BOB HILL

(Robert W. Hill)

Bob Hill assieme ad un giovane Messina suo assistente. In primo piano Clemon Johnson

 

nato a: Pittsburgh, Pa. (USA)

i: 24/11/1948

Stagioni alla Virtus: 1988/89

statistiche individuali

palmares individuale in Virtus: 1  Coppa Italia

 

DAGLI USA IL COACH DELLA VIRTUS

L'Unità - 02/06/1988

 

Robert Waine Hill, il quarantenne allenatore dell'Ohio che dal prossimo campionato siederà sulla panchina della Virtus Dietor, è arrivato ieri a Bologna. All'atterraggio a Milano-Linate con un volo proveniente da New York, è stato accolto dal vice allenatore Ettore Messina. Il coach statunitense ha dichiarato di essere «entusiasta» di fare l'esperienza italiana.

«Ho scelto di venire a Bologna - ha soggiunto - perché dalla Virtus ho ricevuto un'offerta molto interessante». Hill ha anche detto di confidare di far esplodere Binelli. Robert Waine Hill, che è stato scelto dal direttore tecnico della Virtus, Dan Peterson, è un ex giocatore di basket e di baseball professionistico. Ha allenato diverse squadre di pallacanestro tra cui i New York Knicks.

Nei prossimi giorni Hill, che si trasferirà a Bologna insieme alla moglie e ai tre figli, firmerà un contratto che lo legherà per tre anni alla Dietor. Oggi il nuovo allenatore sarà presentato ufficialmente alla stampa.

HILL, ULTIMO AVVISO

di Walter Fuochi – La Repubblica – 07/03/1989

 

Un uomo solo sotto le torri. Forse perché non sa essere un uomo solo al comando. La Knorr ha preso bastonate nel derby con l'Arimo, galleggia a metà classifica, ma Bob Hill nega di sentirsi isolato, e non vuol metter parola sulle voci che lo danno in pericolo. La Knorr, ieri, gli ha confermato fiducia fino in fondo alla stagione: una di quelle formule che ammettono proprio la crisi di un rapporto. Lui ha gli occhi di un uomo scosso, ha passato una nottataccia, e al tavolino di un bar attorno al quale infuriano tressette, elogi a Maifredi e tabelle per un Bologna da Uefa, butta giù, all'ora di pranzo, solo due birre. Dice che va male, ma ci vuole calma; e, soprattutto, gente sana da spedire in campo, non quella specie di ospedale che è stata finora la sua Knorr: mai al completo lungo 27 partite, fra campionato e Coppa Italia.

La Knorr costruita per vincere, senza badare ai miliardi (ma neppure alle carte d'identità...), annaspa in piena crisi: ha perso 4 degli ultimi 5 incontri, con una pericolosa tendenza a sbriciolarsi: -30 a Varese, -25 a Milano, -32 con l'Arimo. Annegare così fa male: e a Bologna, malgrado i luoghi comuni sulle partite che sono tutte uguali, derby compresi, una Fortitudo così astralmente lontana dalla sponda Virtus non l'avevano mai vista. Così, il giorno dopo, emergevano contrasti e fratture, nascevano indizi sulla panchina traballante, e arrivava pure la convocazione in sede, ieri pomeriggio, per il coach più elegante del campionato: l'uomo dell'Ohio chiamato a Bologna da Dan Peterson dopo un anno in chiaroscuro nella Nba, alla guida dei Knicks di New York. Per Hill è stata la quarta chiamata a rapporto: un'abitudine scomoda di una società troppo ansiosa, anche se il presidente Paolo Francia parla di scambi di opinione, rifiutando l'etichetta di processi. D'altra parte, sulla panchina-graticola della Virtus, si sono bruciati 9 allenatori in altrettanti anni. Che sia difficile lavorarci è scritto lì.

