DERBY

 

Un derby dei primi anni '70: Schull cerca di stoppare Albonico

 

GUELFI E GHIBELLINI DEL DUEMILA SU UNA STRADA INFINITA COME IL DERBY

di Enrico Schiavina - tratto da "DERBY! Fortitudo-Virtus - Storia di una rivalità senza fine

 

Prima della pallacanestro ci erano riusciti solo gli antichi romani. C'è una cosa sola che spezza in due Bologna come il derby di basket: la via Emilia. Una linea retta che taglia in due la città in modo netto, come un'arancia: da una parte la collina, dall'altra la pianura. Ma non è una divisione in parti uguali - un po' più grande e popolata la metà sopra, un po' più ricca e verde quella sotto - come non lo è la divisione della città secondo credo cestistico.

Illustri osservatori della vita cittadina dicono che a Bologna ormai non si discute più di nulla, che tutto si è appiattito. Non fanno discutere la politica, l'economia, la cultura, la vita sociale. L'unica cosa che veramente divide la città, ormai, sarebbe la pallacanestro. Non sapremmo dire se veramente Bologna è così ferma in tutto il rsto, di certo sappiamo però che non è mai stata così ferocemente schierata dietro alle sue due squadre di basket.

E se la divisione forse non è una buona cosa, almeno il confronto, anche se acceso, talvolta aspro, è sicuramente un valore.

Per questo il derby di basket di Bologna è un grande patrimonio della città, un qualcosa che la fa discutere, fremere, soffrire, amare. Che la tiene viva, anche spezzandola in due, proprio come la via Emilia. "Dividere per unire" è il concetto che ricorre spesso quando i cittadini di Siena cercano di spiegare il significato del loro Palio: l'uno contro l'altro fino alla morte nei giorni della grande sfida, tutti assieme sotto i colori cittadini il resto dell'anno, con un senso civico che ha pochi confronti nel resto d'Italia.

Qualcosa di simile succede a Bologna, anche se è certamente fuori luogo e abusato il paragone derby-Palio che talvolta capita di sentire. Palio e derby sono diversissimi, ma qualcosa in comune ce l'hanno. Non tanto perché forgiano un fortissimo senso di appartenenza verso il proprio clan, e di conseguente avversione verso quello opposto, al punto di sperare prima nell'altrui sconfitta che nella propria vittoria: questo accade anche in altre rivalità sportive.

Sono uniche piuttosto le capacità di catalizzare l'attenzione di tutta una città verso una competizione di cui il resto d'Italia capisce poco - una corsa di cavalli in piazza, il gioco del basket - scatenando passioni violente e altrove quasi incomprensibili. E la conseguente convinzione che la propria festa, e più in generale la propria città, sia unica, sia la più bella del mondo. Credersi meglio degli altri in fondo non è peccato, se si lavora onestamente, e magari si finisce per esserlo veramente, migliori. Almeno in qualcosa. Che Bologna sia un'isola felice, da un punto di vista cestistico, non ci sono assolutamente dubbi: in nessun altro posto i bambini piccoli imparano prima il terzo tempo che lo stop di petto, appendono prima i poster di Myers o Danilovic di quelli di Baggio o Signori. Canestri in ogni condominio, squadre di tutti i livelli e per tutte le età, ovunque gente che gioca, o che allena, o che organizza, o che guarda giocare, testimoni attivi di un immenso amore per questo sport, più della solita, trita osservazione sul fatto che nei bar i-quotidiani-sono-sempre-piegati-alla-pagina-del-basket, peraltro verissima.

Isola felice la città, nella testa di chi viene da fuori, spesso lo è ancora. La recente campagna elettorale per il governo della città - o i fatti, a seconda di come la si vede - ha un po' lavato il cervello alla sua gente, convincendola di non essere più il Bengodi, ma una via di mezzo tra il Bronx e Calcutta, quanto a delinquenza, degrado e povertà. Anche se poi per i "forestieri" da noi si lavora, si mangia, ci si diverte, si vive meglio. Non sarà più la Bologna di una volta, come dicono gli anziani oggi, ma c'era chi diceva la stessa cosa negli anni '80 pensando ai '60, e chi lo diceva nei '70 rimpiangendo i '50... Il fatto è che non può più essere la Bologna di una volta, il mondo gira veloce e tutto cambia, deve cambiare. Persino a Palazzo d'Accursio la cui storica "presa" ci ha dimostrato che i bolognesi sono ancora capaci di litigare per la politica, di sfidarsi in una dura competizione (come un derby, finita all'ultimo tiro: 50,69 a 49,21 dopo un "supplementare") su campi diversi dalla pallacanestro.

Lungi da qui un tentativo di trovare accostamenti politici, o anche solo sociologici, alle due grandi matrone del basket bolognese. La politica non c'entra se Dio vuole, e non per disprezzo alla politica stessa, ma perché il derby è qualcosa di veramente trasversale, ed è bello per questo, quando propone contrasti stridenti nella vita quotidiana, tipo professore F contro studente V, capufficio V contro impiegato F, salumiere V contro casalinga F...

