate scorsa a Lignano Sabbiadoro.
“E’ così. Nella Cestistica Forum Cornelii ho ritrovato il piacere di giocare accanto a Marco. A Lignano abbiamo giocato le fasi finali di un Mondiale CSIT multisportivo, in cui c’erano un po’ tutte le discipline olimpiche. Noi ci siamo arrivati forti del titolo italiano dell’ente conquistato nel 2014. Un bel basket, combattuto e anche di discreto livello. Le squadre avevano parecchi rinforzi, nella nostra c’era Casadei, che gioca in B, e poi Maccaferri e altri buoni giocatori che non hanno mai smesso con i campionati federali. Ma in finale abbiamo trovato una selezione austriaca composta da giocatori dei primi due campionati di quella nazione. Sfida impegnativa, ma alla fine abbiamo vinto noi ed è stata una bella soddisfazione”.
Subito dopo, un’altra occasione di felicità: l’ingresso nel mondo Virtus.
“Avevano bisogno di un accompagnatore per quella che era allora l’Under 15 di Marco Sanguettoli. Mio fratello mi ha introdotto, conoscendo più di chiunque altro la mia passione. Murphy, che mi ha incontrato, mi ha spiegato bene cosa significa essere accompagnatore di un gruppo giovanile. Diventi una sorta di guida, di fratello maggiore per i ragazzi. Io, poi, in questo senso lo sono davvero: loro fanno il liceo e io l’ho finito da poco, ho una mentalità che è anche la loro per molti versi, credo di poter capire i loro problemi. Li sento aprirsi, scherzare. E naturalmente parliamo tanto di basket”.
La squadra è diventata, ovviamente, Unipol Banca Under 16. C’è Francesco Nieddu al timone, uno di quelli che sono arrivati a portare ulteriore professionalità nell’ambiente.
“La prima cosa che noti quando vieni qui dentro è proprio la professionalità, la serietà di chi ci lavora. E la passione degli allenatori, che davvero vogliono insegnare basket a giovani che possono o meno approdare alla Serie A. Per loro conta la crescita dei ragazzi, più ancora che le vittorie in campo. Quando giochi, certi valori non li comprendi appieno, sei concentrato su te stesso. Devi guardare un allenamento dagli spalti per capire quanto sudore e quanto sacrificio dello staff tecnico ci sono dietro a un successo. In Virtus ci metti meno, a entrare in sintonia: qui c’è la storia, c’è la possibilità di impegnarsi concretamente per una passione come il basket. E questo voglio fare io: accumulare esperienza e dare una mano”.
Da quest’anno, all’impegno di accompagnatore se n’è aggiunto un altro: Luca è responsabile del lavoro statistico durante le partite di campionato della prima squadra, Obiettivo Lavoro, alla Unipol Arena.
“Ho iniziato con i tornei estivi a Imola, insieme a Marco. Poi, due anni fa, ho fatto lo stesso lavoro per l’Andrea Costa, in A2. Dopo un anno in cui mi ero allontanato dall’idea, mi hanno chiesto di riprendere qui. Ho un gruppo di sette ragazzi, “turniamo” di volta in volta. C’è passione e voglia di lavorare guardando un basket di alto livello, da parte di tutti”.
Un impegno che diverte Luca. Che gli piace proprio, diciamolo.
“Le statistiche sono importanti, e in un certo senso sono un mondo strano. Contano molto, se sono lette nel modo giusto. Ecco, questa è la chiave: bisogna saperle leggere, non limitarsi a fare una botta di conti sui numeri o le percentuali. In Usa ci sono tanti studi importanti dietro alle statistiche della pallacanestro, in Italia bisognerebbe provare a seguire quella strada, per capirle e interpretarle sempre meglio”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – STEFANO RUBINI
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 01/04/2016
Da sei stagioni in Virtus, da una vita nel mondo della pallacanestro. Stefano Rubini, dirigente accompagnatore dell’Under 15 di Giordano Consolini, ne ha vista tanta passare davanti agli occhi, anche in una lunga carriera da ufficiale di campo che l’ha portato su mille piazze, fino alla serie A.
“Per l’esattezza, sono 1910. Eh sì, ho tenuto il conto delle partite ufficiali che ho seguito dal tavolo, dal 1977 al 2010. Trentacinque anni vissuti da ufficiale di campo, e un quarto di secolo passati proprio nella massima serie, dove ho smesso a 51 anni per raggiunti limiti d’età. L’ultima è stata una Fortitudo-Benetton della finale scudetto del 2006. Ma ne ho tanti, di bei ricordi. Su tutti, i derby. Ne ho fatti una decina, compreso quello d’Eurolega successivo alla famosa rissa in campo, quello in cui si decideva chi sarebbe andato alla Final Four. Sono state le partite più belle. Sono bolognese, quella era sempre una partita speciale anche per me, c’era una tensione particolare e alla fine maggior soddisfazione se le cose erano andate per il meglio. Mi manca, il derby, vorrei rivederlo”.
Da ragazzo aveva iniziato a giocarla, la pallacanestro.
“Ma ho iniziato tardi, a quattordici anni, e a diciotto ero già al capolinea. Tutte stagioni passate alla Pallavicini. Un amico che faceva l’arbitro mi consigliò di provarci, ma non mi piaceva, non avrei retto ad insulti e proteste. Così, optai per il corso da ufficiale di campo. Ora posso dire che è stato bello: me ne sono uscito da benemerito, sei anni fa, e mi sono divertito e appassionato”.
Di uscire da questo mondo, nemmeno parlarne. L’occasione per andare avanti, con un ruolo diverso ma altrettanto importante, è arrivata in casa Virtus.
“Fu Carlo Bertacin, che allora insegnava qui, a chiamarmi. Sapeva che ero tifoso bianconero, serviva un accompagnatore e mi propose di provarci, L’ambiente non mi era nuovo, ovviamente. Da ufficiale di campo avevo conosciuto bene Gigi Terrieri, poi Consolini, e Marco Sanguettoli che era alle medie con me. Non conoscevo più di tanto Christian Fedrigo, ma al primo anno fui assegnato alla sua Under 14 e il feeling scattò immediatamente. Abbiamo portato quella squadra fino all’Under 17, e quando Christian è ripartito dai tredicenni ha voluto che ricominciassi con lui”.
La gioia più grande è arrivata lo scorso anno, con il titolo italiano conquistato dagli Under 14 nella fase finale del campionato italiano, a Bormio.
“Una felicità immensa. Quel tricolore lo conservo sempre con me, nel portafoglio. Perché è bello stare alla Virtus e poter anche dire che si è vinto qualcosa di importante. Una squadra è fatta dai ragazzi che vanno in campo, dai tecnici, ma credo che sia un bel gruppo nel quale anche chi svolge le mie mansioni fa qualcosa di utile, e può sentirsi orgoglioso quando si raggiungono certi traguardi”.
Il senso, poi, è riporre qualcosa anche nella tasca del cuore: immagini, volti, parole che non si dimenticheranno più.
“In mezzo ai ragazzi mi trovo bene. Mi affeziono, e credo di poter dire che loro sono contenti di avermi vicino. C’è un bel rapporto. A che punto lo porterò? Spero il più avanti possibile, magari vedendo qualcuno di questi giovani infilare una strada di successi nel basket dei grandi. “Lollo” Penna l’ho visto crescere così, era un ’98 talentuoso che giocava insieme ai ’97, e oggi vederlo aggregato alla prima squadra mi rende felice”.
Non ci può stare, Stefano, senza la palestra. Senza quel basket che lo ha accompagnato per tutta la vita.
“Sono uno sportivo vero, e se devo dire come è nata questa passione non so farlo, perché a casa mia lo sport non aveva accesso, non interessava a nessuno. E’ andata così, io lo vivo a 360 gradi, mi piace qualunque spettacolo, vado a vedere il baseball, la pallavolo. Sono un virtussino “doc”, certo, ma non ho mai esagerato. Non sono uno che ama accusare gli arbitri, non capisco i genitori che inveiscono contro una direzione di gara o contro gli avversari. Devo dire che in Virtus sanno tutti subito come ci si deve comportare, c’è una linea da seguire che ci contraddistingue tutti. Così come è profonda e ragionata la scelta di lavorare sui giovani, per costruire il futuro. Io, per quanto posso, cerco di aiutare questo percorso”.
LE V NERE NELLE RAPPRESENTATIVE REGIONALI E NAZIONALI DURANTE IL PERIODO PASQUALE
di Ezio Liporesi per Virtuspedia
Mentre le squadre giovanili della Virtus si facevano onore nei vari tornei pasquali, nazionali ed internazionali, alcuni giocatori bianconeri si distinguevano nelle rappresentative regionali e nazionali.
Lorenzo Lullo, Samuel Orsi, Manuele Solaroli, Nicolò Nobili e Arcangelo Guastamacchia hanno partecipato al Trofeo delle Regioni, in programma a Bologna, nelle file dell'Emilia Romagna, classificatasi al secondo posto. Ecco i risultati, con i punteggi dei giocatori della Virtus:
Girone
23/3 Emilia Romagna - Liguria 68-46 (Solaroli 4, S. Orsi 8, Lullo 7, Nobili 4, Guastamacchia 4)
24/3 Emilia Romagna - Marche 75-56 (Solaroli, Orsi 6, Lullo 9, Nobili 5, Guastamacchia 15)
25/3 Emilia Romagna - Sicilia 42-26 (Solaroli 7, Orsi 10, Lullo, Nobili, Guastamacchia 4)
Classifica: 1) Emilia Romagna 6 2) Marche 4 3) Liguria 2 4) Sicilia 0
26/3 Quarti di finale: Emilia Romagna - Lombardia 61-57 (Solaroli, S. Orsi 26, Lullo 8, Nobili, Guastamacchia 10)
27/3 Semifinali: Emilia Romagna - Veneto 52-50 (Solaroli 2, S. Orsi 18, Lullo 6, Nobili , Guastamacchia 6)
28/3 Finale: Emilia Romagna - Lazio 43-46 (Solaroli, Orsi 22, Lullo 2, Nobili, Guastamacchia 2)
Lorenzo Penna e Alessandro Pajola, quest'ultimo convocato in sostituzione dell'infortunato Tommaso Oxilia, hanno partecipato a Mannheim al Torneo Albert Schweitzer, con la nazionale under 18, classificatasi terza. Ecco i risultati, con i punteggi dei giocatori della Virtus:
Girone
26/03 Italia-Cina 78-74 (Penna 3, Pajola 8)
27/03 Italia - Grecia 67-53 (Penna 16, Pajola 3)
28/03 Italia - Usa 82-57 (Penna 13, Pajola 5)
30/3 Italia Egitto 75-41 (Penna 10, Pajola 4)
31/3 Italia Francia 67-59 (Penna 8, Pajola 0)
Classifica: 1) Italia 10 2) Francia 8 3) Cina 4 4) Grecia 4 5) Stati Uniti 4 6) Egitto 0
1/4 Semifinali: Italia Serbia 75-77 dts (Penna 14, Pajola 5)
2/4 Finale 3 posto: Italia Francia 81-56 (Penna 15, Pajola 15)
Lorenzo Penna e Alessandro Pajola festeggiati prima di Virtus - Dolomiti Energia Trentino
UNIPOL BANCA E CAB STAMURA, DOMENICA DI SPORT E AMICIZIA ALLA PORELLI
tratto da www.virtus.it - 04/04/2016
Spalti gremiti domenica 3 aprile alla palestra Porelli di via dell’Arcoveggio. In casa Virtus porte aperte al CAB Stamura di Ancona, arrivata a Bologna con un centinaio di persone tra atleti, staff, dirigenti e genitori. Un pomeriggio di basket utile anche a cementare i già ottimi rapporti tra le due società, la cui collaborazione è stata avviata la scorsa estate, con l’arrivo nel settore giovanile Unipol Banca del forte play Alessandro Pajola, reduce proprio ieri dal terzo posto conquistato con l’Italia Under 18 alla prestigiosa rassegna di Mannheim.
