DEXTER PITTMAN
(foto tratta da www.virtus.it)
nato a: Rosenberg (USA)
il: 02/03/1988
altezza: 211
ruolo: centro
numero di maglia: 1
Stagioni alla Virtus: 2015/16
VIRTUS, TUTTO QUELLO CHE VOLETE SAPERE SU DEXTER PITTMAN
di Daniele Labanti - Corriere di Bologna - 01/07/2015
Arriva Dexter Pittman. Bum. Il mondo Virtus è scattato in un turbine di commenti e pontificazioni, la forchetta degli umori va dal “è il nuovo Rashard Griffith” al “è un cesso che non sposta”. La sanno lunga, a Bologna. Tutti. E persino chi sostiene che in Nba giocava zero e sventolava gli asciugamani, si sente in diritto di giudicarlo (ma se giocava zero, dove lo avrà visto per tratteggiarne le abilità? A Nba 2k12 sulla Playstation?). In realtà ci sono molte cose che volete sapere su Dexter Pittman.
Giorgio Valli lo seguiva da anni, ovvero da quando è apparso chiaro che un cinque che può fare solo il cinque ma non ha l’altezza da cinque (nella Nba, ça va sans dire…) non potesse avere vita lunga in America. Sì, inorridite pure: Dexter Pittman è un cinque. Un centro. Un pivot. O un pivòt, come dicevano gli antichi. E non è forse quello che cercava Valli? E non è forse quello che serviva alla Virtus? (Chiedo a voi che l’anno scorso avevate – giustamente – da ridire su Gus Gilchrist, brandendo la richiesta di un centro vero come condizione per promuovere il progetto di risalita del club). E non è forse, il cinque, il materiale umano meno disponibile nella serie A italiana?
Bene, la Virtus ha il cinque. È un uomo di 27 anni, alto 210 centimetri (americani, quindi forse 207 o 208, lo vedremo quando atterrerà al Marconi), pesante 140 chili (non sposta? non spostano nemmeno lui però…), uscito da Texas, scelto al secondo giro dai Miami Heat, campione Nba nel 2012 (sì faceva panchina, era in ottima compagnia in quella squadra con James, Wade, Bosh, eccetera).
Cifre. All’ultimo anno in Texas ha chiuso con 10,4 punti, 5,9 rimbalzi, 1,9 stoppate e il 65% al tiro in 19 minuti. La stagione 2011-2012 a Miami l’ha chiusa con 3 punti, 2 rimbalzi e il 64% al tiro in 8 minuti di media. In D-league viaggia a 12,6 punti, 7,7 rimbalzi e 2 stoppate in 24 minuti. Nel 2014-2015 in Turchia ad Ankara ha chiuso con 8,5 punti e 4 rimbalzi in 13 minuti. In Portorico ha viaggiato con 16 punti, 11 rimbalzi e il 60% al tiro in 31 minuti.
Fin qui sono buoni tutti. Poi bisogna dire che Pittman al liceo è arrivato a pesare 400 libbre (180 chili) e ha avuto problemi di obesità tali da mettere a rischio la sua stessa vita. Ha perso peso, scendendo fino a 300 libbre e diventando così un giocatore appettibile dai Texas Longhorns, l’università del suo Stato. Al college ha fatto vedere quel che è o può essere: un centro grosso ma con piedi veloci e mani interessanti. E dall’epoca dell’obesità è passato all’epoca della Nba. È un giocatore di post basso. Sa finire vicino a canestro, al di là delle schiacciate ha un ottimo tocco con la mano destra, in semi-gancio girandosi sulla spalla sinistra, può passare la palla, sa creare spazio in area per i compagni e per le penetrazioni degli esterni. Ha maggiore mobilità di quanto si possa sospettare. Può ricevere palla in traffico. È un buon rimbalzista e un discreto stoppatore, anche se non è un giocatore esplosivo. I suoi difetti, come prospetto Nba, erano certamente legati ai limiti del ruolo (può giocare solo centro e all’interno dell’area) all’interno di un corpo e di un motore appunto poco esplosivi (e per giocare in area in Nba, se non sei esplosivo, devi essere davvero un fenomeno).