Ci hanno provato in tanti a mettere altri colori vicino al biancoblù (il rosso della Bologna più popolare, operaia e comunista) o al bianconero (il bianco della classe medio-alta ieri, l'azzurro di commercianti e professionisti oggi) ma sono abbinamenti che ormai non hanno nessun significato, se mai ne hanno avuto in passato.

Perché di contraddizioni a questo teorema se ne trovano a volontà: la Fortitudo ha radici fortemente cattoliche, in passato è stata molto vicina alla Dc, ed oggi è retta da mani capitaliste; mentre la Virtus, tradizionalmente laica, è stata in affari con l'imprenditoria rossa e le Coop, pesca nei ceti medi, era (è?) la favorita della classe dirigente di sinistra. Nel calderone delle contraddizioni politiche poi possiamo purtroppo metterci anche qualche spiacevole infiltrazione di estrema destra, in certe espressioni di tifo più crudo, da entrambe le parti, fortunatamente emarginate. Per quasi tre decenni Virtus-Fortitudo ha voluto dire ricchi contro poveri, patrizi contro plebei, ma oggi moltissimi nuovi ricchi tengono alla F, mentre il tifo virtussino si è tolto parte di quella patina nobiliare che ha avuto per una vita, anche se le poltrone di prima fila a Casalecchio costano 4 milioni l'una, e la gente fa la fila per comprarle.

Impossibile tracciare l'identikit del virtussino e del fortitudino medio del Duemila. Alla Virtus spesso ci si avvicina per tradizione familiare, perché qualcuno ti presta una tessera, anche se grazie agli spazi di Casalecchio sono finiti i tempi nei quali i non abbonati non entravano praticamente mai, e le liste d'attesa duravano anni.

Un'epoca nella quale accadeva spesso che chi veniva respinto andava a vedere la Fortitudo, dove il posto si trovava sempre, e ne rimaneva avvinghiato, anche se non è questa la genesi tipica del tifoso blù. Piuttosto, negli anni '70 e '80 si diventava fortitudini per spirito di contraddizione ("ribellione" ci sembra un termine eccessivo), per non seguire la massa, e perché a certuni nello sport viene spontaneo schierarsi con i più deboli.

Vale anche il discorso contrario, ovviamente: nelle (poche) stagioni di predominio fortitudino sul campo, i bastian contrari neutrali finivano per simpatizzare Virtus.

Ma nel derby, come nel resto del mondo, l'omologazione avanza, la globalizzazione incombe.

E le due Nazioni, così diverse per storia e ideologia, oggi sono vicinissime per organizzazione, solidità economica, obiettivi: un occhio all'Europa, l'altro ai cuginastri, ma prima di tutto professionalità.

Vale anche per i tifosi, non solo per le società. Loro spesso non lo sanno, ma ormai si somigliano moltissimo, a parte alcune eccezioni ancora valide (la Fossa, il parterre Virtus, sono ancora quelli di una volta) e si stanno venendo incontro a una velocità sorprendente. Gli uni acquisiscono i pregi (calore, colore e ironia biancoblù, compostezza bianconera) e i difetti (irosità e vittimismo biancoblù, snobismo, atteggiamenti alla andiamo-via-prima-che-sennò-becchiamo-il-traffico bianconeri) degli altri.

Il pubblico fortitudino si è virtussinizzato, quello virtussino si è fortitudinizzato, su questo non ci sono dubbi. Un processo di osmosi ben simboleggiato dai due uomini-faro, le guide materiali e spirituali dei due schieramenti. Alfredo Cazzola, dalla Bolognina all'impero-MotorShow, self made man ruspante e battagliero, sempre pronto a sfidare il mondo nell'interesse dei suoi colori: in poche parole, un fortitudino perfetto. E Giorgio Seragnoli, famiglia potentissima, tycoon dell'industria e della finanza che può comprarsi tutto, senza limite di spesa: il prototipo del presidente virtussino. Accanto a lui il presidente degli industriali, Volta, e adesso persino un petroliere libico, che ha fatto mettere una doppia V (lettera che nell'alfabeto di Pellacani era stata soppressa) vicino al sacro simbolo della F scudata. Non c'è niente da fare, il mondo cambia.

Per i notabili della città, per le camicie di sartoria con iniziali ricamate, resta comunque il parterre Virtus il luogo più in della Città del Basket; la costosissima tessera che hanno in tasca dà loro diritto di mostrare l'abbronzatura e insultare pesantemente gli arbitri ad ogni chiamata contraria, o magari sventolare banconote da centomila - almeno quattro o cinque, se no si fa la figura dei pidocchiosi - sotto il naso dei direttori di gara, sempre e comunque comprati da Seragnoli. In questo, i fortitudini da parterre sono lievemente diversi: anche loro sfilano sorridenti prima della partita, indossando abiti casual ma all'ultima moda con studiata nonchalance, poi, quando le cose si mettono male, agli arbitri (ovviamente istruiti da Cazzola) vorrebbero saltare direttamente al collo, e qualche volta serve la polizia per impedire che lo facciano davvero.

... omissis (si parla della Fossa dei Leoni) ...