Sul parquet della Porelli, dunque, sono state disputate due amichevoli tra Unipol Banca e Cab Stamura, che hanno coinvolto dalle 15.30 gli Under 15 di Giordano Consolini, e successivamente, alle 17.30, gli Under 14 di Mattia Largo. Terminati questi impegni tutti quanti si sono trasferiti alla Unipol Arena per assistere alla partita Obiettivo Lavoro-Dolomiti Energia.
Virtus Pallacanestro Bologna tiene a ringraziare ancora il CAB Stamura Ancona, nelle persone del presidente Gabriele Virgili, di Lorenzo Marconi e Corrado Albanelli, per la collaborazione e per la felice riuscita dell’organizzazione dell’iniziativa.
under 15: Virtus Unipol Banca Bologna - Stamura Ancona 82-53
under 14: Virtus Unipol Banca Bologna - Stamura Ancona 69-66
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – LORENZO PENNA E ALESSANDRO PAJOLA
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 08/04/2016
Sono tornati da Mannheim con addosso la medaglia di bronzo conquistata con l’Italia Under 18 al torneo “Albert Schweitzer”, prestigiosa rassegna internazionale del basket di categoria. Lorenzo Penna e Alessandro Pajola, stelline dell’Unipol Banca di Federico Vecchi, si sono anche emozionati, quando il popolo virtussino, domenica scorsa alla Unipol Arena, li ha acclamati per quello che hanno dato alla maglia azzurra e alla famiglia bianconera.
Quelle sensazioni sono ancora vive, e saranno carburante per le prossime occasioni in cui serviranno energia, passione, tenacia, ed uno stimolo incredibile per andare incontro al futuro.
Cartoline da Mannheim: cosa vi siete portati dietro, di quei giorni in Germania e di quelle sfide ad alto livello contro le Nazionali Under 18 di tutto il mondo?
LORENZO PENNA – “E’ stata una esperienza stupenda, e credo anche una bella prestazione da parte della nostra rappresentativa. Peccato per la semifinale persa per due soli punti, e al supplementare, con la Serbia. Ma anche in quel caso siamo stati in partita dall’inizio alla fine. Direi che è stato un terzo posto importantissimo, per come ci siamo fatti vedere, per come abbiamo giocato esprimendo una buona pallacanestro. Due anni prima, con gente come Mussini e Flaccadori, l’Italia era arrivata al primo posto. Anche noi volevamo metterci un po’ in mostra, far vedere che potevamo fare qualcosa di buono. E secondo me ci siamo riusciti, questa medaglia che abbiamo portato a casa è il segno tangibile del buon lavoro fatto”.
ALESSANDRO PAJOLA – “Una cosa bellissima, indescrivibile. Più che altro perché è stata una chiamata dell’ultimo momento, e mi ha quasi preso di sorpresa. Vestire la maglia della Nazionale è sempre l’emozione più forte. Non avevo familiarità con il gruppo, avevo anche un po’ di timore perché conoscevo solo “Lollo” e Caruso, e invece ho trovato ragazzi che mi hanno aiutato ad inserirmi, mi sono trovato subito alla grande. E poi è finita come è finita, sul podio. Potevo chiedere di più a questa esperienza?”.
Ascoltare l’inno insieme alla prima squadra, prima di Obiettivo Lavoro-Dolomiti Energia, è stato qualcosa di speciale. Non era la prima volta, ma la menzione speciale ha scatenato l’applauso dei tifosi…
LORENZO PENNA – “Un’emozione grande, non mi aspettavo di essere chiamato in campo insieme alla squadra per quello che abbiamo fatto in Germania. Devo dire che la mia ormai lunga esperienza in Virtus la vivo sempre con lo spirito di un “giocatorino” che è cresciuto in questo ambiente, in questo settore giovanile, e che ha avuto la fortuna di poter già andare in campo con la prima squadra, quella per cui ha fatto il tifo da bambino. Qualcosa di spettacolare, ho sempre la sensazione di vivere dentro un gran bel film”.
ALESSANDRO PAJOLA - “Serata speciale, davvero. Senti il tuo nome chiamato a gran voce dallo speaker davanti ad una Unipol Arena strapiena, e poi scherzi con i compagni che ti fanno i complimenti, e canti l’inno insieme a loro. Non avrei mai immaginato, appena qualche tempo fa, che tutto questo potesse accadere. Mi sento carico, ho voglia di ricambiare tutto questo affetto” .
In questa stagione sono arrivati i primi scampoli di partita giocati in Serie A. Un traguardo che diventa subito un punto di partenza.
LORENZO PENNA – “Il sogno è poter andare avanti così, con la stessa forza d’animo, e trasformare quei piccoli, importanti minuti, in qualcosa di più. Con costanza e gradualità, crescendo intanto ancora in un settore giovanile che sa sviluppare le potenzialità di un giocatore. Soprattutto, senza mai mollare”.
ALESSANDRO PAJOLA – “L’anno scorso non avrei mai immaginato di vivere una cosa del genere: arrivare qui ed essere subito aggregato alla prima squadra. Il futuro? Per me significa provare a tenermi addosso questa maglia bianconera, ascoltando chi mi sta indirizzando nelle categorie giovanili di cui ancora sono parte, e poi dimostrare qualcosa giorno dopo giorno, cercare di realizzare i miei sogni, giocare e dare il meglio di me con la V nera sul petto”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – SIMONE LICEN
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 15/04/2016
“Vado per i quarantuno anni, e mi sono innamorato di questo sport che ne avevo sei. Se non è una vita per il basket, la mia…” Sorride Simone Licen, riavvolgendo il nastro della passione che lo ha preso quando ancora era bambino, e trasportato nel mondo Virtus, dove oggi è dirigente accompagnatore di Unipol Banca Under 14 di Mattia Largo, ma in passato ha fatto una buona esperienza anche tra i tecnici del settore giovanile. E’ rientrato nella famiglia bianconera all’inizio di questa stagione, ma nel complesso va considerato un veterano della Porelli.
“In bianconero ho iniziato giocando, un anno intero nella categoria Ragazzi, verso la fine degli anni Ottanta. Poi sono rientrato nel 1998, diventando l’assistente di Massimiliano Milli e poi di Giorgio Valli con il gruppo dei nati nell’85. Ma la carriera di allenatore non era fatta per me”.
Una decisione presa molto presto, insieme alla scelta di impegnarsi nella veste di accompagnatore.
“Sì, perché per il carattere che ho non avrei potuto affrontare un futuro in panchina. Mi sento più adatto ad altro, non avrei la pazienza né la costanza per fare il coach. E per fortuna l’ho capito quasi subito. Stare a disposizione della squadra e dello staff, cercare di andare incontro alle loro necessità, significa comunque essere a contatto con i ragazzi, vederli crescere nel momento in cui stanno prendendo decisioni importanti per quanto riguarda il loro futuro nello sport. E’ bello esserci, in quei momenti, e magari un domani ricordare con quelli che hanno raggiunto certi traguardi, una volta che sono diventati adulti, il punto da cui erano partiti”.
Tanti momenti vissuti in casa Virtus. Di gioia, ma anche di passione e dolore.
“Quando ci fu la lunga estate della mancata affiliazione ho sofferto, come chiunque avesse a cuore la Virtus. Non entrai ufficialmente nel gruppo della ’34 ma restai comunque a dare una mano, per poi tornare attivamente nel settore giovanile quando Rizzoli ne era il responsabile, sempre come accompagnatore. In tutti questi anni mi sono preso soltanto un paio di stagioni di pausa, per poi ripartire col gruppo dei ragazzi di Mattia Largo, dopo averne parlato con lui e con Marco Patuelli,e aver trovato in loro una grande disponibilità verso il sottoscritto”.
Negli anni sono nati anche legami belli da ricordare e da raccontare.
“E’ stato un viaggio appassionante e divertente, mi sono rimasti nel cuore i ragazzi di quel gruppo dell’85 e dell’86. Non posso dire di essere un amico fraterno di Marco Belinelli o Luca Vitali, ma le poche volte in cui ci siamo ritrovati è stato bello passare qualche minuto a rivedere anche quel loro passato. Oggi è altrettanto bello assistere alla crescita di ragazzi come Penna o Graziani, bolognesi purissimi, che già si impegnano nell’orbita della prima squadra. E’ una soddisfazione anche per chi li ha visti ragazzini, mentre cercavano di emergere in un mondo che li affascinava e per il quale hanno saputo sacrificarsi”.
Solo una parola, per definire il mondo Virtus. A Simone non ne servono tante, né troppo elaborate.