Poi c’è la questione del peso. Pittman – noto anche come “Sexy Dexi” – è rimasto segnato dalle esperienze dell’adolescenza. Da tempo è membro di un programma nazionale che promuove iniziative salutistiche per sensibilizzare sui temi dell’obesità giovanile e spingere gli americani a tenersi in forma fin da bambini. Inoltre, presiede un’organizzazione no-profit che si occupa di sostenere programmi di supporto ai giovani più svantaggiati attraverso la ricerca di sponsor e la promozione di eventi dedicati. Da alcuni anni, poi, in prima persona si occupa di organizzare una donazione di materiale scolastico da lui stesso acquistato per i bambini delle scuole della sua cittadina, Rosenberg in Texas. Insomma, non è una testa calda né un personaggio scomodo. Ma anzi, è chiaramente quel profilo di giocatore e di uomo per il quale Valli e la Virtus sono disposti a investire qualcosa.
C’è altro? Ha studiato Kinesiologia a Texas. Porta il 53 di scarpe. Ha steso con un laccio californiano Lance Stephenson in un Miami-Indiana dei playoff di qualche stagione fa (Stephenson stava diventando fastidioso, Sexy Dexi sa anche farsi rispettare: trattamento che non auguro a – quasi – nessuno) beccandosi un flagrant foul e tre gare di squalifica. Supporta il programma del presidente Obama contro il porto d’armi (un suo fratellastro è stato ucciso a colpi di pistola). Va tenuto “motivato”. Tira malino i liberi (caro Daniele Cavicchi, tocca a te star lì ad allenarlo). Ha il record nella percentuale al tiro nell’Università del Texas. Vi piacerà.
Pittman in schiacciata (foto tratta da www.virtus.it)
PITTMAN: VOGLIO ESSERE UN POINT CENTER
www.bolognabasket.it - 29/08/2015
Il centro della Virtus Dexter Pittman è stato intervistato da Luca Aquino sul Corriere di Bologna. Tra le altre cose l'ex Texas ha spiegato di essere a quota cinque tabelloni rotti in carriera, comreso quello di giovedì sera a Ozzano. Ecco le sue parole.
Quali sono le prime impressioni sulla squadra? Mi piace, ci sono molti giovani e a tutti piace competere e darsi battaglia. Lavoriamo duro e le partite di allenamento sono ásiche come se affrontassimo degli avversari veri.
Cosa vorrei da questa stagione? Dobbiamo fare in modo che nessuno lavori e sia più duro di noi. Qualche squadra ha cominciato la preparazione pochi giorni fa, il mio amico Kevin Durant dice sempre: “Quando gli altri dormono tu devi lavorare”. È quello che dobbiamo fare noi.
Quali sono le differenze fra Kevin Durant e Lebron James, avendo giocato con entrambi? Durant è un animale da palestra, ci dormirebbe anche e lavora duro come nessuno. Al college dopo 4 ore di allenamento pesantissimo mi telefonava e mi diceva di tornare in palestra a tirare i liberi. Era sempre lì, ha costruito la sua storia più sul lavoro che sul talento. LeBron non ha bisogno di lavorare così tanto, perché Dio gli ha dato in dono quel talento. LeBron è come Superman, fino a poco tempo fa c’erano lui e Bryant, poi tutto il resto della Nba, adesso c’è lui e tutti gli altri sono su un piano più basso. È un grande insegnante, mi ha aiutato tantissimo e se in difesa parlo tanto per dirigere i compagni è grazie a lui. Sul campo poi è di un altro pianeta, è un giocatore di grande intelligenza, solo Chris Paul è al suo livello sul piano della conoscenza del gioco, vede le cose prima degli altri.
A Bologna sono al centro del progetto di Valli? Mi piace essere una sorta di “point center”, un pivot che fa gioco, come Marc Gasol. Non ci sono più i centri dominanti alla Shaq, io cerco di portare vantaggi alla squadra in tanti modi. Poi se ho la possibilità di sfruttare la mia stazza per fare canestro non mi tiro indietro.
Visto che sulla mia stazza si è detto molto, cosa dico di Todd Wright, preparatore atletico di Texas? È la cosa migliore che mi sia mai capitata. Mi ha fatto capire che potevo arrivare a quel livello, è stato il mio miracolo.
