STEFANO PILLASTRINI

Pillastrini e Sabatini alla conferenza stampa di presentazione: lo slogan alle loro

spalle diverrà più veritiero di quanto entrambi si auspicassero (foto tratta da www.virtus.it)

nato a: Ferrara

il: 19/07/61

Stagioni alla Virtus: 2007/08

statistiche individuali

biografia su wikipedia.it

 

RIBALTONE IN CASA VIRTUS: SABATINI VUOLE PILLASTRINI

di Marco Martelli - La Repubblica - 20/06/2007

 

Il colpo di scena in casa Virtus è a dir poco clamoroso. Claudio Sabatini potrebbe a giorni cambiare guida tecnica, passando da Zare Markovski, l’uomo che ha riportato la Vu Nera tra le prime d’Italia e nelle 24 squadre di Eurolega, a Stefano Pillastrini, da mesi in lizza per la panchina della Fortitudo. Sarebbe un fulmine a ciel sereno: anzi, un vero e proprio tornado. Ma farebbe seguito a fatti, dichiarazioni e movimenti che negli ultimi tempi hanno mostrato qualche zona d’ombra, o almeno differenti lunghezze d’onda, nel rapporto della coppia che, dal ritorno in A, ha guidato la Virtus dentro e fuori dal campo.

«Nuovo progetto tecnico», «Ora viene il difficile», diceva Sabatini nei giorni scorsi, nonché all’indomani della vittoria in gara cinque contro Biella, che vidimava il passaggio in Eurolega. Fino alle parole spese lunedì, nel day-after di gara tre con Siena: «Se Zare ha la grande occasione lo lasciamo andare». E poi: «Vorrei che rimanesse». Frasi troppo distanti dal "Non si tocca" di qualche tempo fa.

L’impressione, fondata, è quella di essere vicini alla clamorosa separazione. Un’impressione che il mercato inizia a filtrare con ulteriori decibel e che è corroborata dal fatto che Stefano Pillastrini è libero e non è più, da giorni, candidato alla panchina della Fortitudo di Sacrati. Poi c’è un altro aspetto, ancor più importante: la posizione di Markovski, sotto contratto fino al 2010, che più fonti accostano, negli ultimi giorni, all’Armani Jeans Milano, ora che Sergio Scariolo torna a pesare il mercato spagnolo. Non sarebbe la prima volta che un club, sconfitto in maniera netta da una rampante avversaria, scelga per ripartire l’allenatore che l’ha appena battuta. Ma al di là di alternative e opportunità, nemmeno Markovski poteva immaginare una tale idea (o decisione?) dall’alto. E allora si penserà a tutto, in queste ore, soprattutto alla scelta di Sabatini. Che ha del clamoroso.

I risultati ottenuti da Markovski con il materiale umano da lui stesso scelto sono indiscutibili, ed è vero che un cambio di rotta ci può stare, ma finisce per stonare con i mesi di baci, carezze e pure di movimenti di mercato (i sondaggi per Antonutti e Valenti) per la prossima stagione. Per di più, a pochi giorni dalla partenza della campagna abbonamenti 2007/2008: «Lasciateci perdere, non vi deluderemo», recita lo slogan, già affisso attorno al Cierrebi. Ma si pensa anche, con un semplice esercizio di memoria, ad un vivido flashback.

Nel 2005, quando la Virtus di Giordano Consolini ottenne la promozione in Serie A, la conferma dello storico vice di Ettore Messina, nonostante l’impresa, non apparve mai scontata. Tante le parole di rimpallo («Ha contratto, se vuole resta», detto da Sabatini; «Ho contratto, se non mi mandano via», Jordan dixit), pochi i margini di manovra. E Zare Markovski, di cui i portici da tempo sussurravano, arrivò in città. Questa volta, però, la situazione assumerebbe contorni anche più incredibili.

Per come prende corpo, e per quando prende corpo, dopo una serie di vittorie che avevano riportato la Virtus in auge dopo il pesante scivolone interno con Biella. Se l’affare Pillastrini verrà chiuso ed annunciato, e tutto lascia pensare che il momento possa essere vicino, Sabatini volterà le spalle a Markovski, in quella che risulterà la decisione più clamorosa ed inaspettata nei suoi quattro anni da patron. "Pilla", il candidato "naturale" a guidare il nuovo corso Fortitudo, ancora sulla scrivania di Sacrati e di qualche suo collaboratore fino a qualche giorno fa, che a fine regular season spediva messaggi d’amore al club dov’era cresciuto, può sposare la Virtus e l’Eurolega. Incredibile. Da crederci, invece, se così finirà.