“Per me la Virtus è tutto, è molto semplicemente la pallacanestro. E’ un’icona del basket italiano, e far parte di questa famiglia in silenzio, rispettando il proprio ruolo, è una fortuna. Ho vissuto in qualche modo da dentro i giorni del grande freddo, dell’Eurorissa, del tiro da quattro... Ho iniziato bambino, andando in piazza Azzarita con mio padre, tifoso moderato ma convinto, e poi frequentando i corsi di minibasket che allora si facevano al palasport, tra un allenamento della Yoga e uno della Dietor. Ho visto in campo Van Breda Kolff, con quel magnifico gruppo che portò a casa la Stella. E ho amato grandi campioni, certamente “Sugar” Richardson, Sasha Danilovic e Manu Ginobili, ma prima di loro quello che per me resterà per sempre il Capitano, Roberto Brunamonti. Un esempio, come giocatore e come uomo. Al punto che da ragazzino la prima canotta bianconera che indossavo in cortile o nei playground vicino a casa aveva il numero 4 sulla schiena”.
Il presente, come detto, è il gruppo di Unipol Banca Under 14, da formare e aiutare nel percorso di crescita.
“Mattia Largo lo conosco da tempo, so come lavora e ci ho messo niente a entrare nel clima di questo gruppo, a legare con Gatti e Campanella, con tutti i ragazzi. Un bell’ambiente, davvero. Sono contento di essere ripartito con loro, e oggi come oggi mi sento uno dei più “anziani” dentro la Porelli. Spero di avere l’opportunità di restarci ancora a lungo”.
BARBIERI, GALLI E SALSINI AL TROFEO DELLE PROVINCE A CAVEZZO
di Ezio Liporesi per Virtuspedia
Il 16 e 17 aprile Matteo Berbieri, Lapo Giacomo Galli e Filippo Salsini (con Guido Tabellini a disposizione), tutti del 2003, hanno partecipato al Trofeo delle Province a Cavezzo, in provincia di Modena, nelle file della rappresentativa Bologna/Ferrara, che si è aggiudicata il Trofeo. Questi i risultati:
Semifinali: Modena/Reggio - Bologna/Ferrara 55-107
Finale: Bologna/Ferrara - Romagna 73-58
Classifica:1) Bologna/Ferrara 2) Romagna 3) Parma/Piacenza 4) Modena/Reggio
I tre lunedì 2 maggio a Vigarano Mainarda parteciperanno la primo allenamento per la formazione della selezione regionale che a giugno parteciperà al Trofeo Bulgheroni a Bormio.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – MAURIZIO SERAPINI
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 22/04/2016
La prima immagine è in bianco e nero. Datata 1976. C’è la festa in piazza Azzarita per la conquista dello scudetto, il settimo nella storia della Virtus. E in prima fila c’è lui, Maurizio Serapini, un ragazzo innamorato della V nera.
“Sono andato a spulciare gli archivi del Guerin Sportivo, e ho trovato quel numero di aprile 1976 in cui, tra le foto del trionfo della Sinudyne, c’è quella in cui ci sono anch’io. Bella emozione, rivederla”
Sono passati quarant’anni, e lui è ancora in prima fila, stavolta alla palestra Porelli: dirigente accompagnatore di Unipol Banca, precisamente dell’Under 13 di Davide D’Atri. E’ tornato all’inizio della stagione, ma quest’aria l’aveva già respirata.
“Ho fatto parte di Virtus 1934. La situazione era delicata, c’era bisogno di dare una mano. Io ero amico di Baccilieri, allora dirigente della società, e gli dissi che, se poteva servire, io ero a disposizione. Entrai, era il 2003. Un paio d’anni più tardi, Sanguettoli mi chiese se me la sentivo di impegnarmi a tempo pieno, ma il lavoro non me lo permetteva. Così passai alla Salus, dove sono rimasto fino alla scorsa estate, quando vedendo tanti genitori che si rendevano disponibili, ho pensato che non fosse più il caso di gravare sui bilanci della società, e ho salutato tutti. Tempo un paio di giorni e mi è arrivata la telefonata di Marco Patuelli. Lui e Federico Vecchi, appena hanno saputo che ero libero, mi hanno proposto di far parte del settore. E questo, devo dirlo, mi ha fatto un immenso piacere”.
Riavvolgiamo ancora il nastro. La foto dello scudetto di Driscoll e soci, d’accordo. Ma prima?
“L’amore è scoppiato all’inizio degli anni Settanta. Ne avevo diciassette, quando a Bologna arrivò John Fultz, il primo idolo della mia vita da appassionato bianconero. Beh, a dirla tutta a quei tempi in parterre c’era anche Gloria Guida, la cui famiglia gestiva il bar davanti al palazzo. Portava una t-shirt con scritto Norda e faceva un tifo indiavolato per “Kociss”. Indimenticabile. La pallacanestro mi è entrata sottopelle ancora prima, ho giocato arrivando alla Prima Divisione, per puro divertimento, poi ho scelto di fare soltanto il tifoso”.
Storie belle da raccontare ed ascoltare. Ne ha visti tanti di campioni passare da Bologna, Maurizio.
“E ne ho amati tanti. Ma più di tutti, quello che ha risvegliato la passione dei tifosi in un momento in cui forse si stava affievolendo, con la sua classe e le sue magìe: quel fenomeno di Ray Sugar Richardson. Devo a lui se sono uno di quei quaranta tifosi che affrontarono la trasferta a Salonicco, che ci aprì le porte della finale di Coppa delle Coppe nel 1990. E naturalmente c’ero anche alla finale di Firenze. Fu festa vera”.
Ora fa da testimone a un altro basket. Quello dei giovani che sognano un futuro tra i canestri.
“C’è che io mi affeziono, a questi ragazzi. Mi piace vederli crescere, umanamente e tecnicamente. Io tra l’altro ho seguito la “nidiata” dei ’91, che poi ha vinto tutto a livello giovanile. Facevo il dirigente con Daniele Cavicchi coach, e avevo un gran bel rapporto con tutti. Uno di quei ragazzi era Michele Vitali, che adesso ritrovo in Serie A. C’erano Baldi Rossi, Tommasini, Negri, Moraschini… Bei ricordi davvero. E dico la verità: ormai mi diverto più a guardare le partite del settore giovanile che quelle dei “grandi”. Mi danno energia, le sento in qualche modo anche mie”.
Il viaggio, oggi, continua con gli Under 13 di D’Atri. Un’età delicata, in cui ancora si vive lo sport come un gioco, ma allo stesso tempo si apprende con sempre maggior dedizione.
“E’ un bel gruppo, con due o tre giocatori fisicamente importanti. Davide, poi, ha un bellissimo rapporto con i ragazzi. È in qualche modo genitore, sul campo, ironico ma al tempo stesso severo quando occorre, e ha conoscenze tecniche enormi. È importante avere queste caratteristiche, rapportandoti a ragazzi da cui devi iniziare a pretendere qualcosa, soprattutto dal punto di vista dell’attenzione e dell’impegno. Credo ci sia parecchio da lavorare, e lui ha una pazienza incredibile. Io sono qui, a disposizione. E ci sto volentieri, perché respirare quest’aria mi diverte”.
GUASTAMACCHIA, NOBILI E SOLAROLI AL RADUNO AZZUTTO U14
tratto da www.virtus.it - 28/04/2016
Sono tre i giocatori di Unipol Banca nati nel 2002 che prenderanno parte al raduno di Avviamento Tecnico Federale Nord della selezione azzurra Under 14, a Pescara. Si tratta di Arcangelo Guastamacchia, Nicolò Nobili e Manuele Solaroli, che agli ordini di coach Antonio Bocchino lavoreranno dal 5 all’8 maggio in un nutrito gruppo di atleti provenienti da Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – ROBERTO D'OVIDIO
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 29/04/2016
Se gli chiedi di andare indietro fino alle origini della sua storia bianconera, Roberto D’Ovidio, responsabile medico del settore giovanile di Unipol Banca, va ben oltre la sua storia professionale. E ritorna semplicemente tifoso.
“Avevo tredici anni, ne sono passati ormai più di trenta. Mi innamorai allora della Virtus, andavo a vedere le partite in piazza Azzarita. Ho visto giocare Ray Sugar Richadson, e naturalmente mi è rimasto nel cuore. Ho fatto anche in tempo a vivere da vicino la breve apparizione di Cliff Levingston, vecchio califfo della Nba, in bianconero. Ed ero a palazzo quando arrivarono Danilovic e Djordjevic con la canotta del Partizan, a giocarci contro. Erano ragazzi, ma quanto talento sprigionavano già allora. Due anni dopo, Sasha era uno dei nostri, e venne ad aprire un’era”.
Ricordi di uno che guardava la Virtus dagli spalti. Con tanto di tessera-fedeltà.
“Sono stato abbonato per tante stagioni. Lo ero in quella, leggendaria, del Grande Slam. E la mia fede l’ho portata spesso anche in giro per l’Europa, al seguito della squadra e di una passione che non si è mai affievolita”.
Poi, l’approccio professionale. Deve essergli sembrata una specie di storia a lieto fine: il tifoso, diventato medico, si ritrova nella casa bianconera ad esercitare il suo mestiere. Nemmeno nel migliore dei sogni…
“Sono arrivato nel 2008. Ero finito nell’ambiente della pallacanestro e ricevetti la chiamata di Claudio Sabatini. Non mi conosceva personalmente, ma gli avevano parlato di me e stimati colleghi, come il dottor Nanni di Isokinetic, avevano speso parole importanti, di cui ancora oggi li ringrazio. Mi trovai subito a fianco del dottor Roberto Rimondini, un pezzo di storia bianconera, e alla prima stagione fui catapultato nell’avventura della prima squadra in Eurochallenge. Ricordo che all’inizio entrare alla palestra Porelli mi faceva un effetto particolare: quella era la casa della V nera, per me la passione di una vita, e quelle gigantografie appese trasudavano storia. Era qualcosa di speciale, ci ho messo un bel po’ ad abituarmi”.
Da subito, anche tanta Serie A. Poi, gradualmente, un impegno sempre più totalizzante nel settore giovanile della società.
“Ho lavorato tanto tempo accanto a Giordano Consolini, e devo ringraziarlo perché la sua fiducia mi ha… allungato la vita in bianconero. L’empatia con chi ti sta accanto, in qualunque ambiente di lavoro, è fondamentale. Quella con Iacopo Marzocchi, per esempio, è di lunga data: siamo quelli della vecchia guardia, ho solo un anno di “anzianità” più di lui, qui dentro. La forza di uno staff è data da legami che vanno anche oltre il semplice mestiere”.
Il settore giovanile è un mondo delicato e articolato, e lavorarci ha un senso che il dottor D’Ovidio ha compreso perfettamente.