Con lui nel primo anno di college ho perso 45 chili? Abbiamo lavorato tantissimo, andavo in palestra alle 5.30 di mattina, poi in classe, poi allenamento con la squadra, compiti, altro allenamento, poi tanto lavoro extra individuale per me. Ho anche pensato di mollare, ma ho avuto la fortuna di avere dalla mia parte compagni straordinari come Durant, DJ Augustin e tutti gli altri.
Ci sono stati tanti sacrifici anche sul piano delle abitudini alimentari? Ogni volta che andavo al ristorante, chiamavo Todd e gli leggevo il menù. Lui mi diceva cosa mangiare, non avevo grosse privazioni ma dovevo fare attenzione. Potevo mangiare hamburger ad esempio, ma senza salse e stando attento alla dimensione. Tutto quello che era più grande del mio pugno dovevo tagliarlo via. È stato un investimento su me stesso, mi sono fatto seguire da uno chef e da un nutrizionista e anche qui a Bologna ora sto cercando uno chef personale.
Un investimento che ha pagato, visto il titolo del 2012 Miami Heat? Una fantastica esperienza. Ho imparato molto da Spoelstra e Riley, mente Mourning è stato un mentore. Se gioco così è grazie a Spoelstra, che mi ha insegnato a non essere solo una presenza marginale sul campo anche se gioco poco.
La mia storia mi ha reso un modello per tanti ragazzi? Questa per me è una benedizione. Essere un’ispirazione per i giovani che avevano i miei stessi problemi è bellissimo. Ho avuto persone che mi hanno dato fiducia e voglio ricambiare, anche in campo. LeBron mi aveva preso sotto la sua ala e ora faccio lo stesso qui alla Virtus con Penny Williams e il 17enne Andrea Graziani.
Infine, come nasce il soprannome Sexy Dexy? Cominciarono a chiamarmi così i tifosi che mi incrociavano nel campus di Texas. Mi è piaciuto, esistono soprannomi peggiori.
Pittman in post basso contro Pistoia (foto tratta da www.virtus.it)
DEXTER PITTMAN: DOBBIAMO TROVARE LA GIUSTA CHIMICA
www.bolognabasket.it - 23/10/2015
Dexter Pittman è stato intervistato da Stefano Brienza su Stadio. Ecco le sue parole.
Come descriverebbe il suo stile di vita? «Sono un bravo ragazzo, rimango sempre a casa… no, sto scherzando. Mi piace uscire con i miei compagni, in particolare con Penny Williams, visto che viviamo vicini e giriamo sempre in coppia. Sono un tipo tranquillo, mi piace stare in relax, scherzare e godermela insieme agli amici».
Non è uno da discoteca? «A volte, ma non spesso. Magari nel weekend quando ho amici che mi vengono a trovare, ma dopo aver vissuto a Miami non mi impressiona più nulla quando vado nei locali. Ormai mi sembrano tutti dei balli di fine anno scolastico da ragazzini. A Miami invece uscivo tutte le sere. Se vivi lì devi godertela! Non puoi fare altrimenti, sei costretto. Anche alla University of Texas c’erano dei party enormi ed eravamo sempre in giro. Ma adesso ho lasciato perdere».
Nelle nottate di Miami usciva insieme a Lebron e Dwyane Wade? «Certo, eravamo compagni di squadra tanto quanto ora lo sono Penny, Allan e gli altri. Negli Heat c’era lo stesso cameratismo, vivevamo insieme anche fuori dal campo ed è questo che ti rende una buona squadra. È importante sapere che anche se ci saranno – e ci saranno sicuramente – screzi in palestra, alla fine della giornata rimaniamo tutti fratelli fuori dal campo».
Altri hobby? «I videogiochi, in particolare gli sparatutto, il mio preferito è Destiny. E poi Fifa, il gioco di calcio. Nessuno può battermi a Fifa, sfido chiunque e vinco sempre. Sfidatemi, vi aspetto!».
Ha voglia di parlare della sua dieta? «Sto sempre attento al numero di calorie che assumo. Generalmente cerco di non immagazzinarne troppe, ma quando lavoro duramente come facciamo qui, so che devo assumerne nella giusta quantità per bruciare più grassi e sviluppare i muscoli. Quando ero più grosso non ero educato sulla materia, mentre da qualche anno mi tengo molto informato. Ingaggio sempre cuochi e trainer di alto livello e sfrutto qualsiasi mezzo che mi aiuti a mantenere il mio peso forma».