 

LA STORIA DEL PILLA, DALLA FORTITUDO DI PALUMBI ALLA VIRTUS DI SABATINI

di Enrico Faggiano - da www.bolognabasket.it - 25/06/2007
 

Si erano letteralmente spente, le luci, sulla Fortitudo. Retrocessione rovinosa, siglata in un comico playout dove ci si divertiva a lanciare uova su una derelitta Arimo bastonata da chiunque, e fine del sogno di Germano Gambini di evitare l’ascensore continuo. C’erano stati momenti di gloria (il 2-0 del 1988, il Grande Freddo, Artis Gilmore e compagni), poi erano arrivati i Feitl e gli Sfiligoi. E, per la prima volta in tanti anni, la A2 da affrontare non con il piglio della futurcapolista, ma con la paura di scendere ancora di più. Terminata l’avventura Di Vincenzo, la F l’allenatore ce l’aveva in casa, se non altro perché già conosceva – e ci aveva anche vinto uno scudettino juniores – quel manipolo di bambini con cui si sperava nella salvezza. Stefano Pillastrini, dall’oratorio di Corticella a San Mamolo, fino alla Fortitudo, a gestire una squadra dove i Dallamora e i Cessel, i Neri e i Sabatini, dovevano crescere in fretta. Affiancati a due marpioni del parquet come Hordges e Khomicius, oltre ad Albertazzi e al gentil omaggio di una Virtus all’epoca meno ostile (Trottolino Marcheselli), ci fu un precampionato tra ribaltoni e un derby amichevole, vinto quasi per misericordia altrui, per permettere una minima campagna abbonamenti ad una Aprimatic con le pezze al sedere.

La differenza la si notò subito, dalla prima partita di campionato, contro Arese: niente giornalino societario, addirittura le luci del PalaAzzarita che si illuminarono solo al momento della ruota, quasi a voler ulteriormente risparmiare. E le serafino del Pilla, a circumnavigarne la stazza e a far bella differenza con l’arbiter elegantiarum del triennio precedente. Ma quella squadra piaceva: in tempi in cui ancora non andava di moda, Pilla poteva permettersi il platoon system. Perché nessuno dei suoi giovani era realmente pronto – e molti mai lo sarebbero diventati – alla serie A, per cui si potevano ruotare i giocatori senza gerarchie; però tutti pressavano, tutti facevano contropiede, e si segnava tanto. Fin dai 98 dell’esordio, vincente, rondine che non fece primavera. L’altra faccia della medaglia era l’inesperienza che rendeva impossibile vincere in trasferta, quando si chiudeva spesso e volentieri in vantaggio (anche contro la corazzata Verona), ma si restava poi senza benzina. Mancava in Khomicius, grande realizzatore, la capacità di gestire i ragazzini e farli crescere, mancava l’atletismo in un Albertazzi ormai ingrigito, e le vittorie non arrivavano mai, fuori casa, quando nel proprio fortino invece le cose erano migliori. Nemmeno il nuovo Pete Myers girò la fazenda, ma dopo una drammatica sconfitta interna con Venezia, arrivarono due gol oltre quota 100 (uno fu quello famoso di Cremona) a salvare la baracca.

L’anno dopo, con Pilla ovviamente riconfermato, le cose furono diverse. Si continuava a vincere in casa e perdere fuori (2-20 sarebbe stato il record di Pillastrini nelle trasferte fortitudine), ma il 40% di vittorie non era abbastanza, per una piazza a cui era stata assicurata una stagione meno sanguinosa. Era arrivata una blanda campagna acquisti – Cuccoli e Bonino, vabbè, ma anche il decantatissimo Vandiver – ma serviva un cambio di rotta. Paventato e bocciato dalla platea Richardson, la società fu costretta al siluro dell’allenatore. Dopo una vittoria casalinga, tra Natale e Capodanno, contro Reggio Emilia, ultima d’andata. Pilla avrà guardato un pipistrello che quella sera vagava sul soffitto del Palasport, e capì che era un brutto presagio.

