STAGIONE 1984/85

 

Valenti, Fantini, Bonamico, Villalta, Binelli, van Breda Kolff, Rolle, Daniele, Lanza, Brunamonti

Messina, Bucci (foto Giganti del Basket)

 

Granarolo Felsinea Bologna

Serie A1: 7a classificata su 16 squadre (16-30)

Play-off: eliminata ai quarti di finale (2-4)

Coppa Europa dei Campioni: 6a classificata nel girone finale (5-14)

Coppa Italia: eliminata ai quarti di finale (2-4)

 

N. nome ruolo anno cm naz note
4 Roberto Brunamonti P 1959 192 ITA  
5 Domenico Fantin G 1961 196 ITA  
6 Piero Valenti P 1956 183 ITA  
8 Matteo Lanza G 1964 194 ITA  
9 Ian Van Breda Kolff A 1951 200 USA  
10 Renato Villalta A 1955 204 ITA  
11 Augusto Binelli C 1964 211 ITA  
12 Elvis Rolle C 1958 205 USA  
14 Alessandro Daniele C 1963 206 ITA  
15 Marco Bonamico A 1957 200 ITA  
   Gianluca Trisciani  P 1961   ITA  
  Clivo Righi C 1966   ITA  
  Gianluca Lenoli P 1967   ITA  
Solo amichevoli: Emilio Marcheselli, Tiziano Montaguti, Massimo Torchio
             
  Alberto Bucci All     ITA  
  Ettore Messina ViceAll     ITA  

 

Partite della stagione

Statistiche di squadra

Statistiche individuali della stagione

Giovanili

IL FILM DELLA STAGIONE

di Ezio Liporesi per Virtuspedia

 

La squadra che ha conquistato il decimo scudetto viene confermata in blocco. A settembre a Bologna, Milano e Varese si gioca il Torneo Open, primo confronto delle squadre italiane con i mostri sacri dell’NBA. A rappresentare la franchigia statunitense i New Jersey Nets e i Phoenix Suns. La Virtus cede non solo agli americani ma anche a Ciaocrem e Simac, terminando il torneo all’ultimo posto senza vittorie. Il campionato comincia con due vittorie casalinghe contrapposte a due sconfitte in trasferta e il trend viene smentito solo nel primo turno di Coppa dei Campioni, risicata vittoria di un punto a Budapest, confermata da un franco successo casalingo, ma non in Coppa Italia dove a Napoli all’andata i padroni di casa ottengono un più 15, ribaltato a Bologna con un successo delle vu nere di 24 lunghezze. Poi, grazie al derby programmato in trasferta, i bianconeri si trovano in campionato a giocare quattro volte consecutive in Piazza Azzarita infilando un filotto di successi contro Cantù, Bancoroma, la Yoga nella stracittadina e Caserta. In questo periodo arriva anche il superamento del secondo turno di Coppa; i bianconeri rimediano alla sconfitta di tre punti nella tana del Panathinaikos con un nettissima vittoria in casa, ottenendo la qualificazione al girone finale. La tendenza della squadra è di segnare molto, ma anche di subire punteggi notevoli, in campionato solo la Fortitudo si ferma sotto quota 80 e sia in occasione delle due sconfitte esterne che nella vittoria in casa contro la Jollycolombani Cantù, i giocatori allenati da Bucci hanno subito oltre 100 punti. La tendenza non si inverte nelle successive due trasferte consecutive, che riportano le Vu nere sull’itinerario del torneo Open precampionato: a Varese i campioni d’Italia cedono 106-98, a Milano, dove sei mesi prima la Virtus aveva conquistato la stella, perdono 121-116 dopo un supplementare, in un incontro tutto votato agli attacchi.

A parte il derby ancora nessuna vittoria corsara. Arriva a Bologna Reggio Emilia, alla vigilia dell’esordio nel girone di Coppa dei Campioni a Mosca. Una Virtus distratta dal prossimo impegno europeo perde l’imbattibilità casalinga, non certo il miglior viatico per la trasferta in Unione Sovietica, dove i bolognesi non entrano mai in partita e il risultato finale di 102-84 non evidenzia tutta l’impotenza della squadra italiana. Altra sconfitta a Napoli e ormai il mal di trasferta diventa cronico. Per fortuna si torna a giocare in casa, dove, a parte l’ultimo scivolone con le Cantine Riunite, la Virtus ha ottenuto percorso netto; in fatti arrivano due belle vittorie, in coppa contro il Cibona e in campionato di fronte a Pesaro. I risultati continuano però nella loro mediocre prevedibilità, una brutta sconfitta a Rimini e un’altra a Trieste, con in mezzo la solita vittoria casalinga contro Udine. A cavallo di Capodanno si disputa anche il quarto di finale contro la Berloni Torino: il 27 dicembre la Virtus compie l’insolita “impresa” di vincere in trasferta con 30 punti di Brunamonti, che ripete nella città della Mole, la bellissima gara di semifinale playoff dell’anno prima quando ne segnò 29, ma una settimana dopo vanifica quella vittoria di tre punti con una sconfitta al madison di otto che decreta l’eliminazione. In campionato arriva la vittoria casalinga sulla Peroni Livorno, ma l’attenzione è già rivolta alla sfida italiana di coppa contro il Bancoroma. Partita di grande equilibrio e di vantaggi alternati, la Virtus Bologna è avanti di tre punti all’intervallo e di cinque al 32’, ma il Bancoroma sorpassa ancora e, quando a 6 minuti dalla fine l’allenatore capitolino Bianchini ordina la difesa a zona, vola a più 11 al 36’. Sembra finita, ma qui reagiscono Van Breda e Brunamonti che con una grande tripla a 17 secondi dalla fine riporta la Virtus a meno uno; a questo punto però finisce la rimonta bianconera e i romani ottengono la prima vittoria esterna di tutto il girone nelle prime tre giornate. I bianconeri vedono così già svanire i sogni di gloria europei.

Dopo la sconfitta fuori casa contro Fabriano, le vu nere volano a Madrid per cercare di recuperare subito i punti persi nello scivolone interno di 7 giorni prima; il rendimento esterno degli uomini di Bucci lascia ben poche speranze, anche perché Fantin e Daniele sono rimasti a casa, Bonamico è in panchina inutilizzabile per un ginocchio meniscato e Villalta ha una caviglia gonfia, ma i campioni d’Italia hanno un sussulto d’orgoglio: quando finiscono sotto di 14 a metà primo tempo, invece di crollare come in altre trasferte, cominciano una lenta rimonta che li porta al 32’ a impattare con un canestro di Villata e a sorpassare quattro minuti dopo. Finale punto a punto, a 43 secondi dalla fine Rolle pareggia e il Real perde palla a 24 secondi dalla sirena. Qui il pubblico lancia di tutto in campo, verso la panchina bolognese e gli arbitri i quali decidono di far rientrare i protagonisti della contesa nel tunnel degli spogliatoi, per rientrare in campo solo cinque minuti dopo. Riprende il gioco con il clima ovviamente teso e gli arbitri forse condizionati dall’ambiente, sta di fatto che a 4 secondi dalla fine, quando Brunamonti cerca di liberarsi di Corbalan per scoccare il tiro si vede sanzionato di uno sfondamento. Nel supplementare, i bianconeri conseguono ancora un vantaggio al 42’, ma la squadra stanca e decimata non riesce più a reggere ed esce, a testa altissima, sconfitta 95-90. Peccato perché una vittoria avrebbe rimesso in corsa la Virtus portandola nel gruppone delle seconde a 4 punti, dietro al solitario Bancoroma a 6, invece i bolognesi rimangono ultimi da soli con un’unica vittoria. Da segnalare, comunque, oltre all’ottima prova collettiva, la buona prestazione di Lanza, entrato nel momento peggiore senza alcun timore e autore di 8 punti.