“I ragazzi hanno complessità diverse dai giocatori di Serie A. Nel loro caso, è importante anche il rapporto che si deve creare con le famiglie, che ti affidano i propri figli e hanno fiducia in quello che rappresenti. E poi bisogna in qualche modo saperli prendere, hanno le loro peculiarità, devi seguirli nel loro percorso di crescita sapendo che un giovane a tredici anni è diversissimo da quello che sarà a diciotto. Li vedi proprio cambiare, formarsi un carattere, e devi sempre adattare l’approccio. In qualche modo, ti sembra di accompagnarli lungo il cammino, ed è molto bello. E’ un viaggio, per certi versi emozionante, sicuramente gratificante. E nel corso degli anni si crea un rapporto diverso. Non tutti finiscono in Serie A, ma quando mi arriva una telefonata da un ex giocatore del settore giovanile che mi chiama anche solo per un consiglio, mi sento gratificato. Significa che non si è creato un rapporto soltanto perché io ero il medico della Virtus e loro giocavano lì…”
Un settore articolato e in divenire, quello affidato alla supervisione tecnica di Federico Vecchi. Roberto D’Ovidio ne ha vissuto i cambiamenti.
“Intanto, direi una situazione non abituale nel panorama italiano. Non tutti possono vantare un’organizzazione così profondamente tarata sui giovani e sulla loro crescita. All’inizio della stagione sono cambiate un po’ di cose, stiamo costruendo un rapporto per certi versi nuovo. Ci vuole tempo, naturalmente, ma credo che stiamo lavorando bene. E c’è feeling, anche con allenatori e preparatori nuovi”.
Un giovane veterano, il dottore. La sua lunga militanza nello staff bianconero gli ha regalato momenti di piccola e grande gloria.
“Non c’è uno dei titoli italiani vinti in questi anni che non mi abbia regalato emozioni indimenticabili. Li metto tutti sullo stesso piano, e ci aggiungo anche qualche finale persa che dal punto di vista della crescita, personale e di gruppo, è stata comunque una vittoria. Del resto, ogni volta che siedo in panchina l’effetto è dirompente: esce sempre fuori il vecchio tifoso, e in certi momenti anche la professionalità del medico finisce in secondo piano. La mia storia bianconera è nelle medaglie che questi ragazzi, atleti e tecnici, mi hanno permesso di conquistare. In casa mia sono tutte in bella mostra, ed è severamente vietato anche solo toccarle”.
UNIPOL BANCA U15 ALLE FINALI NAZIONALI. CONSOLINI: "LAVOREREMO PER FARCI TROVARE PRONTI"
tratto da www.virtus.it - 09/05/2016
I ragazzi di Unipol Banca Under 15 hanno centrato il primo, importantissimo obiettivo di stagione. Vincendo il concentramento interregionale di Borgo Pace, hanno staccato il pass per le Finali Nazionali Eccellenza della categoria, in programma dal 30 maggio al 5 giugno a Bassano del Grappa.
Giordano Consolini, timoniere del gruppo che nel fine settimana ha messo in fila tre successi contro Borgomanero, Pontedera e Brindisi, è ovviamente soddisfatto, soprattutto tenendo conto dell’approccio mentale che il gruppo ha mostrato in un momento chiave della stagione.
“Abbiamo vinto il concentramento con tre vittorie, e soprattutto giocando le prime due decisive partite con una buona intensità difensiva, che ci ha permesso di giocare in contropiede e venire a capo delle difficoltà che gli avversari avevano impostato per noi. La cosa che mi dà più soddisfazione è aver visto i ragazzi reagire molto bene ai momenti di difficoltà che si sono trovati di fronte in determinate fasi di gara".
Momenti diversi l’uno dall’altro, come è normale in queste situazioni.
“Nella prima partita, contro Borgomanero, siamo partiti decisamente male, ma proprio grazie al lavoro difensivo siamo riusciti a recuperare, per poi prendere il largo. Nella sfida con Pontedera, invece, l’inizio è stato decisamente buono, e alla fine del secondo quarto eravamo sopra di diciotto punti. Poi loro hanno cambiato difesa, utilizzando la zona che ci ha messo in difficoltà, ma siamo stati bravi a restare uniti per venire a capo della situazione”.
A quel punto il terzo impegno, contro l’Aurora Brindisi, era già diventato una formalità: il primo posto nel concentramento era blindato.
“Sì, ma la squadra è comunque scesa in campo determinata, e ha giocato una buona partita. Ho potuto dare spazio a tutti i ragazzi, e non c’è nessuno che non si sia fatto trovare pronto. Tutti si sono espressi al meglio”.
Missione compiuta. Almeno la prima, perché il 30 maggio inizia l’atto finale a Bassano. Sedici squadre, le migliori d’Italia.
“C’è ancora tanto da fare, in queste tre settimane cercheremo di migliorare ulteriormente, di fare passi avanti. Ma intanto, certamente, il fatto di poter partecipare a eventi di così alto livello tecnico, agonistico ed emozionale non può che far progredire questi ragazzi. Sono occasioni importanti di verifica per chi li allena, ma anche per loro significano tanto: moltiplicano gli stimoli e la voglia di migliorare giorno dopo giorno. E parlando di giovani di quindici anni, direi che è la cosa più importante”.
In questa lunga stagione, Consolini e il suo staff (gli assistenti Davide D’Atri e Alessandro Gatti, il preparatore Paolo Zonca, il dirigente accompagnatore Stefano Rubini) hanno già avuto modo di constatare la crescita del gruppo. Buone vibrazioni, insomma.
“Sono soddisfatto, naturalmente senza esagerare con l’enfasi perché sarebbe prematuro e sbagliato. Ora ci attende l’impegno più tosto, andiamo a Bassano del Grappa dove si ritroveranno le sedici formazioni più forti d’Italia. Per arrivarci al meglio, ci attendono tre settimane di lavoro intenso, ben fatto”.
Tra quelle sedici, qualcuna ha già mostrato di poter puntare in alto.
“Ci sono squadre fortissime, alcune le abbiamo già incontrate durante la stagione e ce ne hanno dato dimostrazione. Se devo spendere qualche nome, dico subito la stessa Bassano: gioca le Finali Nazionali in casa, è stata messa assieme con un’idea precisa, dopo la fusione con Padova, e l’estate scorsa si è rinforzata con acquisti importanti. Poi c’è Reggio Emilia, che conosciamo molto bene. E ancora le due formazioni di Varese, una eccellente Milano, Cernusco”.
Lì in mezzo, bisogna trovare la collocazione per la Virtus di Consolini.
“Vedremo. Oggi l’importante è far tesoro di questa esperienza al concentramento interregionale, mettersi in palestra e lavorare bene per queste tre settimane”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – GUASTAMACCHIA, NOBILI E SOLAROLI: GIOVANI BIANCONERI CRESCONO
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 10/05/2016
La prima volta. Per Arcangelo Guastamacchia, Nicolò Nobili e Manuele Solaroli, tutti classe 2002, piccoli talenti dell’Unipol Banca Under 14 guidata da Mattia Largo, la convocazione al raduno di Avviamento Tecnico Federale Nord della selezione azzurra di categoria, svoltasi dal 5 all’8 maggio a Pescara, è stata una splendida sorpresa. Sotto gli occhi di coach Antonio Bocchino, insieme a un bel numero di promesse del futuro (c’erano atleti provenienti da Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto), i tre giovani bianconeri hanno vissuto emozioni forti e respirato un clima che prelude a quello delle chiamate in azzurro. Soprattutto, hanno legato con pari età arrivati da tutta Italia e aggiunto un altro importante tassello alla propria formazione. Tornati a Bologna da un paio di giorni, ci raccontano le loro sensazioni e la loro voglia di crescere con il basket.
L’esperienza di Pescara, una prima volta che ha lasciato un bel ricordo e stimoli importanti.
GUASTAMACCHIA – E’ stato bello, ho avuto l’opportunità di allenarmi con ragazzi di ottimo livello, e di essere seguito da coach Bocchino e dal suo staff. Diciamo che queste sono ottime occasioni per migliorare e allo stesso tempo per farsi conoscere, spero di avere ancora occasioni del genere.
NOBILI – Innanzitutto mi sono divertito moltissimo, quando mi hanno chiamato ho provato un’emozione grande, ero davvero felice. Sono arrivato a Pescara e naturalmente conoscevo pochissimi giocatori, ma alla fine si sono creati legami importanti, è stata una splendida esperienza. Quattro giorni intensi.
SOLAROLI – E’ stato davvero molto bello, anche perché confrontarsi è qualcosa di importante. Non avevo conoscenze o amicizie a quel raduno, ma ho fatto presto a farne. La quantità e il ritmo degli allenamenti è stato veramente intenso e per andare in palestra con coach Bocchino bisognava stare sul pezzo. E’ stata un’esperienza che da un lato ci ha permesso di metterci in mostra e dall’altro ci ha permesso di fare passi avanti nel nostro percorso di miglioramento.
Il miglioramento individuale passa da quello del gruppo Under 14 di Unipol Banca. State crescendo insieme sotto la guida di Mattia Largo, che effetto fa?
GUASTAMACCHIA – Sono molto contento di essere approdato alla Virtus, è una società storica e che lavora benissimo con i giovani. Ho trovato tecnici di altissimo livello, una garanzia per la mia crescita. Spero di raggiungere obiettivi importanti con questi colori addosso.
NOBILI – Rispetto alla passata stagione sono arrivati alcuni nuovi compagni e abbiamo costruito un legame forte fuori e dentro il campo. La squadra è cresciuta tecnicamente e dal punto di vista dei rapporti interpersonali. Possiamo migliorare ancora sull’intensità, sul piano della personalità e della grinta.
SOLAROLI – Siamo un bel gruppo e siamo in continua crescita. A Pescara siamo andati in tre, ma altri compagni di questa Under 14 sarebbero potuti andare al nostro posto. Intanto ci alleniamo con intensità proseguendo il nostro percorso di miglioramento quotidiano. L’obiettivo? Centrare l’accesso alle Finali Nazionali, se poi ci qualificheremo tutto è possibile.
Come è nata la tua passione per il basket? Magari appassionandoti alle gesta di qualche campione?
GUASTAMACCHIA – No, sinceramente la mia famiglia era completamente a digiuno di questo sport. Poi ci siamo trasferiti a Castel San Pietro, e una sera a casa di amici ci hanno aperto gli occhi su un mondo che ci è sembrato subito fantastico. Ce ne siamo innamorati, io e mio fratello abbiamo iniziato a giocare e credo che questa passione non passerà più.