È un momento difficile dice Hill. Nessuno a Bologna ha la mia voglia di vincere, e non riuscirci mi deprime profondamente. Ma domenica i miei hanno giocato senza cuore, senza concentrazione, senza testa. Ho visto Gilmore buttare a terra i suoi 216 centimetri e i suoi 40 anni per prendere un pallone, e due miei giocatori guardarlo, immobili. Non faccio nomi. Dico solo che, senza Richardson, squalificato, praticamente senza Brunamonti, da ammirare per quello che ci ha dato, con coraggio, i veterani dovevano giocare un'altra partita. Sono a terra, ma non cambierei nessuna delle mie scelte. So che la gente le chiama scuse, alibi, ma io lo ripeto: abbiamo un solo, enorme problema alla Virtus. Gli infortuni. E roba grave: settimane, mesi di sosta. Questo vuol dire che, in settimana, non riusciamo a far allenamenti competitivi. Che la domenica chi è stato fermo non ha condizione fisica. Che non c'è continuità tattica, ma sempre uomini fuori ruolo, difese da inventare, attacchi monchi. Richardson e Brunamonti, spesso, hanno creato qualcosa di buono. Domenica non c'erano, toccava ad altri, non hanno risposto. Se la Knorr sia una squadra-clinica perché bersagliata da una sfortuna implacabile oppure perchè usurata da un'età media impietosa, Hill non vuole dirlo. La squadra l'ha trovata già impacchettata da Peterson, non sa se la riaccetterebbe così, ma dice che non la boccerà prima di conoscere il risultato finale di questo campionato. Abbiamo puntato sull'esperienza, sappiamo che ai play-off questi giocatori potrebbero azzeccare la serie vincente. Le analisi le faremo in fondo. Questa è una squadra da scudetto. Se potrà giocare al completo, naturalmente. E se manterrà la calma. In Italia, non solo a Bologna, c'è troppo panico dopo ogni sconfitta, troppa voglia di far processi.

Ma come si fa a giudicare questa Virtus? Io non credo di avere un solo giocatore che può fare 40 minuti. Quando manca qualcuno, salta tutto. Significa che Villalta, anzichè 20 di qualità, deve farne 35, inevitabilmente più scadenti. Così Bonamico, o Sylvester, o Binelli. Forse dovrei cercare una bacchetta magica per dare la salute ai miei uomini, perché al completo giocavamo bene. Ricordo le 4 vittorie filate di novembre: Caserta, Milano, Arimo, Venezia. Possiamo ripeterle. Non sento pressioni su di me. Se la Virtus mi chiama a rapporto, vado: lavoro per loro. Ora sono frustrato, non riesco a vedere come uscire da questo inferno. Qualcosa cambierà. Non proteggerò più la squadra sui giornali: a ognuno le sue responsabilità. Giocatori nervosi? Tutti lo siamo. Giocano duro in allenamento? Non è un problema. Se si picchiano, va bene: dobbiamo svegliarci.

 

I tre cardini della Virtus "americana" della stagione 88/89: Sugar, Clemon Johnson e Hill.

CIAO HILL, SENZA RIMPIANTI

di Walter Fuochi – La Repubblica – 08/08/1989

 

Alla Knorr, pochi giorni fa, aveva chiesto una proroga sul suo rientro dagli States: sarebbe arrivato dopo Ferragosto, anziché il 14. Ai dirigenti e ai giornali aveva raccontato che la nuova squadra gli piaceva, anche spolpata di due vecchie colonne come Villalta e Bonamico. Venerdì sera, improvvisamente, Bob Hill ha cambiato idea. Si è fatto vivo con un fax: Spiacente, non vengo più. E in poche ore la Knorr s'è trovata senza coach.

Ma il bello è che c'è restata pochi minuti, senza versarci nemmeno una lacrima. Una telefonata ha tirato subito giù dal letto Ettore Messina, erede designato: il bastone da maresciallo gli è stato consegnato in piena notte, nell'albergo delle ferie a Cavalese. A quasi 30 anni, il dottor Messina, catanese cresciuto a Mestre, laureato in Economia e Commercio, sarà così l'allenatore capo del club che serve da sei anni. Ne ha guidato il fertile settore giovanile (conquistando ben 4 scudettini) e soprattutto è stato l'assistente di Bucci, Gamba, Cosic, Hill: i tanti, troppi allenatori bruciati dalla panchina più scomoda d'Italia. Adesso ci prova da solo.

Messina non è il primo numero due che diventa numero uno. Segue anzi un solco battutissimo, soprattutto dai grandi club: Marcelletti a Caserta, Casalini a Milano, Isaac a Varese, quest'anno Scariolo a Pesaro l'hanno preceduto. Più che una moda, è un criterio che, in ambienti spesso non facili, privilegia la continuità tecnica e la conoscenza profonda di ogni angolo dello spogliatoio, a favore dei salti nel buio. Non è inedito dunque il percorso, ma sono strane le curve per le quali il destino l'ha guidato sul sedile al quale, dice lui, non puntava da sei anni. Da un paio almeno, però sì: fino a respingere, due mesi fa, le proposte dell'Enimont Livorno di succedere a Bucci. Sono caduto dalle nuvole dice. Sentivo spesso Hill, mi parlava della squadra come dovesse allenarla domani. Sapevamo, quand'era partito, che una buona offerta nell'Nba l'avrebbe ascoltata. Ma francamente, passati i primi giorni, sembrava un discorso sepolto.