Una bella vittoria casalinga contro Torino, con 14 punti del rientrante Fantin, precedono la trasferta di coppa a Tel Aviv, dove però non si ripete la bella gara disputata in Spagna. Si tratta solo della prima di un trittico di nette sconfitte, a Cantù, in casa contro Mosca e a Roma. Arriva il derby a risollevare il morale in casa dei bianconeri, che guidati da Brunamonti e Van Breda Kolff, rispettivamente 27 e 23 punti, vincono 89-79. Solito dazio pagato in trasferta, a Caserta, poi una bella reazione nella nettissima vittoria contro Varese. Ennesima sconfitta in coppa a Zagabria, in una competizione ormai senza più obiettivi, poi la sfida contro la capolista Milano, nella quale la rivalità storica si è arricchita di nuovi significati dopo la tiratissima finale scudetto dell’anno precedente. Come all’andata predominio degli attacchi sulle difese. Rolle si esalta al confronto con Carrol e segna 26 punti, la Virtus parte decisa davanti nel punteggio, ma nella ripresa il Billy rimonta e sorpassa; i bolognesi però riprendono il comando al 33’ per non lasciarlo più e nel finale è Binelli (4 su 6) ad assumersi le responsabilità di tiro che consentono alla Virtus di chiudere sul 98-93. Vittoria fondamentale per rimanere, a 5 giornate dalla fine della stagione regolare, dentro le otto che hanno accesso ai playoff. Sconfitta di prammatica a Roma in coppa, poi importante trasferta a Reggio Emilia, contro l’unica squadra ad avere violato il campo delle vu nere in campionato e che ora è in lotta, come pure la Virtus, per entrare nei playoff. In un bellissimo primo tempo chiuso sul 50-34, con una notevole precisione nel tiro dalla lunga distanza, quattro bombe Van Breda, due Fantin, una Brunamonti, la Virtus costruisce i presupposti del successo, che poi viene difeso nella ripresa, quando i reggiani arrivano anche a meno due, ma non riescono mai a raggiungere gli ospiti, che ottengono la prima vittoria in campionato lontano da Bologna. Dopo la sconfitta casalinga col Real in lotta per accedere alla finale, le vu nere conquistano altri due punti importanti per la classifica contro Napoli. Il momento è favorevole e in settimana è atteso il Maccabi nell’ultimo match di coppa per i bianconeri. Gli israeliani sono alla ricerca della vittoria che li porterebbe alla finale, la Virtus cerca un successo di prestigio dopo una manifestazione europea che l’ha vista vincere nel girone una sola volta alla seconda giornata, a fronte di otto sconfitte. L’avversario inoltre riporta alla mente la finale di Strasburgo di 4 anni prima. Le vu nere confezionano una brillante prestazione, 27 punti di Van Breda, 20 di Villata, 17 di Brunamonti e 16 di Rolle per il 94-86 che non evita ai bolognesi l’ultimo posto, ma impedisce a Tel Aviv di accedere alla finalissima.

Il morale è alto, i recenti successi in campionato e il sussulto in coppa fanno ben sperare per i playoff, ma arriva subito a raffreddare gli entusiasmi la batosta di Pesaro con 114 punti subiti e, soprattutto, la sconfitta interna ai supplementari contro Rimini che mette a rischio la qualificazione alla fase successiva; dopo le prime cinque ci sono quattro squadre a 30, tra cui la Granarolo e tre squadre a 28, di cui una, la Stefanel matematicamente esclusa. La Virtus, vincendo a Udine, sarebbe sicura di qualificarsi per i playoff, mentre in caso di sconfitta rimarrebbe fuori in più della metà dei casi di parità a quota 30 e sarebbe clamorosamente il secondo anno consecutivo che la squadra campione termina la stagione prima dei playoff, successe infatti al Bancoroma nel 1984, che si consolò però con la vittoria della Coppa dei Campioni; per la Virtus invece, dopo la deludente stagione europea e l’eliminazione nei quarti di Coppa Italia, le speranze di salvare l’annata sono riposte tutte in questo finale di campionato. I bianconeri si giocano il loro futuro quindi lontano da Bologna, dove hanno prevalso solo una volta in tutto il campionato, incontrando però una squadra già retrocessa. Terminato il primo tempo sopra di due punti, la Virtus nella ripresa è finita sotto 72-62 con Udine che pareva avviata al successo, trascinata dal capocannoniere Dalipagic, ma quando tutto sembrava perduto, la squadra di Bucci ha reagito ed ha avuto facilmente ragione della squadra friulana a corto di cambi. La posizione finale è la settima e prevede nei quarti, dopo il facile doppio successo contro la Benetton, la suggestiva riedizione della finale del maggio 1984, Simac – Granarolo. Nell’andata solo i padroni di casa mantengono gli alti punteggi dei due confronti di regular season, mentre la Virtus guarda gli avversari sempre da lontano: finisce 105-81. L’obiettivo diventa quello di vincere a Bologna per poi sfruttare la pressione che potrebbero sentire i milanesi nella bella in Lombardia. Gara punto a punto, ma nel finale ha prevalso la maggiore freddezza delle scarpette rosse; l’ultimo ad arrendersi  è Brunamonti, che a 17 secondi dalla fine segna la tripla del meno uno, ma poi D’Antoni conserva il pallone fino alla sirena. L’inopinata sconfitta del Bancoroma, primo in stagione regolare, contro Caserta, relega la Virtus a un deludente ottavo posto in campionato.

Dopo l’accoppiata campionato Coppa Italia dell’anno precedente, una stagione tutta da dimenticare, con rarissime vittorie in trasferta, ma anche con gli obiettivi stagionali sfumati con cocenti sconfitte casalinghe: in campionato, più dell’ultima gara persa contro Milano, furono i due punti lasciati tra le mura amiche contro Rimini a pregiudicare la posizione nella griglia playoff; in Coppa Campioni l’incontro perso con Roma in casa alla terza giornata del girone complicò ben presto il cammino europeo e in Coppa Italia l’eliminazione avvenne a Bologna contro la Berloni Torino.

Tratto da "100MILA CANESTRI - Storia statistica della Virtus Pallacanestro" di Renato Lemmi Gigli

 

Squadra immutata, ma il rilassamento post-stella e le fatiche olimpiche dell'estate rendono irriconoscibile la Virtus, oltretutto presto orfana di Bonamico acciaccato al ginocchio. A stento entra nei play-offs dove nei quarti l'attende una Simac smaniosa di rivincita. Fine dell'avventura e stagione quasi tutta da dimenticare, Coppa dei Campioni compresa. In regresso anche la Nazionale: agli Europei di Stoccarda Villalta, Brunamonti e Binelli (grande promessa) devono accontentarsi del bronzo.

 

PROFILI E PREVISIONI SULLE 32 SQUADRE '84-85

di Dario Colombo - Giganti del Basket - Ottobre 1984

 

Il difficile viene adesso. Per la prima volta da quando in sella al cavallo di razza Virtus c'è salito Gianluigi Porelli, i tifosi delle V nere non vedranno in campo nessuna novità. Se non vogliamo considerare una novità la fiammante stella del decimo scudetto. Abbandonata quindi la politica che aveva come motto "una novità all'anno", per forza di cose si è dovuti ripiegare sul molto molto più calcistico di "squadra che vince non si cambia".

ATTACCO. Se già l'anno passato la squadra di Bucci in molte circostanze si è dimostrata una vera e propria macchina da canestri c'è da figurarsi che questa stagione lo possa essere ancora di più con l'inserimenti di tre giovani fatti in casa come la grande speranza Binelli, Daniele e Lanza, il meno "famoso" ma forse il più interessante.

DIFESA. La Granarolo, assieme alla Simac, è senza dubbio la formazione che pratica la difesa più intimidatoria del basket italiano e se sul troncone che ha contribuito a conquistare lo scudetto 83/84, verranno inseriti con maggior continuità Binelli, Lanza e Daniele ci si potrò anche permettere di aspettare qualche mese per avere Villata e gli altri nazionali in condizioni accettabili.

ORGANICO. Indubbiamente la squadra bolognese possiede un organico italiano da fare paura. Villalta, Bonamico, Brunamonti, Fantin, Lanza Binelli, Valente e Daniele sono otto giocatori tutti ampiamente in grado di stare in campo, sia con la squadra campione d'Italia che, i più giovani, nel quintetto base di molte altre squadre di A1. Gli stranieri sono collaudati e, senza inseguire chimere, Bucci avrà da Rolle la "roccia" e dallo "zio saggio" Van Breda Kolff quello che chiede loro: rimbalzi, difesa e qualche punto da Rolle; passaggi, difesa, idee e qualche punto da van Breda.

STRANIERI. Come abbiamo detto Elvis Rolle e Van Breda Koldd sono la coppia assortita di americani che l'avvocato Porelli ha confermato, non senza prima aver tentato di giocarsi le sue carte con Tommasino McMillen, un altro cavallo di ritorno che avrebbe fatto abbastanza scalpore. I due confermati comunque sono adattissimi alla squadra, non faranno numeri, ma sono uomini che riescono senza soffrire a mettersi al servizio della squadra.

ALLENATORE. Alberto Bucci, 36enne bolognese è - senza dubbio . l'allenatore numero uno della stagione passata, essendo riuscito a portare la squadra nella forma giusta al momento giusto. E nel basket dei playoff ciò che conta è solo questo.

MERCATO. Sul mercato la Virtus dell'avvocato Porelli non si è proprio presntata ed è rimasta invariata al 100%. Un record.