NOBILI – Mio padre giocava, è lui il primo ad avermi ispirato. Poi mi sono appassionato e innamorato di un paio di campioni: Kobe Bryant, naturalmente, ma anche Dennis Rodman, uno che ha dimostrato che con il carattere e la grinta si può arrivare in alto.
SOLAROLI – Papà allena a Modena, in C1, mio fratello gioca come me. Da piccolo con lui e mia sorella inventavamo partite interminabili in mansarda, poi a sei anni sono andato in palestra e non ho più smesso. Idoli? In Italia mi piace Alessandro Gentile, nella Nba ho una passione per Damian Lillard, un giocatore spettacolare ma anche completo.
La prima volta alla Porelli. Ricordi particolari?
GUASTAMACCHIA – Mi sono detto: da questa palestra sono passati giocatori incredibili, campioni internazionali. Ogni volta che ci penso è un grande stimolo, so che devo cercare di essere all’altezza di un posto come questo.
NOBILI – Ero molto agitato, c’era parecchia tensione quella prima volta. Mattia Largo mi ha aiutato tanto anche da questo punto di vista, non solo permettendomi di migliorare il mio gioco. Le guide, quando sanno come si fa, sono importanti. Ti fanno crescere tecnicamente e nell’atteggiamento.
SOLAROLI – Ci sono arrivato all’inizio della scorsa stagione. Prima ero a Imola e ci avevo giocato una volta da avversario. Entrarci da giocatore della Virtus è un’altra cosa. Quelle foto in alto, sulla parete, raccontano una storia che chi ama il basket non può ignorare. Mi hanno motivato, anche se ormai allenarmi lì è diventata un’abitudine. Sempre fantastica, comunque.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – DAVIDE D’ATRI
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 18/05/2016
Con il quarto posto nella fase regionale, termina quella che si può definire la “stagione regolare” dell’Unipol Banca Under 13 guidata da Davide D’Atri, in attesa dei prossimi impegni, la sedicesima edizione della “Simonetta Cup-Trofeo Carolina Paesani” di Jesi e la edizione del torneo “7 For You-Matteo Bertolazzi” di Pistoia, in programma nel mese di giugno.
L’occasione giusta per tirare le somme con il timoniere del gruppo.
“Sicuramente, rispetto al punto di partenza, mi sento di poter mettere a bilancio un miglioramento significativo di tutti i miei ragazzi e quindi dell’intera squadra. Tenendo presente che si tratta di giocatori molto giovani, che hanno fatto passi avanti e sono in grado di seguire un percorso importante nel nostro settore giovanile. Il mio giudizio non può che essere positivo”.
Il traguardo che vi eravate posti, insieme al responsabile di settore Federico Vecchi, era esattamente questo?
“Sì, ci aspettavamo un miglioramento individuale, soprattutto sui fondamentali di base che si fanno a questa età. Quindi tiro, palleggio, passaggio e “uno contro uno”. Non posso certo definirlo un percorso concluso, ci mancherebbe, ma credo che abbiamo gettato buone basi per proseguire il prossimo anno con volontà ed entusiasmo”.
Una stagione vissuta con ragazzi che sono in una fase di passaggio: escono dal momento del gioco per iniziare a fare sul serio. Un messaggio recepito dal gruppo?
“All’inizio c’è stata un po’ di fatica nel comprenderlo completamente. Era previsto e i ragazzi sono in assoluta buona fede. Ho cresciuto un gruppo molto giocoso, fanciullesco e giovane rispetto all’età. La mentalità si trasmette giorno dopo giorno in palestra con gli allenamenti e mentirei se non ammettessi che qualcuno ha fatto un più fatica di altri. Ritengo che diversi di questi giovani giocatori possano fare una strada importante in Virtus anche arrivando a completare il settore giovanile. Questo non è scontato con ragazzi di questa età. Insomma, sono molto fiducioso”.
Soddisfatto anche del lavoro di squadra con il tuo staff?
“Nella maniera più assoluta. Uno gruppo di collaboratori con cui abbiamo lavorato in completa armonia e perciò sono molto soddisfatto. Nella passata stagione avevo come assistenti Alessandro e Andrea Gatti. Quest’anno… mi hanno tolto un gatto... A parte le battute, abbiamo inserito nello staff Edoardo Costa, diciotto anni appena compiuti e un solido background da giocatore nel nostro settore. Un ragazzo in gamba, mentalizzato, affidabile e concentrato sul percorso da seguire. Due ottimi collaboratori, lui e Alessandro, ai quali si può affidare sia parte dell’allenamento che dell’organizzazione dell’attività, cosa importante visto che sia io che Alessandro siamo assistenti nell’under 15 di Giordano Consolini. E’ stato molto importante l’inserimento nel nostro staff del preparatore fisico Paolo Zonca perché ha iniziato a trasmettere ai ragazzi l’importanza dei primi rudimenti della preparazione fisica e del prendersi cura del proprio corpo”.
Ora vi attende la parte dei tornei post stagione.
“Quelli di Jesi e Pistoia sono tornei importanti, prima di chiudere la stagione a fine giugno, in cui potremo verificare i nostri progressi e non escludo che ci possano essere dei ragazzi che vogliamo testare il vista della prossima stagione. Il gruppo è molto motivato, credo che ci divertiremo e faremo esperienza”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – FRANCESCO NIEDDU
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 25/05/2016
Si è conclusa a Rieti, con il concentramento interregionale, la stagione di Unipol Banca Under 16, guidata da Francesco Nieddu, alla sua prima stagione in bianconero. Un girone a quattro che determinava il passaggio alle Finali Nazionali, e davvero c’è mancato poco per centrare l’obiettivo: alla fine sono passati il Don Bosco Livorno e Jesi (battuta peraltro dai ragazzi della V nera), ma tutte le partite si sono risolte con finali combattuti e di grande livello agonistico.
E’ il momento giusto per tirare le prime somme e chiedere al capoallenatore del gruppo un bilancio della stagione.
“Ovvio che il risultato ha lasciato un po’ di amaro in bocca, perché è stato un girone molto equilibrato, ma c’è di buono che abbiamo giocato tre partite molto toste con un buonissimo spirito e con una certa qualità di gioco. Da questo punto di vista sono soddisfatto. Inoltre, qualche giocatore si è espresso ad alto livello in un contesto difficile, dimostrando ulteriormente la crescita avuta durante l’anno”.
La stagione, appunto: è il momento dei bilanci.
“Siamo soddisfatti della crescita del gruppo, anche perché avevamo proposto un cambiamento nel modo di giocare, e so che per i ragazzi non è stato semplice. E’ stata una sfida per noi dello staff, ma soprattutto per loro che erano gli attori protagonisti del copione che avevamo scritto. Siamo soddisfatti della crescita individuale di alcuni giocatori, grazie all’allenamento quotidiano hanno potuto sviluppare le abilità che ci eravamo prefissati per loro. Le Finali Nazionali sarebbero state la ciliegina sulla torta, ma come ho detto ai ragazzi alla fine dell’ultima partita a Rieti la delusione per un risultato non raggiunto non deve cancellare quanto di buono è stato fatto. Un quoziente canestri non azzera quanto di buono è stato fatto durante la stagione”.
Diversi percorsi individuali andati a buon fine. Niente nomi, immaginiamo, ma molta soddisfazione.
“Sicuramente diversi elementi, che magari negli anni precedenti hanno avuto pochi minuti in campo, hanno visto aumentare la loro presenza nel corso delle partite. Ma parlo anche di ragazzi che hanno saputo aumentare la loro leadership, o migliorato la loro tecnica. Il miglioramento del giocatore, che nell’immediato non è perfettamente percepibile, nel settore giovanile viene prima del risultato”.
Questo è un gruppo che ora entrerà in un passaggio chiave del Settore Giovanile per prepararsi al mondo del basket senior.
“L’anno prossimo questi ragazzi entreranno nell’Under 18, insieme ai ’99, e per loro si prospetta un’annata particolarmente tosta. Si avviano alla conclusione del loro percorso nel settore giovanile. Vedremo quanti di loro faranno parte di quel gruppo, e da lì ci sarà la sfida nuova di giocare con gente di un anno più grande, cosa che non gli è ancora capitata. Qualcuno lo ha fatto a livello di allenamento, grazie alla disponibilità di Federico Vecchi, qualcun altro ha giocato qualche scampolo di partita, ma è stato un assaggio di quello che l’anno prossimo diventerà una costante”.
Che cosa si può migliorare nell’arco di una stagione con gli allenamenti?
“Questo anche per me è stato un anno d’esordio qui alla Virtus, dunque mi sono preoccupato molto di ascoltare i ragazzi, conoscere al meglio la situazione, e forse in questo sono stato un po’ lento io. Avrei voluto essere un po’ più svelto a capire le dinamiche del gruppo, perché questo ci ha portato via tempo per fare quelle cose su cui ci applicheremo in futuro. Ma dal punto di vista del percorso fatto in palestra, anche grazie a uno staff di primissimo ordine, tutte persone che sono in Virtus da anni e mi hanno dato una grossa mano, penso che abbiamo fatto un buon lavoro. Infatti, passata la delusione dell’ultimo risultato, presto c’è stata la consapevolezza di aver fatto una buona stagione, al di là del finale un pochino amaro. In me questa delusione si è affievolita in fretta, il che significa che sono soddisfatto dei passi avanti che abbiamo fatto”.
E’ stato, l’abbiamo detto, l’anno del debutto in casa Virtus anche per Francesco Nieddu. Sensazioni?
“Mi sono impegnato molto per capire quello che avevo intorno, per relazionarmi con persone che erano qui da molto tempo mettendo anche qualcosa di mio. Io conoscevo bene solo Federico Vecchi, e quest’anno ho cercato di entrare in sintonia con tutti. E’ sicuramente un bilancio molto positivo, perché questo è un posto stupendo per lavorare, e tanta gente preparata intorno a te può soltanto arricchirti dal punto di vista personale e tecnico. Intorno ho avuto giocatori bravi, e allenatori con cui parlare pur avendo magari anche idee diverse, e anzi il fatto di metterle tutte sul piatto e cercare sempre le soluzioni migliori è un tesoro prezioso da cui attingere”.