Fine dell’avventura Fortitudo, inizio della carriera altrove. Iniziata a Ferrara (proprio con una vittoria esterna, che fece ridere una F che con lui, o forse meglio dire nonostante lui, lontano da Azzarita non la imbroccava mai), proseguita tra piazze virtuali come quella di Cervia e ricche come Pesaro, nobili come Udine o Montecatini fino a quella Montegranaro presa a metà classifica e rilasciata, sempre a metà classifica, ma due categorie sopra. Incrociando e spesso bastonando quella F che lo mandò via, ingiustamente, tra i regali di Natale del 1991. Ora la Virtus, a chiusura di un cerchio che però, ad un certo punto, si è girato su se stesso terminando dalla parte opposta da quella di partenza. In bocca al lupo, Bepi.

 

STEFANO PILLASTRINI

di Dan Peterson - www.basketnet.it

 

La prima volta che ho visto il mitico "Pilla" allenare era con gli Juniores della Fortitudo, 1988-89, quando io ero GM della Virtus Bologna ed Ettore Messina coach della nostra squadra Juniores, che un mercoledì aveva sbancato la leggendaria Furla, casa delle "F", battendo la Fortitudo e loro coach, Stefano Pillastrini. Il mercoledì successivo, "Pilla" è venuto a restituire il piacere al collega Messina e la Virtus, sbancando l'Arcoveggio come niente fosse, dirigendo la squadra con una flemma nordica. Ho preso noto del nome subito, un vero caterpillar.

Carriera. Come sempre, cerco di elencare ciò che un coach ha vinto e fatto al livello di club. Per ciò che ha vinto, mettiamo tre promozioni, che vedremo più avanti: dalla A2 all'A1 con la SNAI Montecatini nel 1998-99; dalla B1 alla Legadue con il Sutor Montegranaro nel 2003-04; e dalla Legadue alla Serie A con Montegranaro nel 2005-06. Per ciò che ha fatto, anche questo sarà visto sotto, è stato eletto Allenatore dell'Anno per l'A2 nel 1998-99 per la promozione dall'A2 all'A1 con lo SNAI Montecatini. È una lista impressionante e non è completo perché il 'Pilla' ha tanta carriera ancora davanti a lui.

A-2. Stefano Pillastrini iniziato la carriera di capo con la Fortitudo in A2, per due anni, 1990-92. Si ricicla a Ferrara in A2 per un anno, 1992-93. È stato fermo un anno, 1993-94. Poi un altro anno in A2 a Cervia, 1994-95. Poi a Modena in A2, 1995-96. Subentra a Forlì in A-1 nel 1996-97 per poi retrocedere, poi un anno in A2 a Forlì, 1997-98. Poi due anni a Montecatini, con la promozione dall'A2 nel 1998-99, che gli ha fatto vincere il premio come Allenatore dell'Anno per l'A2, premio dato dalla Lega Serie A Pallacanestro. Nel 1999-00 in A1 con Montecatini, fa addirittura gli ottavi nei playoff.

Pesaro. Ecco un'altra parentesi interessante: la panchina importantissima, un premio meritato per anni di buon lavoro. Il primo anno, 2000-01, fa 25-9 per il 2° posto nella regular season, andando alle semi-finali (qualifica per l'Eurolega), perdendo, 0-3, contro la Fortitudo, nonché i quarti nella SuproLeague. Il secondo anno, 2001-02, fa 23-13 per il 6° posto nella stagione regolare, eliminato nei quarti dalla Virtus Bologna, 3-0. Nella Coppa Italia, ha fatto la finale, perdendo contro la Virtus, nonché finalista in Super Coppa, perdendo con Treviso. In Eurolega, è stato eliminato nel Top 16. Insomma, due ottimi anni di lavoro.
Montegranaro. Dopo un anno a Udine, 2002-03, con l'eventuale retrocessione, Pilla piglia Montegranaro in B1 nel 2003-04, facendo la promozione all'A2 subito. In Legadue, nel 2004-05, fa 15-15 in regular season, poi perde la finale del playoff per la Serie A contro la Virtus Bologna. Nel 2005-06, dopo 15-15 nella stagione regolare, vince il playoff per accedere alla Serie A. Quest'anno, 2006-07, la sua Montegranaro ha quasi fatto i playoffs dopo avere battuto squadre molto più blasonate a Montegranaro. Una delle squadre 'sorpresa' dell'anno, e il Pilla ha certamente ricevuto qualche voto come Coach of the Year.