Tutti gli altri hanno bisogno di essere guidati, così come i virtussini per sostenere la squadra hanno bisogno di essere trascinati dalle trombe dell'orchestra, mai viceversa. Ma è soprattutto a questo esercito di gente normale, di una parte e dell'altra, che deve dire grazie il basket: sono loro che hanno costruito il mito di "Basket City". Grazie alla loro perseveranza negli anni, alla loro passione per il gioco, al loro presenzialismo, fedeltà ai colori, o qualsiasi cosa sia che li spinge a cadenza settimanale o persino bisettimanale a prendere posto sulla solita poltroncina.

Non importa se qualche volta le partite sono brutte, o senza storia fin dal primo minuto: loro ci sono sempre. E ogni estate, anno dopo anno, ce ne sono circa 10.000 disciplinatamente pronti a versare in anticipo sui conti correnti dei due club i soldi che giustificano la costruzione di due delle squadre più forti d'Europa nella stessa città.

Tra abbonamenti e biglietti le due bolognesi fatturano quasi come tutto il resto del basket italiano messo assieme, ma oltre agli incassi del botteghino (nel 1998/99, sommando le due società, 10.582 abbonati, quasi 400.000 presenze, oltre 20 miliardi in incassi) c'è un flusso indiretto meno evidente, ma non meno importante. A Bologna il basket fa vendere magliette e cappellini, quotidiani e riviste specializzate, panini e caffè, mantiene aperti due negozi di gadget monotematici (F e V in tutte le salse) in pieno centro, fa lavorare decine di persone per i due staff societari, giocatori e procuratori - quelli che si arricchiscono di più -  ma anche maschere, parcheggiatori, baristi, agenzie viaggi, fino alle pizzerie e ai pub del dopopartita... Un fiume di denaro indotto, che crea occupazione per un bel po' di famiglie, bolognesi e non, visto che una parte finisce fuori città con le trasferte, ormai spesso anche fuori Italia.

Tutto questo grazie al basket, o meglio grazie a quella incredibile passione-fedeltà di cui sopra, figlia della tradizione, certo, ma vigorosamente corroborata dalla rivalità. Per fare Basket City servono l'una e l'latra, la cultura cestistica e la rivalità F-V: non ci fosse questo dualismo, non ci sarebbe nemmeno il resto.

Diciamolo: alla Fortitudo serve la Virtus, alla Virtus serve la Fortitudo. È la competitività, il senso del campanile coniugato alla storia, che negli anni ha continuamente spronato l'una a far meglio dell'altra. Da sempre, per la gente di via San Felice la Virtus è una specie di balena bianca (... e nera), il grande nemico inseguito da una vita, l'obiettivo di tutti gli sforzi, perennemente, ottusamente nel mirino. In Virtus forse non è sempre stato così, quando la Fortitudo era povera la si guardava freddamente come una vicina antipatica più che una rivale, ma la sua crescita e la sua aggressività hanno alimentato un'avversione di rimando non meno profonda, non meno accanita.

Interpretando bene i sogni del fortitudino medio, Seragnoli fin dall'inizio della sua gestione spiegava che tutti quei soldi non li spendeva per diventare il numero uno d'Italia, o il numero uno in Europa, ma solo perché voleva essere il numero uno a Bologna. Per un po' c'è anche riuscito, ma Cazzola, competitivo come pochi, dalla sfida che gli veniva dai vicini di casa ha saputo trarre la spinta per costruire la Virtus più vincente di sempre, quella del 24 aprile e 31 maggio 1998. Così si è arrivati alla corsa agli armamenti di fine anni Novanta, alle due superpotenze contrapposte capaci di saccheggiare l'intero basket italiano pur di non perdere colpi nella folle guerra cittadina. Al punto da inimicarsi tutto il resto d'Italia, da sentirsi accusate di aver rovinato il campionato con la troppa bolognesizzazione, e tutto per una sciocca lite di cortile.

Fini pensatori da un po' di tempo ammoniscono le due contendenti a smetterla di ragionare in termini così provinciali, ci spiegano che esiste un mondo anche al di fuori dei confini di Bologna, e persino in città qualcuno se ne è convinto... Così quando sul tabellone luminoso del palazzo passano i risultati dagli altri campi e "loro" hanno perso, il boato di esultanza si continua a sentire, forte e spontaneo, ma prima ci si preoccupa dei "nostri". Se poi a "loro" è andata male, tanto meglio...

Per tutte e due ormai conta solo vincere, scudetti, coppe, qualsiasi cosa, altrimenti la stagione è un fallimento, indipendentemente da com'è andata ai cugini. E il derby non è solo la sfida diretta, ma il confronto di quel che rimane nelle due reti alla fine della stagione: io ho vinto una coppetta, tu una coppina, qual è la più bella?

Questi Guelfi e Ghibellini del ventesimo secolo (e presto del ventunesimo) sono gli unici in Italia, forse al mondo, ad aver scelto il basket come terreno di confronto. Nello sport italiano di derby veri, capaci di spaccare letteralmente in due una città, ce ne sono solo quattro: quelli di calcio, Roma-Lazio, Milan-Inter, Toro-Juve, Genoa-Samp.

Gli altri sono surrogati di derby, sono solo rivalità fra città vicine che magari corrono per lo stesso obiettivo, ma non durano nel tempo (ricordate i rancori di Bologna-Cesena nel calcio? Oggi chi ci pensa più?...) e non sono degni della parolina magica - derby - usata ed abusata nelle cronache sportive.

