MARTY BYRNES

(Martin William Byrnes)

Marty Byrnes (foto SuperBasket)

 

nato a: Syracuse (USA)

il: 30/04/1956

altezza: 198

ruolo: guardia/ala

numero di maglia: 9

Stagioni alla Virtus: 1986/87

statistiche individuali del sito di Legabasket

 

LA PAGINA DEL CAMPIONE: MARTY BYRNES

Superbasket

 

Marty Byrnes è nato a Syracuse il 30 aprile 1956, è alto 2.01 e gioca ala-guardia. Viene reclutato dagli “Orangemen” dell'università della sua città nel 1974: per lui, cinque anni di college perché‚ in una stagione ha potuto disputare solo nove partite. La sua annata migliore è l'ultima, 77-78, quando viaggia con 16,3 punti (49,9% al tiro) e 194 rimbalzi. Complessivamente, a Syracuse ha disputato 105 incontri segnando 1159 punti (m.p. 11) e 648 rimbalzi. È la prima scelta dei Phoenix Suns nel 1978 che lo chiamano con numero 19: inizia la sua carriera professionista, prima con i “Soli”, 43 partite, 6,8 m.p. con un high di 16, nello stesso anno, ai Jazz di New Orleans, insieme a Pete Maravich (36, 5,3 m.p.). L'anno successivo è addirittura ai Lakers dove vince l'anello anche se non da protagonista (32 partite, high 11). Nell'80-81 è a Dallas, con i Mavericks, assieme a molte altre conoscenze italiane (Jeelani, Kea, Piet, Duerod, Lagarde) ed è presente in 72 partite per un totale di 1360 minuti e 561 punti (m.p. 7,8) con un punteggio massimo, in una singola partita, di 25. Torna nella Nba nell'82-83, con gli Indiana Pacers assieme a Schoene e Branson: 80 partite, 1436 minuti, 4,6 punti a gara. Complessivamente, con i professionisti, ha giocato 263 partite di regular season per 1495 punti totali oltre ai playoffs con i Lakers.

Bruno Arrigoni lo scopre uomo giusto per la sua Vicenzi e, nel 83-84, è a Verona dove disputa un eccellente campionato (22 punti, 7 rimbalzi a gara, 52,3% al tiro) che non basta, però, a salvare la matricola veneta. L'anno successivo, dopo aver provato per la allora Simac che poi gli preferì Walker, subentra a stagione iniziata a Brindisi dove è stato decisivo alla salvezza della Landsystem con 21,7 punti ma, soprattutto, con uno strepitoso 59,1% da tre. Confermatissimo, nell'85-86 è ancora a Brindisi ma un malanno ad un piede lo toglie di gara dopo solo 14 partite. Finalmente, la scorsa estate, Byrnes ha trovato un estimatore in una grande squadra, la Dietor, che necessitava un giocatore molto versatile. Ottimo tiratore, eccellente difensore, a due mani buonissime unisce un'intelligenza tattica eccezionale. Non è uomo spettacolo o da statistica ma è il tipo ideale per far rendere una squadra ricca di talento come la Dietor.

 

LA GIOIA DI BYRNES: "NON VI DELUDERÒ"

Il Resto del Carlino - 12/08/1986

 

Marty Byrnes, l'ala-guardia fermamente voluta da Sandro Gamba, si rivela subito un trascinatore. Si esprime in un italiano pressoché perfetto, con attenta proprietà nell'uso dei termini. "Ho seguito la Virtus fin dal mio arrivo in Italia, tre anni fa. Conoscevo questa società dalle nobili tradizioni e l'ho seguita con crescente simpatia. Dentro di me speravo che sarebbe giunto il giorno in cui avrei indossato la maglia bianconera. Il momento magico è arrivato e spero di dimostrare sul campo la mia soddisfazione".