In Italia come si è mosso? «Ho assunto un cuoco che si sposta appositamente una volta a settimana col treno da Milano, viene a casa mia e cucina per me, lasciandomi cibo per i sette giorni successivi. L’ho conosciuto grazie a Marshon Brooks che giocava a Milano l’anno scorso. È un ottimo cuoco e una gran risorsa per il mio lavoro».
Una puntata al ristorante ogni tanto se la concede? «Certo, ci vado spesso con i compagni. Io e Penny amiamo provare continuamente cose nuove, siamo dei discreti intenditori. Capire il nostro giudizio sul cibo è facile: se è buono torneremo, altrimenti no. Già negli States amavo il cibo italiano fatto dagli americani. Ovviamente qua ha una marcia in più. Sono appassionato di lasagne, ne ho già trovate di eccezionali».
Ha intenzione di imparare l’italiano? «L’italiano purtroppo è una lingua molto difficile, ma me la cavo con lo spagnolo. L’ho studiato a scuola, visto che in Texas è la seconda lingua, ma anche a Miami la comunità latinoamericana è dominante. In più ho vissuto un anno a Portorico».
Cosa ha imparato, fuori dal campo, dalle super-star NBA? «Come spiegavo prima, erano dei compagni di squadra perfetti. Si comportavano da veri professionisti, ed è la stessa cosa che cerco di fare io ora. Siamo personaggi pubblici, andiamo in giro rappresentando il logo della società sul nostro petto, e qualsiasi cosa tu faccia di sbagliato avrà ripercussioni negative sulla squadra. I veri professionisti sanno sempre che la squadra sta sopra tutto. Sono insegnamenti importanti che ora cerco di ritrasmettere ai miei compagni».
Si sente un leader? «A livello caratteriale non sono il tipo di persona adatta a fare il leader, mi piace essere colui che dispensa conoscenza. Il mio modo di essere leader è dare consigli riguardanti cose che ho già visto o che ho imparato a vari livelli».
È preoccupato delle ultime prestazioni? «No, la stagione è lunga. Il problema è trovare la chimica di squadra, essendo una squadra giovane dobbiamo crescere tutti insieme e trovare la giusta alchimia interna».
Cambierà qualcosa in vista di Pesaro? «È un segreto (ride, ndr). Dobbiamo seguire il coach, che ci chiede di giocare il più possibile di squadra. Abbiamo incontrato Pesaro in precampionato e conosciamo abbastanza il loro gioco, ma la cosa importante, a prescindere dalle strategie, è giocare sempre di squadra».
Di Bologna cosa pensa? «Mi piace molto, è una città che vive di basket e poche volte si incontrano tifosi così appassionati. Vivo in centro, vicino alla stazione, e sto migliorando la conoscenza la città ogni giorno che passa».
PITTMAN E LA VIRTUS, UN’IDEA NATA A NOVEMBRE 2014
www.bolognabasket - 06/01/2015
Dexter Pittman è stato senza dubbio l’eroe della partita con Venezia, trascinando la Virtus con una partita da 19 punti (con 7/10), 9 rimbalzi e 2 stoppate: per il centro texano 27 di valutazione in appena 22’ di impiego. La scelta della Virtus di prendere Pittman ha una lunga storia, iniziata addirittura a novembre 2014. Luca Muleo – su Stadio – l’ha raccontata, facendo parlare Sandro Crovetti, che assieme a Giorgio Valli si è occupato dell’operazione: Chiedo a Giorgio: "Qual è il tuo sogno per costruire una squadra più forte?". Lui mi risponde: "Dexter Pittman, è due anni che lo seguo, è un gran giocatore". All’inizio però l’idea pareva destinata a rimanere tale, viste le cifre che Pittman prendeva in Turchia. A febbraio però alcuni scenari sono cambiati. Mentre si lavorava ai rinnovi, dice Crovetti: "Okaro prende tempo, capisco che difficilmente resterà". Allora dico a Giorgio: "Proviamo con Pittman". Da qui in poi la trattativa, per convincere Pittman – che in Turchia giocava poco – che a Bologna sarebbe stato al centro del progetto. "Ho pensato di farlo parlare con Valli, gli ha spiegato esattamente cosa lo avrebbe aspettato e quale ruolo aveva in mente per lui". Il tutto ha avuto la mediazione decisiva di Donald Gaddy, fratello di Abdul e amico dell’ex pivot degli Heat. Alla fine, è arrivata la firma, e la Virtus ha trovato il suo centro, favorita sicuramente dal fatto di aver cominciato a programmare con largo anticipo.