Nel basket è esistito un solo altro derby, vero e sanguigno come quello bolognese: quello di Livorno, ma è sparito con una insana fusione nel 1991. Ci sono stati derby a Milano e Roma, ma facevano ridere, ce ne sono di sentiti in altri sport, ma niente di paragonabile. In America ci sono molte, storiche rivalità del basket-college, bellissime e antiche, ma figlie di un'altra cultura, che non c'entra col campanile. Restando al basket, ci sono derby infuocati e di altissimo livello tecnico a Atene e Istanbul, ma quelle sono grandissime città e le squadre ne rappresentano una porzione, un quartiere.

Il derby di Bologna invece è unico anche perché non divide la città in zone, ma arriva dappertutto con entrambi i partiti: in ogni casa, in ogni scuola, in ogni ufficio c'è la V e c'è la F. Sì, una volta esisteva un "Rione Fortitudo", quello attorno alla vecchia sede di via San Felice, e una teoria (mai provata) vuole che tutta la parte ovest della città, da via Saffi a Santa Viola a Borgo Panigale, tenda verso il biancoblù. Indimostrabile, come l'impressione che sia invece la parte nord, da via Milazzo all'Arcoveggio passando per la Bolognina cara a Cazzola, il territorio più bianconero. In realtà oggi la V e la F sono distribuite ovunque: in centro, in periferia e anche in provincia, sia la metà di collina che la metà di pianura, dove la febbre è più recente, ma non meno forte.

Pianura-collina, colina-pianura. Virtus-Fortitudo, Fortitudo-Virtus. Per dividere (e unire) le prime, c'è voluta la via Emilia, tracciata dal console Marco Emilio Lepido nel II secolo avanti Cristo e resistita per più di due millenni quasi identica, solo ingrandita e ammodernata, ma mai modificata nella sua idea originale, quella di correre fino al Mare.

Per dividere (e unire) le secondo è stato inventato il derby, anche lui è diventato sempre più grande, importante, ricco, ma rimasto immutato nello spirito.

Durerà come la via Emilia, altri duemila anni? Vorremmo poterlo verificare, vivendoli tutti a Bologna.

Danilovic-Myers: l'essenza stessa dei derby degli anni '90

I SALTAFOSSI

Giocatori, allenatori e dirigenti tesserati per le squadre bolognesi che, nella loro storia, sono state in Serie A

(aggiornata alla stagione 2023/24)

 

