STAGIONE 2013/14

 

Cavicchi, Talamanca, S. Fontecchio, Landi, Motum, Jordan, King, Gazzotti, Gaddefors, Walsh, Bechi, Fedrigo,

Negri, Guazzaloca, Imbrò, Ware, Hardy, Bianconi

Granarolo Bologna

Serie A1: 13a classificata su 16 squadre (11-19)

Play-off: non ammessa

Coppa Italia: non ammessa

 

N. nome ruolo anno cm naz note
6 Viktor Gaddefors A 1992 201 SVE  
7 Dwight Hardy G 1986 186 USA  
11 Brock Motum A/C 1990 207 AUS  
12 Matteo Imbrò P 1994 189 ITA  
13 Simone Fontecchio A 1995 199 ITA  
14 Federico Guazzaloca G 1994 188 ITA  
15 Aristide Landi A 1994 203 ITA  
19 Matteo Negri G 1991 194 ITA  
21 Giulio Gazzotti A 1991 202 ITA  
22 Casper Ware P 1990 178 USA fino al 12/03/2014
23  Jerome Jordan  C 1986 215 JAM  
24 Corrado Bianconi G 1994 202 ITA  
32 Willie Warren P 1989 193 USA dal 14/03/2014
33 Shawn King C 1982 207 VIN  
44 Matt Walsh G/A 1982 197 USA  
53 Ndudi Ebi A/C 1984 207 NIG dal 13/02/2014
  Adam Pechacek A/C 1995 207 CZ  
  Giovanni Allodi G 1996 188 ITA  
  Gabriele Benetti A 1995 198 ITA  
   Tommaso Bonann o A 1997 190 ITA  
  Matteo Cempini A 1996 199 ITA  
  Gianmarco Ebeling A 1996 189 ITA  
  Matteo Ghiacci A 1995 198 ITA  
  Giacomo Luppi G 1995 184 ITA  
  Davide Morisi G 1995 186 ITA  
  Michele Sitta G 1997 181 ITA  
  Andrea Tassinari P 1996 182 ITA  
  Filippo Tinti P 1995 172 ITA  
Solo amichevoli: Gabriele Ganeto, Aleksandar Petrovic, Stevan Stojkov
             
   Luca Bechi  All     ITA fino al 27/01/2014
  Giorgio Valli All     ITA dal 27/01/2014
  Davide Cavicchi Vice All     ITA  
  Cristian Fedrigo Vice All     ITA  
  Guido Martinolli Vice All     ITA  

 

Partite della stagione

Statistiche di squadra

Statistiche individuali della stagione

Giovanili

IL FILM DELLA STAGIONE

di Ezio Liporesi per Virtuspedia

 

MERCATO ESTIVO

Il nuovo direttore sportivo è Bruno Arrigoni, proveniente da Cantù, dove ha rivestito la carica prima di allenatore, poi di direttore sportivo, per 21 anni della sua carriera. Come allenatore viene confermato Luca Bechi. Il primo acquisto è Dwight Hardy, guardia del 1986 in Italia dal 2011-12, dove a Pistoia in Legadue risultò miglior marcatore della stagione regolare e MVP del campionato; l’anno dopo ha giocato in serie A ad Avellino senza entusiasmare fino a gennaio, per poi firmare a marzo per Barcellona, dove è tornato ai livelli dell’annata precedente. È poi la volta di Shawn King, pivot caraibico classe 1982, dal 2008 in Europa e la stagione precedente in Francia, a Nancy nella ProA francese, con 15,1 punti e 6,9 rimbalzi nella prima parte della stagione, prima di subire un infortunio che lo ha tenuto lontano dai campi. Subito a seguire la firma di Brock Motum che dopo essere stato nominato nel 2008 miglior giovane della South East Australian Basketball League, è approdato negli USA nel 2009 alla Washington State University dove ha trascorso quattro stagioni divenendo il quinto realizzatore assoluto nella storia di WSU. Nelle ultime due stagioni, rispettivamente da Junior e Senior, è risultato migliore realizzatore assoluto, il primo anno con 18 punti e 6,4 rimbalzi, il secondo con 18,7 punti e 6,3 rimbalzi. A fine giugno ha tentato il draft NBA senza essere scelto. La firma successiva è quella di Matt Walsh, guardia-ala americana del 1982, 2 partite da free agent nell’NBA nella stagione 2005/06, dall’anno successivo in Europa, un girovago del basket continentale, dove ha fatto buone cose soprattutto in Grecia al Larissa, secondo miglior marcatore del campionato nel 2006/07, in Belgio al Charleroi, dove ha vinto due titoli nel 2008 e 2009 e il secondo anno è stato anche Mvp del campionato, in Slovenia, a Lubiana, dove l’anno dopo ha vinto coppa e supercoppa slovene e ha giocato anche in eurolega e in Germania, dove nell’ultima stagione ha vinto il campionato e ha nuovamente disputato l’Eurolega, dopo qualche annata non felicissima. Nel 2012 è stato allenato da Bechi all’Azovmash, nel campionato ucraino. A parte i due anni al Charleroi, dove è tornato a giocare anche la prima parte della stagione scorsa, molti trasferimenti, pure ad annata in corso. Intanto Gigli firma per Milano, Pullen per Barcellona, Claudio Tommasini si trasferisce a Caserta e Baldi Rossi va in prestito a Trento, mentre arriva per un mese il serbo Aleksandar Petrovic, l’anno precedente in seconda divisione turca: ma la sua permanenza a Bologna si limiterà a questo periodo di prova. Altre partenze, Moraschini destinazione Roma e Parzenski allo Slask Wroclaw. Dopo una lunga trattativa, firma per le V nere Casper Ware, l’anno precedente a Casale Monferrato, quando è stato nominato MVP del campionato di Legadue, succedendo a Hardy, che ritroverà come compagno di squadra. Viene presentato lo sponsor, un ritorno all’antico con la Granarolo, già sulle maglie bianconere ai tempi della stella. Arriva a completare il roster il pivot giamaicano Jerome Jordan, una breve esperienza in NBA nei Knicks. A fianco dei nuovi acquisti troviamo Aristide Landi, che Villalta ha convinto a rimanere, dopo il riscatto completo dalla Mens Sana, Matteo Imbrò, promosso capitano, Corrado Bianconi, prelevato dalla Virtus Siena, Viktor Gaddefors e Simone Fontecchio. Con Poeta si cerca un accordo per rescindere il contratto.

 

CAMPIONATO

La squadra viene presentata in occasione del Memorial Porelli, un incontro con Cantù per ricordare la figura dell’avvocato che tanto fece per la V nera. Una grande Virtus all’esordio con Sassari, sotto di nove punti all’intervallo, confeziona un secondo tempo da 55 punti e vince con relativa tranquillità 98-88. Superlativo Hardy con 24 punti e 10 su 11 al tiro, ma ottimi anche gli altri quattro in doppia cifra, Walsh 19, Gaddefors 14, Motum 13, King 12; si ferma a 9 Jordan, ma con 10 rimbalzi. Mentre giunge notizia della scomparsa di Meriweather, pivot nell’annata 1985/86, ci si prepara alla trasferta di Cremona, dove il primo quarto è terrificante: 28-7 per i padroni di casa. Qui la Virtus comincia la rimonta che la porta già in parità a fine terzo quarto. Poi regna l’equilibrio, ma quando la Vanoli sembra prevalere, solo un canestro di Walsh regala ai bianconeri il supplementare; proprio Matt, che era stato deleterio nelle prime tre frazioni, segnando 11 dei suoi 13 punti tra ultimo quarto e overtime è uno dei protagonisti della vittoria, l’altro è il solito Hardy con 27 punti, di cui 10 nel supplementare, dove le V nere ne segnano ben 16. Molto bene anche King, con 12 rimbalzi e 4 stoppate.

A Siena arriva una sonora batosta, meno 14 a fine primo quarto, meno 19 all’intervallo, meno 21 all’ultima pausa e meno 24 alla fine, e si torna con i piedi per terra. Contro Montegranaro viene inaugurata la tradizione di premiare le vecchie bandiere della Virtus, il primo riconoscimento tocca a Roberto Brunamonti, una delle maglie ritirate nella storia della V nera. La partita non ha storia, più 14 a fine primo quarto, più 23 alla fine, con Walsh mattatore, 21 punti e 8 rimbalzi. La gara successiva è ancora in casa contro Milano e a essere premiato è Alberto Bucci che da allenatore proprio contro l’Olimpia portò la Virtus alla stella del decimo scudetto. La Virtus comanda dal primo al quarantesimo e merita la vittoria, frutto di una grande prova di squadra, in nove a segno, dai 4 punti di Gaddefors ai 15 di Walsh, che oltre ad essere il miglior realizzatore è anche il migliore rimbalzista con 8 e segna tutti i canestri decisivi. Qualcuno nelle interviste già pronuncia, come già l’anno precedente, la parola scudetto e anche questa volta è quanto mai inopportuno. Si va a Roma e i capitolini dominano per i primi tre quarti. La Virtus comincia l’ultimo periodo sotto di 12, ma piazza subito un parziale di 0-13 che la porta al comando e con un 14-34 nell’ultimo quarto porta a casa una preziosissima vittoria.