PITTMAN, IL GIGANTE GENTILE: "QUI SENTO LA FIDUCIA DI TUTTI"
di Marco Tarozzi - www.virtus.it - 27/03/2016
Ecco, nella partita contro la Vanoli abbiamo avuto un’idea precisa di quello che, non ci si fosse messa di mezzo la malasorte, era il progetto di Giorgio Valli e del suo staff all’inizio della stagione. Quello che avremmo potuto vedere se fin dall’inizio tutti gli uomini di questa Virtus avessero potuto marciare con la giusta condizione. In quell’idea di partenza, là sotto i tabelloni c’era il Dexter Pittman che abbiamo visto ieri sera, e molto bene nelle ultime uscite di Obiettivo Lavoro: concreto, preciso, devastante, immarcabile. In una parola, un lusso assoluto per il campionato italiano.
Partito con l’handicap di un infortunio che gli ha rubato buona parte della preseason, il centrone texano è cresciuto prepotentemente di condizione, diventando quello che società e staff tecnico si aspettavano, un pericolo pubblico, un gigante dell’area pitturata.
“Ho trovato il passo giusto”, sorride il ragazzone di Rosenberg, “e ci ho lavorato sopra tanto in questi mesi. Non ho lasciato nulla al caso, sono venuto qui perché sentivo intorno la fiducia dell’ambiente, coach Valli mi ha voluto fortemente, mi ha reso parte importante del suo progetto, e questo un giocatore lo sente. Mi sto impegnando anche per dimostrargli che aveva fatto la scelta giusta”.
Come è successo a tanti giocatori giovani, italiani e d’oltreoceano, un giorno anche Pittman, riguardando alla sua carriera, potrà parlare del lavoro con Valli come di uno spartiacque, o di un cambio di ritmo.
“Con questo staff tecnico si lavora sodo in palestra. Si cresce. Sono allenamenti intensi e proficui, se li segui con determinazione a un certo punto i risultati li vedi, eccome. Io non ho mai lavorato tanto come in questa stagione, che è anche la prima da quando sono professionista in cui mi trovo al centro di un progetto e in campo con tanti minuti da giocare. Tutto è sempre ancora migliorabile, ma sono soddisfatto dei risultati che ho ottenuto da questo punto di vista”.
Un fattore di equilibrio, da quattro partite a questa parte, è diventato Andre Collins. L’ultimo arrivato nella casa bianconera, che proprio ultimo non è. Per la sua esperienza, per la conoscenza dell’ambiente e per il feeling con coach Valli, il tecnico che lo portò in Italia, insieme ad Alessandro Crovetti, ai tempi di Ferrara.
“Andre è un giocatore che conosce il basket e questo campionato, un vero leader in campo. E la sua presenza ha fatto bene a me come al resto della squadra. Anche Gaddy, per esempio, ha tratto beneficio dall’averlo accanto. Con lui abbiamo guadagnato in solidità e certezze, è stato un arrivo importantissimo”.
A ventotto anni, ha un anello Nba in bacheca. Conquistato a Miami nel 2012. In panchina, certo, ma con gente come James, Wade, Bosh a frequentare assiduamente il quintetto, e comunque con 35 presenze durante la stagione. Comprimario, ma non comparsa. E magari con la voglia, prima o poi, di rimettere piede in quell’Olimpo dei canestri.
“Io sono qui e penso alla Virtus. Ci sono venuto per motivi precisi: sapevo di aver bisogno di una piazza nella quale giocare con continuità, restando parecchi minuti in campo, cercando di essere protagonista, e sono contento di aver siglato un contratto 1 + 1. Qui ho trovato la dimensione ideale: come ho detto, un coach e uno staff tecnico che mi hanno cercato, perché mi seguivano da tempo, e una società di grande professionalità, che fa di tutto per farmi sentire a mio agio e permettermi di dedicarmi con concentrazione al mio mestiere. E’ la situazione ideale per crescere”.