Nome Fortitudo Gira Oare Moto Morini S. Agostino
Pietro Aradori G Pietro Aradori G        
Stefano Attruia G Stefano Attruia G        
Giuliano Battilani G/A   Giuliano Battilani G      
Sani Becirovic G Sani Becirovic G        
Marco Belinelli G Marco Belinelli G        
Loris Benelli G Loris Benelli G Loris Benelli G      
Gianni Bertolotti G Gianni Bertolotti G        
Valerio Bianchini A Valerio Bianchini A        
Brett Blizzard G Brett Blizzard G        
David Bluthenthal G David Bluthenthal G        
Roberto Bonaga G   Roberto Bonaga G      
Marco Bonamico G Marco Bonamico G        
Giorgio Bongiovanni G   Giorgio Bongiovanni G      
Matteo Boniciolli A Matteo Boniciolli A        
Alberto Bucci A/D Alberto Bucci A        
Massimo Bulleri G   Massimo Bulleri G      
Carlo Caglieris G Carlo Caglieris G        
Luigi Camosci G Luigi Camosci G        
Achille Canna G   Achille Canna G      
Roberto Casoli G Roberto Casoli G        
George Chaloub G       George Chaloub G  
Roberto Chiacig G Roberto Chiacig G        
Paolo Conti G   Paolo Conti G  Paolo Conti G Paolo Conti G Paolo Conti G
Franco Degli Esposti          Franco Degli Esposti G
John Douglas G John Douglas G        
Mauro Di Vincenzo A Mauro Di Vincenzo A Mauro Di Vincenzo A      
Matteo Fantinelli G Matteo Fantinelli G        
Vittorio Ferracini G Vittorio Ferracini G        
Sergio Ferriani G     Sergio Ferriani G    
Maurizio Ferro G Maurizio Ferro G/D        
Alessandro Finelli A Alessandro Finelli A        
Alessandro Frosini G Alessandro Frosini G        
Germano Gambini G Germano Gambini A/D       Germano Gambini G
Renzo Garbellini G   Renzo Garbellini G      
Franco Gironi G   Franco Gironi G      
Gelsomino Girotti G Gelsomino Girotti G        
A.J. Guyton G A.J. Guyton G        
Kenny Hasbrouck G Kenny Hasbrouck G        
Marko Jaric G Marko Jaric G        
Beppe Lamberti G Beppe Lamberti G/A Beppe Lamberti G/A      
Aristide Landi G Aristide Landi G        
Raniero Lebboroni G   Raniero Lebboroni G      
Alberto Locci G   Alberto Locci G      
Dado Lombardi G/D Dado Lombardi G        
Silvio Lucev G   Silvio Lucev G/A      
Walter Magnifico G Walter Magnifico G        
Paolo Magnoni G   Paolo Magnoni G      
Zare Markovski A Zare Markovski A        
Emilio Marcheselli G Emilio Marcheselli G Emilio Marcheselli G      
Moris Masetti G Moris Masetti G Moris Masetti G      
Domenico Mele G Domenico Mele G        
John McMillen G John McMillen G/A        
Marco Milic G Marco Milic G        
Riccardo Morandotti G   Riccardo Morandotti G      
Paolo Moretti G Paolo Moretti G        
Carlo Muci G   Carlo Muci G      
Eric Murdock G Eric Murdock G        
Luigi Mutti G Luigi Mutti G        
Giuseppe Nannucci G   Giuseppe Nannucci G      
Romano Nardi G Romano Nardi G Romano Nardi G      
Carlo Negroni G   Carlo Negroni G      
Aza Nikolic A Aza Nikolic A        
Daniel O'Sullivan G Daniel O'Sullivan G        
Gianni Paulucci G Gianni Paulucci G/D        
Marco Pedrotti G   Marco Pedrotti G      
Corrado Pellanera G Corrado Pellanera G        
Stefano Pillastrini A Stefano Pillastrini A        
Pierluigi Poggioli G Pierluigi Poggioli G        
Concetto Pozzati G Concetto Pozzati G        
Patricio Prato G Patricio Prato G        
Maurizio Ragazzi G   Maurizio Ragazzi G      
Antonio Randi G     Renzo Randi G    
Renzo Ranuzzi G/A   Renzo Ranuzzi G   Renzo Ranuzzi G  
Luigi Rapini G   Luigi Rapini G/A      
Tomas Ress G Tomas Ress G        
Rinaldo Rinaldi G     Rinaldo Rinaldi G    
Franco Rizzi G Franco Rizzi A   Franco Rizzi G    
Guido Rosselli G Guido Rosselli G        
Michele Ruzzier G Michele Ruzzier G        
Gherardo Sabatini G Gherardo Sabatini G        
Sandro Samoggia G Sandro Samoggia G Sandro Samoggia G   Sandro Samoggia G  
Franco Sanguettoli A         Franco Sanguettoli G/A
Marco Santucci D Marco Santucci G Marco Santucci G      
Gianfranco Sardagna G Gianfranco Sardagna G     Gianfranco Sardagna G Gianfranco Sardagna G
Zoran Savic G Zoran Savic G/D        
Giovanni Setti G   Giovanni Setti G      
Matjaz Smodis G Matjaz Smodis G        
Marcel Starks G Marcel Starks G        
Verardo Stivani G Verardo Stivani G        
James Larry Strong A   James Larry Strong A/G      
Mario Suttini G   Mario Suttini G      
Emidio Testoni G   Emidio Testoni G      
Piero Valenti G Piero Valenti G        
Mario Viscardi G Mario Viscardi G Mario Viscardi G      
Ettore Zuccheri G/A Ettore Zuccheri A Ettore Zuccheri A      
Dario Zucchi G       Dario Zucchi G  
Dino Zucchi G       Dino Zucchi G  

 

Legenda (elenco aggiornato alla stagione 2017/18)

G: giocatore

A: allenatore

D: dirigente

 

Essendo questo virtuspedia e non basketcitypedia ho messo solo i giocatori che hanno fatto parte della Virtus, escludendo quindi giocatori che sono stati solo in altre squadre bolognesi come Albertazzi, Dalla Mora, Blasi, ecc.

Gli ex-virtussini che hanno giocato in altre squadre bolognesi, li considero anche se hanno giocato in serie inferiori alla A (come Morandotti e Ragazzi nel Gira in B1). So che la tifoseria Fortitudo potrebbe inorridire, ma ho tenuto conto dei giocatori che hanno giocato nella Biancoblù Basket in Legadue e non di eventuali che hanno giocato negli Eagles, quando questa era in pratica diventata una succursale giovanile della Virtus.

IL SALTO DEL FOSSO

di Roberto Cornacchia per Virtuspedia

 

Sono molti i giocatori che hanno indossato le maglie sia di Virtus che di Fortitudo, a sono ancora di più se consideriamo anche le squadre del passato come il Gira, l'Oare e il Moto Morini, senza contare il periodo precedente alla partecipazioni ai campionati ufficiali dove si annoverano anche le formazioni dell'A.P. Galvani (dall'omonimo istituto scolastico), della Pro Juventute, della G.U.F. (Gioventù Fascista Universitaria), della Bologna Sportiva (società con la quale vi sarà la fusione nel 1935). Era un'epoca in cui il professionismo non era neanche lontanamente concepibile e quando un giocatore usciva da una squadra l'opzione automatica era cercare ingaggio presso una delle altre squadre della città.

Se si escludono gli studenti americani e stranieri in genere che frequentavano l'università bolognese, i primi "forestieri" portati dal basket a Bologna furono quelli del trio Galliera: Calebotta, Canna e Alesini nei primi anni '50 e all'epoca gli ingaggi erano sotto forma di una Lambretta o di un impiego. Ciò nonostante lo scambio di canotta cittadini rimase una costante fino agli anni '70, periodo in cui il basket cominciò a mostrare i primi "sintomi di professionismo" diffuso.