Contro Venezia, nel giorno della premiazione di Binelli, 18 stagioni in Virtus, recordman per presenze e titoli vinti, i bianconeri si arenano sul più 9 nel secondo periodo e vedono la squadra di Markovski scappare via. Poeta rescinde il contratto mentre la squadra si prepara alla trasferta di Reggio Emilia, dove da salvare c’è solo la prestazione di Jordan, 8 su 9 da due e 8 su 10 ai liberi. Sembra svanita la bella squadra di inizio campionato, ma la partita contro la capolista Brindisi riporta il sorriso in casa bianconera, nel giorno della premiazione di Achille Canna, bandiera della Virtus, due scudetti negli anni 50, poi anche apprezzato dirigente. La partita è equilibrata, ma la Virtus la comanda quasi sempre con piccoli vantaggi e nel finale tre triple di Ware, Walsh, 26 punti e Motum, 20 punti, assegnano definitivamente i due punti alle V nere. Da segnalare anche la performance di King, 14 punti e 10 rimbalzi. Le troppe palle perse e i soli 57 punti segnati sono le cause della sconfitta a Caserta, dove la Virtus, contro gli ex Michelori, Claudio Tommasini e Michele Vitali, pur inseguendo sempre, ha comunque avuto nell’ultimo quarto le possibilità di sorpassare, fallite dal Ware e King. Assente Fontecchio infortunatosi in settimana.

Non va meglio la settimana successiva, quando la Virtus perde in casa di fronte ad Avellino, mentre nell’intervallo ad essere premiato è l’allenatore di coppe e scudetti Ettore Messina. La partita si è decisa nel finale, quando Ware sullo scadere dei 24 secondi ha scaricato invece di prendere la tripla che avrebbe potuto portare avanti i bianconeri, poi ha fatto infrazione di 5 secondi sulla rimessa. Terza sconfitta consecutiva a Varese, dove i bianconeri inseguono sempre, senza dare mai l’impressione di potere vincere. Davanti all’ex capitano Poeta e al capitano del Bologna Diamanti, la Virtus torna al successo contro Pesaro, guidando sempre con sicurezza, grazie alle buone prove di Hardy, King e Ware. Ad essere premiato in questa occasione è il marine Marco Bonamico. A Pistoia la Virtus spreca una grande occasione, dopo essere stata sotto anche di 15, si porta sul più 8 con un parziale di 23-2, ma senza riuscire a chiuderla; nel finale altre occasioni sprecate, soprattutto l’azione sul più 1 a 28 secondi dalla fine, dove i bianconeri non sono riusciti nemmeno a tirare, lasciando così ai padroni di casa poco più di tre secondi, sufficienti a scoccare il tiro della vittoria.

Contro la capolista Cantù la Virtus combatte, davanti al premiato di turno, l’ex presidente Cazzola, ma non riesce a ottenere nulla più che una sconfitta onorevole. A Sassari, senza l’infortunato Jordan, i bianconeri fanno ancora meglio, ma sempre senza portare a casa nulla: rimonta dal meno 13 al più 4, poi quando Sassari torna saldamente avanti, un’altra rimonta fino al meno 1, poi sconfitta finale di tre punti. Il 26 gennaio vengono premiati il pivot dello scudetto 1976, Gigi Serafini, e con lui lo storico custode Amato Andalò; l’avversaria di turno è Cremona, Walsh fa il boia e l’impiccato, segna 33 punti, prende 10 rimbalzi, 40 di valutazione ma gli altri sono un pianto e 90 punti in casa da Cremona sono obiettivamente troppi. Si tratta della quarta sconfitta consecutiva e a farne le spese è l’allenatore Luca Bechi che viene sostituito da Giorgio Valli, alle spalle un passato in bianconero come vice di Messina e nelle giovanili. La prima del nuovo coach è incredibile: con Jordan al rientro che tocca appena il campo, senza Walsh, fuori per infortunio, la Virtus produce un grande sforzo difensivo e costringe Siena a soli 54 punti, così da rendere sufficienti i 57 segnati per una vittoria meritata, avendo i bianconeri praticamente sempre condotto. Grande entusiasmo per il successo e per la premiazione di Antoine Rigaudeau, cinque anni e mezzo a Bologna ricchi di successi.

Si va alla pausa per la Final Eight, senza la Virtus per il secondo anno consecutivo, record negativo; in allenamento si fa male Imbrò, lesione al crociato del ginocchio sinistro, per lui operazione e stagione finita. Intanto è arrivato Ndubi Ebi, nigeriano che Valli conosce bene per averlo avuto a Ferrara ed Avellino; garantirà energia difensiva e un discreto aiuto ai lunghi. Uscirà quindi di squadra Jordan. Alla ripresa del campionato si va a Montegranaro in trasferta dove viene buttata al vento un’altra ghiotta occasione. Partita equilibrata, con i marchigiani che sembrano scappare sul più undici del terzo quarto, ma i bianconeri rientrano e nel finale sorpassano, ma sul più due a un minuto e 20 secondi dalla fine Gaddefors si fa strappare un rimbalzo in difesa e fa fallo sul canestro avversario. I padroni di casa allungano ancora a più 4, ma col fallo sistematico i bianconeri tornano a meno 1 e a 11 secondi dalla fine Ware recupera anche palla sulla rimessa, ma inspiegabilmente Walsh in contropiede tira da tre quando avrebbe il tempo per trovare una più comoda soluzione da due punti: errore e sconfitta. Sabatini rassegna le dimissioni da presidente della fondazione per disaccordi con Villalta. Intanto Belinelli, cresciuto nelle giovanili bianconere e che con la Virtus ha iniziato la carriera da professionista, vince in occasione dell’All Star Game, la gara del tiro da tre punti. Corrado Bianconi va in prestito a Imola.

A Milano non c’è partita, i padroni di casa vincono facilmente. Aristide Landi intanto viene ceduto in prestito alla Fortitudo. Ci si prepara per la gara con Roma, ma soprattutto per accogliere Sasha Danilovic, cui tocca il premio di turno, ma non solo, sarà ritirata la sua maglia numero 5, che andrà a fare compagnia alla 4 di Brunamonti e alla 10 di Villalta. Un vero parterre de roi: in prima fila Brunamonti, Danilovic, Binelli (e Myers), dietro Serafini, Albonico, Rundo e Benelli. Roma comanda la partita e sembra averla in pugno sul più 14 nel terzo quarto, ma la Virtus ha un sussulto e con un parziale di 28-12 sorpassa a 33 secondi dalla fine. Roma pareggia, Ware perde palla e si va al supplementare, dove l’Acea domina e guadagna i due punti. Ennesima occasione persa e quando a Venezia la Virtus perde contro una squadra reduce da cinque sconfitte consecutive, stavolta senza riuscire a stare quasi mai a contatto con la squadra ospitante, ci si accorge che le ultime si stanno muovendo e che l’ultimo posto, fortunatamente ne retrocede una sola, dista solo 4 punti. È stata l’ultima apparizione di Ware, che è sceso in campo sapendo già di essere al capolinea; viene ritenuto inadeguato fisicamente alla serie maggiore e con caratteristiche non propriamente adatte a far girare a dovere la squadra. Al suo posto arriva Willie Warren, proveniente dall’Ungheria, scelto col numero 54 dai Los Angeles Clippers nel 2010.