UNDER 18 IN FINALE NAZIONALE: L'ANALISI DI FEDERICO VECCHI
di Marco Tarozzi - www.virtus.it - 27/05/2016
Missione compiuta. Ieri, a Solesino, Unipol Banca Under 18, guidata da Federico Vecchi, ha vinto lo spareggio con la Benetton Treviso e si è assicurata un posto alla Finale Nazionale di categoria, in programma a Pordenone a partire dal 12 giugno.
Un successo netto, a leggere il risultato: 85-60, venticinque punti di scarto. Ma non è stata una passeggiata, assicura il timoniere della truppa bianconera, e nessuno si aspettava che lo fosse.
“Come immaginavamo” spiega Vecchi, “è stata una partita difficile soprattutto nell’approccio, perché era il classico scontro da dentro o fuori, contro una squadra come Treviso, che ha sempre fatto le finali nazionali, e dunque c’era un aspetto emotivo importante, eravamo davvero tutti “sull’attenti”. Nei primi minuti, pur non giocando male, eravamo piuttosto contratti, non riuscivamo a segnare con facilità, mentre Treviso era in fiducia. Il momento più importante della partita è stato quello, perché siamo stati bravi a non disunirci, continuando a giocare insieme ed a difendere, fino a trovare l’inerzia che ci ha concesso di chiudere i primi due quarti sul +1”.
La seconda parte della partita ha avuto tutto un altro copione.
“Nel terzo quarto ci siamo sciolti, con una buona difesa e qualche canestro da fuori siamo riusciti a sbloccarci e abbiamo giocato dieci minuti di buona pallacanestro, che hanno segnato la partita”.
Bel traguardo, ma è anche un punto di partenza: da adesso alla Finale Nazionale, che cosa resta da fare?
“Continueremo ad allenarci per provare a migliorare quegli aspetti sia a livello individuale che di squadra su cui abbiamo margini di miglioramento, per arrivare il più pronti possibile alle finali.
Proseguiamo il nostro percorso, che come ci siamo detti altre volte persegue quello che è l’obiettivo principale di un settore giovanile, cioè cercare di formare al meglio i giocatori. Vedremo di fare qualche altro passo avanti, di qui all’appuntamento di Pordenone”.
Dove vi aspetterà, come era prevedibile, il meglio della categoria. Ovvero squadre parecchio attrezzate.
“Mancano ancora alcuni spareggi, ma sappiamo che il livello sarà molto buono. Gli incroci hanno portato a qualche sorpresa, come il nostro con Treviso che priva le finali di una squadra che meritava di giocarsela fino in fondo. Sarà un torneo molto equilibrato, ma anche di alto livello, dunque un’occasione per tutti di fare un’esperienza davvero formativa, un passo avanti nella crescita personale e di squadra”.
Pordenone sarà il meritato atto finale, ma un primo bilancio su questa stagione degli Under 18 si può già tracciare.
“Sono soddisfatto per quanto riguarda diversi aspetti di questa annata, a cominciare dal gran lavoro dello staff, veramente di ottimo livello. Per quanto riguarda la crescita dei ragazzi, che è poi il primo tema su cui ci dobbiamo soffermare, ho visto miglioramenti importanti, sia tecnici che fisici. Hanno fatto esperienze, tornei che sono stati molto formativi. Poi, certo, ora siamo alle finali: la settimana prossima tocca agli Under 15, poi ci saremo noi dal 12 giugno: se arriverà qualche risultato di valore, sarà la ciliegina sulla torta, ma il punto più importante è la strada che abbiamo percorso. Va da sé che, lo sappiamo tutti, quando si arriva in fondo si gioca per vincere”.
Per questi giocatori sta per aprirsi il mondo della pallacanestro “adulta”. Come ritieni che si presenteranno a questa ribalta?
“Abbiamo ragazzi di talento, che hanno delle qualità di base molto importanti. Questo è un punto di partenza solido. Allo stesso tempo sono giovani, hanno ancora ampi margini e un grosso potenziale da esplorare. Dobbiamo essere bravi noi dello staff a capire come stanno le cose, e loro a rendersi conto che a quell’età, anche se si è bravi, c’è ancora un bel percorso da fare e ogni opportunità va colta al volo. Devono sapersi mettere in gioco, non solo per consolidare i loro punti di forza, ma anche per completare alcune carenze che ci sono sempre, anche nei giocatori di ottimo livello. Quest’anno gli abbiamo fatto una proposta leggermente diversa rispetto a quella a cui erano abituati, una nuova metodologia che in certi momenti non era nemmeno facile da digerire, ma loro hanno reagito nel modo migliore, hanno fatto un bel passo in avanti e di questo sono orgoglioso”.
UNDER 14 CAMPIONE REGIONALE, MATTIA LARGO: "UN PERCORSO FANTASTICO"
di Marco Tarozzi - www.virtus.it - 06/06/2016
Un titolo regionale bello da vivere. Da condividere, come è giusto che sia in uno sport dove si ragiona di squadra, dove si cresce in gruppo. Mattia Largo, tecnico di Unipol Banca Under 14, ragiona su una squadra di ragazzi irresistibili che è cresciuta fino a raggiungere un traguardo così importante. E’ la sua squadra, e non solo. Lui l’ha guidata, dando consigli e ascoltando la voce di tutti. E’ il bello di questo successo, di questo titolo regionale che ha tanti protagonisti, tante storie da raccontare in una sola storia.
“La cosa più bella è guardare al percorso che abbiamo fatto, vedere dentro a questo gruppo, alla crescita dei ragazzi, che sono migliorati tanto dal punto di vista tecnico e da quello umano. Quello di Medicina è stato il risultato finale di una stagione sorprendente, fatta di momenti felici e di piccole e grandi sofferenze, arrivato in fondo a un cammino di trentuno partite e trentuno vittorie, ma dove nulla era scritto in partenza. Nella scorsa stagione andò quasi allo stesso modo, ma perdemmo la finale. Ci mancò quell’ultimo passo, dopo una crescita altrettanto bella e importante”.
Alzare un ultimo trofeo, a volte, rende più chiaro tutto quello che è successo prima. E raddoppia la felicità, naturalmente.
“Credo che la cosa più bella sia avere ottenuto questo risultato con una identità di gioco, avere visto appunto una crescita nel corso della marcia di avvicinamento all’atto finale. Ci sono stati momenti difficili, come penso sia normale. La semifinale con Cà Ossi, per esempio, è stata un banco di prova duro, molto difficile dal punto di vista fisico. I ragazzi sono stati bravi a tenere duro, a rialzarsi dopo ogni caduta, e alla fine a portare a casa il risultato. E’ stato un grande esame di maturità”.
E’ il momento di riavvolgere il nastro, di rivederla tutta, questa stagione. Per tirare anche le somme.
“Lo dico sempre, alla squadra: la passione è alla base di tutto. Vale nella pallacanestro come nella vita. Se hai quel fuoco dentro, sei già a metà del tuo cammino. I ragazzi hanno fatto tanti sacrifici, e nessuno si è tirato indietro. E noi allenatori riceviamo tanto da loro, nel vederli affrontare una stagione, sorridendo anche nelle difficoltà. Non faccio fatica ad ammettere che sono stati loro a trasmettermi una forza in più. Un allenatore deve dare qualcosa, è il suo mestiere, ma ricevere è una ricchezza anche npiù grande. A me è successo, sono stato fortunato in questo”.
Mattia Largo oggi ci mette la faccia. Ma dietro il suo, spiega, ci sono tanti volti.
“C’è un settore a cui dobbiamo tanto, tutti quanti. E c’è il mio staff, naturalmente. Devo tanto a questi tre ragazzi: ad Andrea Gatti, Giacomo Campanella, Matteo Fini. Sono giovani che hanno voglia di maturare con il basket, come ne ho voglia io, e che hanno quella curiosità senza la quale non si va da nessuna parte. E sono persone profondamente oneste, con le quali è bello lavorare. Da loro ho ricevuto un aiuto fondamentale, ogni passo avanti della squadra lo abbiamo vissuto insieme, e insieme ne abbiamo gioito”.
In mente, anche persone che oggi non ci sono più. O semplicemente, non le vediamo più accanto. Ma continuiamo ad averle vicine. Ricordarle non è una semplice dedica nei loro confronti, ma è sapere che non sono mai andate via.
“Avrei mille persone da ringraziare, e se mi metto a fare l’elenco degli allenatori che mi hanno insegnato qualcosa qui dentro non finisco più. Devo qualcosa a tutti. Ma in questo momento mi piace ricordare due persone che mi hanno insegnato cosa significhi la virtussinità, e come ci si comporta con questi simboli addosso. Penso ad Andrea Rizzoli, per me un grande riferimento dal punto di vista umano, e al dottor Roberto Rimondini”.
Chiusa felicemente un’avventura, si comincia a pensare al domani.
“Sarà un’altra bella sfida. L’Under 15, dal punto di vista della crescita, è un’altra storia. I ragazzi entrano nell’adolescenza, un periodo delicato. Ma una volta di più dirò loro di far tesoro di quello che hanno avuto e non voltarsi più indietro, il modo migliore per cercare di crescere ancora. La pallacanestro è un libro, quello che hai alle spalle è una ricchezza da non disperdere, e con quella devi essere pronto a sfogliare nuove pagine”.
L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – GIORDANO CONSOLINI
di Marco Patuelli e Marco Tarozzi - www.virtus.it - 08/05/2016
Si è conclusa la stagione del team Under 15 di Unipol Banca, con l’approdo alla Finale Nazionale di Bassano del Grappa, dove la squadra si è fermata sulla soglia delle semifinali, fermata proprio dai padroni di casa, una delle rivelazioni del torneo. Tocca a Giordano Consolini, timoniere del gruppo, in questi giorni impegnato al raduno della Nazionale italiana a Folgaria, insieme ad Ettore Messina del quale è assistente in azzurro, il bilancio della manifestazione e della stagione del gruppo.
“Certamente ci è in parte mancato il risultato sul campo, per una serie di incroci che hanno messo sulla nostra strada due delle formazioni più forti del torneo, prima la Pallacanestro Varese che alla fine è arrivata a giocarsi la finale per il primo posto, persa con la Libertas Cernusco di Marco Cornaghi, poi l’Orange 1 Bassano, la squadra di casa, che quest’anno si è molto rinforzata e puntava a fare bella figura davanti al suo pubblico. Proprio contro Bassano, nei quarti di finale, i miei ragazzi se la sono giocata davvero bene, restando in partita fino a quattro minuti dalla fine. Contro la stessa squadra, al torneo di Gallo di fine dicembre, non eravamo nemmeno riusciti a stare in partita. Per riuscire a contenere lo strapotere fisico dei nostri avversari avremmo dovuto essere semplicemente perfetti, ma sono contento così, perché la squadra ha risposto molto bene alle attese”.