Quindi, non essendoci più la sottintesa necessità di rimanere in città, a determinare i passaggi da una sponda all'altra del basket felsineo furono dapprima il volere rimanere in un ambiente apprezzato e già evidentemente conosciuto, e poi i soldi veri e propri soprattutto da quando la Fortitudo ha cominciato a rivaleggiare per capacità di spesa con la Virtus, con i derby di mercato che si svolgevano d'estate, fra i presidenti che si sfidavano a suon di acquisti di giocatori.

Per molti si è trattato di un "normale" passaggio da una squadra ad un'altra, alcuni invece furono vissuti come dei veri e propri tradimenti: forse i più sofferti sono stati quelli di Frosini dalla Fortitudo alla Virtus e quelli di Lombardi e Belinelli nel senso inverso. Segue un elenco di coloro che hanno indossate le canotte di più di una squadra di Bologna, anche se probabilmente, soprattutto per giocatori degli anni '60 e precedenti qualcuno mi sarà sfuggito.

IL MIO DERBY SBAGLIATO

Marco Bonamico (1976)
"Ero un giovane che lottava per affermarsi e i quella Fortitudo trovai la stessa voglia di arrivare. Ma nel mio cuore c'è solo la V".

di Lorenzo Sani - Il Resto del Carlino - 05/02/1994

 

Correva l'anno 1976 e quell'anno è proprio corso via. L'anno dell'unico "derby sbagliato" di Marco Bonamico, maglia Alco, vittoria Sinudyne 89-80. "Vogliamo parlare della preistoria, sono un vecchietto, non posso ricordarmi cosa facevo da bambino".

Gli altri, i "cugini" di Bonamico si ricordano e non solo come avversario. Dicono che fra tutti i virtussini lei sia quello che sentono più vicino a via San Felice. Accetta o rifiuta sdegnosamente?

"Beh, premesso che l'anagrafe non si cancella ed io sono Virtus dalla nascita, posso prendere questo concetto anche come un complimento. Ricordo che quell'anno per me non è stato difficile identificarmi con lo spirito Fortitudo e con quell'attaccamento alla maglia. Il non arrendersi mai, la voglia di prendersi rivincite contro tutti e contro tutto era la mia stessa matrice in quegli anni, io stesso lottavo per affermarmi come giocatore, lottavo per venirne fuori e la parentesi in maglia Alco contribuì certamente".

Marco Bonamico sta con gli indiani o coi cowboy?

"Sto con gli indiani, anche se porto gli stivali da cowboy. Ma sono anche convinto che ogni tanto non sia sbagliato dare spazio al maraglino che è dentro di noi.

Possono rivivere oggi derby e sfide leggendarie come quelle di una volta?

"Sono cambiati molto i tempi. Io posso solo augurarmi che non cambi lo spirito di chi vive questa nostra pallacanestro. Forse la Fortitudo sa un po' di parrocchia, ma è una parte importante della città. La Virtus rappresenta più il sistema solido, rodato in tutti questi anni, la macchina che va da sola. Il senso di partite come quella di stasera mette a confronto anche quelle realtà che probabilmente una volta erano più distanti di oggi, questo è vero. Ma l'importante, ripeto, è che non vada perso lo spirito, parlando di noi giocatori penso che il professionismo non debba diventare un paravento, ma alla fine debba sempre emergere in uguale maniera l'amore per le cose che si fanno, intese non solo come freddo lavoro".

Perché allora è così difficile trovare campioni-bandiera, uomini simbolo per le nostre squadre?

"Penso, a questo proposito, che ci sia un preciso disegno destabilizzante che sta prendendo piede da diverso tempo. Un giocatore simbolo può diventare anche scomodo e forse un caso paradigmatico potrebbe essere quello di Albertazzi. Non voglio entrare in analisi tecniche o mettere il naso nelle strategie di mercato in casa altrui, ma secondo me era doveroso, dopo tanti anni di battaglie per la sopravvivenza in Serie A, di lotta col coltello tra i denti, di salvezze conquistate all'ultima giornata, ora che la società ha un respiro diverso e soprattutto altri traguardi, offrire un posto a Tazzi. E il suo caso non è certo l'unico. Nel dubbio, noi giocatori, ormai da tempo, siamo abituati a non aspettarci niente, men che meno quel pizzico di sacrosanta riconoscenza".

Si sente davvero tanto un derby giocato?

"Poche storie, si sente un casino. L'altro giorno, prima di andare ad Udine, sono passato da Piazza Azzarita ed ho incontrato Brunamonti. Secondo voi di cosa abbiamo parlato?".

 

 

Maurizio Ferro (1981)
"Fu un errore andare alla Virtus, ma con quella squadra conobbi compagni eccezionali. Il danno per me fu mostruoso: persi tutto"

 

Un solo derby da nemico, un solo derby sbagliato per Maurizio Ferro, fondatore della Fossa dei Leoni, cuore e anima Fortitudo, ceduto nell'80 alla Virtus, rimasto ancora una stagione in via San Felice e approdato all'altra sponda l'anno successivo. Nella sua unica partita di campionato in maglia Sinudyne, contro il Latte Sole realizzò 16 punti, che non bastarono però alla sua squadra per vincere (85-96).