I risultati non esaltanti raccolti in tre anni di basket italiano (due retrocessioni e un "taglio" di natura tecnica) non lo toccano. "Ogni atleta rende in relazione alla forza della squadra in cui milita. La Dietor annuncia intenzioni di alta classifica; io mi galvanizzo quanto più allettanti sono i traguardi e quanto più forti sono gli avversari. Le mie migliori esperienze le ho avute quando, un paio di anni fa, lavorai nelle file della Simac. E si trattava soltanto di test ufficiosi! Penso che raggiungerò il massimo quando il campionato chiamerà la Dietor alle prove più impegnative".

Trent'anni (nato a Syracuse il 30 aprile 1956, sposato (con Jeanne) e padre di due figlie (Erin di 5 anni e Chelsea di tre mesi), Byrnes ha le caratteristiche dell'uomo positivo, che crede in sé stesso e che ravvisa nella buona convivenza del gruppo la forza principale di una squadra. È atteso con giusta curiosità alla prova dei fatti.

LA DIETOR PUNTA SUL BIANCO

Negli ultimi quattro scudetti, la Virtus ha sempre schierato uno straniero bianco. E quest'anno, accanto a Greg Stokes, c'è il mancino Marty Byrnes

di Luigi Vespignani - Il Resto del Carlino - 18/08/1986

 

Nei quattro scudetti della gestione Porelli c'è stato sempre un giocatore straniero di pelle bianca. Driscoll la prima volta, Cosic le due volte successive, infine Van Breda Kolff. Quest'anno... prudenzialmente, l'avvocato ha infilato nello schieramento virtussino Marty Byrnes. "Le cabale non contano niente - ama dire il presidente della Dietor - contano i canestri". Ma forse il ripetersi di una coincidenza favorevole non gli dispiace affatto. E pur limitandosi a ribadire che questa squadra " si presenta al palo di partenza con l'obiettivo di puntare su traguardi di prestigio", nel suo intimo un pensiero molto ambizioso lo coltiva. Il fatto che abbia investito una barca di dollari per assicurarsi Greg Stokes, dopo aver tesserato Byrnes e Sbaragli, mostra chiaramente quali siano le sue più riposte ambizioni.

In questi giorni si parla soprattutto di Stokes: è lui la vera novità e per illustrarne la personalità e le doti di versano fiumi d'inchiostro nell'analisi del suo curriculum e nella ricerca di chi possa esprimere un giudizio generale per avere incontrato l'americano in qualche precedente occasione. Fino a quando il ventitreenne giocatore della Iowa Università e dei Philadelphia "76ers" arriverà a Bologna, le curiosità sono tutte momentaneamente appagate; sarà lui, a metà settimana, a raccontare di persona quant'altro serve per presentarsi con totale richiesta di argomenti ai suoi nuovi compagni.

Intanto Sandro Gamba ribadisce la sua soddisfazione per essere arrivato ad assicurarsi uno come Stokes.

"Dovrà essere marcato da un avversario forte e di alta statura; nel corso della tournée azzurra dell'85 io lo feci tenere a bada alternativamente da Vecchiato e da Magnifico. La sua duttilità consentirà un'importante utilizzazione accanto a Binelli e Villata, creando un pacchetto di uomini veramente forti al rimbalzo".

Si parla tanto di Greg Stokes in questi giorni. Ma intanto Byrnes, l'altro americano della Dietor, è in pieno allenamento e il suo tiro "mancino" sta già bruciando le reticelle del palazzetto Virtus all'Arcoveggio.

L'ala-guardia di pelle bianca si sta impegnando al massimo per comprensibili ragioni. Lo ha fatto chiaramente capire anche in società:

"Nelle mie tre stagioni italiane non ho avuto fortuna, ma voglio dimostrare che certi risultati mediocri non dipesero da me, ma dalle squadre in cui militavo. Giocherò al massimo dell'impegno e credo che con compagni come quelli che avrò accanto otterrò soddisfazioni notevoli".