Virtus. Ora, come si sa, il Pilla è il nuovo coach della Virtus Bologna, dopo essere stato chiacchierato per diverse panchine della Serie A. Porta con lui un gran bagaglio: sa insegnare ai giovani, ha il coraggio di lanciare i giovani italiani, ha fatto due promozioni in carriera, sa cos'è fare marciapiede, sa fare le scommesse e le sa anche vincere. Non cercherà i riflettori ma si darà al lavoro puro. È uno che sa estrarre il 100% dal singolo giocatore e dalla squadra come gruppo. La Virtus forse sarà mimetizzata con l'ambiente, come nella natura, ma farà tanti piccoli passi verso la meta perché il suo coach è anche il Re dei Caterpillar.

 

PILLASTRINI, CAMBIAR CASA A QUARANT'ANNI

di Walter Fuochi - La Repubblica - 23/06/2007

 

Incollato alla sua etichetta di “giovane tecnico” anche adesso che gli anni sono quasi 46, i figli tre (Simone, Sofia e Tommaso, di mesi tre), la voce adenoidea striata d’erre moscia ispessita nei toni gravi dell’età matura e i capelli bianchi sempre più fitti, Stefano Pillastrini tracanna forse ogni mattina il suo elisir di giovinezza quando salpa, dalla casa di Cervia, sulla sempiterna Harley Davidson, s’immerge fra i dodicenni urlanti del suo camp di Cesenatico e ha le stesse opime rotondità da orso Yoghi di quand’era ragazzo ed era un cuore e un’anima della casa Fortitudo. Me li ricordo come adesso, gli anni ‘80 dei nostri panieri: in Virtus, al settore giovanile, officiava Messina, ed era già il più bravo, a Pesaro Scariolo, ed era già il più bello, e ‘Pilla’ s’infilava, allegro e cocciuto, tra i pesi massimi, ad Ettore sfilando qualche derby, a Sergio sfilando tutto (mai perso un faccia a faccia, da ragazzi), e vincendosi pure uno scudetto juniores. Trapani ‘89, Dallamora era la stella, gli altri bulldog furenti e dimenticabili (non per lui: Sabatini, Neri, Recchia, il povero Marchetti, eccetera): non la sua Fortitudo più bella, fra l’83 e l’89, però fece bingo.

Ecco, l’immagine del nuovo tecnico della Virtus è quella lì. Pilla forever, un Dorian Gray eternato in quella quieta e sveglia rotondità, da panino alla nutella nascosto in qualche tasca, anche se poi c’è stato tanto altro, cioè vita e carriera vera. 15 stagioni e più di 400 partite in A, e non solo a scovar carneadi e a tirar su ragazzi: che resta la specialità, ma non l’esclusiva, della casa. Nel biennio pesarese (2000-02), per esempio, c’è una finale di Coppitalia, una Suproleague e un’Eurolega spese a sbancare campi importanti, una semifinale scudetto e quel fatale -33 che costò al prode Ettore il licenziamento di Madrigali, poi fatto revocare dai tribunali popolari.

La Scavolini era stata l’acme, prima di questa Virtus che verrà, ma una volta lo sentii pure che doveva pigliare Varese, roba buona. Ottobre 2003: Dodo Rusconi da subito non funziona, fanno salire ‘Pilla’, di mattina s’accordano, verso sera lui fa il borsone per il primo allenamento, poi gli dicono d’aspettare, resta ancora qualche dubbio tra i boss. Fattasi notte, la squadra è di Cadeo. Magari è proprio quella la svolta, l’inizio del viaggio che a ore lo isserà sulla panchina della Virtus. Perché, a febbraio 2004, Montegranaro, in B, silura Gebbia e vuole lui: e là viene dipinto il capolavoro, la B vinta, poi la finale per la A persa con la Virtus, poi la finale vinta, e quella gran bella A (solo, senza play-off: nono, come Zare un anno fa...).