Il suo esordio è contro Reggio Emilia, una partita che vede il rientro di Jordan e l’uscita di King, in cui la Virtus inizialmente fatica, ma poi si porta avanti e il suo vantaggio molto lentamente aumenta fino al + 10 a tre minuti dalla fine, guidata da un ottimo Hardy e con Walsh che nell’ultimo quarto trova canestri estemporanei ma efficaci. Qui però inizia un vero e proprio festival dell’errore, Fontecchio e Hardy non si intendono sulla rimessa e confezionano un assist per gli avversari, Motum si fa stoppare due volte in fotocopia e per finire sul punteggio di parità Ebi fa fallo sotto il canestro avversario con un secondo da giocare, Reggio segna un libero e l’ennesima sconfitta è confezionata. Sempre più spesso si rimpiange il giocatore premiato di turno, paragonando i fastosi tempi andati con il magro presente, stavolta si tratta del capitano ai tempi del grande slam, Alessandro Abbio. Alla sirena tutti controllano il sito della lega per sapere il risultato di Pesaro, che ha perso in casa contro Varese, si respira ancora. Nella settimana che precede la trasferta a Brindisi, Valli vede i suoi un po’ svogliati in palestra, allora sospende l’allenamento e convoca la squadra per la sera, per riprendere il lavoro; alcuni giocatori lanciano messaggi su twitter in cui mostrano di non gradire. Con questo clima si va a Brindisi, senza Walsh influenzato e quindi con King di nuovo nei dodici. Sul 35-29 per i padroni di casa, la Virtus confeziona un 2-22 tra secondo e terzo quarto che la porta sul 37-51, che poi diventa un +18 nell’ultimo periodo. Qui la squadra si blocca e subisce un parziale di 16-2 che porta Brindisi a meno 4. Un paio di liberi, un bel canestro di Hardy e una schiacciata di Ebi impediscono ai locali di avvicinarsi ulteriormente e la Virtus torna al successo dopo cinque sconfitte e quattro mesi di digiuno esterno. Artefici del successo la zona, il predominio ai rimbalzi, il lavoro di Jordan e Ebi, rispettivamente 16 e 13 punti, l’ottima regia di Warren, condita anche con 13 punti e lo spavaldo Fontecchio, in doppia cifra con 11. Da segnalare l’uscita dalle rotazioni di Motum che risulta non entrato.

La settimana dopo, col rientro di Walsh, Motum passa in tribuna mentre vengono confermati King e Jordan. L'avversario è Caserta, che parte forte, ma poi la partita è molto equilibrata e si entra negli ultimi tre minuti in parità; sul più uno a due minuti dalla fine risulta determinante la tripla di Gaddefors. Walsh non è partito in quintetto e non gioca neppure gli ultimi tre minuti. Per Warren 10 punti, 7 assist e i liberi realizzati con freddezza nel finale. Nell’intervallo l’onore della premiazione tocca a John Fultz, indimenticato americano della prima metà degli anni 70, che in tre stagioni alla Virtus fu grande realizzatore, tanto da risultare il secondo assoluto per media punti dopo Tom Mc Millen, che però giocò a Bologna una sola annata. Con la vittoria casalinga la pratica salvezza è risolta e si fa un pensierino ai playoff. In programma c’è la trasferta ad Avellino, contro una squadra incompleta, ma sempre temibile. La Virtus comanda sempre, anche con 16 punti di vantaggio, Walsh, partito ancora come sesto uomo, gioca con molta efficacia, 15 punti, 7 rimbalzi e 3 assist; Warren favorisce la fluidità del gioco della squadra, ne sono testimonianza i 19 assist di squadra, 8 proprio dell’americano, il quale si rende utile però anche in fase realizzativa nell’ultimo quarto quando segna 7 dei suoi 9 punti proprio quando i locali rientrano due volte a meno 5: nella prima occasione li rimette a meno 9 con due liberi e un canestro su splendido assist di Walsh, nel secondo caso segna un canestro da tre punti che spegne le ultime velleità dei padroni di casa. Protagonisti della vittoria anche Jordan con 16 punti, Hardy con 14, Ebi in campo 33 minuti con molta solidità difensiva nella zona schierata per quasi l’intero incontro, al pari di Fontecchio capace anche di andare in doppia cifra per la seconda volta consecutiva in trasferta. Con questa vittoria i bianconeri si ritrovano in classifica nel gruppo di cinque squadre che a 22 punti inseguono Caserta, la quale con 24 punti occupa l’ultimo posto utile per i playoff.

Ci si ferma per l’All Star Game, nel quale Fontecchio fa il suo esordio in Nazionale, poi il campionato riprende il sabato di Pasqua in casa contro Varese, nel giorno della premiazione di Rasho Nesterovic. Si tratta di uno scontro diretto, chi vince può continuare a coltivare speranze per i playoff; partono meglio i lombardi, ma poi la Virtus ricuce, nel terzo quarto vola a più 8 e sembra in controllo, ma un finale orribile di frazione, complice anche un tecnico a Valli, riporta Varese in parità a fine quarto. L’ultimo periodo è equilibrato, ma i varesini entrano nell’ultimo minuto con un punto di vantaggio che conservano grazie alle solite pessime gestioni dei palloni decisivi da parte dei bianconeri. A questo punto solo la matematica lascia uno piccolissimo spiraglio per i playoff alle V nere, ma dopo l’accesso mancato alla Final Eight di Coppa Italia, praticamente sfuma anche la possibilità di giocare la fase ad eliminazione diretta. La terz’ultima gara di campionato vede i bianconeri di scena a Pesaro, contro la Scavolini che si gioca le ultime possibilità di salvezza. La Virtus parte bene, va a più 10, difendendo e giocando fluida in attacco, ma poi si siede e i padroni di casa sorpassano e nel terzo quarto accumulano 10 punti di vantaggio, conservandone sette all’ultima pausa. Negli ultimi 10 minuti si scatena Walsh, prima segna due triple, poi firma il pareggio a 4 minuti dalla fine e, quando Pesaro torna a più 4, segna la tripla del meno 1; il sorpasso lo realizza King a 40 secondi dalla fine, i marchigiani pareggiano con un libero e a 2 secondi e mezzo dalla sirena Hardy usufruisce di due liberi; segna il primo e, su direttiva della panchina, tira il secondo per sbagliarlo, con il fine di far partire il cronometro, ma la sua parabola entra nella retina, sancendo il 26esimo punto della sua partita, concedendo però alla Scavolini la possibilità di chiedere timeout e, soprattutto, di riprendere il gioco nella metà campo d’attacco; così i marchigiani realizzano la bomba del sorpasso. Ennesima sconfitta beffarda dei bianconeri, che nell’anno hanno perso 9 partite all’ultimo possesso, nelle ultime 8 partite tre sconfitte sono arrivate per un solo punto (sono quattro nelle ultime 15) e una ai supplementari.

L’ultima partita in casa è contro Pistoia, in lotta per i playoff e seguita a Bologna da un gran numero di tifosi; nella Virtus rientra Motum al posto dell’infortunato King, per il quale il campionato è finito. Le diverse motivazioni fanno si che i toscani siano in totale controllo della partita, 50-65 all’ultimo intervallo. I fischi del pubblico scuotono un po’ i bianconeri che risalgono fino a meno due, ma la rimonta non si completa e i toscani escono vittoriosi dall’Unipol Arena. Nell’intervallo l’ultima premiazione della stagione è riservata alla squadra che 30 anni prima conquistò lo scudetto della stella. Hardy esce dall’incontro con una mano fratturata e chiude qui la stagione. L’ultimo incontro è a Cantù e Valli, nonostante la squadra sia penalizzata dalle assenze, chiede una chiusura con dignità. I suoi giocatori rispondono con una buona prova che li vede sempre in partita e a volte anche avanti, come al 30' sul 58-59. Solo negli ultimi minuti i canturini, anche grazie ai soliti tecnici, presi stavolta da Ebi e Warren, prendono saldamente in mano l’incontro. Una curiosità da segnalare: è la prima trasferta in cui la squadra non ha tifosi al seguito, i Forever Boys sono infatti rimasti appiedati da un guasto al pullman che doveva portarli al Pianella. La Virtus conclude al 13° posto, a pari punti con Cremona, precedendola solo in virtù del miglior quoziente punti, si guadagna una posizione rispetto all’annata precedente, ma chiaramente il bilancio non può essere positivo. Si era partiti per centrare l’ingresso nella Final Eight di Coppa Italia e nei playoff ed entrambi gli obiettivi sono stati mancati.

CHI, COME, COSA: ECCO LA NUOVA VIRTUS

di Daniele Labanti - https://boblog.corrieredibologna.corriere.it - 25/09/2014
 

Con l’arrivo di Jerome Jordan, la Virtus è al completo. A due settimane dal via della stagione, fra speranze e rispolverate ambizioni, i tifosi sono pronti ad abbracciare la nuova squadra. Una formazione imberbe per davvero, senza citar progetti: età media dei dieci delle rotazioni 23,9 anni, cui s’aggiungono due ulteriori ragazzini, Bianconi (ancora da firmare) e Guazzaloca, per completare il roster.

Vista qualche volta, è comprensibilmente una struttura ancora acerba e da sviluppare. È una Virtus «da corsa»? Senz’altro «da correre», per gli altri giudizi arriveranno tempi più maturi: ora c’è Walsh, poi Hardy e Ware, quindi molto staccati gli altri. Lo spirito è buono ma l’obiettivo playoff passerà dal livellamento dei valori quindi dalla crescita dei giovani, tutti sotto il livello necessario oggi per letture e impatto, dalla «voglia» proprio dell’ultimo arrivato Jordan (animale da quintetto, alto 213 cm veri, con «tocco» vicino a canestro), e dalla compattezza che il gruppo saprà dimostrare nelle avversità, quando altre Virtus — anche più attrezzate — si sono disfatte. Di seguito il punto, giocatore per giocatore.

