CAMPI

 

STORIA DEI CAMPI DI GIOCO DELLA VIRTUS

di Roberto Cornacchia per Virtuspedia

 

I campi da gioco della Virtus sono, ovviamente cambiati nel tempo, e il passaggio da un campo all'altro ha spesso rappresentato il passaggio da un'epoca all'altra.

Dapprima ci fu la Santa Lucia, una chiesa sconsacrata, dagli albori della sezione basket verso gli inizi degli anni Trenta fino allo scoppio della II Guerra Mondiale, in un'epoca in cui la palla al cesto era cosa ancora per pochi. La fine del conflitto spinse a destinare la Santa Lucia a cose più urgenti che il basket, nello specifico una scuola per muratori. Fu così che la Virtus si trovò, di punto in bianco, sfrattata. Si dovette quindi ripiegare sul campo Ravone, all'aperto, di via Valeriani, fatto costruire nel 1920, con i suoi soldi e su suoi terreni, come sede delle varie attività sportive della Virtus dal presidentissimo Buriani. Ma questa situazione durò poco: a dicembre del 1945 Buriani venne a mancare improvvisamente e, in mancanza di disposizione ereditarie specifiche, il campo venne venduto proprio il giorno prima che il consiglio direttivo della Virtus ne ratificasse l'acquisto. Si deve quindi ricorrere ad una soluzione decisamente di fortuna: si gioca la parte finale del campionato sulla copertura della piscina coperta, a fianco dello Stadio Comunale. Tutto questo nell'anno in cui, per la prima volta, le V nere si cucirono sul petto lo scudetto.

Tale sistemazione però durò poco, per fortuna. L'anno seguente la Virtus ottiene in uso la Sala Borsa, assieme al Gira, un campo che rimarrà suo per un periodo tutto sommato non particolarmente lungo (dalla stagione 1946/47 a quella 1955/56) ma che segnerà in maniera epica il basket cittadino. Forse ad ammantare con alone epico questo periodo furono i 6 scudetti messi in bacheca in quel ristretto numero di anni, durante quello che fu un'autentica età dell'oro del basket felsineo, quando assieme alla Virtus in Serie A evoluivano il Gira, l'Oare e la MotoMorini. La Sala Borsa, diversamente dai suoi successori, e il campo era un valore aggiunto sia per il baccano d'inferno che i loggionisti facevano battendo sui cartelloni pubblicitari in lamiera sia per l'inconsueto pavimento piastrellato che spesso creava problemi a chi non lo conosceva a menadito.

Quando a molti pareva che dopo tutto la Sala Borsa assolvesse ancora dignitosamente al proprio compito, il sindaco Giuseppe Dozza volle fortemente la costruzione del Palasport di Piazza Azzarita, un impianto avveniristico per l'epoca e, secondo buona parte dell'opinione pubblica dell'epoca, sovradimensionato. Bastò il torneo di inaugurazione nell'agosto del '56 per far ricredere gli scettici e nel giro di poco tempo quello che era il più bel campo d'Italia venne soprannominato il Madison, come lo storico impianto di New York. Furono gli anni in cui, dopo poco, il derby divenne quello con la Fortitudo, mentre a palazzo l'avv. Porelli lo trattava come fosse un teatro (illuminazione concentrata sugli "spalti" - con buona pace dei fotografi - e assenza di antiestetici cartelloni pubblicitari) le signore impellicciate sancivano definitivamente che il PalaSport era diventato un luogo di valore anche sociale, non solo sportivo. Inizialmente capace di 7.500 posti a sedere, che potevano crescere di ulteriori 1.500 alla "massima capienza". Capienza che però, negli anni d'oro dell'avv. Porelli e quelli successivi, non bastava per saziare la fame di basket della tifoseria virtussina: fu questo il periodo in cui l'abbonamento era una cosa talmente preziosa che si tramandava di generazione in generazione. Dal 1996 è stato rinominato PalaDozza, in onore del sindaco che lo volle.