Hill cercava lavoro a casa sua. Confidava in porte aperte che invece poi s'erano chiuse. La dolce Bologna, una Knorr quarta in campionato, da portare in Europa in Coppa delle Coppe, i 150.000 dollari della Virtus non erano poi l'inferno. Invece il telefono di casa Hill è suonato giovedì notte: dall'altra parte gli Indiana Pacers, a offrire un contratto come vice di Dick Versace, coach di fresca nomina. Così almeno racconta la vicenda la moglie Pamela, che a Bologna ormai cucinava i tortellini, ma che i tre figli maschi preferiva crescerli nelle scuole degli States. Rispondeva lei, ieri, dal cottage del New Yersey, per conto del marito: Hill era in volo da Los Angeles a Indianapolis, proprio per firmare. Giovedì notte, dunque, l'offerta; e venerdì Hill doveva parlare con Alessandro Mancaruso, emissario della Knorr. Solo un colloquio di cortesia: Mancaruso era volato in America per un'altra grana, legata a Richardson, che chiede un prolungamento del contratto e minaccia di non tornare a Bologna agitando offerte Nba. La grana di Sugar è in piedi; da venerdì sera invece un fax di Hill ha aperto e chiuso, in un attimo, quell'altra. Il lato curioso è che la Knorr s'è adeguata senza reazioni, parendo quasi liberata dal rifiuto.

 

BOB HILL

di Walter Fuochi - https://fuochi.blogautore.repubblica.it - 20/09/2013
 

Tirò una riga su Villalta ai dolci. Poco prima era toccato a Bonamico. A un tavolo della Bottega di Franco, allora in via Broccaindosso, una sera di maggio dell’89, Bob Hill consumò la sua ultima cena a Bologna. Davanti a lui, a dividere i segreti della nuova Virtus che aveva in testa, io e un collega, Andrea Tosi della Gazzetta. Hill sarebbe tornato all’indomani negli Stati Uniti, dopo una Coppa Italia e il terzo posto in campionato, l’anno primo di Sugar Richardson. Ci mise in fila su carta i suoi desideri di mercato, ci demmo appuntamento al giorno del raduno. Non disse, solo, che ci sarebbe toccato andare a quello degli Indiana Pacers: ci avrebbe fatto il vice. Bob a Bologna non tornò più. Peccato. Anzi no. Con soddisfazione generale, allora e soprattutto dopo, la Virtus sarebbe stata affidata a Messina, trent’anni rampanti. Ah, senza Villalta e Bonamico.

Bob Hill l’ho ritrovato a Lubiana, ormai digerito quel mascarpone, e se oggi accenderete la tv, per Italia-Ucraina, lo vedrete anche voi, l’assistente del mitologico Mike Fratello messo lì da Sasha Volkov, e tornerete per incanto al Madison dei nostri cari anni Ottanta. Stessa cotonatura, allora grigia, oggi decisamente candida. Stesso mocassino scollatissimo (l’abbinata con la cardinalizia calza porpora che ci stordì a Bologna ora non c’è più). Stessa postura, solo un po’ ingobbita, perché si fanno sentire, 65 anni da allenatore giramondo: dopo tanta Nba, oggi Bob esercita in Giappone, ai Tokyo Apache, ma tira su, come si vede, anche le chiamate bimestrali, e prima che per l’Ucraina s’era speso per Taiwan. Chissà se svuota ancora a garganella, dopo la partita, le 3-4 birre che gli vedevo scolarsi, sudato e afono, dopo le gare della Virtus: allora si andava negli spogliatoi, altrochè zone miste e sale stampa, e Bob, che trovavo a ripiegare l’abito buono sulla gruccia, passava a t-shirt e jeans. E qualche lattina. Andrò a chiederglielo dopo la partita, come sta, e come stanno i tre figli, Cameron, Chris e Casey, che a Bologna erano bambini, e adesso sono tutti allenatori, se riuscirò a forzare la blindatura dietro cui vivono tutti, fenomeni e brocchi, di questo Eurobasket sloveno. E gli chiederò pure a chi diavolo aveva pensato dopo Villalta e dopo Bonamico. Non me lo ricordo. Dopo i dolci, ci fu un giro di whisky.