MIRO DE GIULI

De Giuli la sera della presentazione nel 2019 (foto tratta da bolognabasket.it)

nato a: Torino

il: 12/12/1985

Stagioni in Virtus: 2019/20 - 2020/21 - 2021/22 - 2022/23

 

VIRTUS, IN ARRIVO MIRO DE GIULI COME TEAM MANAGER

tratto da bolognabasket - 28/08/2019

 

Novità in arrivo sulle scrivanie Virtus. Sarà infatti Miro De Giuli, e non Valeriano D’Orta, il nuovo Team Manager della squadra. Notizia un po’ a sorpresa, dato che D’Orta era tornato in casa bianconera già da qualche settimana ed era già operativo, benchè non annunciato. Le cose sono cambiate nelle ultime ore, quando De Giuli (già visto a Ravenna e, nel nostro piccolo, anche come collaboratore di Bolognabasket una dozzina di anni fa) ha chiuso il suo rapporto con Tortona per iniziare, appunto, quello con la Vu Nere.

 

“PAROLA AI TEAM MANAGER”: LE DICHIARAZIONI DEL TEAM MANAGER DI VIRTUS SEGAFREDO BOLOGNA

tratto da www.virtus.it - 19/05/2020

 

Le parole del Team Manager, Miro De Giuli, durante la diretta facebook della Università Telematica degli Studi IUL

Sul ruolo del Team manager e la sua rilevanza all’interno di una organizzazione societaria: “Non esiste un mansionario vero e proprio per questo ruolo, l’importante è rimanere dietro le quinte. Il Team Manager deve creare meno problemi possibili e risolvere tutti quelli che si creano nella quotidianità. Il lavoro è così tanto che non si ha neanche il tempo per finire in vetrina ed apparire, e personalmente non è così importante per me. Mentre è più gratificante ricevere complimenti dagli staff tecnici e consigli su come poter migliorare costantemente. Ho fatto tanta gavetta, ma è servita per arrivare in una società importante come la Virtus, che mi ha dato la possibilità di lavorare con personalità importanti e fare una esperienza internazionale. Imparare, conoscere e vedere continuamente è molto più importante che finire sui giornali.”

Sull’impatto con il mondo di Virtus Segafredo: “Mi è capitato di parlarne molto poco in pubblico. La mia prima pallacanestro è stata Bologna, qui ho cominciato facendo il giornalista, tornare qui è stato come tornare a casa, ma allo stesso tempo per crescere e per mettermi in gioco in un ambiente diverso, volevo uscire dalla mia “comfort zone”. Con il senno di poi è stata una scelta corretta, per ciò che significa la Virtus per me e per l’importanza della Virtus nella pallacanestro italiana ed europea. Essere qui, e lavorare con questo management, con questo staff tecnico e con questi giocatori è molto stimolante perché le aspettative sono alte, così come gli obiettivi. Sono orgoglioso e felice della mia decisione, una decisione forte. Mi sveglio la mattina e sono felice di fare questo lavoro in questo Club.”

Sulla EuroCup e sul confronto con le altre realtà europee: “Tra domenica e lunedì mattina attendiamo le comunicazioni da parte di EuroLeague per una possibile ripartenza. Proprio in questi giorni stiamo programmando un eventuale ritorno dei nostri giocatori stranieri in Italia sia dagli Stati Uniti che dalla Serbia, così da fare quarantena e ricominciare gli allenamenti. Organizzare una trasferta in Europa non è semplice, dalla logistica per il trasporto ai dettagli sui pasti della squadra, fino ad arrivare agli allenamenti. Di solito ci si organizza con l’altra squadra, ma la difficoltà aumenta: sei all’estero, in un paese dove l’inglese non sempre viene parlato o capito. Tuttavia le modalità di organizzazione sono le medesime, possono invece cambiare le esigenze degli staff tecnici. Cambia l’impatto con i palazzetti: entrare nella Stark Arena di Belgrado è stato emozionante.”

Sulla versatilità e la necessità di essere duttili nel mondo dello Sport: “Mi sono sempre adattato a quello che ho trovato davanti a me. Nelle mie passate esperienze eravamo in pochi, soprattutto durante le trasferte, talvolta mi capitava di fare anche il lavoro di altre figure e non ho mai avuto problemi a farlo. Bisogna essere pronti ed essere di supporto alla squadra, affinché possa rendere al meglio. È importante più del ruolo avere la personalità per fare quello che serve. Versatilità è una parola che mi piace e spiega bene questo lavoro. Lavorare dietro le quinte significa anche essere bersagliati o essere presi di mira come valvola di sfogo, ma penso sia parte integrante del nostro lavoro.”

Sul rapporto con i giocatori: “Delle volte nascono rapporto di amicizia con i giocatori, altre volte no. Non bisogna essere amico dei giocatori, ma essere la loro persona di fiducia. Anche noi dobbiamo capire se il giocatore se ne stia approfittando oppure no. È fondamentale dare ai giocatori un'organizzazione iniziale quando arrivano in un club e qualora si presentino problemi o gravi criticità, bisogna affrontarle e risolverle.”