Così, anche stavolta è andata come va spesso: pensi di finire qui e invece finisci là, riallacci un vecchio amore e ti sistemi invece alla ditta rivale, sapendo tutto di cosa significhi il derby 365 giorni l’anno, per averlo abitato, fin da ragazzo capo di ragazzi. Ma è professionismo, tutto si può fare. E quel che si fa è colloquiare, da marzo, con la Fortitudo, anche se ai primi di maggio, incrociando Sacrati alle finali ateniesi, mi par di captare che stia cercando altro. La Virtus non arriva ieri, è nel torrido metà maggio della disfida con Biella che Zare entra nel cono d’ombra e qui la tempistica si fa contorta, opaca. La chiave per risalirvi l’offre il solito maligno, e sono le interviste in cui ‘Pilla’ smette di far garrire cuore, anima e bandiera biancoblù, carezzato all’orecchio da un amico saggio, «magari vai a lavorare da un’altra parte». Non gli resta che firmare, e ancora ieri ripassavano vecchi treni cui dire no: Varese, vedi un po’, fuori Magnano, dentro forse Mrsic-Vescovi. Lunedì partirà il lavoro con la nazionale under 18 e intanto, sistemate carte e conti tra Zare e la Virtus, si potrà procedere con lui, il ‘giovane allenatore’ che viveva notte e dì in Furla, più fortitudino della targa all’ingresso. Eppure, già era stata matrigna la Effe, quando, a 29 anni, ‘Pilla’ fu l’unico che poteva raccoglierne l’eredità dissestata dai debiti, salvarsi in A2 all’ultimo tuffo (Cremona ‘91), riprovarci l’anno dopo, sconfessato e cacciato, cosicché a salvarsi a Reggio Emilia furono Lino Bruni e soprattutto Alibegovic. Poi, tanta altra carriera, qui intorno (Ferrara, Cervia, Modena, Forlì) e meno intorno (Montecatini, Pesaro, Udine, Montegranaro). Adesso, per quella che verrà, il posto di Tracuzzi, Peterson, Nikolic, Bucci, Gamba, Messina, Tanjevic, Markovski...

 

Holland, fortemente voluto dal Pilla, non si è dimostrato molto riconoscete (foto tratta da www.virtus.it)

L'ENTUSIASMO DI PILLASTRINI: «LA MIA VIRTUS VI DIVERTIRA'»

di D. Labanti - Il Corriere di Bologna - 12/07/2007

 

Pillastrini, come procede la costruzione della nuova Virtus?

È un momento interlocutorio, stiamo facendo il punto sul mercato ma è presto per chiudere le trattative. Ci sono margini per muoversi bene.

Ha dato precise indicazioni alla società?

Sabatini e Luchi sanno le mie preferenze, ma ci confrontiamo spesso. Il modo più efficace per muoversi, ora, è essere aperti a cogliere ogni opportunità che si manifesta.

Il primo acquisto è stato Dewarick Spencer. Che giocatore è?

È un creativo, un esterno capace d'inventare ma anche un leader. In Francia competeva a livello massimo, per vincere. Si completa perfettamente con Blizzard, che rispetto a lui è più concreto, più un tiratore che corre le tracce ed esce dai blocchi. Credo sia l'uomo giusto per le nostre esigenze.

Come s'è arrivati a lui?

L'ho scelto io, perché guardando i principali campionati europei ci sono elementi irraggiungibili per costi, mentre in Francia si possono ancora trovare ottimi giocatori più disponibili. Si pesca bene, diciamo.

Ad oggi ha già un'idea di quintetto?

Ci sono Spencer e Blizzard come titolari per il ruolo di guardia, probabilmente Giovannoni come quattro. Gli altri tre spot del quintetto dobbiamo trovarli.

Come sarà la Virtus di Pillastrini?

Mi somiglierà, avrà il mio stile. Non sono uno da proclami ma da fatti. Sarà una squadra che non deluderà, perché dev'essere all'altezza del nome e della storia della Virtus e della sua gente. Saremo competitivi, divertiremo e lotteremo fino alla fine.

Obiettivi?

Sono concentrato a fare la squadra più forte possibile. Poi sarò concentrato a vincere le partite. È sbagliato e controproducente dare degli obiettivi adesso.

Capitolo rinforzi: s'andrà anche su qualche big, o il riferimento sono i migliori giocatori delle leghe di seconda fascia europea?

Terremo presente il nostro livello attuale e avere qualche giocatore esperto d'Eurolega è gradito. Ma non per questo scarteremo elementi provenienti da Francia, Belgio, Germania e campionati simili. Non ci sono preclusioni ora, solo più avanti restringeremo il campo d'azione.