Parlando col direttore sportivo Canna, Marty ha espresso la propria fiducia: "Naturalmente il mio ottimismo andrà verificato col passar del tempo. Insieme con Binelli, Brunamonti e Villalta ho sostenuto soltanto un paio di allenamenti e quindi è presto per avventurarsi in discorsi di natura tecnica. Sarà necessario che io mi integri sempre meglio nel tessuto della mia nuova squadra; ma penso che con atleti come quelli che avrò al fianco non sarà difficile trovare un denominatore comune. L'impegno accanto a campioni affermatissimi e contro avversari forti mi dà la carica. Insomma, questa Virtus mi piace".

Fin dal primo giorno,  quando ancora mancavano i tre azzurri di ""Espana '86", Sandro Gamba ha alternato la preparazione atletica con sedute di tiro e con partitelle vere e proprie. Da sabato scorso la squadra è a ranghi abbastanza ricchi: mancano soltanto Ansaloni impegnato con la nazionale giovanile e, naturalmente, Stokes, che arriverà tra due o tre giorni.

Per lavorare su quintetti equilibrati, ma fors'anche per evitare premature qualifiche di titolari e riserve, Gamba tiene giustamente suddivisi i suoi uomini di punta. Ad esempio, Brunamonti, Byrnes e Villalta da una parte; Binelli, Fantin e Sbaragli dall'altra. Quintetti completati con altri giovani collaudati (Righi e Lenoli) o da inserire gradualmente nel tessuto della squadra.

Domani, alle 17, prima partitella della stagione, a Forlì contro la Jollycolombani di Piero Pasini. Un utile collaudo per entrambe le formazioni a porte rigorosamente chiuse per ovvi motivi di tranquillità.

 


 

CON BYRNES VENDEMMIA DI LUSSO

di Pietro Colnago - Giganti del Basket - 15 ottobre 1986

 

Il primo memorial "Gianni Menichelli" sembra essere l'occasione giusta: dopo quasi un mese di solitaria incubazione nella camera asettica dell'Arcoveggio, la neonata Dietor si è presentata al pubblico incuriosito col suo abito migliore, quello candido della vittoria.

Da quest'anno, ad imboccare la creatura, il presidentissimo Porelli ha voluto uno specialista del ramo, un "pediatra" d'eccellenza che conosce le giuste dosi vitaminiche, che sa come calmare i pianti nervosi e che a volte si adatta persino a lavare i pannolini. Il suo nome? Marty Byrnes, trentenne americano di New York sbarcato nella città petroniana per far tornare grande la Virtus. E che il suo lavoro sia capace di farlo bene lo dimostra subito, proprio al torneo di Rovereto. Nella seconda giornata la sua Dietor affronta l'Arexons tutta made in Italy e la partita si sta incamminando verso la fine su binari di perfetto equilibrio. Per la verità non è che Byrnes fino a quel momento avesse fatto cose strabilianti anzi, in mezzo a compagni che cercavano con tutte le loro forze di ergersi a protagonisti a dispetto di tutto e di tutti, lui si era adattato senza la minima angoscia a fare da spalla. Ma, a pochi secondi dalla fine, è l'Arexons che sta acciuffando la vittoria e allora lui decide di prendere in mano la situazione: realizzando prima un tiro dalla lunga distanza e poi stoppa Riva e recupera in difesa il pallone della sicurezza: e la Dietor vince l'incontro. "È soprattutto per questo motivo che l'ho scelto" afferma Gamba a Bologna per il suo secondo anno. "Non è spettacolare, non fa zompi stellari, non è nemmeno un tiratore micidiale, ma è un vincente per natura. Difende e attacca con un'intensità che ho visto in pochi altri e poi non si tira mai indietro quando c'è da lottare. Avevamo bisogno di un uomo come lui".