Verso la metà degli anni '90, subito dopo il threepeat marchiato Danilovic, la Fortitudo di spostò all'ancora più capace, ma costruito per essere polifunzionale e quindi più dispersivo, PalaMalaguti di Casalecchio mentre la Virtus l'avrebbe seguita la stagione seguente, lasciando il PalaSport al volley e ai concerti. Dopo una ristrutturazione, nel 1999 è tornato ad ospitare nuovamente il basket e l'anno seguente la Fortitudo è tornata a farne il suo campo ufficiale mentre la Virtus rimase definitivamente nell'impianto più grande del comprensorio (attualmente per una partita di basket può mettere a sedere 8.650 spettatori). Nel 2008 il Gruppo Sabatini ne ha ottenuto la gestione, cambiandone il nome in FuturShow Station, personalizzandone la ristrutturazione con i colori della squadra e costruendovi quello che, ad oggi, è l'unico museo dedicato ad una società di basket in Italia. Ma il calo degli spettatori paganti ha più volte fatto balenare in testa al patron Sabatini l'idea di tornare nello storico impianto nel centro storico, al punto che tale prospettiva viene ciclicamente rispolverata e riproposta alla tifoseria.

In occasione dei playoff di A2 del 2017 la Virtus è tornata in Piazza Azzarita per poi rimanervi, per un paio di stagioni, poi il trasferimento in Fiera.

I CAMPI DELLE V NERE

di Ezio Liporesi - basketcity.net - 10/11/2019

 

Inizialmente Baumann, il fondatore, aveva cominciato le sue lezioni di ginnastica nella Scuola Tecnica a San Domenico, poi il Marchese Gioacchino Pepoli assegnò l'ex Chiesa di Sant'Agata in Piazza del Francia, l'attuale Palazzo delle Poste in quella che è oggi Piazza Minghetti.

IL 29 APRILE LA DELIBERA PER L'EX CHIESA DI SANTA LUCIA

Appunto nel 1873 la Lega per l'Istruzione del popolo ha come presidente Giosuè Carducci (premio Nobel per la letteratura nel 1906) e tra i soci il Belluzzi, che propone la fusione con la Società Ginnastica; quest'ultima preferisce però mantenere la propria indipendenza, ma comunque collabora con la Lega, anche alla ricerca di una nuova palestra come si evince dalle parole del Carducci stesso: "Spinta dallo stesso lodevole fine, ha esibito alla Lega tutti gli attrezzi della sua palestra purché questa trovi e dia un adatto locale". La Lega chiede al comune un locale "essendo disposta a condividere con la Società Ginnastica le spese di manutenzione e completamento degli attrezzi... Con ciò, ossia con la collaborazione del Municipio, della Lega e della Società Ginnastica, Bologna verrebbe finalmente dotata di una istituzione tanto necessaria e così reclamata dalla moderna civiltà". Il 29 aprile la Giunta delibera la concessione dell'ex Chiesa di Santa Lucia in via Castiglione. Il 15 maggio l'assessore delegato, nonché sindaco, Gaetano Tacconi e Adelfo Grosso, presidente della Società Ginnastica firmano l'accordo. La Palestra della Santa Lucia sarà il tempio e sede della Virtus fin quasi alla fine della seconda guerra mondiale. La prima partita ufficiale che vi si disputa è contro la Bologna Sportiva il 26 aprile 1931, nell'ambito del Campionato Regionale Emiliano di Seconda Divisione.