Casper Ware (play, ’90) Un toro. È basso, vero, ma non ha paura e la sua struttura muscolare è da ala piccola. Alla Virtus serve un play e poi un realizzatore, ogni tanto ha ancora rigurgiti contrari. Ma sa finire, anche in mezzo ai lunghi. Difensivamente ha margini di crescita.

Dwight Hardy (guardia, ’86) Il talento c’è. In teoria è quello che andrebbe rifornito di palloni, in pratica anche quando non avviene sta dentro la partita, non dà (finora, almeno) segni di nervosismo. Aspettare è dote di giocatori maturi. Ha armi tecniche per segnare tanti punti in poco tempo.

Viktor Gaddefors (ala, ’92) L’enorme punto interrogativo. Piatto, buon fisico ma nessuna qualità in cui eccelle. Un po’ di tutto ma poco di tutto. Non tiro affidabile, non movimenti vicino a canestro, non atletismo. È la stagione in cui sarà eleggibile per il draft Nba, le sue aspettative sono alte ma ciò che ha mostrato finora non lo è. In Italia ha un futuro da numero 4, ma deve svegliarsi. Anche nella Svezia (che non è la Lituania) faceva panchina.

Brock Motum (ala, ’90) Cosa aspettarsi da un giovane australiano cresciuto in America e mai visto in Europa? Alti e bassi. Eccoli. Errori pacchiani e giocate di lusso. Poco atletismo, pochi rimbalzi, ma tanto tiro da fuori e voglia di lavorare. A fine anno dovrà aver mostrato miglioramenti.

Shawn King (pivot, ’82) Giocatore di ruolo. Salta, stoppa, va a rimbalzo (in attacco è il migliore), ma ha poca carne al fuoco con la palla in mano. Utile, utilissimo, forse non un titolare.

Matteo Imbrò (play, ’94) Deve diventare un play vero. La seconda parte della scorsa stagione l’ha eroso, quasi involuto. Non è esplosivo ma ha doti, deve inquadrarle e leggere le partite. Bechi vuole certezze, specialmente dal cambio del play.

Simone Fontecchio (ala, ’95) Tutto quel che darà, sarà un bene. Se sa giocarsi le sue carte, può insidiare il posto di Gaddefors.

Matt Walsh (guardia-ala, ’82) Il più forte della squadra, al momento l’unico giocatore «vero». Parte dalla panchina per mantenere la freschezza e fornire un cambio di passo in corso di gara. Quando saltano tutti gli schemi, la palla va a lui. Leader finora indiscutibile e indiscusso.

Aristide Landi (ala, ’94) Passo, pensieri e giri del motore non sono ancora da serie A, ma il materiale c’è. A fine stagione dovrà averli messi insieme. A giorni il lieto fine nella querelle con la società.

BOLLICINE VIRTUSSINE

di Daniele Labanti - https://boblog.corrieredibologna.corriere.it - 14/10/2014

 

Ancora doveva suonare la sirena finale di Virtus-Sassari, e tra Whatsapp, Facebook, Twitter e l’antichissimo e ormai in disuso Sms da ovunque mi stavano scrivendo commenti stupefatti. Alcuni messaggi anche divertenti. “Due lunghi così non li avevamo da anni”. “Tornate a vendere le maglie da gioco a palazzo”. “Hardy è uno spettacolo”. “Eterno Walsh”. “Me la son persa, alla prossima vengo a palazzo!”. “Finalmente ci divertiamo, aria nuova alla Virtus”. “Quest’anno direi che il premio italiani non lo vinciamo”. È bastato dare alla gente la pallacanestro, ovvero la bistecca, e il contorno è diventato quel che è: superfluo. Nei messaggi si inneggiava già ad Arrigoni quale dio del mercato, dei palloni che rotolano e del buon governo (tecnico) di una squadra che al debutto ha: sfiorato i 100 punti fatti (64 era la media nel precampionato), battuto 98-88 la quotata Sassari (data fra le prime quattro del campionato), rialzato creste fino a ieri spelacchiate e rinvigorito animi spenti in un pubblico stavolta abbastanza numeroso (5.131 il dato dichiarato). S’è udito, alla fine, anche un “cos’ha fatto la Fortitudo?” dei tempi belli che fa scopa col “V nere stiamo arrivando” cantato dalla Fossa dopo la prima interna contro Pavia. Habemus Basket City?

Poi non è tutto oro quel che luccica, ma al fedelissimo vessato dalla stagione scorsa non sarà parso vero vedere in campo americani veri, giocatori energici, gente che lotta, corre, i sorrisi sinceri di Villalta, la teatralità efficace di Bechi, gli stendardi raffiguranti gli antichi allori rigorosamente appesi al voltone, il viso allegro dell’ex e pluridecorato patron Alfredo Cazzola. Un ripieno di virtussinità che ha scaldato il pubblico, anche con le due curve a guardarsi in faccia e non più gomito a gomito. Spunti tecnici, vorreste leggere. E ce ne sono tanti. Luci e ombre, di seguito, per spiegare una partita e non per rivedere stadere o pronostici: per quelli, una splendida rondine non fa ancora primavera.

 

LUCI

1) Si vede che la squadra è una squadra. Bechi in camera caritatis m’aveva detto: ”Non ho mai avuto una squadra che lavora così tanto”. Non che le precedenti fossero piene di fannulloni, ma chiaramente il complesso di under 23 messo assieme è un complesso di giocatori vogliosi di dimostrare qualcosa. E questo fa la differenza. In campo imprecano magari, ma s’aiutano. Ci sono. Non è una squadra che gioca a pallacanestro 40 minuti (in Italia non ce n’è nemmeno una…) ma anche nei periodi sgangherati si vede la voglia di fare qualcosa di buono.

2) Cosa significa avere sette stranieri e saperli scegliere anche pagandoli (molto) meno di 100 mila dollari (vedi Motum)? Vuol dire avere talento e poter stare in campo contro chiunque, anche se potenzialmente molto più forte. Se il “premio italiani” era una necessita’, bravi Villalta, Albertini e i nuovi sponsor che hanno reso quel concetto un ricordo (incubo) lontano.

3) La Virtus ha sostanzialmente dominato la partita contro una squadra più forte. E anche quando s’è fatta riprendere e sorpassare, nel primo tempo, ha sempre dato l’impressione d’essere nella gara. A difesa schierata, trovava spesso un buon tiro. Eseguiva bene. Piacevoli novità rispetto alla preseason.

4) Hardy, come richiesto, ha smesso d’essere timido senza perdere lo spirito di squadra e del fatto che potesse diventare il protagonista e idolo deitifosi, ne avevamo già parlato...). Ware è uscito da un primo tempo con più problemi che buone cose sparando una ripresa solida in attacco e continua in difesa: 6 assist, +16 di plus/minus nonostante l’1/12 al tiro. This is basketball. Motum ha mostrato il lato migliore di sé: picchia tutto quello che si muove e segna da tre, ovvero ciò per cui è stato preso. King ha finalmente mostrato l’energia che gli era riconosciuta. Senza dilungarsi ancora sulle qualità ormai note di Walsh e Jordan (dategli la palla! dategli la palla!).

 

OMBRE

1) È vero che la gara è stata vinta con alcuni minuti difensivi di alto livello (a merito della Virtus). Il tabellone però ha detto 88 punti subiti da una squadra che non ha certo giocato una buona partita. In generale, Sassari è apparsa quel si temeva fosse (almeno adesso): un insieme di giocatori, non una squadra, un sommarsi di problemi difensivi poco mascherati dal talento offensivo. Ma questi sono problemi loro. La Virtus però non deve credere di aver battuto i Miami Heat, nonostante i nomi scritti dietro le canotte della Dinamo. Segnarne 98 (con 19 assist) a quella difesa è un’impresa meno ardua di subirne 88 da quell’attacco. Oggi.

2) Per riportarsi avanti e prendere il controllo della gara, Bechi ha dovuto lasciare a sedere praticamente tutto il terzo periodo Imbro’, Gaddefors e Landi (Fontecchio era fermo precauzionalmente per un problema fisico). Gaddefors è quindi rientrato con uno spirito cambiato, più energico ed efficace: rimangono i suoi problemi di attenzione, ma quando la squadra gira anche lui diventa un giocatore importante con la sua potenza. Imbro’ invece ha proseguito con i problemi difensivi e di regia, già appalesati nel primo tempo ma in generale noti da tempo.

3) I tiri liberi. Nel primo tempo la Virtus ha tirato 2/9 da tre ma c’era la sensazione che prima o poi quei palloni sarebbero entrati,  infatti nel terzo periodo sono arrivate 6 bombe e il break decisivo per la partita. Dalla lunetta però la Virtus ha tirato 11/22, rimettendo a posto le percentuali col 5/6 dell’ultimo quarto. Nei primi 30 minuti aveva 6/16 (38%). Tirare col 40% ai liberi in serie A significa mettersi nei guai, soprattutto in trasferta, e regalare partite, punti in classifica e incazzature ai tifosi. Passi l’1/4 di Jordan che non è un tiratore, ma il 3/6 di Walsh e il 2/6 di Ware sono inaccettabili.