In casa contro la Simac che vincerà lo scudetto: Brunamonti, D'Antoni, Rolle, Carroll, Van Breda Kolff, Villalta, Bariviera, Lanza e Premier

Tratto da "Il Mito della V nera 2"

 

La stagione '84-'85 viene affrontata dalla Virtus con la stessa formazione dell'anno prima. Il Campionato, la Coppa italia e la Coppa dei Campioni vanno avanti a strappi, fuori casa si perde spesso, complici anche gli infortuni a Bonamico e Van Breda. Il 3 gennaio '85 la Virtus è eliminata dalla Berloni nei quarti ci Coppa Italia; il 14 marzo si chiude il girone finale di Coppa dei Campioni con due vittorie e otto sconfitte; in campionato, alla fine della stagione regolare, la Granarolo è settima peggior piazzamento da quando sono stati introdotti i play-off, con 16 vittorie e 14 sconfitte.

I play-off, però, partono bene. La Benetton è eliminata per 2 a 0; ma purtroppo nei quarti c'è la Simac, che vince a Milano e passa anche a Bologna di un punto (ma continua a mancare Bonamico). Milano vincerà lo scudetto, la Virtus sarà ottava.

Arrivano i cadetti a consolare. Il 10 maggio '85 a Catanzaro, le giovani V nere, sempre sotto la guida di Ettore Messina, sconfiggono in finale la Simac per 70-65 e si laureano campioni d 'Italia.

è tempo di Nazionale. Binelli, Brunamonti e Villalta, dopo vari tornei di rodaggio, giocano gli Europei in Germania. Gli azzurri vincono il girone di Leverkusen, perdono poi in semifinale dall'URSS  e sconfiggono gli spagnoli per 102-90 (Villalta 21, Brunamonti 16) aggiudicandosi il bronzo.

 

GRANAROLO, I MOLTI PERCHÉ DI UNA CRISI IMPREVISTA

di Walter Fuochi – La Repubblica — 11/12/1984

 

Nel campionato del nuovo potere, dei volti inediti o restaurati, lo scudetto sta navigando in retrovia. La Granarolo vegeta a metà strada, fra ottavo e decimo posto. Ha perso quattro partite consecutive, non ha mai vinto fuori casa, a questo Guinness di mediocrità ha sommato un traumatico avvio in Coppa Campioni, 18 punti sotto a Mosca. I mali di una squadra fatta per vincere e sconfitta troppo spesso fanno ovviamente parlare. Di psicologie di gruppo, appagamenti e imborghesimenti dopo una conquista. Oppure di difese che non funzionano, contropiede che non sboccia, percentuali di tiro troppo basse: una pecca, quest' ultima, molto grave per una squadra che si è sempre fidata molto della sua mira. La Granarolo sembra ancora legata al ricordo di quei pomeriggi di maggio a San Siro, a uno scudetto insperato e trionfale, e pare aver appeso, a quei giorni, anche un' altra convinzione; quella di poter vincere, in ogni caso, le partite "giuste", quelle che contano. Anche l'anno scorso, in fondo, la si etichettava come "malata di trasferta". Poi, fuori casa, vinse il suo scudetto. La Granarolo è stata lasciata intatta in estate, puntando su fioriture ed emulazioni interne, che per ora la compensano solo in parte (i giovani sono acerbi, Fantin, grimaldello dello scudetto, è fuori forma e fuori tiro). è riuscita a medicarsi spesso dentro il suo palasport, che al massimo mormora e non contesta. E fra giovedì e domenica, con Cibona e Scavolini, ha la possibilità e l’obbligo, di raddrizzare coppa e campionato.

Brunamonti ha un bel sgolarsi per chiamare lo schema (foto Giganti del Basket)

FOTO DI GRUPPO PER UN CANESTRO SENZA PADRONI

La Repubblica — 28/12/1984

 

Mai come quest'anno il basket sembra rotolare come il calcio: molto equilibrio in campionato, piccole squadre dal poco blasone che abbattono le grandi, qualche Maradona dai molti problemi, qualche Briegel dal rendimento alto e costante. E soprattutto il male da scudetto che colpisce la Granarolo così come l' anno scorso colpì il Banco. Ripetersi è sempre più difficile. Se fin qui il campionato ha urlato poco inizierà a farlo adesso con i play-off all' orizzonte e con molte squadre impegnate anche sul fronte delle Coppe. Capacità di concentrazione, abitudine al successo, tranquillità di ambiente, buone armonie di gioco, saranno da oggi non virtù ideali ma necessarie al continuamento della marcia. Nella tabella di sopra non sorprende tanto la supremazia di Milano già abituata a questi exploits quanto il ritardo psicologico di Bologna che ha fatto la precisa scelta di non rinnovarsi dopo la conquista dello scudetto. Sui mali dei campioni d' Italia ormai neanche Bucci sa dare una spiegazione convincente. E la sua rassegnazione sembra essere di tutta la squadra che ancora non è riuscita a vincere una partita fuori casa.

(…)

 

 

E IL BASKET CONTINUA MA È MALATO DI STRESS

di Walter Fuochi – La Repubblica – 30/12/1984

 

(…)

A Trieste giocano i campioni d'Italia della Granarolo. Alberto Bucci legge la classifica, la sua squadra è aggrappata a un tenuissimo ottavo posto, non sa se Rolle, operato giovedì ad un ascesso tonsillare, ce la farà a scendere in campo o resterà in panchina a smaltire antibiotici. Trieste sarebbe un campo da espugnare, in una tabella da rincorsa. "Ma io non ho tabelle - ribatte Bucci - Dobbiamo vincere il più possibile, arrivare più su che si può. Nelle prime quattro? Sarebbe un traguardo". Bucci fa i conti, mette il play off a 32-34 punti. "Significa vincere almeno 7-8 partite su 15. E vincere naturalmente qualcosa fuori casa, per migliorare questo ottavo posto. Il livello tecnico in A1 è aumentato, i giocatori sono bene distribuiti, se c'è equilibrio vuol dire anche che non hai domeniche di quiete, che un momento difficile lo puoi pagare con più sconfitte di fila, su qualsiasi campo".

(…)

 

UNO-CONTRO-UNO: BUCCI

di Enrico Fedrighini – Superbasket – 17/01/85

 

“Il peggio è passato”, continua a ripetere Alberto Bucci a chi gli chiede che fine abbia fatto la Granarolo campione d'Italia, spesso assai lontana dalle zone della classifica dove una squadra del suo calibro dovrebbe costantemente fluttuare. Nel corso dei passati campionati, in questa fase della stagione, la formazione bolognese amava concedersi qualche pausa in attesa dello sprint finale verso i playoff, ma non aveva mai rischiato come quest'anno una clamorosa estromissione dalle finali per il titolo. “Stavolta la nostra flessione è stata causata soprattutto dagli infortuni che, a turno, hanno colpito più di un giocatore”, afferma Bucci, tecnico dei bolognesi. Basta questo a spiegare l'involuzione tecnica e psicologica di una squadra che, è opinione comune, avrebbe potuto dominare dall'inizio alla fine il campionato? “Mi aspettavo un calo atletico da parte di quei giocatori che, tra campionato e nazionale, non avevano ancora tirato il fiato da un anno a questa parte. Non pensavo, però, che potesse essere così brusco. Ma anche questo non basta per spiegare quanto è accaduto, visto che Villalta, quello teoricamente più "stanco" di tutti, ha tenuto in piedi la baracca in più di un'occasione…”.

E allora? “Allora dico che quando manca la salute fisica, manca anche la convinzione nei propri mezzi. Fantin, Van Breda e Bonamico hanno avuto problemi di varia natura che, ora, per fortuna, stanno scomparendo”. Problemi simili li hanno avuti varie altre squadre, oggi e in passato, senza subire tracolli così paurosi. “Difendo la mia squadra, ho totale fiducia nei giocatori, continueremo a lavorare per risolvere i nostri problemi. Cosa volete che vi dica? Che ho avuto paura di fare la fine del Bancoroma nell'ultimo campionato. No, mai, mi sarei sentito impotente. La società mi ha confermato la sua fiducia, io confermo la mia nei giocatori. Alla fine, quando si giocherà per il titolo, saremo ancora protagonisti”. Assieme a chi? “Simac e Bancoroma”. Quanto vi è costata questa serie di sconfitte? “I primi due posti della classifica. Dovremo sudare più che in passato, ma non mi preoccupo…

Nemmeno pensando alla coppa dei Campioni? “Quello rimane l'obiettivo più ambito per una società come la nostra. è stimolante. Non sono certo gli impegni internazionali che mi preoccupano, ma abbiamo pagato l’assurdo calendario della Coppa Italia”.

Quale giocatore italiano vorresti avere in squadra? “Guerrieri è forse il tecnico più invidiato per poter lavorare assieme ad un fenomeno del calibro di Morandotti, merito anche suo se oggi questo ragazzo è riuscito ad emergere”.