Marty Byrnes, faccione simpatico che assomiglia parecchio all'attore Elliot Gould, quello di M.A.S.H., ricordate? Carattere tranquillo, ringrazia ma non vuole nemmeno per un attimo perdere di vista la realtà. "Alcune volte può andare bene, altre male" afferma "l'importante è metterci sempre il massimo impegno. Tutto ciò io lo so bene in quanto per tutta la mia carriera ho dovuto soffrire per guadagnarmi un posto al sole: non ho molto talento e caratteristiche fisiche super, ma sono testardo, non mi piace perdere se prima non ho dato tutto quello che ho dentro. Ecco, questa mia caratteristica mi ha sempre permesso di non fare brutte figure".

E infatti, sfogliando il suo album dei ricordi, notiamo come, per un giocatore che durante l'università è stato in testa alla classifica realizzatori dell'università di Syracuse per 3 anni su 4, che nei pro ha conquistato un anello con Los Angeles, che quest'estate è risultato il primo americano firmato da una squadra italiana, le brutte figure collezionate non sono poi tante.

"Forse a Syracuse nel mio primo anno (in compagnia di un'altra conoscenza italiana, Rudy Hackett, ora al Fleming n.d.r.) quando raggiungemmo le final four giocai davvero poco" ammette nella sua sincera modestia "e lo stesso dicasi quando coi Lakers vincemmo il campionato pro. In Italia finora sono stato abbastanza sfortunato, quindi potete immaginarvi quanto voglia ho quest'anno di cominciare una stagione vincente con Bologna, una squadra e una città che meritano lo scudetto".

E pensare che la pallacanestro, per Byrnes studente alla Rochester High School, era considerata solo un piacevole passatempo, un qualcosa che serviva solo per fare due risate in compagnia. "A quei tempi era innamorato del baseball, dell'atletica e persino del calcio" ricorda "e alla pallacanestro proprio non ci pensavo. Poi improvvisamente, a 16 anni, mi accorsi di essere una spanna più lungo dei miei coetanei e fu allora che cominciai a frequentare regolarmente prima la palestra e poi i campi all'aperto, sui quali imparai molti trucchi che ancora oggi mi permettono di sopravvivere ad alto livello".

Da Rochester a Syracuse il passo è breve ma per Marty è un cambiamento pressoché totale. "Per la prima volta nella mia vita dovevo arrangiarmi da solo e i primi tempi fu molto difficile ma ora posso solo benedire quella scelta".

Dicevamo che in compagnia di Byrnes, nel suo anno da matricola, giocava anche Rudy Hackett al quale segue Roosvelt Bouie, oggi straniero delle Riunite. "In effetti quasi tutti i miei compagni hanno avuto successo una volta usciti dall'università. Per quanto riguarda me sono rimasto molto deluso del mio approccio col mondo professionistico. Dopo esser stato scelto da Phoenix al primo giro, a metà anno fui ceduto a New Orleans e l'anno dopo passai ai Lakers giocando col contagocce. Decisi allora di passare a Dallas, nuova franchigia appena nata, ma anche lì non ebbi molto successo. La stagione dopo rimasi inattivo per problemi di contratto e poi, nel 1982, giocai il mio ultimo campionato con gli Indiana Pacers, prima di trasferirmi in Italia".

A chiamare per la prima volta Marty Byrnes nel nostro campionato è la Vicenzi Verona, neopromossa in serie A e guidata da Bruno Arrigoni, con la quale conosce però la delusione della retrocessione immediata. "Quell'anno capii che la vostra pallacanestro, se pur molto diversa da quella americana, era di un livello elevatissimo" afferma "e che, come nella Nba, dovevo lavorare sodo per tenermi a galla".