LUCA BECHI: DUE VITTORIE DI CARATTERE, GIOCARE BENE È UN'ALTRA COSA

www.bolognabasket.it - 22/10/2013

 

Luca Bechi è il coach della Virtus che dopo due giornate guida la classifica assieme a Roma e Caserta. Repubblica l’ha intervistato, ecco le sue parole:

La classifica? Caserta non mi sorprende, è una squadra costruita con logica ed attenzione. Roma non la conosco ancora. Quanto a noi, le due vittorie sono frutto di due prestazioni di carattere. Giocare buone partite è un'altra cosa.

A Cremona partenza 28-7? Un inizio drammatico, come scivolando dentro un imbuto di pareti lisce e non ti fermi mai. Noi palla persa e loro canestro. A ripetizione.

Mai successo in carriera? Già vista purtroppo. E pure ribaltata: ad Udine sotto di 18 all'intervallo, a Bologna con la Fortitudo sotto di 13 a quattro minuti dalla fine. E poi quella storica rimonta sempre con Biella su Cantù, sotto di venti a 120 secondi dalla sirena. Quando Arrigoni adesso alza la cresta glielo ricordo... Poi ci sono tutte le volte in cui s'è perso. E la lezione resta questa. Non quando ce l'hai fatta.

Cosa si dice ad una squadra che inizia così in trasferta? Fare le cose semplici. E difendere. Solo la difesa ti può riportare nel giusto ritmo di una partita. Cremona ha segnato 28 punti nel primo quarto e 43 negli altri trenta minuti. Poi si danno obiettivi parziali, recuperare un pezzetto alla volta. Il canestro da 15 non esiste.

Perchè siamo finiti subito fuori ritmo? Loro hanno impostato una partita infernale. E quando vai sotto, un passaggio ed un tiro è la cosa più facile in cui rifugiarsi. Anche perché gli altri te lo concedono volentieri e tu pensi di farcela.

Da chi è partita la risalita? Dalla qualità e dall'atteggiamento dei nostri giovani: Imbrò, Fontecchio, Landi. Decisivi.

Gli italiani che ruolo hanno in una squadra a trazione straniera ? Li ho conosciuti a marzo e s'è creata una buona empatìa. Mi fido: Fontecchio l'ho subito fatto giocare, Landi ho spinto affinché restasse, Imbrò era già stato importante con Poeta fuori per infortunio. Al tempo stesso la stagione scorsa era stata fuorviante: hanno tutti giocato minuti in più per necessità. Ma non importanti. Questo è il salto.

Di loro s’è parlato molto ? I nostri hanno avuto grande esposizione mediatica: Fontecchio per l'ipotesi che andasse in NCAA, Landi perché un giorno restava e l'altro veniva ceduto, Imbrò perché sarebbe stato il capitano della Virtus a neanche vent'anni. Ho spiegato che per tutti loro c'è un progetto, ma non mediatico. Sul campo. La grande qualità del settore giovanile della Virtus, e di chi ci lavora, mi è venuta incontro.

Una radiografia del parco stranieri? Con Arrigoni abbiamo voluto gente con una carriera davanti e non pagati per cosa hanno fatto fino a ieri. Hardy e King venivano da una stagione non soddisfacente. Motum è un rookie con grande desiderio di crescita. Walsh è uno sempre borderline, tra la forzatura ed il gran canestro, "un mercenario con passione e cuore", il rimbalzo decisivo come il canestro. E se non lo fa, i cinque tuffi a partita, come in allenamento, ecco la differenza. Ware è quello con più margini, sta imparando la Serie A che non è quella del "vado e faccio 20 facili". In difesa passa sui pick and roll come pochi. Jordan è arrivato tardi, gli serve giocare, quando è in ritmo partita è buon giocatore, altrimenti si sconnette.

Manca Gaddefors? Vero. Ma lo considero al pari dei giovani. Viktor è un sognatore. Gli ho chiesto se Datome secondo lui è andato in NBA perché ha giocato molto bene o perché la sua squadra è andata in finale. O se ci fosse andato con Roma tredicesima.

A Siena servirà qualità? Abbiamo immagazzinato fiducia. Vinto due partite in rimonta, che insegnano più di due vittorie normali. Siena con Milano e Sassari resta ancora la squadra da battere, per mentalità, organizzazione, quel marchio che sa incidere su chi va a giocare lì. E non perché hanno vinto, ma per il modo in cui hanno saputo vincere.

ARRIVEDERCI ALLO SCUDETTO

di Walter Fuochi - https://fuochi.blogautore.repubblica.it - 11/11/2013
 

Arrivederci allo scudetto, sembrano mandarsi a dire Virtus e Olimpia, vecchie signore tornate al centro della scena. E se Milano vincerà il prossimo, registrando le disfunzioni di un’armata ieri sfruttata neppure a metà potenziale, la Virtus pare pronta per tornarle presto nemica a ruota. Inizia a formare una squadra, giovandosi di una dirigenza competente, ha la forza stupenda della sua gente, una proprietà importante. Sono tutti addendi attesi a egregie cose, se corsi e ricorsi, nello sport, dettano leggi ferree.

Difesa e rimbalzi sono state, iersera, le armi inattese di un successo senza ombre: nessuno le presagiva, sono uscite contro la nemica più forte. Che s’è adeguata al passo altrui, ha lungamente usato i quattro piccoli per esser aggressiva dietro, ha rinunciato a Gentile, dei cui canestri troppo vive e muore, per domare la partita col coro. Le è andata male. Cantavano meglio gli altri. Da coro vero e completo, e stavolta coi ragazzi a far la loro parte, perché Landi è entrato sbranando subito, Imbrò ha preso la squadra sopra e l’ha condotta un piano più su e Fontecchio non ha tremato quando gli hanno dato da braccare Langford, l’ultimo braccio armato con cui Banchi si sarebbe giocato la partita alla roulette. Perdendo la puntata.

Nessuno ha tradito Bechi, perfino Walsh è diventato leader quando gli han tolto di mezzo Gentile, che stava subendo in un’improduttiva faida a chi l’aveva più lungo. I quasi ottomila ringraziano, nella festa distesa su un parterre de roi che andava da Prodi a Dionigi, e pure questa è identità ritrovata, status symbol che inquadra traguardi, avendo forze e mezzi per perseguirli, se le risposte di pubblico saranno queste, da bella bandiera della città.

Il passaggio sotto la curva a "dare 5" ai tifosi: un'abitudine che si è potuta praticare meno del previsto (foto tratta da www.virtus.it)

SCHIUMA E FALLI, DUE PROBLEMI PER LA VIRTUS

di Daniele Labanti - https://boblog.corrieredibologna.corriere.it - 20/12/2013

 

“Schiuma” e “falli”. Se dovessimo individuare due “problemi” nella Virtus di oggi, citeremmo queste due parole. No, non è un sexyshop, è il dato che emerge leggendo le statistiche approfondite delle prime dieci partite in cui, comunque, la Granarolo ha un record positivo. Ma il concetto di “troppi palleggi” (schiuma) e “poca aggresione del ferro” (falli subiti) si nota subito analizzando le cifre: terz’ultima squadra per assist con 10,8 a gara (peggio solo: Cremona 10,5, Pesaro 9,3), penultima nel rapporto assist/palle perse (62,8, l’ultima è Pesaro con 62,4), prima nei tiri liberi tentati nelle partite vinte (23,5) ma decima in quelle perse (solo 16,8, un gap di ben 7 tiri liberi).

1) Troppi palleggi Nelle ultime giornate lo sviluppo offensivo ha mostrato qual è il suo lato debole. Non si può certo mettere sotto accusa un attacco che segna 81,1 punti a partita ed è il quinto migliore della serie A, ma il dato degli assist e delle palle perse evidenza una squadra che produce molto dal palleggio e poco dal gioco. Poco dal gioco significa soluzioni offensive ancora primitive, mentre molto passa dalle creazioni individuali. Nel caso di Walsh, spesso si traduce in punti. Nel caso di Ware e Hardy, più piccoli di taglia e più a disagio (e spesso più raddoppiati in fase di avvio dell’azione) a volte si trasforma in palloni buttati (con 17,2 è seconda nelle palle perse, dietro solo a Venezia con 17,7) o errori. Diciamo che l’attacco Virtus ha potenziale, ma attualmente è poco bilanciato. E probabilmente queste cifre sono anche lo specchio dei problemi in trasferta e degli adeguamenti – dopo i successi delle prime giornate – degli avversari.