È di moda, in questo momento, dare addosso agli arbitri. Vuoi scagliare il tuo sasso contro il settore? “Devo ammettere che molti colleghi, in questo periodo, cercano di ottenere vantaggi comportandosi in questo modo. Piangere nei momenti difficili delle proprie squadre fa parte di questa strategia. Però non mi sembra giusto nei confronti degli arbitri che, se confrontati con quelli in circolazione in Europa, non sono poi così disastrosi. Vero è che dobbiamo smetterla con le ipocrisie dei viaggi-premio al seguito della nazionale: questo non può bastare per stimolare un arbitro a migliorarsi, ormai non basta più nemmeno la designazione per i playoff o per le coppe europee. Il premio deve essere una somma di denaro, con la quale potranno poi pagarsi tutti i viaggi che vorranno”. Tutto giusto, ma l'ennesimo scoppolone che è costato l'eliminazione dalla Coppitalia brucia assai. Andiamo avanti.

La critica che più ti ha infastidito? “Qualche tempo fa un giornalista scrisse che Bucci è un presuntuoso. Siccome è un mio vanto non esserlo, ho cercato di chiarire le cose con l'interessato. Ora tutto è a posto”.

Il momento più difficile quest'anno? “Ce ne sono stati tanti quante le nostre sconfitte in trasferta. Uscire da campo sconfitto dopo aver subito parziali assurdi in pochi attimi di gioco ti dà una sensazione di grande desolazione”.

E il più bello? “Il giorno in cui i "ragazzi" mi regalarono un orologio, dopo la conquista del titolo. Non dissero nulla, ma con quel gesto mi fecero capire tante cose Quell'orologio lo porto solo durante le partite”.

 

UN DELITTO DI LESA STELLA

di Gianfranco Civolani - Superbasket - 24/01/1985

 

Bologna sta diventando la città dei misteri irrisolti. Potrei e magari vorrei parlare delle stragi impunite, per poi parlare di taluni gialli non ancora dipanati (il giallo Alinovi, tanto per restare nell'attualità) , ma bando alle chiacchiere e parliamo di un altro mistero irrisolto, quello che si riferisce al cosiddetto delitto di lesa stella.

Il mistero Virtus, ecco. Che cos'ha la vecchia Virtus? Difficile dirlo. Neppure Porelli, Bucci, Villalta e soci rispondere. Ci dovrei dunque provare io? Ci provo sommessamente e pazienza se il contributo non sarà gran cosa.

Numero uno: lo stress da scudetto. Vorrei qui richiamarmi a quel che accadde al Bologna calcio nell'anno del dopo-scudetto. roba del sessantaquattro, dopo quel magico settimo sigillo. Eliminazione rapidissima in Coppa (quella maledetta moneta, quell'atroce conclusione, ma insomma sempre eliminazione fu), sconsolante sesto posto finale, giocatori francamente irriconoscibili, allenatore e direttore sportivo inopinatamente rimossi.

La Virtus, già, la Virtus. Lo scudetto della stella conquistato come? Ma soffrendo e spasimando come bestie, rischiando l'inverosimile prima, durante e dopo. E vincendo fra censure infuocate (gli arbitri corrotti con l'origano sulla pizza galeotta) e fra un gran digrignar di denti e dentiere.

Cosa succede l'anno dopo? Succede quel che può succedere, succede quel che capitò al banco. Obiezione: ma il Banco in ogni caso vinse la Coppa. Sì, ma vogliamo mettere quella Coppa e questa? Senza offesa, ma cinque classi di differenza, direi. In questa Coppa qui puoi finire tranquillamente al quarto o al quinto posto  senza che ci si debba vergognare. E allora deve far poi tanto clamore e scalpore se putacaso l'anno del dopo-stella la Virtus per un banale fenomeno di stress da spasimo e da appagamento fa magari i play-offs al pelo e perde (il cielo non voglia, parlo in via di ipotesi) la gran coppa?

Numero due:mettiamo insieme tutti gli stranieri che giocano in A1 e in A" e tentiamo di fare un po' di classifiche più o meno comparate. Bene, se io vi dico che fra i primi quindi i due della Granarolo non ci stanno, voi cosa mi rispondete? Perché non ci stanno? Ma perché Rolle - certamente assai migliorato da quando calò fra noi - fatica sempre di più a reggere certa concorrenza e perché Van Breda ha un anno in più (e i prossimi sono trentaquattro) e conseguentemente assai più acciacchi di prima.

Numero tre: eravamo tutti portati a pensare che la panca della Virtus fosse una specie di arma vincente. Bene, Domenico Fantin per motivi vari è in flessione, Matteo Lanza è militare e Binellone e Daniele giocano troppo poco per potersi fare più o meno apprezzare. Quali sono gli oggettivi limiti attuali di Binelli e Daniele? Non lo sappiamo. Certo il Binelli pivot è ancora troppo sottile e pollastrone per potersela vedere con i califfacci che volteggiano, ma insomma comincio a dubitare che questa panca sia una panca da supersquadra.

Ma allora - mi direte - per questa Virtus che prospettive immediate ci sono? Bè, procedere un po' più spediti e tentare di arraffare comunque quel che umanamente si può arraffare. E non c'è dubbio che per Porelli sarà una stagione illuminante perché non sarà poi tanto difficile appunto al termine della stagione capire cosa occorre e decidere di conseguenza.

Ultima cosa: l'allenatore. Sento dire: ma questo Bucci è denaro in banca o cosa? Questo Bucci - suppongo si voglia affermare - è affidabile anche per i prossimi anni o no? Amici, ci sono in Italia allenatori che si chiamano Bianchini, Peterson, Bucci, Lombardi, Pasini, Sales, De Sisti, Guerrieri, Taurisano, eccetera. Questi allenatori, già, questi allenatori chi li ha se li tiene stretti, strettissimi.

Rolle contro i lunghi del CSKA Thikonenko e Tkachenko esemplifica le difficoltà in Coppa dei Campioni (foto Giganti del Basket)

IN FUNDO STAT VIRTUS

di Dario Colombo - Giganti del Basket - Marzo 1985

 

La cosa divertente (si fa per dire) è che proprio nel momento in cui la sua Granarolo va così male, che più male non si può, da ogni parte d'Italia arrivano complimenti e gratifiche come nemmeno ai tempi della stella, cioè più o meno un anno fa. Per esempio: Toni Cappellari, general manager Simac, afferma pubblicamente che l'ultimo avversario che vorrebbe trovarsi di fronte nei playoff è proprio la Granarolo; Valerio Bianchini, uno che con i bolognesi non è mai stato tenero, scrive proprio sul settimanale sportivo di Bologna che - di tutte - la Granarolo è la società meglio impostata per il futuro e che pertanto i suoi tifosi non devono minimamente preoccuparsi. e via di questo passo.

Gianluigi Porelli, invece, più realista del re, ha già pensato a quello che farà la squadra se dovesse essere esclusa dai playoff: niente, niente, assolutissimamente niente.

Nessuno dovrà più toccare un pallone, nessuno dovrà azzardarsi a mettere piede in un campo da basket, nemmeno in un oratorio. Dovranno arrivare a settembre in preda ad una crisi di astinenza paurosa, dovranno aver voglia di giocare a a pallacanestro come mai l'hanno avuta in vita loro

Dichiara con il solito tono da chi ben difficilmente cambierà idea.

Amichevoli di lusso per risarcire gli abbonati? Non ci penso nemmeno. Il risarcimento presuppone un danno o qualcosa del genere; io, se restiamo fuori dai playoff, non mi sento proprio di aver danneggiato nessuno.

Nel silenzio impenetrabile del suo studio, dove siamo andati a trovarlo l'indomani di una delle tante sconfitte di questa amarissima stagione (quella contro l'Indesit), Gianluigi Porelli, nonostante tutto soffre. Soffre nel dover rispondere alle decine di telefonate che nelle due ore di colloquio arrivano da ogni dove per conoscere lo stato di salute del grande malato. Soffre nel verificare che le 1500 copie del suo libro sulla stella sono andate vendute in un mese anziché in un'ora, come sperava: e forse anche il legame tra la Virtus e la città andrà rivisto. Soffre per l'ennesima esclusione da quella Coppa Europa che insegue ormai dal '77 e che ogni anno, per mille e una ragione, non gli riesce di afferrare.

Già, le coppe. In dieci anni, vale a dire dal '75 a oggi, la Virtus ha partecipato ad otto manifestazioni europee ed in tutte e otto è stata bocciata. Talvolta in maniera crudele come in occasione della finale di Strasburgo, talaltra (come quest'anno) in maniera un po' meno crudele ma altrettanto deludente. Nessuna squadra italiana che abbia partecipato a così tante coppe ha sempre fallito: perfino Rieti, perfino Pesaro sono riuscite ad avere il loro bel trofeo. Insomma, proprio sempre sfortuna, incidenti e arbitri contrari?