Ricordi, immaginiamo, che sono ancora abbastanza vivi.

""Ricordo quel giorno, come se fosse ieri. Come ricordo tutti i derby, uno ad uno, quelli vissuti prima da tifoso, in Fossa, e poi da giocatore. La prima volta che mi capitò di giocare contro la Fortitudo, io in maglia Virtus, era in precampionato. La vigilia fu per me veramente angosciante, c'erano state anche molte polemiche all'epoca del mio trasferimento. In molti ci rimasero male ed è una cosa che mi ha fatto soffrire. Tanto più che in quell'unico derby di campionato stavo per fare l'ex per davvero, cioè quello micidiale che colpisce la sua squadra del cuore. Mi buttarono dentro nel secondo tempo ed ho fatto sempre canestro".

Sono passati più di dieci anni, come giudica oggi quel salto di barricata?

"Per me fu un errore tremendo andare alla Virtus, lo dico con estrema serenità. Poi quando ti ci trovi in mezzo accetti anche volentieri il destino, tra l'altro ho trovato gente eccezionalein squadra, come Bonamico, Villalta e tanti altri".

Si dice che il suo passaggio alla Virtus fu anche un colpo al cuore che Porelli volle dare alla tifoseria Fortitudo. Vero o falso?

"Sinceramente è una storia che non ho mai capito e circolano disparate versioni. Di sicuro col mio passaggio alla Sinudyne il colpo basso arrivò. Eravamo in ballottaggio io e Magnifico e fu John McMillen a convincere l'avvocato. So che un mio sponsor era Lucio Dalla, mi ha detto Porelli che ha insistito parecchio perché mi acquistasse. Non so se poi è tutto vero o sono leggende, perché in verità l'avvocato mi disse pure che ero incedibile e l'anno dopo ero a Rieti. Sì, quel trasferimento mi procurò un danno mostruoso, prima mi tolsero dalla Fortitudo, poi mi sradicarono da Bologna. Ma non posso certo negare di avere sbagliato anch'io".

Maurizio Ferro sta con gli indiani o coi cowboy?

"Sono sempre stato con gli indiani, quindi nel basket a Bologna, con la Fortitudo. Per me San Felice è l'infanzia, don Corrado Parisini, il cavalier Lucchini e noi, in 50, io, mio fratello Tullio, Valentini, Manservisi ed altri a fondare la Fossa per seguire la squadra. Siamo sempre stati in pochi contro tanti, poveri contro borghesi, quando arrivavano Siena, Pesaro, oppure i derby, subivamo. Fu allora che nacque il gemellaggio con la curva Andrea Costa, quelli del Bologna. Così abbiamo ristabilito un attimo le proporzioni. Noi abbiamo la faccia tosta e l'anima un po' maraglia ma, credetemi, va vene così".

Cinque giocatori da Fortitudo che non hanno mai indossato la maglia biancazzurra?

"Gentile, Myers, Morandotti, Pittis e poi ci meto anche Mario Boni che, nonostante le recenti disavventure, mi sembra proprio uno vero".

Il derby per eccellenza, almeno per noi

LAMONICA: ZANCANELLA AVEVA RAGIONE, ERA FALLO DI WILKINS

tratto da bolognabasket.it - 26/10/2022

 

Ospite ieri sera a Basket On Er, Icaro Tv, ch.18 DT:

Luigi Lamonica, commissioner arbitrale: “Oltre alle due Olimpiadi, 2008 e 2012, alla quale ho partecipato, uno dei ricordi più belli della mia carriera è la famosa gara 5 del ‘98: Zancanella secondo me aveva ragione, era fallo di Wilkins, quantomeno dalla sua posizione toccava fischiare. Tra l’altro, su quel fischio non ci fu nessuna protesta.

 

DERBY GRAFFITI

di Franco Montorro - Giganti del Basket - 7-13/06/1993

 