E’ stata una Finale Nazionale decisamente nuova, almeno rispetto a quella di un anno fa.
“Vero, basti pensare che tutte le principali protagoniste della passata edizione sono uscite di scena prima delle semifinali. Non soltanto noi, ma anche squadre come Reggio Emilia e Robur et Fides Varese. In questo contesto, decisamente nuovo, i miei ragazzi hanno lottato, non posso rimproverarli di nulla. L’obiettivo minimo era entrare nelle prime otto squadre d’Italia, c’è mancato poco che riuscissimo a fare qualcosa di più. Avessimo vinto con Bassano, probabilmente saremmo riusciti a fare anche più strada. Detto questo, è stata un’esperienza eccellente, la squadra è migliorata durante la stagione e di questo sono molto soddisfatto”.
Un’annata importante per la crescita di un gruppo che era chiamato ad uno step importante, in un’età delicata per la crescita fuori e dentro i campi di pallacanestro.
“Confermo, è stata una stagione positiva – continua Consolini -, perché alla fine credo davvero che questi giovani siano migliorati, non solo dal punto di vista tecnico. E questo è poi il primo obiettivo di un settore giovanile. Piano piano, a volte con fatica, abbiamo fatto passi avanti. Ero curioso di vedere questo gruppo cimentarsi ad un livello sicuramente più elevato rispetto a quello di un anno fa, contro formazioni che si erano rinforzate: basti pensare per esempio alla crescita di Bassano, che quest’anno era allestita per giocarsi la vittoria. Ebbene, li ho visti arrivare molto vicini a un risultato oltre le aspettative. C’è un po’ di rammarico per il verdetto del campo, ma anche la consapevolezza di aver dato tutto quello che avevamo dentro. Per questo catalogo tutta la nostra stagione come un’esperienza oltremodo positiva”.
MATTEO NICOLI ALL'ADIDAS NEXT GENERATION EUROCAMP 2016
tratto da www.virtus.it - 09/06/2016
Grande soddisfazione per il Settore Giovanile Unipol Banca per l’invito di Matteo Nicoli all’Adidas Next Generation Eurocamp 2016. L’evento si svolgerà a Treviso da venerdì 10 a domenica 12 giugno presso gli impianti sportivi de La Ghirada.
Matteo è una guardia di 190 cm, è nato nel 2001 e nella stagione 2015/2016 è sceso in campo in maglia Unipol Banca sia nel campionato under 15 che under 16. È stato invitato ad una tre giorni di altissimo livello in un team di venti giovani atleti delle annate 2000 e 2001 provenienti da tutta Europa.
Matteo Nicoli
“UN CAMMINO INDIMENTICABILE”
Federico Vecchi racconta il sogno di Unipol Banca, che per soli tre punti non è diventato realtà in una Finale Nazionale Under 18 bellissima e coinvolgente, a Pordenone. E analizza l’ultimo atto di una stagione che ha regalato emozioni e soprattutto solidità al suo gruppo. Parola al timoniere, tra emozione e lucidità di analisi.
“È stata una settimana intensa, molto bella, che ci ha permesso di confrontarci con squadre importanti. Mi piace sottolineare di aver visto un livello di giocatori davvero ottimo. Ho sempre seguito le fasi finali, e quest’anno forse più che in passato ho visto tanti ragazzi italiani di notevoli prospettive”.
Partiamo proprio dall’ultimo atto: la finale per il titolo contro Umana Reyer Venezia.
“È stata una partita tosta, nella quale noi abbiamo principalmente inseguito, e soprattutto all’inizio dell’ultimo quarto, quando abbiamo messo il naso avanti, non siamo riusciti a segnare quel paio di canestri che avrebbero potuto farci prendere l’inerzia della partita. C’è una punta di amarezza per averla persa, e credo sia naturale, ma dobbiamo essere soddisfatti di quello che abbiamo ottenuto”.
Per dare il senso dell’impresa, che comunque c’è stata, basti pensare a quante favorite della vigilia si sono perse lungo il cammino.
“C’erano sette o otto squadre davvero forti, ma quando si giocano gare secche contano anche gli episodi, magari la giornata storta di qualche giocatore, piuttosto che un problema di falli, per cambiare le carte in tavola. E’ successo che squadre molto quotate non siano arrivate in fondo, e quando si gioca con questo grande equilibrio è anche più significativo raggiungere una finale. Vuol dire che il lavoro è stato buono. Poi, certo, abbiamo perso con Venezia per soli tre punti, normale che ti resti un po’ di rammarico pensando che magari un episodio o due avrebbero potuto farti scrivere un finale diverso”.
Tra le dimostrazioni di stima ricevute dalla Virtus, una diretta e personale: il premio al miglior coach del torneo è andato proprio a Federico Vecchi.
“Un riconoscimento che mi ha fatto piacere, anche se avrei fatto volentieri cambio con Buffo, il coach della Reyer. Gli avrei lasciato volentieri quel premio in cambio della vittoria della mia squadra… A parte le battute, gli attestati di stima, anche da parte di tanti colleghi e addetti ai lavori, fanno piacere. Così come i giudizi positivi sul nostro approccio alle finali e sul livello tecnico che abbiamo raggiunto. Al di là di tutto, comunque, le mie grandi soddisfazioni le vivo vedendo i ragazzi che migliorano di giorno in giorno. E quest’anno ho visto i miei giocatori crescere a livello personale, tecnico, fisico, e questo è lo scudetto che mi premeva di vincere. Il risultato non è sempre controllabile, i percorsi di crescita sì”.
Quattro dei suoi ragazzi ora sono stati chiamati nelle rispettive Nazionali. In azzurro Pajola, Penna ed Oxilia, in quella serba Petrovic.
“Un bel segnale, certo. Fa piacere avere giocatori di valore che possono giocarsi la chance di andare a disputare un campionato europeo. Ma quando parlo di crescita, io parlo di tutti i miei ragazzi, di tutta la squadra. Anche di quelli che magari non hanno avuto la visibilità di chi va in Nazionale. Vedere un gruppo che ha fatto notevoli passi avanti deve essere la soddisfazione più grande per chi guida squadre del settore giovanile. Abbiamo la responsabilità di formare tutti i ragazzi della squadra, senza lasciare nulla di intentao perché ognuno di loro possa arrivare ad esprimere tutto il proprio potenziale”.
Da questo gruppo, qualcuno spiccherà il volo verso il mondo della pallacanestro “dei grandi”.
“Adesso si apre la fase dell’Under 20, con una struttura diversa rispetto a un campionato Under 18, nel senso che molti di loro finiranno già nell’ambito di prime squadre, a vari livelli. Una situazione mista, una fase di transizione. Ma già l’Under 18 è stato un primo passaggio di preparazione al mondo degli adulti. Diciamo che qui si è chiuso il vero e proprio percorso nel settore giovanile, e si entra in un’anticamera in cui chi è più preparato e pronto può già affacciarsi al basket adulto, mentre chi deve ancora sviluppare completamente le sue caratteristiche può usufruire di un ulteriore periodo nel movimento giovanile”.
Pochi punti, e precisi, per descrivere l’annata che si è appena conclusa per Unipol Banca Under 18.
“È stata una stagione molto bella, perché c’è stata la possibilità di progettare, di costruire qualcosa di solido e profondo. Io provenivo da esperienze più marcate nel mondo dei senior, desideravo questo tipo di esperienza. Un altro aspetto importante è stato la condivisione delle idee: fare le cose insieme è importante, e ho visto molta armonia tra lo staff della prima squadra e quello del settore giovanile.
Infine, un ruolo determinante l’ha avuto la passione, il gusto di giocare e stare in palestra. Progettare e condividere con passione: ecco, questi sono stati i motivi per cui da questa stagione di lavoro è uscito qualcosa di bello e importante, non solo per quanto riguarda l’Under 18 ma per tutto il settore giovanile”.
Per chiudere, una serie di “nominations”, su espressa richiesta della prima guida. Federico Vecchi ha un pensiero per tutti quelli che l’hanno accompagnato nella stagione del ritorno in casa Virtus.
“Fare le cose insieme può darti grandi gratificazioni, lo dico col cuore. Ho avuto accanto uno staff eccellente. Francesco Nieddu è stato un compagno di viaggio sempre positivo, che mi ha dato tanti spunti. Alessandro Senni è stato di una disponibilità incredibile, sia nella gestione della foresteria che in tutte le piccole cose necessarie. Paolo Zonca ha fatto un lavoro incredibile a livello fisico con i ragazzi, con una disponibilità unica a stare con loro per farli crescere. E ancora Stefano Pini, il decano dei dirigenti, e il dottor D’Ovidio che quest’anno ha avuto parecchio da lavorare, insieme ai nostri fisioterapisti. Una menzione speciale è per Marco Patuelli, dirigente responsabile appassionato e competente. Sono la squadra invisibile che ha permesso che le cose andassero nel migliore dei modi possibile. Perché una finale come quella di Pordenone è un bellissimo ricordo che ci resta dentro, ma aver fatto qualcosa per la crescita di questi ragazzi è qualcosa di ancora più grande, e l’abbiamo fatto tutti insieme”.
CIELO AZZURRO SULLA PALESTRA PORELLI: SEI GIOCATORI DI UNIPOL BANCA TRA U18 E U15. ANCHE PETROVIC CONVOCATO DALLA SERBIA
tratto da www.virtus.it - 20/06/2016
Si colora di azzurro il futuro prossimo di Unipol Banca. Dopo la bella parentesi della Finale Nazionale di Pordenone, sono ben quattro i giocatori dell’Under 18 di Federico Vecchi chiamati all’appello dalle rispettive Nazionali di categoria.
La Nazionale Under 18 di Andrea Capobianco porta tre giocatori della Virtus in raduno collegiale a Roseto degli Abruzzi dal 23 giugno al 6 luglio e successivamente in campo al Torneo Internazionale in programma dal 7 al 9 luglio: sono Tommaso Oxilia, Alessandro Pajola e Lorenzo Penna. Da questi giorni di lavoro in gruppo l’head coach azzurro e il suo staff trarranno importanti segnalazioni in vista del campionato europeo in cartellone a Samsun, in Turchia, dal 30 luglio al 7 agosto. Anche Danilo Petrovic, reduce come i compagni da Pordenone, è chiamato al collegiale della Serbia in programma dall’1 luglio.