Non siamo sufficientemente forti? Non lo so, certo che se analizzo i dati statistici vedo anche che abbiamo perso due finali (in Coppa delle Coppe e in Coppa Europa) in maniera rocambolesca. Ci sono stati errori arbitrali e infortuni che ci hanno danneggiato non poco. Ma questi sono fattori occasionali. Altre volte, come quest'anno, la squadra ha giocato male. Non posso nemmeno parlare di poca esperienza dei giocatori: abbiamo tre uomini con centinaia di partite in nazionale, quindi il discorso dell'esperienza non regge. Non lo so, non lo proprio.

Non avranno ragione quelli che sostengono che a restare fuori da certe amicizie e da certe manifestazioni tipo coppa Korac, alla fine si paga tutto sul campo?

No, assolutamente, anzi questo è un ragionamento in malafede, che parte dal presupposto che se uno vince ha rubato, se non vince deve andare a rubare. Non ci sto perché non è vero. Perché, ad esempio, il fatto che io non partecipi alla Korac non implica critica a questa manifestazione né tantomeno a chi vi partecipa. Io dico che la Korac non è una coppa sufficientemente qualificata in quanto misuro l'importanza di una manifestazione anche sotto il profilo del pubblico che richiama: e la Korac, dati alla mano, non ne richiama. Non solo: ma è anche una coppa che coinvolgendo squadre quinte e seste nei loro campionati, perde molto del suo significato tecnico. È per questo che ho deciso di non parteciparvi. Ma questo non significa che io critichi chi vi partecipa e vince: significa soltanto che io non vi partecipo, punto e basta. E rimango comunque amicissimo di Stankovic, checché ne dica qualcuno. Non solo, ma non vedo il nesso tra le mie decisioni e i nostri risultati. A Strasburgo abbiamo perso di due punti senza McMillian: vogliamo dire che l'infortunio di Jim l'aveva provocato Stankovic?

Ecco, gli infortuni. Lei quest'anno ha parlato più volte degli infortuni che hanno condizionato la squadra. Però ha anche dichiarato che ogniqualvolta la squadra arriva a giocarsi la partita allo sprint finale perde. Aggiungendo: questa storia deve finire. Ora, mi sembra di capire che qi si parla d'altro, che gli incidenti c'entrano fino ad un certo punto...

Non c'è mentalità, questo è fuori discussione. Gli infortuni sono una componente del discorso ma non l'unica. C'è stato un calo di concentrazione per cui tutti gli incontri giocati 'sporchi' noi li perdiamo.

Senta, ma non è che i suoi giocatori si sono sentiti arrivati e appagati dallo dell'anno scorso'

Mah, questa è una squadra di bravi ragazzi, sempre ordinati, puntuali agli allenamenti, nessuno sgarra, nessuno fa vaccate, però, insomma, occorre anche qualcos'altro, mi sembra che tutto questo non sia sufficiente per vincere le partite. E noi la rabbia di vincere non l'abbiamo più. Appagamento? Può darsi, era accaduto anche in passato nella prima fase, quest'anno invece l'hanno tirata avanti talmente tanto che abbiamo corso il rischio di retrocedere. Il che, per la squadra campione d'Italia è semplicemente ridicolo.

Beh, certo, anche perché non si può andare sempre avanti con la storia del superlavoro e del logorio da basket: in fondo le stesse cose le facevano i Meneghin, i Bisson, gli Iellini eppure vincevano coppe e campionati con l'Ignis...

Cominciamo col dire che i nostri giocatori sono quelli che hanno subito lo scorso anno il maggior logorio avendo giocato anche la finale di Coppa Italia. Il tutto in mezzo a polemiche di ogni genere: e le polemiche pesano, creano anch'esse un notevole stress. E qui faccio il confronto con la grande Ignis. A quei tempi si giocavano meno partite di campionato, le partite che contavano erano pochissime, per il resto la squadra poteva concentrarsi sui vari obiettivi cosa che oggi non ti è permessa da un campionato che ogni domenica presenta partite difficili. Eppoi, insomma, Meneghin mi sembra proprio un atleta irriproducibile, pur con tutto il rispetto per gli altri. Io Meneghin con la carta carbone non ho ancora imparato a farlo.

Dunque, da tutto quello detto fin'ora, mi sembra di capire che la Granarolo sia mancata soprattutto (o in buona parte) sotto il profilo della mentalità, dell'approccio psicologico adatto ad affrontare una stagione come questa. Lo stesso Bucci, in un'intervista al Corriere dello Sport l'8 gennaio, ha ammesso di non aver dato la scossa al momento opportuno, di non aver saputo cambiare qualcosa sul piano psicologico. A questo punto bisogna interpretare la sua calata in panchina in alcune occasioni come un tentativo di dare alla squadra quello che non le ha dato (per sua stessa ammissione) l'allenatore?

Non ho mai saputo niente di queste dichiarazioni di Bucci, ma comunque non sono molto sicuro che ci fossero tante scosse da dare. Per il resto io sono andato in panchina perché volevo essere vicino alla squadra, così come l'ho fatto altre volte, anche quando la Virtus vinceva. Eppoi la conduzione psicologia di una squadra non spetta a me ma all'allenatore, perché se la società si sovrappone vengono fuori cinquantamila alibi, dubbi e via dicendo.

Però, a questo proposito, cosa intendeva esattamente dire quando ha dichiarato al Giornale che "tante volte le è venuto il dubbio che il non interferire nelle cose tecniche sia sbagliato"?

Intendevo dire che non ho ancora capito se un dirigente abbia o no il dovere di esprimere le sue idee con l'allenatore. Se lo fa cosa succede? Che gli allenatori prendono un parere come un obbligo o fingono di prenderlo come un obbligo? Oppure è il dirigente che deve farsi dettare il comportamento dall'allenatore? Non lo so e non l'ho ancora capito. L'unico con cui ho avuto un dialogo totale è stato Peterson. Stop. Ma quello che conta è chi prende la decisione finale.

Ma come mai solo con Peterson e non, per esempio, con Bucci?

Perché con Dan eravamo sempre insieme, invece da anni io non sto più né con la squadra né con l'allenatore. E mi chiedo se sia giusto rimanerne fuori completamente.

Questo dubbio cresce con le sconfitte?

Il dubbio fa parte del ruolo. E il rispetto delle autonomie talvolta porta a evitare le discussioni anche quando ci vorrebbero.

Lo fa per discrezione, correttezza o stanchezza?

Sono anni che non 'sento' il discorso della prima squadra. Ci sono dei professionisti pagati per quello. Eppoi voglio sostenere fino in fondo l'allenatore: tutti dicono che mangiamo gli allenatori, che ho una personalità oppressiva e allora non voglio che un allenatore si senta intimorito dalla mia personalità, mi tengo fuori. Però è difficile.

Cambiando discorso: dai suoi giovani ha avuto quello che si attendeva o qualcosa di meno?

Mi aspettavo qualcosa di più, genericamente. Poi dobbiamo andare a vedere tutti i fatti: uno ha giocato poco, un altro si è fatto male e via discorrendo. Però anche quando ne venisse fuori uno solo si potrebbe essere soddisfatti.

A proposito di scelte, strategie più o meno a lungo termine, programmi per il prossimo campionato: cosa succederà?

io le decisioni le prendo a campionato finito, quando avrò tutti i dati in mano. Non so ancora, in questo momento, se la nostra sarà una stagione vincente o perdente: e la cosa, nel fare un programma, fa una bella differenza. I dati finanziari li ho già. Quelli tecnici li avrò a fine stagione.

Sempre a proposito di strategie: operazioni come quelle di Carr e di Carroll lei le farebbe?

Potrei anche farle, adesso.

Bianchini ha comunque scritto sul Guerino che fra due anni il pubblico bolognese verrà premiato dalle sue scelte basate sui giovani. Che ne pensa?

Bianchini è un profeta, io non lo sono. Io sto a guardare. Non sono sicuro che Binelli diventerà un campione. Se ne potrà parlare solo quando è successo.

Come mai è così difficile stare al vertice, anche solo per due anni?

Risposta scontata: per il grande equilibrio di valori. Lo scudetto è legato a un filo. Però c'è anche una questione di scelte. È evidente che se noi avessimo voluto investire tutto quello che c'era per continuare a vincere, non avremmo ceduto Caglieris. Se invece uno vuole fare una politica proiettata nel tempo deve mettere in preventivo anche certi rischi. Quest'anno non ho cambiato nessuno e si è rivelato una scelta sbagliata, però...