Il play resta l'obiettivo primario?

Dovrà essere il giocatore più forte possibile. È la scelta decisiva, va ponderata al massimo. Se fosse un giocatore già esperto dell'Europa sarebbe meglio, perché conosce il nostro gioco, i nostri livelli, e sicuro non verrebbe sottovalutando l'impegno. Sono comunque molto aperto, a volte arrivano direttamente dagli Usa elementi di grande impatto. Guarderemo a tutto.

Di Bella, Michelori e Blizzard entrano nell'ultimo anno di contratto. Ci sono poi altri italiani in rosa, come Crosariol e Gugliotta. Qual è la posizione del tecnico?

Voglio tenerli. Ci sono giocatori che hanno guadagnato l'Eurolega sul campo e si meritano di giocarla. Chiaramente dovremo tenere d'occhio il mercato, le offerte, le loro volontà. Alla Virtus dobbiamo tenere ragazzi motivati, ma non penso proprio che questo sarà un problema. La loro permanenza è quasi scontata.

Avrete anche il prestigioso e difficile appuntamento con l'Eurolega. Cos'ha pensato quando la Virtus è stata sorteggiata con Cska, Tau, Olympiacos e le altre?

Girone pazzesco, ho pensato. Sarà divertente e bello confrontarsi con le migliori società d'Europa, molte delle quali sono proprio nel nostro raggruppamento. C'impegneremo, sappiamo che non è facile ma per il club sarà un momento estremamente importante.

 

CRISI VIRTUS, VIA PILLASTRINI

di Marco Martelli - La Repubblica - 22/01/2008

 

Stefano Pillastrini non è più l'allenatore della Virtus. Il coach e il "progetto tecnico" cadono nel pomeriggio, con una telefonata che Claudio Sabatini, di rientro in Eurostar da un blitz romano, indirizza al suo ormai ex coach. Silurato. Già oggi, è in arrivo in città Renato Pasquali, 53 anni: un ritorno, poiché fu alla Virtus dal 1989 al 1993 (assistente di Messina e responsabile del settore giovanile). Sabatini l'ha scelto per traghettare la squadra alla tranquillità, perché è questo che, oggi, ne tormenta il futuro prossimo. Le pericolanti corrono, la squadra stenta: la salvezza rischia di diventare l'unico obiettivo, come già accadde alla Fortitudo un anno fa, presa a schiaffi per un'intera stagione e costretta a "spareggiare", e sopravvivere, in 40´ drammatici a Teramo.

La protezione di Pillastrini, ostentata dal patron fin dai primi cigolii stagionali, è dunque crollata ieri pomeriggio, con poche righe sul sito societario. Almeno in termini ufficiali, perché già nel post-gara contro Avellino la posizione del coach era parsa, per la prima volta, seriamente pericolante. Complici i risultati, complici gli errori commessi nella conduzione della gara con l'Air, il patron aveva storto il naso, proprio nel giorno in cui era tornato a sedersi sul suo scranno. La faccia con cui era entrato nello stanzino degli allenatori, anziché nello spogliatoio, preannunciava tempesta. Da tempo, il boss stava picchiando il tasto su gare ampiamente alla portata e poi buttate a mare: quella di domenica, con la rimonta poi abortita, s'è aggiunta alla lista, e ha fatto traboccare il vaso della pazienza.

Ieri, di primissimo mattino, Sabatini lasciava Bologna per Roma e dal treno iniziava a setacciare gli eventuali sostituti, rifugiandosi nei consigli dei dirigenti da lui più stimati, da Gherardini (il primo a spingere per Pasquali, per i comuni e corposi trascorsi trevigiani), ad Arrigoni, a Crippa. A metà pomeriggio, vagliate più ipotesi, tra cui Giovanni Perdichizzi (accasatosi a Brindisi) e Giordano Consolini (impraticabile, per indole ed incarichi interni), la Virtus ha virato su Pasquali. In serata ne attendeva un sì pressoché scontato: l'ex vice di Messina sta lavorando dall'Italia per i Toronto Raptors (sempre di Gherardini), ma si conoscevano le sue voglie di tornare in panchina.