È "Il derby", l'unico rimasto a disposizione degli appassionati dopo la scomparsa della stracittadina di Livorno e in attesa che l'Aresium erediti definitivamente il ruolo che fu dell'All'Onestà-Mobilquattro-Xerox (ricordate Chuck Jura contro il Simmenthal?). Sul numero 22 di Giganti abbiamo parlato delle molte squadre concentrate nel raggio di pochi chilometri: una volta accadeva anche di... peggio, con diverse formazioni in una sola città, e le conseguenti rivalità. Era situazione comune a Bologna, ma anche a Roma. Oggi quel sapore particolare e del tutto irripetibile della "lontananza-vicinanza" fra due tifoserie lo possono apprezzare solo all'ombra delle Due Torri (per chi farà il tifo l'Asinelli? E la Garisenda? è una domanda campata in aria solo perché le pietre non hanno un'anima, ma scommettiamo che tutti i tifosi bolognesi vorrebbero identificare la loro squadra con l'Asinelli, più alta, più dritta, più spettacolare e rappresentativa della corta, tozza e stortignaccola Garisenda?). Questo è l'anno del derby ritrovato, dopo tre stagioni passate dalla Fortitudo nel purgatorio (anzi, inferno dell'A2). Un derby che ha corso il rischio di diventare lontanissimo, non più tardi di un anno fa, quando la Mangiaebevi respinse il fantasma della Serie B solo all'ultima partita. Un derby che ha un grande avvenire dietro le spalle. Un derby, "Il derby", perché comunque vadano le cose a Milano o altrove rimarrà sempre la stracittadina con il maggior carico di storia e leggenda; la partita che si vive per 365 giorni all'anno, la rivalità che infiamma gli animi anche e soprattutto fuori dal palasport. A proposito di palasport, la Fortitudo ha annunciato l'intenzione di giocare le due o tre partite più importanti della prossima annata nel nuovo impianto di Casalecchio, quello finora "abiurato" dalla Virtus. E volete che fra le partite più importanti non ci sia il derby? Magari "i" derby, perché complice la Coppa Italia potrebbero essere quattro. E complice il destino, ai augura qualcuno, potrebbero diventare sei, sette, magari anche nove. Sì, ma in quel caso, nel caso di una finale scudetto fra Virtus e Fortitudo basterebbe allestire il parquet al centro dello stadio Dall'Ara per soddisfare tutte le richieste? Sogni di Bologna, dolci come i ricordi del passato. Soprattutto quelli di una ventina d'anni fa, illustrati dalle fotografie di queste pagine, quando popolavano le scene fior di primattori. Li vedete, Driscoll e Schull (anche nelle vesti di cantante), Serafini con Andrea Mingardi, che da giovane sembrava vecchio e adesso, "over 50", è in una forma mai vista) e Polesello. Poi, Lombardi, Bonamico e Bertolotti, che sono stati soldati per entrambi gli eserciti. E infine Sacchetti "intruso" perché iscritto nelle file di "partiti" che non ci sono più, come il Gira, grande rivale Virtus. Tutto intorno, il pubblico: compreso Jimmy il Fenomeno, compresa una ragazza che non sa darsi pace per la vittoria delle "odiate" V nere. Tutto quanto fa spettacolo.

TUTTI I DERBY

in ordine crolonogico

(aggiornata alla stagione 2023/24)

 

n. stagione competizione in casa p in trasferta p   V 65 F 47 scarto +244
1 1966/67 stagione regolare Fortitudo Cassera 66 Virtus Candy 73   1   +7
2 1966/67 stagione regolare Virtus Candy 63 Fortitudo Cassera 78     1 -15
3 1967/68 stagione regolare Virtus Candy 69 Fortitudo Eldorado 57   1   +12
4 1967/68 stagione regolare Fortitudo Eldorado 78 Virtus Candy 68     1 -10
5 1968/69 stagione regolare Fortitudo Eldorado 86 Virtus Candy 65     1 -21
6 1968/69 stagione regolare Virtus Candy 62 Fortitudo Eldorado 66     1 -4
7 1969/70 stagione regolare Fortitudo Eldorado 67 Virtus 64     1 -3
8 1969/70 stagione regolare Virtus 71 Fortitudo Eldorado 70   1   +1
9 1970/71 stagione regolare Virtus Norda 53 Fortitudo Eldorado 71     1 -18
10 1970/71 stagione regolare Fortitudo Eldorado 83 Virtus Norda 60     1 -23
11 1971/72 stagione regolare Fortitudo Eldorado 73 Virtus Norda 78   1   +5
12 1971/72 stagione regolare Virtus Norda 59 Fortitudo Eldorado 61     1 -2
13 1972/73 stagione regolare Virtus Norda 75 Fortitudo Alco 68   1   +7
14 1972/73 stagione regolare Fortitudo Alco 58 Virtus Norda 71   1   +13
15 1972/73 Coppa Italia Fortitudo Alco 67 Virtus Norda 61     1 -6
16 1973/74 stagione regolare Fortitudo Alco 65 Virtus Sinudyne 73   1   +8
17 1973/74 stagione regolare Virtus Sinudyne 62 Fortitudo Alco 60   1   +2
18 1974/75 stagione regolare Fortitudo Alco 66 Virtus Sinudyne 91   1   +25
19 1974/75 stagione regolare Virtus Sinudyne 67 Fortitudo Alco 83     1 -16
20 1975/76 poule scudetto Virtus Sinudyne 88 Fortitudo Alco 71   1   +17
21 1975/76 poule scudetto Fortitudo Alco 81 Virtus Sinudyne 84 dts 1   +3
22 1976/77 stagione regolare Virtus Sinudyne 89 Fortitudo Alco 80   1   +9
23 1976/77 stagione regolare Fortitudo Alco 77 Virtus Sinudyne 82   1   +5
24 1977/78 stagione regolare Fortitudo Alco 82 Virtus Sinudyne 84   1   +2
25 1977/78 stagione regolare Virtus Sinudyne 88 Fortitudo Alco 83   1   +5
26 1978/79 stagione regolare Virtus Sinudyne 79 Fortitudo Mercury 77   1   +2
27 1978/79 stagione regolare Fortitudo Mercury 68 Virtus Sinudyne 79   1   +11
28 1980/81 stagione regolare Fortitudo I&B 100 Virtus Sinudyne 102 dts 1   +2
29 1980/81 stagione regolare Virtus Sinudyne 101 Fortitudo I&B 107 dts   1 -6
30 1981/82