Senta, quest'anno si porrà il problema della sostituzione di Van Breda Kolff, che lei ha sempre paragonato per certi versi a Cosic, soprattutto per le sue doti di leader. Ma, insomma, possibile che in tutto questo tempo nessuno dei suoi italiani è maturato al punto tale da ricoprire questo ruolo?

No, per una ragione molto semplice. O uno leader lo è dalla nascita oppure lo può diventare se si trova nelle condizioni giuste per poterlo fare. Da noi quelli che potevano diventarlo sono troppi: era quasi inevitabile che non lo diventasse nessuno. Nessuno ci stava a mettersi in secondo piano.

Per finire: nel bel mezzo di una stagione tribolata come non mai, che messaggio lancia ai tifosi Virtus?

Non mi sento certo tipo da messaggi. Posso solo dire che la società continuerà a lavorare come ha sempre fatto finora, facendo dei programmi che garantiscano alla squadra una certa continuità ad alto livello. In fondo, tra scudetti giovanili, titoli assoluti e finali di coppa, nessun'altra squadra ha vinto tanto come noi negli ultimi dieci anni. Non mi sembra, insomma, che certe scelte siano poi così sbagliate.

 

QUANTO VALE L'AMERICANO?

di Claudio Bagni – La Repubblica – 11/04/1985

 

La Simac ha un americano in più, la Granarolo un Bonamico di meno. I bolognesi arrivano in punta di piedi, ridimensionati da un brutto campionato: i play off sono un'altra cosa, 40 minuti di gioco d'azzardo. Nella finale dello scorso campionato la Granarolo scucì dalle maglie Simac uno scudetto troppo frettolosamente assegnato: ora ritenta il colpo gobbo nei quarti. Simili le premesse: un pronostico che li vuole ancora battuti, la tradizione vincente di un quintetto che sembra possedere il filo d' Arianna nel muoversi negli improbabili meandri dei play off-lotteria. Dan Peterson, divertito dalle voci che lo danno in partenza, nega che la sua squadra possa soffrire un complesso di inferiorità; lamenta solo la lunga sosta al termine della regular season, che ha fatto dimenticare a Carrol e compagni la confidenza con l'agonismo: "Sarà un brusco risveglio ma i ragazzi già lo sanno". Un problema in meno dall' anno prossimo con la nuova formula a sedici squadre. "I due confronti diretti in campionato sono andati bene - commenta Alberto Bucci, coach della Granarolo - l'assenza di Bonamico ci toglie potenza fisica e ci limita nelle soluzioni tattiche, ma noi scenderemo in campo decisi a giocarci tutto subito. Toglieremo loro il fiato fin dall'inizio". Per i bolognesi tirati a lucido dal duplice impegno negli ottavi una Simac che si annuncia rinnovata: la temuta pausa ha se non altro permesso a Peterson e Casalini di mettere a punto nuovi schemi di gioco, fare un contropiede più veloce. Da verificare il rendimento di Carrol e Schoene, ancora vergini, malgrado il passato professionistico, al clima dei tagliafuori. Ma l'umore a Milano fra i tifosi: sono 4400 i posti del Palalido per una richiesta che - dicono in società - supera le diecimila presenze.

Il fallo di Binelli che porterà alle proteste e all'espulsione di Bucci: è la fine dei sogni della Granarolo (foto Giganti del Basket)

COME PREVISTO

Giganti del Basket - Giugno 1985

 

OTTAVI DI FINALE

Granarolo-Benetton ha mostrato la "solita" compagine bolognese da playoff. Dopo aver sonnecchiato per quasi tutta la regular season Villata e soci hanno sciorinato, per la contenuta gioia dell'Avvocato Porelli, due prestazioni-super che hanno travolto i trevigiani di Mangano, colpevoli di eccessivo rilassamento e molta poca fiducia. Per la Benetton si tratta ora si tratta di rivedere l'organico: ci vuole un forte lungo italiano e almeno un altro straniero più affidabile del troppo giovane Snagodeij. Basterebbe forse solo questo per il quintetto biancoverde competitivo a tutti i livelli.

 

QUARTI DI FINALE: BOLOGNA A FETTE

Tra Milano e Bologna è lotta da sempre. C'è anche molta stima reciproca. Stima che va al di là degli episodi in campo, delle grane e granette spicciole e anche al di là delle risse tra dirigenti, allenatori, giocatori. Non è il caso di scomodare la storia del nostro basket, di ricordare gli scontri Virtus-Borletti di una volta, il "caso" Ferracini, la caccia a Villalta, per capire che cos'è stato il turno di playoff che quest'anno ha visto di fronte Simac e Granarolo. Basta ricordare la finale dell'anno scorso e quello scudetto filato via a Bologna, dopo che i milanesi se l'erano quasi cucito addosso.

Le due rivali hanno nobilitato i playoff, questa volta non in finale, ma nei quarti. Due partite, due vittorie Simac. Ma se tutto si è risolto in 80' di gioco, non vuol dire che il confronto Milano-Bologna sia stato meno intenso che in passato. Intanto c'è da dire che Simac e Granarolo si stavano marcando fino dal momento in cui i bolognesi, usciti dalla fase più nera della crisi post-scudetto, avevano iniziato a vedere la loro strada nei playoff. "Il potenziale Granarolo" dice Cappellari "era di tutto rispetto. Come non tenerlo presente? Poi è andata così, forse perché loro hanno differenze notevoli di rendimento da annata ad annata e noi siamo più costanti. Non parlerei di vendette; ricorderei invece che per due squadre così la posta in palio questa volta era bassa. Spero di poter giocare presto con loro ad altri livelli".

Non solo Cappellari, ma nessun altro in via Caltanissetta credeva in quei giorni a una Granarolo rinunciataria, dimessa, non pericolosa. Peterson, che l'ambiente bolognese lo conosce forse anche meglio della Nba, capiva di avere davanti una mina che poteva far saltare clamorosamente i suoi piani. I milanesi si sono caricati a dovere: le due battaglie sono state dure. I bolognesi, specie nel match del Palalido hanno visto venire a galla tutti i loro problemi della stagione. Una volta eliminati non hanno rinunciato allo champagne (grazie alla insolita generosità di Villalta) per chiudere un capitolo tra i più interessanti della storia Virtus. Porelli ha capito (lo aveva già capito anche prima dei playoff) che certe pedine andavano cambiate. Dalle due battaglie dei quarti deve venir fuori la nuova squadra. Il ripensamento è profondo, radicale: allenatore (forse), americani (sicuramente), ricerca di un pezzo forte italiano. Un grosso impegno, com'è giusto per una società che ha sempre la tensione della "grande", naturalmente, come caratteristica istituzionale.

Ritornando a considerare i quarti vien voglia di fare un po' di dietrologia: se la Granarolo avesse eliminato la Simac, ci sarebbe stato da scandalizzarsi? No davverom anche se dopo la "regular season" i bolognesi apparivano come quegli studenti che si presentano agli esami finali con l'insufficienza in due o tre materie. Regolare quindi la bocciatura. Ma non sarebbe stato irregolare la promozione. Un po' perché la legge dei playoff è questa: un po' perché se anche tutto non girava a dovere, la Granarolo non era davvero una squadra allo sfascio come qualcuno ha avanzato dopo la serata al Palalido.

Il brindisi voluto da Villalta dopo l'eliminazione comunque ha archiviato l'annata 1984-85 con un tentativo di far sorridere gente che non ne aveva proprio voglia. A cominciare da Bucci che aveva visto l'ultima fetta della partita dal corridoio che porta agli spogliatoi (causa espulsione, ndvp), dove aveva dovuto anche subire l'invettiva di Meneghin che arrivava di corsa sfuggendo alle raffiche di monetine (quasi una novità per Bologna). Il Dino si era lasciato sfuggire un liberatorio "glielo abbiamo messo... a sti bolognesi", senza accorgersi che lì c'era il coach dela Granarolo; il quale non se l'è presa più di tanto e ha congedato Meneghin con paterno "vai, vai, ti capisco".

Ma se i bolognesi avevano la faccia lunga, in quei giorni anche negli spogliatoi Simac non tirava aria buona. Questioni di soldi: Gabetti aveva promesso cinque milioni a testa ai giocatori se fossero arrivati primi nella regular season, sfumati i cinque milioni dopo la sconfitta interna con il Bancoroma, i giocatori di Peterson, dopo l'eliminazione dei romani per opera della Scavolini, si sono trovati, in pratica, nuovamente primi. Ma senza i cinque milioni.