«Virtus Pallacanestro Bologna e Stefano Pillastrini - questo il comunicato - annunciano di aver interrotto il rapporto di collaborazione. La decisione è stata presa con grande rammarico dopo aver preso atto che la mancanza di serenità e di tempo rendono impossibile il proseguimento di un percorso comune. Claudio Sabatini esprime grande riconoscenza a Stefano Pillastrini sia per il valore professionale sia per le sue doti umane». è metà pomeriggio, quando esce, prim'ancora delle chiacchiere approfondite col sostituto. Segno che, per Sabatini, non si può continuare. La stesura è di maniera, ma stona in parte con la filosofia da sempre sbandierata. Quella "mancanza di tempo" (per fare cosa?) leva il velo sul progetto a lungo termine, sul "lasciateci perdere", sul (Sabatini dixit) "i giocatori s'arrangino, Pillastrini sarà il nostro tecnico per i prossimi tre anni". Quinto allenatore caduto in altrettante stagioni (dopo Ticchi, le non conferme di Bucci e soprattutto Consolini, chiudendo con Markovski), "Pilla" frana come qualsiasi tecnico cui mancano i risultati.

Quelli della Virtus non c'erano stati dall'inizio, zavorrati da una gestione isterica e da un ribaltone mai davvero solido, nella linea di pensiero, nel grottesco mercato condotto, nelle gerarchie interne. Da tempo, intorno a Sabatini, si soffiava per l'esonero, e si rimpianse la volta in cui, date le dimissioni dal coach, il patron non le accettò. Stavolta, l'epilogo non è per nulla sorprendente, visto il trend dei risultati, benché lo sia, forse, nei tempi, ora che alla buriana e ai limiti strutturali, tecnici e tattici noti da settimane, s'è aggiunta pure la sfortuna. Oggi, con un mercato allenatori mai così scarno, il cambio svela più la speranza di invertire la rotta che la convinzione nelle capacità di chi ci proverà. I segnali c'erano da tempo, e il giorno in cui Pillastrini rassegnò le dimissioni (14 novembre), e Sabatini lo propalò urbi et orbi, la posizione del tecnico precipitò, soprattutto nella credibilità agli occhi del pubblico e della squadra. Che ha faticato, nel corso delle settimane, a credere in entrambe le gestioni, sia societaria che sportiva. Da oggi, la Virtus prova a girare pagina. Inutile riempirsi la bocca di "progetto". Qui va solo messa una pezza.

 

SABATINI: "FORTITUDINO, MAI ACCETTATO E ADESSO FINITO NEL PALLONE"

di Walter Fuochi - La Repubblica - 22/01/2008

 

Sabatini, quando ha deciso?

Lunedì mattina. Non c'erano più le condizioni ambientali perché Pillastrini andasse avanti.

Per responsabilità sue?

Non c'erano più le condizioni, punto e basta. Io Pilla lo ritengo un buon allenatore, prima e adesso. Ma non poteva più lavorare qui.

Ha deciso da solo o sentito pareri in società?

La società sono io, lo sanno tutti.

Lei è stato anche, fino all'ultimo, il difensore più strenuo del tecnico. Altri, intorno a lei, l'avrebbero mandato via prima.

Io no. Ma raccontiamocela giusta: lui, fin dal primo giorno in cui arrivò in Virtus, fu percepito come un fortitudino.

Discutibile. Nel caso, però, non era una sorpresa.

E infatti io lo riprenderei, oggi come allora. È una persona perbene e un buon allenatore.

E allora perché va via?

Perché oggi va creata intorno alla squadra una maggior serenità. E questo spetta alla società. Inutile far finta di non vedere: al palasport c'era più contestazione nei confronti di Pillastrini che nei miei.

Lei è ricomparso domenica, ma per un mesetto s'era defilato.

Sì, ma era così anche un mese fa. Al punto che non so come sarebbe stato possibile ripresentare, domenica con Cantù, lo stesso allenatore. Abbiamo eliminato un fattore di tensione. Perché, se alla prima palla con Avellino, Chiacig sbaglia un tiro tutto solo, non è certo colpa di Pilla, ma di un clima che crea problemi a tutti.

Pillastrini compreso. Non ha condotto impeccabilmente la sua ultima partita.

Diciamo pure che era nel pallone anche lui. Credo si possa, a stima immutata.

Chi verrà?

Ho contattato Renato Pasquali, aspetto un sì.