Nonostante questa prima retrocessione, però, Byrnes sul campo aveva dimostrato di essere un giocatore "vincente", tanto che l'estate dopo Dan Peterson lo vuole nella sua Simac per tentare la scalata allo scudetto. La sirena dei professionisti però era ancora dietro l'angolo, a tentarlo, e così Byrnes decide di riattraversare l'oceano e ritentare l'avventura. Anche questa volta però l'esito è negativo e il mancino di New York fa ritorno a campionato già iniziato nel nostro paese. "A Brindisi mi trovo subito a mio agio e la mia soddisfazione quando ci salvammo fu davvero grande". Ai brindisini non sembrava vero di aver sostituito la "pazzia" di Earl Williams con la concretezza di Byrnes quindi la sua conferma nella città pugliese fu accolta con entusiasmo. "Feci in tempo a giocare solo metà campionato" è il suo racconto in un italiano ormai quasi perfetto "e poi mi infortunai. La squadra non poteva attendere la mia guarigione, stava lottando per la retrocessione, e quindi rimasi alla finestra fino alla fine della stagione".

Ed è proprio da quest'estate che comincia un nuovo capitolo della storia di Marty Byrnes, straniero di Bologna sponda Virtus, scelto e firmato da Gamba desideroso più che mai di riprendere il suo posto ai vertici del basket italiano dopo una stagione deludente. "Ormai sono più di dieci anni che gioco a pallacanestro ad alto livello" afferma l'americano tutta sostanza della formazione bolognese "ed è arrivato il momento per me di fare qualcosa di importante: la pallacanestro è ora la mia vita e spero con la Dietor di togliermi qualche soddisfazione. La squadra è buona, abbiamo Binelli che quest'anno ha l'obbligo d'esplodere visto che in America a 22 anni si è già protagonisti della Nba, abbiamo Brunamonti e Villalta che sono una sicurezza in tutti i sensi, abbiamo un coach che è molto preparato. Cosa possiamo volere di più, Tocco ferro ma, se la sfortuna non mi prende un'altra volta di mira, penso che questo sarà l'anno buono".

Un anello di campionato Nba nascosto nel cassetto e l'entusiasmo di un ragazzino per la prima volta sul grande palcoscenico, ecco qual è il segreto di Byrnes, "In Italia ho conosciuto il vero sapore della vita" dichiara "che in America mi stava sfuggendo dalle mani. Ora ho una famiglia, due figlie e sono molto meno stressato che negli Stati Uniti. Mia moglie, che tanto ha sopportato la mia vita di vagabondo quando ero nella Nba, merita ora tutte le mie attenzioni e non è escluso che, una volta terminata la mia carriera di giocatore, non rimanga in Italia a lavorare normalmente".

Per ora però la sua laurea in economia rimane chiusa nel cassetto insieme all'anello Nba: Marty Byrnes ha ancora molti conti in sospeso col parquet. "Anche le retrocessioni di Brindisi e Verona mi hanno insegnato qualcosa" conclude "perché penso che la pressione psicologica sia pressoché la medesima. Giocare per vincere lo scudetto mi dà degli stimoli nuovi, risveglia in me l'istinto di combattere e spero tanto che anche il pubblico di Bologna, che mi hanno descritto molto esigente, alla fine del campionato possa essere contento".

In America esiste una locuzione, "street gentleman", che indica perfettamente il carattere di questo mancino terribile: abbastanza cattivo per gettarti nella polvere con un pugno in pieno viso, abbastanza gentile per pulirti poi i pantaloni sporchi di polvere e abbastanza ricco per pagarti infine il conto in ospedale.

Chi conosce Sandro gamba sa che questo potrebbe essere il curriculum perfetto del suo giocatore ideale: e guarda caso nelle note biografiche che corredavano i profili di Byrnes ai tempi del college questa era proprio la sua definizione. A questo punto, tirare le somme, potrebbe anche esser facile dire che la Virtus ha trovato l'uomo giusto e che - pur con la dovuta eleganza - i "pugni" di Byrnes serviranno - eccome -per dare consistenza alla squadra di Porelli. Sufficientemente ricco, naturalmente, per pagare il conto dell'ospedale agli avversari, chiaro.