BOLOGNA AL MURO DEL PIANTO

di Paolo Viberti - 15/04/2020

 

Stagione 1984/85, la Virtus Bologna dell’avvocato Porelli cerca gloria in Europa dopo aver vinto lo scudetto battendo l’Olimpia a Milano in un’epica finale nella primavera del 1984. Superate Honved Budapest e Panathinaikos Atene nei primi due turni, i bianconeri di Alberto Bucci prendono parte al girone finale a sei con girone all’italiana dal quale sarebbero emerse le due finaliste. Allora ogni partita era una battaglia! Le sei elette sono infatti i futuri vincitori del Cibona Zagabria dei fratelli Aza e Drazen Petrovic, Cutura, Knego, Arapovic, Vukicevic e con Mirko Novosel in panchina; il Real Madrid di Lolo Sainz (sconfitto in finale) con Antonio Martin, Corbalan, Rullan, Lopez Iturriaga, Biriukov, Brian Jackson e Wayne Robinson; il Maccabi Tel Aviv di “stecchino” Zvi Sherf con Kadman, Lippin, il mito Berkowitz, Perry, Hershkowitz, Silver, il grande Kevin Magee e Cohen; il giovanissimo Cska Mosca di Eremin, Tarakanov, Tikkonenko, Lopatov, Tkachenko; il Banco di Roma di Bianchini con Flowers, Townsend, Gilardi, Polesello, Solfrini, Tombolato…. Dal canto loro, le “V Nere” hanno una squadra assai navigata: Brunamonti e Valenti in cabina di regia; Fantin e Lanza guardie; il marine Bonamico e Van Breda Kolff ali sopraffine; Elvis “banana” Rolle e Gus Binelli a fare le torri degli Asinelli e della Garisenda.
Giriamo l’Europa e succede sempre qualcosa di unico e indimentacabile: a Zagabria lo staff dirigenziale del Cibona invita a cena i giornalisti italiani, e alla fine Mirko (Novosel) mi regala una cravatta del club, come quella che al mio fianco indossa un certo Drazen Petrovic! A Madrid, il cinematografico Lolo Sainz mi racconta la storia del club Real Madrid e dei suoi legami con il regime, a patto che io non scriva una riga. A Tel Aviv l’icona Miki Berkowitz che avevo conosciuto nelle due stagioni precedenti viaggiando con Cantù mi ospita nel suo negozio di articoli sportivi. E quando il Cska arriva a Bologna il pubblico di fede virtussina domanda in coro: “Come sta Chernenko?”. Perché quest’ultimo era diventato segretario di Stato dell’Urss dal febbraio del 1984, alla morte di Andropov, ma a sua volta stava attraversando un periodo di malattia acuta, per cui il Politburo lo aveva ritirato dalle mansioni pubbliche sin dall’autunno del 1984 e nessuno in quel 31 gennaio 1985 ne sapeva più nulla: in effetti il poveretto era già stato imbalsamato e il 10 marzo la notizia della sua morte sarebbe diventata ufficiale.
La Virtus giocò male, pagando lo scotto del noviziato. E terminò ultima quel girone a sei. Ma ebbi modo di cogliere l’assoluta umanità di Alberto Bucci, lo sportivo che più di tutti m’insegnò a trasformare qualsiasi handicap in opportunità; la pacata timidezza di Roberto Brunamonti; l’estroversione di Renatone Villalta e soprattutto il genio vulcanico di Porellone, il deus ex machina. Gianluigi Porelli aveva modi a volte schizzati e nevrotici. Non potevi mai sapere in che modo avrebbe reagito a una qualsiasi domanda. E’ stato un dirigente vulcanico, come oggi non ne esistono più: ha creato Peterson, è arrivato vent’anni prima del suo tempo ed era legato al territorio e alle tradizioni. Girava con un curioso parrucchino rossastro in testa e le sue risposte in inglese iniziavano sempre con “of course”. Amava a tal punto la sua Virtus Bologna da dirmi proprio in una di quelle trasferte: <Se dalla tua Torino arrivasse la Fiat con un pacco di soldi e m’imponesse in cambio della sponsorizzazione di modificare i colori sociali da bianconeri in gialloblù risponderei seccamente di no! Mi pianse il cuore quando vidi il glorioso Simmenthal delle scarpette rosse diventare celeste perché così pretendeva il marchio Innocenti>. Una sera, dopo molti bicchieri, raccontò di aver tradito la moglie, dormendo in un pied-à-terre con un’avvenente fanciulla. Ma nel mezzo di una notte d’inverno e del sonno profondo dei due amanti appagati, la coperta termica prese fuoco e i vicini vedendo del fumo telefonarono ai pompieri. Gli adulteri furono scoperti, perché oltre ai vigili arrivarono anche i giornalisti locali. L’avvocato non smarrì la calma: andò in tutte le redazioni per fare in modo che la notizia non venisse divulgata, ma non arrivò in tempo a bloccare le rotative. Allora vagò per le vie di Bologna, attese che la prima edicola aprisse i battenti, quindi comprò una copia del Resto del Carlino, che riportava lo scandalo nelle pagine regionali: tornò a casa, preparò il caffè alla moglie ignara, quindi le fece leggere l’articolo portandole la colazione nel letto: <Quello lì di cui parlano sono io, ho fatto una sciocchezza, ti chiedo scusa!>. Fu perdonato.

IL BELLO DELLA DEBUTTANTE

La Cantine Riunite, neopromossa in Serie A, si presentò in Piazza Azzarita e diede una lezione alla squadra Campione d'Italia

di Ezio Liporesi - Corriere dello Sport - Stadio - 18/10/2020

 

È il 2 dicembre 1984, la Virtus era campione d'Italia e aveva vinto lo scudetto della stella nel maggio precedente a Milano. Arriva a Bologna in quella prima domenica dell'ultimo mese dell'anno la Pallacanestro Reggiana, promossa nella stagione precedente in A1. Una settimana prima dell'incontro con le Cantine Riunite la Granarolo Felsinea aveva giocato proprio nella città dove si era laureata campione, in quella che era stata presentata come la grande rivincita, ma che naturalmente aveva un peso notevolmente inferiore. Quella tra Simac e Granarolo fu, infatti, quasi come un'esibizione, terminata 121-116 per i milanesi, dopo un supplementare. Villalta aveva segnato 32 punti, Brunamonti 24, Van Breda 22 e Bonamico 21, Rolle 11 (110 in cinque), ma non erano bastati. La Virtus ne ha acquisito una nuova consapevolezza, quella trasferta, sebbene non vittoriosa, rappresentava, infatti, la migliore gara in trasferta disputata fino ad allora, derby escluso. Dopo dieci giornate la Virtus ha vinto tutte le cinque partite in casa e la stracittadina in trasferta, perdendo le altre quattro gare fuori casa. Oltretutto tra le mura amiche è imbattuta anche in Coppa dei Campioni e Coppa Italia. Considerato che anche nella stagione precedente, quando le V nere presentavano la stessa identica formazione, vinsero, tra Campionato e Coppa Italia tutte le partite disputate a Bologna, ad eccezione di gara due di finale scudetto. Non è certo quindi la sfida contro la neopromossa Reggio Emilia che può fare paura; anzi, la partita contro la Reggiana è anche un fastidioso intermezzo, perché viene quattro giorni prima dell'esordio, superati i turni preliminari, nel girone di semifinale di Coppa dei Campioni, con la trasferta di Mosca. Una gara molto attesa, tutti ricordano che nel dicembre di quattro anni prima proprio dalla capitale russa partì il trionfale girone della Virtus che terminò con la qualificazione per la finale di Strasburgo, poi beffardamente persa. I tifosi sugli spalti si aspettano una facile sgambata, molti di loro anche per consolarsi di ciò che hanno appena visto allo stadio: se al palasport c'è uno scontro inedito (la Virtus aveva incontrato altre società reggiane, la Giovane Italia, La Torre, e La Reggiana AP, ma sempre in amichevole, l'incontro con la Reggiana Pallacanestro è il primo in campionato), al Renato Dall'Ara si è appena disputata una partita, che ha alle spalle una lunga tradizione, tra due nobili decadute in Serie B; un incontro che in passato era stato anche finale della Lega Nord, come dire che chi vinceva aveva la strada spianata verso il titolo italiano. Ai rossoblù bolognesi non è bastato il gol del momentaneo 1-1 di Giancarlo Marocchi, il gol di Chiappino ha dato la vittoria ai liguri. Torniamo al Palazzo: Brunamonti e Bonamico segnano venti punti a testa, Villalta 13, ma dall'altra parte ci sono vecchi draghi: Morse ne segna 23, Bouie 19 e Brumatti 10. Le V nere segnano solo 28 punti nel primo tempo (contro 38) ed è vano il tentativo di rimonta nella ripresa. Alla fine le Cantine Riunite vincono per 72 a 75 e il pubblico di fede bianconera lascia attonito il Palasport di Piazza Azzarita, al termine di una domenica che non verrà ricordata, certo, come una delle più fulgide dello sport bolognese. Il contraccolpo è forte e a Mosca la Virtus crolla letteralmente a Mosca, 102-84, inizio di un girone infelice con la Virtus che arriverà mestamente ultima con due sole vittorie: alla seconda giornata contro il Den Bosch e all'ultima battendo il Maccabi Tel Aviv ed escludendolo dalla finale. Non andrà molto meglio il campionato, con i playoff acciuffati all'ultimo tuffo, per essere eliminati poi in due partite da Milano nei quarti di finale. Il 3 gennaio del 1985 arriverà anche l'eliminazione in Coppa Italia ad opera della Berloni Torino, paradossalmente, per una squadra che faticava tantissimo lontano da Bologna, dopo avere vinto di tre punti in trasferta e perso di otto in casa. Alla fine, quindi, una stagione per niente trionfale e quella gara contro Reggio Emilia  cominciò a mettere in luce fragilità che fino a quel momento la squadra aveva abbastanza mascherato.