Intorno, una tifoseria che lo ha eletto subito a idolo, che si è esaltata quando durante la preseason, ad Ozzano, mandò in mille pezzi un tabellone durante uno scrimmage, e poi non ha più smesso di volergli bene. E una città che sa coccolare i suoi campioni lasciando loro il giusto spazio vitale.
“I nostri tifosi sono unici. Alla Unipol Arena sono stati un uomo in più per tutta la stagione. Bologna, poi, è un posto speciale. A me e alla mia ragazza piace tantissimo la città, piena di storia e così diversa da quelle del mio Paese, mi piace la gente, calorosa ma mai opprimente. E poi si sente che qui c’è una cultura del basket. Storia, tradizione e voglia di guardare al futuro, condizioni perfette per continuare a crescere”.
Poi c’è il Dexter meno noto. Quello che da tempo fa parte negli States di un programma nazionale che promuove iniziative salutistiche per sensibilizzare sui temi dell’obesità giovanile, che segue un’organizzazione no profit che sostiene i giovani svantaggiati, che da anni sostiene le scuole di Rosenberg, la sua città natale in Texas, con donazioni di materiale scolastico. Un giocatore che sta crescendo e un uomo che si impegna nel sociale. Un ragazzone, ma con la testa al posto giusto. Il sogno di ogni allenatore. Non certo di Giorgio Valli, che non aveva bisogno di sognare perché lo conosceva bene e per primo lo ha voluto in Italia.
DEXTER PITTMAN: DOBBIAMO GIOCARE DURO COME CON TORINO
www.bolognabasket.it - 29/04/2016
Dexter Pittman – che ieri ha incontrato i tifosi all’Osteria Bass’Otto – è stato intervistato da Stefano Brienza su Stadio. Ecco le parole del centro bianconero.
Mi piacerebbe rimanere in Virtus l’anno prossimo, adoro la città e mi sono trovato molto bene.
Contro Torino abbiamo visto una Virtus diversa: cos’è cambiato? C’era un senso di urgenza che ha mosso ognuno per giocare duro e come una vera squadra. Avete visto i risultati. Probabilmente avremmo potuto essere così più spesso, sì, ma una volta che ci siamo ritrovati con le spalle al muro devi dare tutto, lottando perla vita come animali in cattività. L’abbiamo fatto contro Torino e siamo pronti a rifarlo a Reggio Emilia. Per un americano non è facile comprendere i meccanismi della retrocessione.
Come la vivete? Bisogna prenderla come una questione di orgoglio. Non vuoi vivere una vita da perdente, soprattutto quando sei abituato a vincere. Personalmente ho vinto all’high school, al College e anche da professionista a vari livelli. Quando inizi a perdere percepisci frustrazione e rabbia da tutto l’ambiente coinvolto. E non è bello. Bisogna rimanere concentrati e continuare a credere nel lavoro quotidiano. Quella di Reggio può essere anche la partita della paura. Sto cercando di rimanere concentrato e in fiducia senza pensare ai fattori estemi. Credo che se andiamo là e facciamo il nostro dovere non ci sarà spazio per avere timori in testa. Per la mia mentalità e la mia voglia di competere non penso mai ad un’eventuale sconfitta. Se andrà male conoscerò anche questa sensazione, ma per ora non l’ho mai vissuta, e credo che in squadra nessuno penserà negativo.
Che Virtus serve per andare a battere una squadra così forte? Non ci sono opzioni, quella di Reggio sarà una Virtus che giocherà duro come con Torino e darà tutto sul campo. Mi pare che siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Dobbiamo avere la consapevolezza che non avremo rimpianti, perché avremo dato tutto. Il palazzetto, tutto esaurito, può essere un fattore importante.
Quali sono le chiavi per scordarsi quel record negativo che avete accumulato fuori dalla Unipol Arena? Stare insieme ed affrontare le difficoltà di una trasferta del genere. Gli arbitri non fischieranno nulla a nostro favore, il pubblico sarà indemoniato e non possiamo permettere loro di batterci sul piano fisico. Loro saranno duri, anche picchiandoci, e noi dobbiamo essere bravi a rispondere senza tanti complimenti, lottando su ogni pallone. E poi sappiamo che Reggio a livello di talento atletico non ci è superiore, da quel punto di vista siamo una delle squadre migliori della Lega. Se useremo la testa e l’atletismo, potremo uscire dal PalaBigi con una vittoria.