Sul futuro e sugli obiettivi personali: “Sono arrivato in Virtus proprio per questo motivo, per fare un passo in più nel mio percorso di crescita. Se non fossi andato via da Ravenna non avrei conosciuto il Direttore Generale Paolo Ronci, che mi ha voluto qui, e non avrei avuto l’occasione di migliorare e di lavorare su alcuni aspetti professionali. Essere catapultato dalla A2 alla migliore Società di Pallacanestro italiana è stato un passo importante. Quotidianamente ho l’occasione di lavorare con una dirigenza ed uno staff importante, come l’amministratore delegato Luca Baraldi, il General Manager Paolo Ronci e Coach Djordjevic, professionisti incredibili dai quali si può e si deve imparare tanto. Ho la fortuna di lavorare con queste persone che hanno idee e visioni incredibili, io posso solo ascoltare. Non mi è mai capitato di lavorare in una Società così organizzata; tra Comunicazione e Marketing ci sono almeno una decina di persone che lavorano quotidianamente solo per la Virtus. Per me è importante poter confrontarmi con i miei colleghi su questi temi ed è stimolante vedere come lavorano, soprattutto in questo periodo, con i campionati fermi. I nostri uffici di Comunicazione e Marketing stanno facendo un lavoro bellissimo e importante, in un momento in cui la pallacanestro è completamente ferma. Poter vedere come si fanno le cose ed imparare cose nuove è l’aspetto più bello. In questo momento sono ad un livello così alto e stimolante, dal punto di vista societario, che non vorrei essere da nessuna altra parte.”

Sulla gestione dei giocatori stranieri: “Prima che arrivino in Italia, mi muovo per far sì che abbiano le cose basilari, come la patente, casa e tesseramento, soprattutto il tesseramento è la cosa più importante perché è più visibile l’errore che si può commettere. Quest’anno abbiamo giocato 3 competizioni differenti, LBA, EuroCup e Intercontinentale, con regolamenti differenti. Inoltre quest’anno abbiamo inaugurato anche la Virtus Segafredo Arena, nello stesso periodo in cui continuavamo a giocare al Paladozza in EuroCup o in Europa. Delle volte non basta conoscere a memoria i regolamenti, bisogna essere bravi ad adattarsi continuamente ad ogni tipo di situazione. Quando abbiamo preso Marble, Michael (Team Manager Trento) mi ha dato una mano con i documenti, anche in quella occasione abbiamo corso per mandare il nullaosta il pomeriggio stesso del giorno gara, quando abbiamo giocato in Europa contro di loro (Trento). Devi essere sempre pronto per guadagnare un minuto, un’ora o un giorno.”


 

MIRO DE GIULI, “VENIAMO TAMPONATI 3-4 VOLTE A SETTIMANA, MA CI SI ABITUA ED E’ TRANQUILLIZZANTE”

tratto da bolognabasket.it - 17/11/2020

 

Il Team Manager Virtus Miro De Giuli è stato ospite di Virtussini siamo noi su Radio108basket.

Cosa c’è dietro la preparazione delle partite in questi tempi di Covid? “Ci sono tanti aneddoti, e i protocolli obbligano a fare pochissime cose: in Europa arrivi in aeroporto, vai in albergo, tieni la mascherina e non fai niente altro. Non puoi fare la passeggiata dopo cena o prepartita. I problemi sono tanti e organizzare le trasferte non é semplice. Girare non è facile, devi sempre avere autocertificazioni e test, ogni compagnia aerea ha i suoi protocolli e se cambi aereo devi ripartire da capo.”

Come è una settimana tipo? “Il tampone in Coppa si fa anche prima della partita, mentre in campionato ne basta uno 48 ore prima. Sono tamponi molecolari, veri: uno tre giorni prima, che ha doppia valenza (per espatriare, anche). E uno prima della gara. Poi giochiamo, rientriamo la mattina dopo, e appena tornati alla Porelli c’è un altro tampone, di giovedì. Se la gara successiva è di sabato basta quello per il campionato, altrimenti ne serve un altro. Da un lato questo ci tutela, siamo tamponati 3-4 volte alla settimana e anche i giocatori si tranquillizzano dopo trasferte in posti pericolosi. Il tampone è fatto a tutti quelli che stazionano in zona campo, quindi addetto stampa, addetto arbitri, fisioterapisti, e questo è bello perché permette tranquillità anche ai nostri familiari. Ci si abitua, all’inizio pensavamo fosse fastidioso, poi diventa routine rassicurante”.