Il Tabellino.

Virtus: Brunamonti 20, Van Breda Kolff 9, Villalta 13, Binelli 4, Rolle, Bonamlco 20, Fantin, Valenti, Lanza. All. Bucci

Reggiana: Brumatti 10, Morse 23, Boule 19, Giumbini 2, Montecchi 7, Rustichelli 14. All. Lombardi

LOMBARDI CONTRO BUCCI: CHE SPETTACOLO

Trentasei anni fa, il primo confronto in trasferta contro Reggio Emilia. Vinsero le V nere, ma oggi vengono i brividi a pensare al duello in panchina...

di Ezio Liporesi - Corriere dello Sport - Stadio - 07/02/2021

 

3 marzo 1985, ventiseiesima giornata. La domenica precedente con una bella vittoria contro Milano la Virtus è riuscita a rimanere dentro le otto che avranno accesso ai playoff. In settimana poi le V nere hanno perso a Roma contro il Bancoroma, in un girone di Coppa dei Campioni particolarmente mesto, che le V nere concluderanno all'ultimo posto con solo due vittorie in dieci gare, preceduti proprio dalla squadra di Bianchini. Poi la Virtus deve giocare un'importante trasferta a Reggio Emilia, contro l’unica squadra ad avere violato il campo della Granarolo Felsinea in campionato, d'altro canto la Virtus non ha finora mai vinto lontano da Bologna, trionfando in trasferta solo nel derby. Insomma in quella stagione 1985/86 una Virtus totalmente diversa da quella attuale, quasi implacabile in casa, debolissima in trasferta, impalpabile in Europa; unica costante l'aver perso in casa all'andata dai reggiani. Torniamo a quella domenica di marzo 1985: le Cantine Riunite, come pure i bolognesi sono in piena lotta per entrare nei playoff e il confronto diretto, a poche giornate dalla fine della prima fase, è fondamentale. Per la prima volta le V nere si recano a Reggio Emilia per affrontare la squadra locale in campionato. Non è però la prima volta che la Virtus gioca una gara di campionato nella città reggiana: il 17 marzo 1974, a causa della squalifica del campo di Bologna, la Sinudyne giocò la gara contro la Snaidero Udine in campo neutro, proprio a Reggio: la squadra allora allenata da Dan Peterson ebbe la meglio sui friulani per 92 a 90 dopo due supplementari, decisivi due liberi di Loris Benelli quando il cronometro segnava 0:00 (Curiosamente a bilanciare il fatto che quest'anno Reggiana - Virtus si giocherà a Casalecchio). Undici anni dopo quell'emozionante vittoria contro i friulani, la squadra bolognese ha un altro sponsor e in panchina Alberto Bucci. In un bellissimo primo tempo chiuso sul 50-34, con una notevole precisione nel tiro dalla lunga distanza, quattro bombe Van Breda, due Fantin, una Brunamonti, la Virtus costruisce i presupposti del successo, che poi viene difeso nella ripresa, quando i reggiani arrivano anche a meno due, ma non riescono mai a raggiungere gli ospiti, che ottengono la prima vittoria in campionato lontano da Bologna. Cinque in doppia cifra tra i bianconeri: li guida Rolle con 18 punti, poi Fantin e Van Breda 17, Brunamonti 13 e Villalta 11. Alla squadra di casa, allenata da Dado Lombardi, non bastano i 22 punti di Bouie e i 23 di Morse. La Virtus chiuse la stagione regolare perdendo, dopo un supplementare, un'altra gara interna contro Rimini alla penultima giornata, ma vincendo una seconda trasferta nel turno conclusivo a Udine. Dopo le prime quattro, Bancoroma e Milano a 46 punti, Torino 42 e Varese 36, si formò un gruppo di altre quattro formazioni a 32 punti, tra cui la Virtus, che grazie alla classifica avulsa risultò settima. La vittoria di Udine fu decisiva: infatti, due punti dietro arrivò Napoli che la Virtus aveva battuto di sette punti proprio nella giornata successiva alla vittoria di Reggio Emilia, ma avendo perso di undici in Campania, perdendo a Udine le V nere sarebbero terminate al nono posto. Al decimo posto le Cantine Riunite che pagano un finale di stagione deludente.

 

Cantine Riunite 71: Bouie 22, Brumatti 4, Rustichelli 6, Morse 23, Montecchi 12, Giumbini, Ponzoni 4. All. Lombardi.

Virtus Granarolo Felsinea 80: Fantin 17, Brunamonti 13, Van Breda Kolff 17, Rolle 18, Villalta 11, Binelli 2, Lanza 2, P. Valenti, Trisciani, Daniele. All. Bucci.


 

UN LAMPO IN UNA MEDIOCRE STAGIONE

di Ezio Liporesi - Corriere dello Sport - Stadio - 26/03/2023

 

Stagione 1984-85, la Virtus che nell'annata sportiva precedente aveva dominato in Italia, vincendo il decimo scudetto, quello della stella, e la Coppa Italia, vive un anno infelice: eliminata nei quarti di finale in Coppa Italia, ultima nel girone di Coppa dei Campioni, solo settima al termine della stagione regolare in campionato e ammessa solo all'ultima giornata ai playoff, nei quali fu poi eliminata nei quarti di finale. Tuttavia qualche giornata di gloria i bianconeri sponsorizzati Granarolo Felsinea la vivono. Come, per esempio, il 16 dicembre 1984, tredicesima giornata di campionato, avversario di turno Pesaro. Le V nere avevano vinto sei delle prime otto gare di campionato e si erano qualificati per il girone di Coppa dei Campioni, ma poi erano incappati in quattro sconfitte in campionato, in mezzo alle quali era arrivata anche la batosta di Mosca nel massimo torneo continentale, all'esordio nel girone. Un segno di riscatto era già arrivato tre giorni prima di quel 16 dicembre: in Coppa la Granarolo aveva battuto il Cibona 81-72 nel secondo turno. Quello contro Pesaro fu un successo molto più netto e vistoso. Era la Scavolini di Magnifico e Costa, di Gracis e Zampolini, di Sylvester e dell'ex virtussino Fredrick. Non c'è il secondo straniero: l'ex Nba ed ex Brescia Pietkivitz aveva giocato poche partite poi sostituito da Tillis, che però è assente a Bologna. Sostituzioni anche nello staff tecnico: Don Casey, partito malissimo con sei sconfitte in sette gare, è stato presto sostituito da un'altra vecchia conoscenza della Virtus, George Bisacca che aveva iniziato la stagione proprio come consulente e interprete dello stesso Casey; proprio la sconfitta di Bologna segnò il destino anche di Bisacca e ne prese il posto l'allenatore della juniores Giancarlo Sacco, che rivoltò l'annata pesarese. La Scavolini vinse la Coppa Italia raggiunse dopo una grande rincorsa i playoff con un canestro all'ultimo secondo (delle quattro squadre a quota 32 la Virtus risultò settima, Pesaro ottava), poi raggiunse addirittura la finale. Torniamo, però, a quel 16 dicembre in piazza Azzarita. Strepitoso fu Rolle, 28 punti, 11 su 14 al tiro, 6 su 7 ai liberi, 9 rimbalzi, poi Bonamico con 25 punti, 10 su 14 da due, 1 su 2 da tre e 2 su 2 in lunetta. Poi i 15 punti di Van Breda Kolff. i 12 di Villalta e i 4 di Brunamonti, ma gloria anche per Binelli (8), Lanza (7), Fantin (5), Daniele (4). Il solo Valenti rimase senza segnature. Alla fine 108 a 83 per Bologna. Fu però solo un'illusione, la stagione bianconera non decollò mai.