Byrnes sfugge alla marcatura di Vittorio Gallinari (foto Giganti del Basket)

 

BYRNES E LA REGIA

di Paolo Viberti – Superbasket – 06/11/1986

 

“Perder tempo ad inseguir ninfee, non capendo gli uomini a le idee…”: Vecchioni fa compagnia, quando si torna in auto da una trasferta di lavoro. La notte mi avvolge, la nebbia mi stringe, la musica la spinge (via) e mi spinge (avanti).1 Ho visto la Dietor, in una domenica che non dico, in una partita come un'altra. Ho seguito le mosse nascoste di uno strano personaggio che agisce nella penombra, nei risvolti di un maglione fine ma imbottito (non fine perché imbottito). Il personaggio si chiama Marty Byrnes, l'anti-americano per eccellenza, perché dell'americano non ha la propensione allo spettacolo né l'attitudine ai lauti bottini. Questo attivissimo mancino dal volto cinematografico (Elliot Gould, che diamine…) mi ha convinto assai di più del retorico parterre di Piazza Azzarita, dove tanti signorotti per bene sputano la propria convinzione che esista davvero un limite netto tra bene e male, tra giusto e ingiusto. A questi profumatissimi dotti della Dotta preferisco i dignitosi appassionati dell'Arcoveggio, che hanno scelto di dannarsi dietro i cavalli e non alle spalle dell'arbitro Deganutti (uno a caso, fischiante nella partita in questione).Se avesse potuto scegliere tra il parterre di Piazza Azzarita e il bordo pista dell'Arcoveggio, credo che Marty Byrnes non avrebbe avuto dubbi: per uno abituato a vivere nella penombra, la sconfitta sul palo si addice assai di più della passerella tra la Bologna (ri)dotta. I McAdoo e i Gervin piovono dal cielo, ma nel nostro campionato pare esserci posto anche per il lavoratore Byrnes. Con Marty, ho in comune anno di nascita, segno zodiacale e mancinismo incorreggibile. Ho sempre pensato che la scelta (che poi scelta non è…) del sinistro sia la connotazione di qualcosa di particolare…

Mi piace il modo di giocare di Byrnes, mi piace l'antidivo, il coreuta, l'attore non protagonista. Anche per questo, Marty non potrebbe mai incarnare sino in fondo il personaggio di Elliot Gould, da sempre mattatore e mai comparsa. Byrnes, invece, viene attratto sul proscenio dall'applauso, dalla constatazione oggettiva di un valore tangibile, non costruito. Ed io che son vittima di sentimentalismi, son già pronto a creare il ruolo dell'”eterno incompreso”, del brutto anatroccolo che diventa cigno. Poi apro gli annali, cerco sotto la voce “basket americano”, sfoglio ancora sino alla dizione “Marty Byrnes” e scopro che il coreuta ha giocato nella NBA in ben cinque formazioni (Phoenix, New Orleans, Los Angeles, Dallas e Indiana), vincendo anche un anello con i Lakers. Strano, perché in Italia non è che Marty abbia combinato granché: prima a Verona retrocessione), poi un contratto in fieri (e mai fatto) con la Simac, quindi due anni a Brindisi con la Rivestoni. Da “portatore di acqua” (nella NBA) ad aspirante divo (Verona e Brindisi), per tornare a lavorare nell'ombra, a pochi passi dal parterre illuminato di Piazza Azzarita. Eppure: anche se le signore impellicciate continueranno ad applaudire gli slalom del “bravo ragazzo” Brunamonti o le bombe del giovanottone Villalta, continuo ad essere convinto che alla base della rigenerazione della Virtus ci sia proprio il rendimento di Byrnes, uomo intelligente che parla perfettamente l'italiano senza mai averlo studiato, ragazzo spiritosissimo, oggi con Binelli e Sbaragli, un tempo con Magic Johnson e Jabbar.

Marty legge gialli e va al cinema (in inglese) ogni lunedì. Quando iniziò a giocare, sognava di diventare il nuovo Spencer Haywood. Ora, a sé stesso e alla Dietor chiede 25 vittorie nel corso della regular season e un grande playoff. Di scudetto non parla, perché il piccolo scommettitore dell'Arcoveggio (quello vero) non dice mai che il suo cavallo “non può perdere”.