Sabatini, la cronaca viva scavalca tutto il resto, ma c'è chi la dà al galoppo, sul vialone d'uscita della Virtus, e anche su quello di entrata a Milano.

Si galoppa, a vendere e a comprare, quando girano gli assegni. Io non ne ho ancora visti, per la Virtus, né firmati, per Milano.

Questo esonero taglia la testa al toro, per ora. Da proprietario della Virtus, ha esonerato il tecnico della Virtus. O no?

 

IL CONGEDO DI PILLASTRINI: "MOLTA FACILONERIA, CI CREDEVAMO INFALLIBILI"

di Marco Martelli - La Repubblica - 23/01/2008

 

L'allenatore esonerato parla, all'indomani della cacciata, in un luogo della società, con tanto di ufficio stampa e patron nei paraggi. Succede anche questo, al Cierrebi, dove Pillastrini molla gli ormeggi. Sabatini, non annunciato, alla fine gli gironzola attorno. Parole di circostanza ("Lo ringrazio", "Lo riprenderei"), poi via, lasciando nuovamente la scena a Pilla. Monologo.

RISALITA. «Dispiace finisca così. La squadra, giocate le ultime in condizioni impossibile, era in ripresa e alla vigilia di un'esplosione. Con i rientri, mi sarebbe piaciuto raccogliere i frutti. Non dico che i risultati fossero soddisfacenti, ma nemmeno così disastrosi come si dipingono. E l'Eurolega non la conto».

SABATINI. «Non sputo nel piatto dove ho mangiato. Personalmente nulla da dire. Professionalmente ho preso e ho avvallato scelte molto rischiose, contando di non temere nulla dall'opinione pubblica. Alla fine il club non è riuscito a garantire questa impermeabilità, ma il rapporto personale non cambia. Perdevo, sapevo di rischiare, ma non mi sono sentito in discussione, nemmeno dopo Prokom, quando Sabatini mi disse: "Lei sta qui fino al 2009". Per il suo bene e anche il mio dico che sarebbe stato meglio proseguire e arrivarci. Ma non gli rinfaccio nulla. Voleva continuare, ma non si è sentito in grado di controbattere».

FEELING. «è falso dire che la squadra non facesse quello che chiedevo. Anzi, con questo organico non dico stessimo giocando bene, ma di certo con grande dignità. Crosariol? Ogni coach può avere qualche problema con qualcuno».

AZIENDALISMO. «La mia non era remissività, ma una scelta. Sono sempre stato aziendalista: sposo la filosofia societaria e ho risultati positivi. Solo a Modena, nel '96, ebbi problemi e mi esonerarono. Ma io credo e crederò sempre in questo modo di fare. Nessuno mi ha mai chiesto di allinearmi. Io sposo le scelte. E in pubblico è giusto che si senta una voce unica».

MICHELORI. «Al tempo gli dissi che io quell'offerta l'avrei accettata. Ma aveva tutti i diritti di non farlo. Così s'è puntato su altri. Nell'ultimo periodo un pensiero ce lo facevo. Ma le scelte societarie erano troppo rigide».

ERRORI. «Due tecnici: la scelta del play e il crack di Blizzard. Sul primo c'è stata sfortuna, anche se Pozzecco avrebbe cambiato le cose. Su Brett abbiamo perso i riferimenti cercando un giocatore complementare. Dispiace non esserci quando rientra. Il mio errore? Pazientare quando mi sono accorto che Conroy non era il play giusto, e che il livello in palestra non era alto. Ma io sono così: ho pazienza, cambio poco e raccolgo i frutti».

ONNIPOTENZA. «Quando si vince si pensa di essere infallibili. La Virtus veniva da tre finali, io da un grande risultato: abbiamo pensato di trasformare tutto in oro. Questo ha condizionato le scelte, fatte con faciloneria, senza pensare ai rischi».

FORTITUDINO. «Mai avuto la sensazione di essere considerato tale, o inviso alla folla. Né ho sentito contestazioni o sfiducia nei miei confronti. Ho fatto errori, ma sono stato accolto bene. Qualcuno mi ha criticato con scorrettezze, altri con dignità e serietà. Per questo è stata un'esperienza importante. Ora non ho paura: sono già sceso in B due volte. Una cosa mi frena, che si pensi che con 2 soldi e 3 giovani si vinca. Non è così. Sono orgoglioso di quel che ho fatto, ma non ho la bacchetta magica».