SI PASSA LA CAMPO DEL RAVONE

Prima di quella data le partite di quella stagione e della precedente si disputarono nella palestra della Sempre Avanti, in via San Gervasio, poi distrutta dai bombardamenti: in quel campo si giocò quindi anche la prima gara delle V nere, il 19 marzo 1930 in occasione della prima giornata del Campionato Nazionale Emiliano  di I Divisione, sfida tra la Virtus B e la Bologna Sportiva C (Minghetti), in quanto le società iscrivevano più formazioni a questi tornei. Ma torniamo in Santa Lucia: l'ultima gara è l'incontro di del 5 aprile 1944, una sfida in famiglia tra Virtus A e Virtus B; dopo quella data solo qualche allenamento. Facciamo però un passo indietro: quando alcuni ragazzi della sezione Atletica della Virtus, decidono di provare con la pallacanestro, sono sei pionieri, Riccardo Chiaffarelli, velocista che si cimentava nei 110 ostacoli, Gastone Colombo, Ermenegildo De Luigi, saltatore con l'asta, Vittorio De Simoni, saltatore in alto e nel triplo, Piero Grigioni, velocista nei 200 e 300 metri, nonché abile staffettista nella 4x100, Almo Padovani lanciatore di peso e disco, sono De Simoni e De Luigi ad andare dal segretario generale Negroni a illustrare il progetto. Il campo assegnato fu quello del Ravone. Oltre a essere il primo campo in assoluto, fu sede della ripresa dopo la seconda guerra mondiale. L'attività del 1945 è imperniata infatti sul Campionato provinciale, al quale le Vu nere iscrivono ben tre squadre. Partecipano al campionato anche la polisportiva Cisponi, la Cassa di Risparmio e la squadra dei Ferrovieri. La Virtus C si piazza al quarto posto mentre le prime due squadre, la Virtus e la Virtus B dominano il campionato, concludendo appaiate in  testa a 9 punti. La finale è in programma proprio al campo del Ravone il 15 giugno, a meno di due mesi dalla liberazione. La Virtus B, trascinata da Ranuzzi e Ferriani, chiude il primo tempo avanti di tre lunghezze, ma nella ripresa gli "anziani", nelle cui file i migliori risultano Dondi dall'Orologio, Marinelli e Bersani, riescono proprio in volata ad avere la meglio per 30-29. In campo ci sono otto dei nove campioni d'Italia della stagione successiva, il 1945-46 del primo scudetto, Bersani, Vannini, Calza, Marinelli, Dondi Dall'Orologio, Cherubini, Girotti, Rapini, due, Ranuzzi e Ferriani, saranno scudettati nel 1946-47, Camosci nel 1947-48. Quindi ben 11 dei 16 giocatori in campo quel giorno, conquisteranno almeno un titolo di campione d'Italia nei tre anni successivi (senza contare che la Virtus C ha disputato il torneo con in formazione Battilani che sarà protagonista dei due scudetti degli anni cinquanta). Il Ravone sarà poi campo di allenamento anche in seguito, come testimoniano le foto di Calebotta e della Virtus anni '70 di Nico Messina.

L'EPOPEA DELLA SALA BORSA

Dopo la guerra la palestra di Santa Lucia viene assegnata alle Aldini e c'è quindi necessità di trovare un nuovo campo e nasce così l'epopea della Sala Borsa, dove la Virtus vince gli scudetti dal secondo al sesto, e rimane anche imbattuta per 35 gare consecutive casalinghe tra il 1949/50 e il 1952/53.

E il primo scudetto allora? Dopo il conflitto la Virtus fu sospesa e i suoi dirigenti accusati di aver collaborato con il fascismo, allora  i giocatori della Virtus iniziarono il campionato sotto il nome Fortitudo. Una volta che i dirigenti furono assolti da ogni colpa, le V nere ripresero il loro posto, ma ormai il torneo era giunto alle fasi finali: Fase di semifinale a Reggio Emilia e Girone finale a Viareggio. Tuttavia le V nere disputarono tornei ed amichevoli per mantenersi in allenamento, utilizzando il campo dello Stadio, ricavato sopra la piscina, campo su cui si era già disputata nel maggio 1938 l'amichevole con la Rappresentativa di Alsazia e Lorena. La Sala Borsa per la pallacanestro era disponibile solo la domenica, essendo negli altri giorni occupata da attività economiche. Per gli allenamenti si utilizzò allora la palestra del Liceo Righi, mentre le giovanili utilizzavano anche la chiesa di San Nicolò in via San Felice. A proposito del Liceo Righi, nel 1948 dopo un'inaspettata sconfitta della Virtus a Reggio Emilia in precampionato, contro l'AP Reggiana, da non confondere con l'attuale Pallacanestro Reggiana, il capitano Bersani lancia la sfida agli avversari proponendo la rivincita a Bologna e in vista di questa eventuale partita, o comunque per prepararsi al campionato si annuncia la ripresa degli allenamenti, come si evince dal seguente trafiletto comparso su un giornale dell'epoca:  "Bologna 30 settembre 1948 - La Virtus avverte pure i propri giocatori che la ripresa ufficiale degli allenamenti per il prossimo campionato avrà inizio domani 1° ottobre nella palestra del Liceo Righi (porta Saragozza)".