2) Pochi tiri liberi Una differenza di 7 tiri liberi tentati tra le partite vinte e quelle perse è un dato di rilievo. Il salto da 23,5 a 16,8 è il segno di una minore pericolosità, in parte collegata al discorso precedente. Tra l’altro col 74% ai liberi, la Virtus è tra le squadre che li tira peggio: solo Pesaro, Reggio Emilia e Caserta sono dietro in questa classifica. Curiosità: la Granarolo li tira meglio quando perde (76%) rispetto a quando vince (73%).

Ogni favola che si rispetti arriva a un punto in cui tutto sembra perduto e la protagonista, in genere una splendida principessa, deve attraversare una selva oscura, o è prigioniera di qualche malvagio, o viene abbandonata dal gruppo di amici. La Virtus è a quel punto: praticamente fuori dalla Coppa Italia, dove per entrare deve battere domenica Cantù e sperare nell’improbabile ko interno di Venezia contro Pesaro ultima in classifica, al centro di una crisi tecnica preoccupante culminata con la sesta sconfitta in otto gare e soprattutto dall’ennesima pessima prestazione in trasferta, fulminata dai commenti insofferenti di tifosi stufi di un intollerabile atteggiamento deconcentrato e soffice.

Tirato in ballo inesorabilmente è l’allenatore Luca Bechi, responsabile tecnico della squadra e quindi additato di non saper dare un giro di vite. Invero, Bechi ha tentato: ha cambiato i quintetti di partenza, ha evocato le zone che in alcune gare hanno fruttato vittorie, ma i numeri non sono cambiati. Nei primi quarti in trasferta la Virtus subisce uno scarto medio di -12, in sette gare al massimo ha segnato 18 punti ma ne ha sempre subiti almeno 19. Il totale, impietoso, di questi sette primi periodi, è 185-101 per gli altri. Nemmeno i Chicago Bulls di Micheal Jordan avevano la presunzione di vincere le partite partendo regolarmente sotto di quindici, è inspiegabile come possa pretenderlo la Granarolo con sei under 23 e quindi, delle due, chiamata a mostrare eccessi di aggressività e vigore e non il contrario.

A questo punto, con il primo obiettivo stagionale praticamente mancato, si aprono le discussioni su Bechi e su alcuni elementi della squadra anche se è difficile che il club scelga misure drastiche. Cambiare molto costa e cambiare l’allenatore accosterebbe sinistramente questa gestione a quella passata, una decisione quindi che Renato Villalta prenderebbe malvolentieri. Più possibile un ricorso al mercato, virando sulla ricerca d’un playmaker «più playmaker» di Casper Ware, in evidente difficoltà.

Qualcosa va fatto e se non è cambiando è lavorando meglio e di questo hanno parlato, in un summit improvvisato dopo la partita di Pistoia, Villalta, Bottai e lo staff tecnico. Va trovata una soluzione per i problemi di Gaddefors, calato in un incubo tecnico nelle ultime gare, proprio quando pareva aver consolidato i suoi miglioramenti. Difensivamente si è spento perché ormai la Virtus ricorre alla zona per tamponare le falle degli altri, in attacco non ha soluzioni all’interno di un sistema ingolfato dagli uno contro uno degli americani che finisce per penalizzare anche Hardy. E l’atteggiamento che segue non è degno di un talento 22enne.

Ma i problemi sono pure di Ware, mostratosi molto più vivo dello svedese ma certo non più efficace: non fa mai canestro, attacca il ferro scontrandosi con i chili della serie A e finisce per creare solo guai a sé e alla squadra. La gestione dei finali, con tiri non presi e rimesse sbagliate, sono infine l’ultimo allarme. Eppure i valori ci sono eccome: occorre sbagliare di meno, tutti, a cominciare dallo staff tecnico. In camera caritatis, Bechi sostiene che la squadra abbia mentalità – non molla anche se inizia male, ma rimonta – i passi avanti li farà e va concesso tempo perché ciò accada: ad un pubblico assetato di vittorie e rilanci, quattro  mesi paiono un’era geologica e invece sono solo quattro mesi. E di certo incide, come narra Bruno Arrigoni, la sequenza: prima bene poi male fa vedere tutto male, prima male poi bene farebbe oggi parlare d’una Virtus scintillante. Eppure sempre 7-7 direbbe la classifica. Ma all’intertempo, pur battendo Sassari, Milano, Roma e Brindisi, la V risulterà in ritardo e questo qualcosa vuol pure dire: ad esempio, che se è partita forte poi ha smesso di correre, e forse anche di camminare, mentre le rivali a passo costante l’hanno prima raggiunta e poi superata. In cosa? Attitudine, miglioramenti tecnici, aggiustamenti tattici.

Stesse bene, Simone Fontecchio avrebbe già da tempo scalzato Gaddefors. Ora ritorna e con il recupero anche di Aristide Landi riprenderà una decente intensità degli allenamenti. Ma la squadra sembra in confusione: non sa che fare o non riesce a fare ciò che sa. E questi dubbi sono il filo sul quale camminano ora la Virtus e alcuni dei protagonisti della favola.

FUORI BECHI, DENTRO VALLI

di Walter Fuochi - https://fuochi.blogautore.repubblica.it - 28/01/2014

 

La sfilza infinita di sconfitte appena mandate giù dalla Virtus ha fatto portare il conto in tavola al solito noto. Pagherà Luca Bechi, l’allenatore: non l’unico responsabile della cena avariata, ma il primo fautore dei risultati che, da un pezzo, proprio non si vedono. Così, una società che gli manda a dire di continuare a vedere passi indietro anziché avanti ha chiaramente tratto il dado già domenica sera, un secondo dopo l’indecente resa con Cremona. La corsa è finita, andrà avanti un altro. Le sintonie erano del resto ormai precarie ed essere partito come uno degli ultimi cespiti del lascito Sabatini non l’ha aiutato. La Virtus avrebbe arruolato altri (da Sacripanti in giù), avendone mani libere, poi se l’era fatto piacere, anche grazie a una partenza sparata, quando la squadra giocava meglio e la concorrenza molto peggio, e alla fine, con meno rovesci, l’avrebbe pure portato in fondo, per aver mani libere nell’anno che verrà, che oscilla oggi fra suggestioni e idee che vanno da Piero Bucchi a Paolo Moretti, gente d’imprinting bianconero, ma soprattutto di belle stagioni in corso. Irrompe invece Giorgio Valli, che frequentò il cerchio magico di Messina (tra i primi, ieri da Mosca, a elargire una pacca affettuosa e necessaria): si giocherà le sue carte.

Bechi lascia dunque una Virtus monca e smarrita, priva di ombrelli difensivi, e soprattutto di capacità di congelare gli attimi storti delle partite senza imbarcarvi passivi tragicamente decisivi, e dipendente in attacco dagli estri scollegati dei suoi uomini faro. Paga lui, ma pure la società ha le sue colpe, a partire da timidezze e rigidità operative che cozzano con le impreviste esigenze di un’azienda di sport. Il budget è sovrano, ma la falcidia di infortuni (e di rendimenti insufficienti) andava suturata, senza spedire al massacro i superstiti. E se perfino i club più scalcagnati hanno da parte il tesoretto per parare le emergenze, non può non disporne un club che giustamente sventola la storia e la gloria, le voglie di ripartenza, i settemila nell’arena (ora avviliti), gli illustrissimi soci e sponsor a bordo della Fondazione. Non basta, questo minimalismo virtuoso, serviranno iniziative più robuste, sperando che intanto, dal suo libro di ricette, Valli tiri fuori qualcosa dell’arte che mise da parte nei suoi più bei dì.

"Piccoli ma talentuosi": così si dipingeva ad inizio campionato la coppia Ware-Hardy (foto tratta da www.virtus.it)

SEMPRE LA STESSA VIRTUS

di Walter Fuochi - 17/02/2014

 

Riappare a Porto San Giorgio la solita Virtus da viaggio, sempre identica a se stessa, probabilmente non figlia né di Valli né di Bechi, ma solo dei propri melensi limiti: tecnici senz’altro, mentali anche di più, se in casa il “controllo sociale” della platea evita sbracamenti vistosi, ma fuori, dove nessuno mormora mugugna ulula, la truppa spreca patrimoni e arrivano in tavola tutti i conti.

Dunque, la Virtus che contro Siena aveva dato “la parola alla difesa” (titolo mio, me possino), concede alla Sutor che è passata in sede all’indomani per vedere ce si sono le paghe reclamate da mesi, 14 centri nei primi 15 tiri, a Lauwers 19 punti in una botta, come non gli riusciva da tre anni e come si contava sulle dita di una mano in 196 onorate partite in serie A (10 pure in bianconero, vedi te), e insomma ai Charlie Boys tutto quello che serve per vincere.

