ALBERTO BURIANI

 

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Stagioni in Virtus: dal 1921 al 1945

 

IL PRESIDENTISSIMO

di Achille Baratti - tratto da "Il Mito della V Nera" 1871-1971 di A. Baraldi e R. Lemmi Gigli

 

Lo sport è una religione antichissima. Ha le sue leggende, i suoi riti, gli eroi osannati da folle di "credenti". E forse il suo Limbo.

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Nel 1945 vi salì certamente anche Alberto Buriani.

1945. Annata che poneva fine ad un'apocalittica guerra, quindi a tante angosce, tante distruzioni, tanti lutti. Bologna, particolarmente provata dalle massicce incursioni, dalla lunga stasi del fronte sulla "linea gotica", esultò per li termine di tante sofferenze. Ma per i virtussini, per lo sport bolognese, il 1945 fu foriero di una serie di dolorosissime vicende: spariva il loro grandissimo Presidente, perdevano la loro casa, la loro "Santa Lucia"; il campo di via Valeriani, fatto costruire per la Virtus, passava ad un padrone che nella pelouse faceva addirittura costruire una casamatta per l'allenamento... dei calciatori e relegava nello scantinato lo "spogliatoio" degli atleti.

Il destino ha fatto sì che dalla massa umana, alcuni suoi componenti emergessero per qualità e ponessero poi le loro superiori capacità al servizio comune. Alberto Buriani fu uno di questi.

Creatosi con onesta abilità un'azienda di rilievo, aveva messo parte del suo potenziale economico e le sue elevate capacità dirigenziali, a disposizione della gioventù bolognese. Ad esempio: quello che il Comune non era riuscito a realizzare, lo realizzò da solo.

In un grigio dopoguerra in cui il paese, trascinato nel caos politico, stava dissipando i frutti della vittoria sul fronte ed ogni valore umano appariva calpestato, uomini di buon senso, convinti che lo sport costituisse uno dei mezzi migliori per "salvare" la gioventù, operavano particolarmente in seno alla Virtus alla quale però mancava il presidente.

Fu allora che Alberto Buriani uscì dalla mischia. Accolse prima l'invito del Gruppo Sportivo Bolognese, una società di calcio, e ne divenne presidente. Poi accettò la fusione fra quello e la Virtus, anch'essa pure operante nel settore calcistico, e ne assunse la guida che tenne per ben cinque lustri in modo ineguagliabile.

Il calcio quindi fu "l'occasione". E se ai primi atti l'adesione di Buriani poteva sembrare pungolata dal desiderio di costruire una grande squadra in concorrenza col Bologna, nel 1921 ci si accorse che l'Uomo amava lo sport per lo sport. Fu quando, a chi presenziò all'inaugurazione del campo sportivo di via Valeriani, il prato erboso apparve con una pista quale cornice e con le pedane per i salti e per i lanci. La "regina degli sports" aveva un valido posto e la Virtus un grande presidente.

Poi, quando una nube sembrò offuscare il limpido cielo virtussino e svilire l'etica sportiva, Buriani non sopportò nemmeno il dubbio e sciolse con decisione la sezione che lo aveva introdotto nello sport. Atto questo coraggioso e nobile che scolpiva nitidamente la sua figura di puro sportivo.

Confermerà questa sua fermezza quando, presidente della Federazione Italiana Ginnastica, non sopporterà imposizioni dall'alto e darà le dimissioni in un'epoca nella quale ben pochi lo avrebbero fatto.

Così, attorno alla villetta di fuori porta S. Isaia, sorsero oltre allo stadio, il campo per la pallacanestro, poi i campi da tennis: un complesso che per molti anni nessuna società d'Italia potè vantare. Un complesso costruito per la sua Virtus che portò ai più alti fastifi.

Ed il suo nome e le sue qualità di ottimo pilota uscirono dalla cinta bolognese e la Federazione d'Atletica Leggera trovò pace a Bologna, sotto la sua abile guida, e la Federazione Ginnastica lo volle al timone.

Indubbiamente al suo fianco ebbe uomini di grande purezza sportiva, di grande valore. È dote validissima per chi comanda, il sapersi tener vicini uomini capaci ed è dimostrazione di saggezza considerare i loro pareri, i loro suggerimenti.

Terribile fu per lui - per tutti i virtussini - l'invito espresso dall'alto di unire le forze sportive bolognesi in un'unica società - un invito che sapeva di ordine. Si recò, tranquillo, all'appuntamento, avendo al suo fianco il Dott. Negroni, l'abile impareggiabile coadiuvatore. Parlò dei quasi sessant'anni di attività indefessa e meritoria della Virtus, espose il contributo dato per la preparazione della gioventù, parlò del mito della V nera e ciò che sembrava impossibile divenne realtà: la Virtus poté continuare la sua opera.

Pochi anni dopo era la Virtus ad assorbire l'altra società e proprio Buriani ne rimaneva il presidente.

Poi, quando uscito da una seconda guerra, si apprestava a continuare la sua opera... Scomparve improvvisamente ed il 1945 suonò come uno degli anni più angosciosi per il sodalizio. Il suo "campo", il campo della sua Virtus, non porta, come sarebbe stato logico e doveroso, il suo nome: non è rimasto della sua Virtus per la quale l'aveva fatto costruire. In quel campo vi è una casamatta che documenta come gli uomini siano ben diversi gli uni dagli altri: anche gli sportivi.

Però il Grand'Ufficiale Alberto Buriani, il "Presidentissimo", è nel cuore di quanti lo conobbero, di quanti lo videro modesto fra i suoi atleti, all'ombra dell'azzurra bandiera; con la V sempre sul petto. E il cuore di uno sportivo è più grande di qualsiasi campo.