Byrnes ha imparato a non fare proclami nella sua vita di gitante (e non gigante) dei parquet. Nel parterre, invece, al termine di una partita che non dico, un signore (ri)dotto della dotta continuava a ripetere: “Questa Dietor merita il titolo perché è formata da gente che si vuole bene. Sembrano tutti fratelli…”.

“Dire siam tutti fratelli/mentre volano i coltelli…”; è ancora Vecchioni a spinger a nebbia e a spingermi avanti. Sulla via del ritorno.

65 ANNI PER MARTY BYRNES

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 30/04/2021

 

Marty Byrnes nel 1980 aveva vinto l'anello con i Los Angeles Lakers contro i Phladelphia 76ers in una combattuta serie conclusa 4-2. Nella partita finale era anche entrato sul terreno di gioco per un minuto, anche se i protagonisti principali erano naturalmente altri. Sandro Gamba, dopo una prima stagione deludente alla guida della Virtus (settima al termina della prima fase e decima dopo l'eliminazione da parte del Bancoroma negli ottavi dei playoff), decise di sostituire i due americani Meriweather, che abbandonò il basket, e Sam Williams, con Gregory Stokes e, appunto, Byrnes, già da alcuni anni in Italia, prima a Verona, poi a Brindisi, dopo aver terminato l'esperienza in NBA nel 1983 agli Indiana Pacers. La Virtus partì benissimo in campionato, vincendo quindici delle prime diciotto gare, perdendo solo 100-80 a Caserta alla terza giornata, 101-90 nella trasferta contro Cantù all'ottava e il derby 82 a 83 alla tredicesima. Le V nere affrontarono la stracittadina da capolista, ma inseguirono a lungo, poi presero cinque punti di vantaggio nel finale, poi la Fortitudo tornò sopra e, proprio Byrnes, fallì il tiro allo scadere. La Dietor fu raggiunta al comando da Varese a 20 punti, l'altra squadra bolognese si ritrovò nel gruppo delle inseguitrici a 16, con Cantù, Pesaro e Milano. Le V nere ripresero spedite il cammino e, alla terza di ritorno travolsero la Mobilgirgi Caserta 118-80 con 28 punti di Stokes, 23 di Villalta, 21 di Fantin, 15 di Brunamonti e Byrnes, 10 di Binelli, con 112 punti segnati da questi sei giocatori, ma soprattutto una dimostrazione di forza e bel gioco impressionante. La Virtus si ritrovò a 30 punti in classica, con quattro punti su Cantù, sei su Varese e Milano, otto su Pesaro, dieci su Caserta e Livorno e dodici sulla Yoga che, dopo la sbornia del derby vinto e del terzo posto in classifica, era incappata in quattro sconfitte su cinque gare. Marty Byrnes era il collante di quella squadra, giocatore capace di distribuire gioco e finalizzare. Quella squadra che aveva vinto così tanto, andando otto volte su diciotto oltre i cento punti, di cui tre oltre i centodieci, da quel giorno, progressivamente, calò di rendimento, vinse solo cinque delle restanti dodici gare (di cui una al supplementare contro Pesaro con una rimonta incredibile), subì l'onta dei settanta punti segnati da Dalipagic a Venezia e giunse, con 40 punti, solo terza, dietro Varese con 44 punti e Cantù con 42, ringraziando la classifica avulsa che la premiò nei confronti di Milano e Pesaro, giunte alla fine anch'esse con venti vittorie. Nei playoff, quella Caserta distrutta nell'ultima partita del 1986, eliminò in due gare la Virtus che concluse così, mestamente, al quinto posto finale una stagione che aveva fatto sognare. Marty chiuse con 432 punti in 32 gare di campionato e 40 nelle tre di Coppa Italia, con le V nere eliminate dalla Scavolini nei quarti di finale. In tutto 472 punti in 35 gare ufficiali, alla media di 13 a partita.