Vado a raglio, più di memorie (tele)visive che sulle cifre di un rilevatore di Lega che forse usciva spesso a fumarsi una paglia (10 perse la Virtus, ma va). Troppo, e malvolentieri, due rimbalzisti a darsi fastidio e il terzo che gode, con un’altra maglia: e spesso, da quei regali di San Valentino, esce il canestro o addirittura la tripla. Quattro palle sorpasso abortite, nel terzo quarto, prima di arrivare il tiro: ammetto il chiodo fisso, ma è il solito vizio di baloccarsi con palloni “leggeri”, dargli poca importanza, niente paura, ce ne saranno altri, per rifarsi. L’ultimo pallone di Walsh, un tiro preso da tre anziché da due, ma quello è il peccato veniale: peggio il penultimo di Hardy, in entrata cieca, il terzultimo di Gaddefors, uno stracchino a rimbalzo, il quartultimo di Ware…

Ebi, infine, quello nuovo. Non dev’essersi allenato alla morte, fra i kibbutz, se quello che gli si nota più spesso oltre alla coda di cavallo, in 14 minuti con 5 falli, è appunto il falletto commesso allungando il braccino in ritardo o cadendo addosso all’avversario a palla già presa (da quell’altro). C’è molto da lavorare, come suol dirsi. Per cosa, poi? Non più per i play-off, oramai.

 

AUTOPSIA DI 170 SECONDI DI BASKET

di Walter Fuochi - https://fuochi.blogautore.repubblica.it - 17/03/2014
 

Feroce come sa essere la Rete, che non fa sconti a nessuno, diffondendo paperissime ridanciane e cruente, gira su internet il filmatino degli ultimi 170 folli secondi di Virtus-Reggio Emilia e davvero ce n’è da straziarsi (o deliziarsi, se si vive sotto il Tricolore), perché un epilogo così resterà inciso nelle memorie, di vincitori e vinti, come più unico che raro. Irripetibile, spererà chi s’è fatto male da solo.

L’impressione di fondo è che la Virtus ceda a una rimonta altrui tutt’altro che irresistibile. La Grissin Bon non fa una sola tripla, nè raffiche ravvicinate, nè scorciatoie. Arriva addosso quasi per inerzia a chi, da quei 3’, cava un solo canestro. Le spalancano il campo, ci entra, lo percorre tutto. Pagherà alla fine il pedaggio. O troverà, meglio, la sbarra alzata. La Virtus sbaglia tutti gli attacchi (incluso l’unico in cui segna, con un rimbalzo offensivo di Hardy da cross di Ebi) e molte difese. Trovo sempre in Rete (basketforum.it, se interessa) l’analisi di un tale che qualche secondo in A l’ha giocato e seziona e analizza, come in un’autopsia da partita estinta, lo sciagurato frammento. Le partite girano su episodi, si suol dire, ma quel segmento genera ben 16 possessi complessivi, fra l’una e l’altra duellante. Una storia, altrochè episodi. Alla Virtus il forumista conta, in meno di tre minuti, 11 errori, 6 in attacco e 5 in difesa. Si fa leggere. Volendo, segue dibattito.

Paralizzati. E manca leadership, mi dice un amico allenatore che ha guardato da lontano. Gli avevo segnalato i troppi attacchi bianconeri finiti nell’angolo, dove ti marcano, oltre ai difensori, anche le linee. Motum becca due stoppate da bimbo piccolo, ma chi gli dà la palla lì gli ha dato una bella mano. E l’ultima di Ebi? È chiaro che lui non riflette che, dopo la sua persa, ci sarà ancora un supplementare, se solo sa frenare cervello e mani: così, invece, è da Oscar come attore protagonista del disaster movie (già dato a Fontecchio quello per il non protagonista). Ancora: Valli protesta che, a 11″ dalla fine, gli spettava un time out. Chiesto forse in ritardo? Qualcuno lo mormora. In ogni caso un’azione da 11 secondi non è impiccata, è umano che Giorgino pensi che avrebbe estratto dalla lavagna lo schema vincente, ma non gli serviva strettamente guadagnar tempo, portare la rimessa di là. Il tempo c’era, ed è stato usato, dai cinque in campo, per partorire una troiata.

Infine, il fallo di frustrazione di Ebi, sull’ultima persa, è da fucilazione, ma nello spirito del gioco ci starebbe pure che gli arbitri lascino alle squadre di decidere il risultato nel prolungamento. Due liberi per una manata presa a un secondo dalla fine sotto il proprio canestro sono un cadeau. Legittimo, da regolamento, ma un graziosissimo cadeau. Cervi ringrazia.

PSICODRAMMA VIRTUS: ECCO PERCHÉ

di Daniele Labanti - https://boblog.corrieredibologna.corriere.it - 20/03/2014

 

La situazione in Virtus è ai limiti dell’esplosivo. Dopo la quattordicesima sconfitta in 17 gare, l’allenamento del mercoledì ha portato al primo “scontro” tra l’allenatore Giorgio Valli e la squadra. Il tecnico ha giudicato non consono l’impegno dei giocatori e ha sospeso la seduta, mandando tutti a fare la doccia e riconvocandoli alle 21 per un allenamento “punitivo” di circa un paio d’ore. È il segno della deriva molto pericolosa che ha attecchito anche “fuori” dalla gara ufficiale, dove, finora, c’era poco da eccepire (la squadra si era sempre allenata con intensità e dedizione). Ma dopo la sconfitta interna contro Roma – un’altra partita punto a punto “buttata” dalla Granarolo – la situazione e’ degenerata.

Se nel campionato fossero previste due retrocessioni, oppure se Pesaro e Montegranaro avessero dimostrato maggiore “potenzialità”, staremmo parlando di una Virtus avviata a grandi passi a scendere di categoria. Ma così non è quindi il margine per “tranquillizzarsi” esiste. Esiguo, ma c’è.  A guardare la squadra di novembre e a guardarla oggi, sembra siano passati dieci anni. Invece non sono passati nemmeno sei mesi. Ma cosa è successo?

Le sconfitte generano sconfitte
Inutile girarci intorno, la Virtus è una squadra perdente. L’allenatore Valli (dal suo arrivo il bilancio e’ 1 vinta e 5 perse) veniva da stagioni negative ad Avellino (2 vinte, 5 perse: esonerato), a Montegranaro (11 vinte, 16 perse: 15^ su 17), a Ferrara (9 vinte, 19 perse: retrocessione). Prima di lui, Luca Bechi aveva salvato sì la squadra (con un ruolino comunque non brillante di 3 vinte e 7 perse) lo scorso anno, in precedenza non era stato confermato in Ucraina, aveva raccolto 6 vittorie e 13 sconfitte a Brindisi (16^ su 16, retrocessione dopo essere subentrato), 10 vittorie e 18 sconfitte (14^ su 15) l’ultimo anno a Biella. Piergiorgio Bottai negli ultimi quattro anni da dirigente (due a Roma, due a Bologna) ha questo record: 45 vinte e 68 perse. Viktor Gaddefors, che è il 22enne capitano della squadra (…), in due anni a Bologna ha giocato 53 partite finora e ne ha perse 35. Senza voler togliere nulla al lavoro e all’impegno di tutti, qui c’è un problema di fondo: si “tenta” di costruire qualcosa che “possa” vincere delle partite. Ma mancano gli elementi per farlo.

La fiducia
Perdere genera sfiducia. Ed evidentemente dopo una prima grande iniezione di energia, la squadra ha smesso – almeno in parte – di reagire alle sollecitazioni di Valli. Il nuovo coach aveva capito benissimo i correttivi necessari, ma il risultato finale non è stato positivo. E questo ha inevitabilmente riavviato la spirale negativa. Perdere una partita come quella di domenica contro Reggio Emilia – per errori di tutti: dal coach all’ultimo dei giocatori – taglia le gambe: eppure dopo i primi 8 minuti e prima degli ultimi 3, s’era vista una Virtus gradevole e volenterosa. Valli sta lavorando duramente per tenere alta l’intensità e la scelta di “rifare” l’allenamento è un messaggio chiaro su come vuole che venga svolto il lavoro dai suoi giocatori fino all’ultimo giorno della stagione. La società ha poi apertamente ammesso di lavorare già per il futuro: può essere stato ingenuo, ma i giocatori non sono stupidi come qualcuno può pensare. Qualsiasi giocatore sa benissimo che a fine marzo, con una stagione così deludente, il club è già sul mercato per l’anno successivo. E fa i suoi conti.