Milano ha dimostrato che ci possono essere tamponi con risultati ambigui. “Con la femminile a inizio stagione è successo qualcosa di strano, ma si è provato esserci una contaminazione da parte del laboratorio e la cosa è stata spiegata. Non escludo sia andata così anche a Milano, ma certezze non se ne possono avere. Noi abbiamo avuto positività da parte di un giocatore che aveva avuto problemi anche in estate e niente altro. Solo Abass, che ora andrà visto quanto servirà per rimetterlo in campo: non dipende solo da noi ma faremo il possibile. Ci siamo abituati a lavorare in queste situazioni, come è successo con Brindisi. O come la gara con Andorra, che pareva già pronta, ci eravamo sentiti con la dirigenza, pareva ci fosse il numero giusto di giocatori disponibili, poi tutto è cambiato.”

Tu sei quello che deve risolvere tutti i problemi dei giocatori. “È innegabilmente vero, ma poi non faccio niente da solo. Anche il magazziniere è molto importante, in ufficio ci sono collaboratori, è un lavoro di squadra. Poi che i giocatori mi chiamino ci sta e posso scherzarci su, se c’è un problema di notte o all’alba il telefono che suona è il mio, ma so che è parte del mio lavoro. È un ruolo dietro le quinte, lo so, ci sono passati in tanti, ma è qualcosa di formativo. Ci si confronta con Ronci, che ringrazierò sempre per avermi portato qua, così come con gli altri dirigenti e con lo staff tecnico. Si conoscono i caratteri dei singoli, e spesso noi siamo in mezzo a rapporti che non sempre sono facili o che ti portano ad interagire con gente che fino a poco tempo prima vedevi in televisione. L’obiettivo è non far mai dire ad un giocatore che altrove stava meglio: non è facile, ma è un bel lavoro, ho visto di peggio”.

 

LA FIRMA DI RONCI E DE GIULI SULLO SCUDETTO DELLA VIRTUS: «UNA GRANDISSIMA SODDISFAZIONE»

di Luca Alberto Montanari - settesere.it - 19/06/2021

 

Cosa ci fanno un faentino e un ravennate a Bologna? Semplice: diventano campioni d’Italia. Nello storico scudetto della Virtus, che sotto le due torri mancava addirittura da 20 anni, c’è anche la firma del direttore generale Paolo Ronci e del club manager Miro De Giuli. Il primo, forlivese di nascita ma Faentino acquisito (abita in città da tanti anni), ha avuto un ruolo operativo decisivo assieme all’amministratore delegato Baraldi nella costruzione di un roster che, dopo aver fallito l’accesso all’Eurolega, si è prontamente riscattato rifilando un clamoroso «cappotto» a Milano e riportando il tricolore sulle gloriose canotte delle V Nere: «Quando si ha la fortuna di lavorare in un’azienda come questa - racconta con orgoglio Ronci - e per un proprietario appassionato e competente come Zanetti, i risultati prima o poi arrivano e infatti sono arrivati. Non siamo riusciti a qualificarci per l’Eurolega, ma da quella delusione abbiamo fatto quadrato, ci siamo ricompattati e alla fine abbiamo vinto lo scudetto. Vincerlo a Bologna vale ancora di più». Due giorni dopo aver demolito Milano in gara 4, Ronci ha osservato con interesse anche la gara dell’E-Work: «Come ho detto al sindaco Isola, per la città è molto importante essere tornati in A1, la categoria dove Faenza merita di stare. In città ci sono fame, passione, tradizione e competenza e ora mi piacerebbe che anche la squadra maschile riuscisse a fare il salto in A2».

Da Faenza a Ravenna, da Ronci a Miro De Giuli, classe 1985 e club manager della Virtus dalla scorsa stagione dopo una lunga esperienza negli uffici dell’OraSì Ravenna e di Tortona: «Ho fatto tanti anni di A2 - racconta De Giuli - qua a Bologna è il secondo anno ma la scorsa stagione purtroppo è stata interrotta sul più bello dal Covid. Ho cercato di imparare a ogni minuto, le cose sono sempre quelle ma a livello diverso e lavorare al fianco di Paolo è molto formativo. Io mi occupo dei tesseramenti, degli adempimenti di Lega ed Eurocup, delle liste, ma anche della gestione delle trasferte e dei viaggi. In pratica coordino la parte operativa della parte sportiva». Arrivare alla Virtus, per De Giuli, è stato come chiudere un cerchio: «Dal 2006 al 2010 sono stato fidanzato con una ragazza di Bologna e grazie a lei andavo a vedere le partite della Virtus, poi sempre a Bologna mi sono laureato in Giurisprudenza nel 2013, il giorno dopo aver vinto la Coppa Italia di B2 a Cecina con Ravenna, dove ho lavorato fino al 2016. Poi ho fatto il direttore sportivo a Tortona, dove ho conosciuto Ronci quando lui lavorava a Roma. E ora ci siamo ritrovati a Bologna. Lo scudetto alla Virtus vale sei volte proprio perché è stata una stagione piena di incognite, di difficoltà, di lavoro. È il sogno di un bambino. Quando ho lasciato Ravenna per Tortona, non avrei mai immaginato di arrivare così in alto. Devo ringraziare Paolo, ma anche Baraldi e il dottor Zanetti per questa grande occasione».