Negli anni '70 i giovani della Virtus si spostarono nella palestra delle Scuole Marconi, fuori Porta Galliera. Poi siamo alla storia recente: nel 1956 viene inaugurato il nuovo Palasport, in seguito intitolato a Giuseppe Dozza: fu il campo di gioco dei bianconeri per una quarantina d'anni, prima di trasferirsi a Casalecchio per poi tornare in città, dove le V nere tuttora giocano. Nel frattempo era nato anche il gioiello della Palestra dell'Arcoveggio, una vera e propria Casa Virtus. Le giovanili e ora la neonata Virtus femminile hanno utilizzato anche l'ex CRB oggi CSB, in via Marzabotto, che in qualche occasione è stato anche sede di amichevoli e tornei della prima squadra maschile.


 


 

DALLO STADIO AL PALAZZO

di Ezio Liporesi - Cronache Bolognesi - 15/07/2022

 

Stadio e Palazzo dello Sport sono problemi di cui si parla da tempo e di cui, potremmo dire, si è sempre parlato a Bologna. La Virtus, dopo gli storici campi della Santa Lucia, della Sala Borsa, del Palazzo dello Sport, emigrò addirittura a Casalecchio e ora è "ospite" alla Fiera, in attesa di avere, forse, fra qualche anno un Palazzo di proprietà, ma già la prossima stagione dovrebbe saltellare tra Piazza Azzarita e Via Aldo Moro. Il Bologna, dopo i mitici campi dei primi anni, dai Prati di Caprara, alla Cesoia, al "nobile" Sterlino, trovò in fondo presto una casa stabile in quello che è in piedi dal 1927 ed è intitolato a Renato Dall'Ara dal 1984. In attesa della sua ristrutturazione completa, un progetto ormai in piedi da tempo ma che fatica a partire, senza contare che è stata più volte scartata l'idea di uno stadio nuovo. Quindi sono entrambi problemi di grande attualità, ma lo erano anche tantissimi anni fa, nel 1956. La pallacanestro bolognese, che allora vantava addirittura tre squadre nella massima serie, la Virtus, il Gira e la Motomorini (nel gennaio di quell'anno si trovarono addirittura ai primi tre posti della classifica, davanti le V nere, poi appaiate le altre due) proprio dopo l'estate del 1956 si trasferì dalla Sala Borsa al Palazzo dello Sport, un impianto modernissimo, da tanti anni atteso e i cui primi passi burocratici risalivano a quattro anni prima; ormai non se ne poteva più fare a meno, all'inizio del 1955 la Sala Borsa era stata chiusa per qualche tempo per motivi di sicurezza, poi riaperta con capienza ridotta. Sullo Stadio del 27 gennaio 1955 si legge a firma Roberto Tranquillo Fabbri: "Domenica prossima a Bologna la pallacanestro ritornerà, dopo quindici giorni di forzata assenza, in Sala Borsa. In altre parole le squadre petroniane potranno tranquillamente portare a termine i rispettivi campionati. L'annullamento della disposizione che vietava l'uso della sala Borsa per spettacoli sportivi è stato annunciato ieri sera dal Questore". Con il trasferimento in Piazza Azzarita non c'erano più timori. Dopo tanti anni finalmente la pallacanestro aveva la sua casa. La Virtus, dopo qualche amichevole, vi esordì in gare ufficiali alla seconda giornata del campionato 1956/57, il derby vinto contro il Gira, al supplementare, per 45-42, il 28 ottobre 1956. Non cambiò apparentemente nulla, le V nere erano rimaste imbattute nella stagione precedente nella "casa" di via Ugo Bassi, altrettanto successe nel 1956/57 in piazza Azzarita, però, dopo i cinque scudetti in dieci anni in Sala Borsa, al Palasport si dovette attendere vent'anni per un nuovo titolo tricolore. E il calcio? incredibile a dirsi, ma già nel 1956 si parlava di ampliare l'allora Stadio Comunale. Il 16novembre del 1956, Aldo Bardelli, sostenne questa tesi portando sei motivazioni che riassumo: 1) i massimi afflussi di spettatori della stagione precedente superavano le trentamila unità con un picco di oltre quarantamila contro la Fiorentina; 2) in occasioni delle tre gare con massima affluenza, i cancelli, su ordine delle autorità di Pubblica