Anche dall’Under 15 di Antonio Bocchino, impegnata al raduno collegiale di Roma dal 30 giugno al 6 luglio, arriva una chiamata per tre ragazzi dell’Under 15 di Giordano Consolini: del gruppo faranno parte Lorenzo Bianchini, Lorenzo Deri e Matteo Nicoli. Al raduno di Roma parteciperanno sedici giocatori, dodici dei quali parteciparanno dal 7 al 10 lugio al Torneo dell’Amicizia in programma a Melilla, in Spagna.
BORSELLO E GIULIANI CONVOCATI PER IL RADUNO DELLA NAZIONALE UNDER 16 DI CAORLE
tratto da www.virtus.it - 27/06/2016
Ancora chiamate importanti per i giovani talenti della Virtus. Dal settore giovanile Unipol Banca, tocca questa volta ad Alessio Borsello rispondere all’appello di coach Antonio Bocchino, che lo ha convocato al raduno collegiale della Nazionale Under 16 che si svolgerà a Caorle dal 13 al 20 luglio. Borsello, che fa parte del team U16 di Unipol Banca guidato da Francesco Nieddu, è stato inserito in un elenco di 18 giocatori tra i quali Bocchino selezionerà i 12 che, al termine del collegiale, si trasferiranno in Francia per disputare, dal 22 al 24 luglio, il Torneo Internazionale di Chateauroux. Tappe di avvicinamento fondamentali in vista dell’Europeo Under 16, in programma dal 12 al 20 agosto a Radom, in Polonia.
Unipol Banca, in questa occasione, non sarà rappresentata soltanto da Borsello. Nella lista dei giocatori a disposizione è stato infatti inserito anche l’altro bianconero Guglielmo Giuliani.
Alessio Borsello
NICOLINI, AVVENTURA EUROPEA CON SAN MARINO
tratto da www.virtus.it - 01/07/2016
Un Europeo per Gek. E una Nazionale “straniera”, ma non troppo. Giacomo Nicolini, guardia del 2001 che in questa stagione ha indossato la canotta di Unipol Banca nella formazione Under 15 di Giordano Consolini, è stato infatti convocato a far parte della rappresentativa Under 16 di San Marino, che dal 17 al 24 luglio sarà impegnata nel Campionato Europeo Under 16 Division C a Nicosia, sull’isola di Cipro.
Giacomo Nicolini
BIANCHINI E DERI CON LA NAZIONALE AL TORNEO DELL'AMICIZIA UNDER 15
tratto da www.virtus.it - 06/07/2016
Dopo averli visti all’opera durante il collegiale di Roma, dal 30 giugno al 6 luglio, coach Antonio Bocchino ha scelto i dodici azzurri che partiranno alla volta di Melilla, in Spagna, per disputare con la Nazionale Under 15 maschile il Torneo dell’Amicizia, quadrangolare in cui dall’8 al 10 luglio l’Italia incontrerà Spagna, Grecia e Francia.
Nel gruppo, due portacolori di Unipol Banca Virtus. Si tratta di Lorenzo Bianchini e Lorenzo Deri, entrambi classe 2001, che hanno disputato la stagione 2015/2016 con la formazione Under 15 guidata da Giordano Consolini, che ha disputato la Finale Nazionale di categoria a Bassano del Grappa raggiungendo i quarti di finale contro i padroni di casa dell’Orange1 Bassano. Sfortunato Matteo Nicoli, anche lui presente al collegiale di Roma e costretto a rientrare anzitempo a causa di un infortunio.
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11/07/2016
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Per gli Azzurri, dopo il successo all'esordio con la Francia, sono arrivate le due sconfitte con Spagna e Grecia, chiudendo così il torneo al terzo posto. Esperienza fondamentale per entrambi i giovani bianconeri, con Deri che nella partita contro la Grecia è risultato il top scorer con 23 punti.
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Italia - Francia 77-74 Deri 2, Bianchini n.e.
Spagna - Italia 73-61 Deri 11, Bianchini.
Italia - Grecia 63-76 Deri 23, Bianchini 4.
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LA NAZIONALE U18 VINCE A ROSETO CON OXILIA, PAJOLA ED EBELING. PENNA FERMO PER UN LIEVE PROBLEMA FISICO
tratto da www.virtus.it - 11/07/2016
Bel successo della Nazionale Under 18 di coach Andrea Capobianco al Torneo Internazionale di Roseto degli Abruzzi, appuntamento al quale erano presenti nella rappresentativa di categoria ben quattro giocatori della Virtus. Dalla formazione di categoria di Unipol Banca, guidata da Federico Vecchi, erano infatti stati convocati Tommaso Oxilia, Lorenzo Penna e Alessandro Pajola, e con loro faceva parte del gruppo anche Michele Ebeling, che nell’ultima stagione ha giocato in prestito alla Vis Ferrara, con alcune apparizioni anche con la prima squadra nel campionato di A2.
Lorenzo Penna, presente al raduno, non ha potuto scendere in campo nel torneo per un lieve problema fisico. Gli azzurri sono approdati alla finale da imbattuti (vittorie contro Grecia e Slovenia) e hanno chiuso l'evento sconfiggendo la Turchia per 87-79 dopo un overtime. Miglior realizzatore dell'incontro è stato Andrea Mezzanotte con 19 punti. In doppia cifra anche Visconti (14), Bucarelli (11) e De Zardo (10), mentre Oxilia ha sfiorato la doppia cifra chiudendo la partita contro i turchi a quota 9 punti.
La Nazionale ha poi sciolto il raduno ieri, e il 14 riprenderà la preparazione a Cisternino in vista dell’Europeo di categoria, in programma a Samsun (Turchia) dal 30 luglio al 7 agosto.
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La finale:
Italia - Turchia 87-79
(18-14, 33-23, 52-50, 70-70)
Italia: Antelli 6, Masciarelli 4, Pajola, Visconti 14 , Caruso, Oxilia 9 , Ebeling 3, Bucarelli 11, Baldasso 2, Simioni 7, Mezzanotte 19, Giustetto 2, De Zardo 10. All. Capobianco.
RADUNO ITALIA U18 A CISTERNINO: CI SONO OXILIA, PAJOLA E PENNA
tratto da www.virtus.it - 12/07/2016
Tornano in azzurro i tre gioielli dell’Under 18 di Federico Vecchi. Tommaso Oxilia, Alessandro Pajola e Lorenzo Penna sono stati nuovamente convocati da coach Andrea Capobianco, questa volta per il raduno di Cisternino, in Puglia, ultima fase di preparazione in vista del Campionato Europeo di categoria che si svolgerà a Samsun, in Turchia, dal 30 luglio al 7 agosto. Resta tra i giocatori a disposizione, pronti a trasferirsi in Puglia in caso di defezioni, anche Michele Ebeling, che nella scorsa stagione ha giocato in prestito alla Vis Ferrara.
Al raduno brindisino, che inizierà dopodomani, giovedì 14 luglio, Capobianco ha convocato sedici giocatori, e sarà da questo gruppo che usciranno i dodici che parteciperanno alla rassegna continentale. Accadrà al termine di un intenso periodo di preparazione, nel quale è stato inserito anche un quadrangolare internazionale in cui l’Italia affronterà Serbia, Montenegro e Germania, ed infine due amichevoli (22 e 23 luglio) con la Grecia.
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ALESSIO BORSELLO AL RADUNO AZZURRO DELL'U16 A CAORLE. GIULIANI A DISPOSIZIONE
tratto da www.virtus.it - 14/07/2016
C’è anche un giocatore del settore giovanile della Virtus al raduno di Caorle della Nazionale Under 16, che ha iniziato in terra veneta il cammino che la dovrà condurre all'Europeo di categoria che si giocherà a Radom (Polonia) dal 12 al 20 agosto.
Si tratta di Alessio Borsello, centro di 202 centimetri, classe 2000 da Ciriè, che nella stagione appena conclusa ha fatto parte della formazione di Unipol Banca U16 guidata da Francesco Nieddu, con presenze anche nell’U18 di Federico Vecchi.
Tra i giocatori che restano a disposizione, in caso di defezioni tra i presenti al raduno, un altro rappresentante bianconero, Guglielmo Giuliani, playmaker, anche lui nato nel 2000.
Gli azzurri si alleneranno nella località veneta prima di volare in Francia per un Torneo (dal 22 al 24 luglio) con Serbia, Francia e Repubblica Ceca.
All'Europeo, al quale approderanno dodici dei sedici giocatori convocati da coach Antonio Bocchino, la Nazionale italiana è inserita nel Girone A con Spagna, Lettonia e Svezia.
PAJOLA AL "BASKETBALL WITHOUT BORDERS EUROPE 2016"
tratto da www.virtus.it - 22/07/2016
Ennesima bella notizia per il settore giovanile bianconero guidato da Federico Vecchi, e naturalmente per tutta la Virtus Bologna, che sulla crescita dei giovani ha sempre investito e puntato. Il giovane Alessandro Pajola, classe 1999 ma già elemento importante dell’Under 18 guidata proprio da Vecchi, e in diverse occasioni aggregato alla prima squadra nella scorsa stagione, è uno dei due giocatori italiani invitati da Fiba e Nba al “Basketball without Borders Europe 2016”, manifestazione giunta alla quindicesima edizione che riunisce i migliori giovani europei nati nel 1999, che avranno la possibilità di fare un'esperienza unica confrontando il loro talento con quello degli altri giocatori sotto la guida di coach e giocatori NBA. In pratica, lo stesso onore che un anno fa era toccato a Tommaso Oxilia.
Pajola prenderà parte alla kermesse dal 7 al 10 settembre prossimi, insieme a Guglielmo Caruso del PMS Moncalieri.
Alessandro Pajola è nato ad Ancona il 9 novembre 1999 ed è un playmaker di 192 cm. E’ cresciuto nel vivaio del Cab Stamura Ancona, dove dal minibasket è arrivato fino all’under 17. In Virtus dalla scorsa stagione, con l’Unipol Banca Under 18 ha conquistato la Finale Nazionale di categoria a Pordenone. Con la prima squadra, nella stagione 2015/2016 è andato sette volte a referto entrando due volte in campo, debuttando così in Serie A a sedici anni e mezzo alla 21a di campionato, contro l’Olimpia Milano. Da anni elemento fisso delle rappresentative nazionali di categoria , nel 2016 ha rappresentato l’Italia al Torneo di Mannheim riservato agli under 18.