Sicurezza, i cancelli furono chiusi venti minuti prima della gara e quindi molti rimasero fuori; 3) la media spettatori della stagione precedente risentì del fatto che il Bologna partì male, se avesse sempre tenuto il ritmo della seconda parte si sarebbero avute molte più presenze; 4) la capienza del tempo era di 42.000 persone, 35.000 dichiarate in sede di collaudo, non certo un impianto enorme; 5) quando la pallacanestro era confinata in Sala Borsa con capienza tra i duemila e i tremila posti, si avevano anche le cariche della celere, con il passaggio al Palazzo dello Sport si sono avuti tra i sette e gli ottomila spettatori per il Trofeo Mairano e oltre seimila in campionato e anche altre discipline come la lotta greco-romana e le rotelle, senza parlare del pugilato, hanno avuto cornici di pubblico insperate; 6) Bologna con una squadra veramente forte può richiamare dall'Emilia e dalla Romagna folle ben superiori a quarantaduemila unità. Quindi, concluse Bardelli, ampliare lo stadio era una necessità suggerita da semplici calcoli aritmetici. E il tifoso come si comportava: continuava a seguire, andando dallo stadio al palazzo (si leggeva sui giornali: dopo la partita di calcio i percorsi degli autobus partenti dallo Stadio saranno deviati verso il Palazzo dello Sport) e vivendo anche domeniche magiche. Il Bologna nella stagione 1955/56 non era partito bene, si temeva anche un'eventuale retrocessione, poi rimontò imperiosamente giungendo quinto, la Virtus aveva addirittura vinto trionfalmente il sesto scudetto, secondo consecutivo, con grande vantaggio e largo anticipo. La stagione successiva, 1956/57 il Bologna la concluse ancora con sole quattro squadre davanti, anche se con tre affiancate, la Virtus, intesta alla pari col Simmenthal alla fine del girone d'andata, finì poi seconda subito dopo l'Olimpia. Torniamo però alle domeniche magiche. Il 18 novembre 1956 il Bologna sconfisse la Spal 3-0, con reti di Pozzan, riprendendo un suo tiro respinto dal portiere, Cervellati, su cross di Pozzan, anticipando il compagno Pivatelli, e Pascutti, al termine di un'azione iniziata da Pivatelli e proseguita da Pozzan. Tutte le segnature sono state messe a segno nell'ultimo quarto di gara e tutte vedono, come protagonista diretto o come suggeritore, Pozzan. Poco dopo, in Piazza Azzarita scontro al vertice tra Virtus e Stella Azzurra Roma che facevano parte di un quartetto che era composta anche da Benelli Pesaro e Simmenthal Milano. I romani vengono stritolati, 96-47 con 35 punti di Canna, 22 di Calebotta e 19 di Alesini, il magnifico trio Galliera. In testa rimase un trio. Sei giorni dopo fu il Benelli a crollare contro le V nere a Bologna e il 9 dicembre fu la volta del Simmenthal (in quel momento solitario capolista) ad essere sconfitto dalla Virtus che lo raggiunse in classifica insieme a Varese. Insomma tre capolista battute dai bianconeri nel giro di tre settimane. Il 23 dicembre fa molto freddo, scende anche la neve, il Bologna riceve il Genoa, rivale storico. Nel primo tempo gol su rigore di Pivatelli e un incidente a Pascutti che continua con la testa bendata. Dopo otto minuti della ripresa altro rigore, questa volta per il Genoa che pareggia. Il Bologna attacca, ma a dieci minuti dalla fine Pivatelli colpisce il palo, sembra non ci sia nulla da fare, ma tre minuti dopo, ricevuto il pallone da Pozzan, Pivatelli batte il portiere avversario e porta in vantaggio il Bologna. Tre minuti dopo Pascutti mette al sicuro il risultato: 3-1. La Virtus, già in atmosfera natalizia e meno brillante del solito, sconfisse comunque nettamente l'altra squadra romana, l'AS Roma, 67-46 con 21 punti di Canna. l'AS Roma nulla poté fare contro la fortissima Virtus che insieme all'Olimpia si laureò così campione d'inverno chiudendo uno splendido 1956 per le V nere sconfitte solo quattro volte in campionato nell'anno solare.