La professionalita’

Dopo l’allenamento in notturna la squadra ha espresso la sua opinione su twitter. Ma lo fa a tarda sera, quando i giornali sono in stampa. Trovarsi la notizia in edicola deve aver sconcertato lo staff tecnico e la società, ma il problema è antico: professionalità. Il club può pure minacciare multe di fronte all’uso (sconsiderato) dei social network, ma un giocatore deve arrivarci da solo. In America volano multe per l’utilizzo non consono di twitter, ma spesso il motivo è trash talking fra giocatori o frasi “eticamente” scorrette. Rarissimamente ci sono reazioni su vicende interne. E comunque, la notizia ai giornali è arrivata “prima”. Ovvero c’è troppa gente in Virtus, troppe persone con ruoli dubbi o equivocabili. E invece c’è poca professionalità. Ce lo vedevate, ai tempi della grande Virtus, Ginobili fare un tweet su un allenamento duro di Messina? O qualche collaboratore o dirigente “pisciare” la notizia di un problema interno? Ovviamente i tifosi su twitter si sono scatenati, mettendo i giocatori a conoscenza dell’indice di gradimento molto basso rispetto alle loro prestazioni e lamentele.

Gli errori di mercato
Sgombriamo il campo da un altro enorme equivoco: la squadra non l’ha “fatta Arrigoni”. Arrigoni ha fatto il direttore sportivo, sbagliando qualche scelta (Ware), indovinandone qualche altra (Hardy), ma seduti al tavolo tutti gli uomini Virtus hanno detto la loro e hanno conciliato le loro idee. Quelle di Arrigoni, certo, deputato a cercare nomi stranieri, quelle tecniche di Bechi, quelle di Bottai che ha gestito gli affari Poeta e quelli di tutti i giovani del vivaio. In mezzo c’era un portafoglio semivuoto, com’era stato ampiamente spiegato. Quindi tutti hanno contribuito a sbagliare la squadra. Per il futuro, la Virtus farà bene ad avere già oggi individuato i nomi della dirigenza, del direttore sportivo, del coach. Serve gente vincente, siano nuovi innesti o conferme.

I giovani
L’ultimo gigantesco equivoco: il settore giovanile. Il settore giovanile funziona, ha ottimi allenatori e vince. Perché la qualità media delle squadre è alta. Ma non produce giocatori per la prima squadra. Non ha picchi. Il serbatoio sta mandando fuori discreti elementi ma nessuno che possa valere la scelta della costruzione della squadra attorno a lui. C’è stata, nelle ultime stagioni, una sopravvalutazione dei ragazzi. E non si è fatto nulla per aiutarli perché un conto è inserire un giovane in una squadra che funziona, un conto è buttarne dentro tre o quattro alla volta. Quest’ultima, purtroppo e soprattutto, è una scelta di portafoglio: manovalanza a basso costo. Ma così si mina la fiducia nel lavoro delle giovanili.

Dice Valerio Bianchini su Facebook:

La gloriosa Virtus Bologna, con molto coraggio, ha scommesso quest’anno su una squadra di giovani da maturare. Meritevole proposito che tuttavia si scontra con la dura realta’ del campionato di serie A, dove uno o due giovani di valore possono avere possibiltà di maturare ma difficilmente una squadra per la maggior parte votata al giovanilismo può sperare in un campionato tranquillo. Al di là dell’esserci una sola retrocessione, l’insoddisfazione dei tifosi rende comunque la stagione penosissima. L’insegnamento che bisogna trarne è che non è compito della serie A formare i giovani. Per maturare con pienezza, i giovani devono avere il loro campionato.

L’esempio perfetto dell’inserimento dei giovani è la Pallacanestro Reggiana: giocatori con dei buoni valori, che in prima squadra ci vanno per dare un contributo sensibile. La Virtus deve fare molta attenzione e deve, a mio parere, capire che per alcuni di questi ragazzi sarebbe utile un anno in Lnp – a giocare, a crescere sul serio – in realtà importanti. Una politica molto diversa rispetto a quella attuale (e identica al recente passato), fatta di richieste folli per prestare questi ragazzi nelle categorie inferiori.

La società
La Virtus non ha preso dei brocchi, sul mercato. Ma ha scommesso che sei americani e sei bambini potessero diventare una squadra. Questo gap non si è mai cucito. Ha assecondato Bechi, che voleva un lungo difensore e un lungo attaccante (ma insieme non ci possono giocare mai). Ha visto sciogliersi alle prime difficoltà la tenuta mentale dei più giovani, compreso Motum che non è un giocatore scarso in assoluto ma è un rookie pagato due spicci (davvero) e perso per strada dal punto di vista tecnico. Ha toppato il play, perché ha preso uno scarto dopo aver inseguito l’obiettivo primario. La regia, sopra, ha dovuto far convivere troppe realtà: i retaggi del passato (economici, ma pure gestionali), la voglia di fare bene, i progetti per ravvivare la piazza, i giovani da inserire. Tanta, troppa carne al fuoco. E poca, pochissima esperienza. Ora il valore di questa società si misurerà dalla capacita’ di imparare dai propri errori, di potare i rami secchi, darsi una organizzazione efficace e una solidità che da un decennio, a Bologna, manca. E lo dicono i risultati.

 

Arriva Valli, cambia il coach ma non i risultati (foto tratta da www.virtus.it)

VIRTUS, IL PAGELLONE FINALE

di Bruno trebbi - www.bolognabasket.it - 12/05/2014

 

Con la sconfitta a Cantù la Virtus ha chiuso la sua stagione al 13° posto con 11 vittorie e 19 sconfitte. Tantissime sono arrivate in volata, ma questo purtroppo non fa che aumentare i rimpianti. Dal punto di vista sportivo è stata una stagione deludente, c’è poco da girarci attorno, e gli obiettivi dichiarati dalla società - qualificazione alle Final Eight e ai playoff - sono stati mancati entrambi. Vediamo uno per uno i protagonisti della stagione bianconera:

Gaddefors - voto 4.5 - A ottobre dichiara di voler andare in NBA partendo dalla Virtus. È vero che se ci è andato Ware c’è speranza per tutti, ma al momento siamo abbastanza lontani, diciamo così. E la cosa fa arrabbiare, perchè lo svedese avrebbe tutto per poter dominare: fisico, tiro, passaggio, difesa. Purtoppo manca totalmente la continuità mentale: si accende e spegne con rapidità impressionante, anche all’interno della stessa partita. Illude con un buon inizio - 5 volte in doppia cifra nelle prime 7 partite - poi si spegne col resto della squadra. Il suo futuro è un mistero, può esplodere da un momento all’altro oppure perdersi del tutto. A queste latitudini difficilmente si potrà riproporre, in ogni caso. In 23’ di impiego, 6.8 punti e 3.3 rimbalzi.

Hardy - voto 7 - Il migliore, e il più continuo. In difesa non è un mastino, ma in attacco non è secondo a nessuno. Realizzatore di razza, sa fare canestro in tanti modi diversi. E quando si accende è capace di segnare tanto in pochissimo tempo. Ha margine per migliorare ancora, e diventare un giocatore importante del nostro campionato, e in più ha un utile passaporto Cotonou. La Virtus deve provare a trattenerlo a ogni costo, ma non sarà facile, perchè il giocatore ha fatto sapere che prima valuterà altre offerte che certamente ci saranno. In 33’ di impiego, 17.1 punti e 1.9 assist, tirando da tre col 43%.

Motum - voto 4.5 - Altra scommessa persa, per evidenti limiti fisici. Arrivato dal college, in Italia si rivela troppo lento di piedi per fare il “4”, troppo leggero per fare il “5”, e piuttosto scarso a rimbalzo. Ci sarebbe la buona mano da tre, ma solo in teoria, perchè il dato finale dall’arco dice 30%, quindi nulla di clamoroso. Valli alla fine lo mette fuori rosa, preferendogli King e Jordan, fisicamente più dotati. Al momento non pare proponibile in serie A. In 23’ di impiego medio, 8.3 punti e 3.3 rimbalzi.

Imbrò - voto 5.5 - Purtroppo termina il suo campionato a febbraio per un brutto infortunio al ginocchio. Prima disputa una stagione un po’ anonima, in cui da play di riserva spesso si trova quasi costretto a fare la sponda tra giocatori (ad esempio Walsh) che vogliono la palla in mano molto più di lui. E in difesa fatica abbastanza. Ogni tanto però si accende, e con le sue triple (48%) è importante nella vittoria di Roma e in quella in casa con Siena. Ha 20 anni, e la Virtus punta molto su di lui. Per la prossima stagione - anche a seconda di come recupererà - è da capire se dargli ancora un posto in prima squadra o mandarlo magari a giocare tanto in Gold. Difficilmente sarà pronto per l’inizio della stagione, in ogni caso In 13’ di impiego medio, 2.7 punti e 0.9 assist.

Fontecchio - voto 6.5 - La speranza più grande per il futuro bianconero è questo ragazzo abruzzese classe 1995, firmato in estate con un quinquennale. Le gambe non gli mancano, e nemmeno l’applicazione difensiva, e infatti sia Bechi che Valli lo usano spesso come stopper sul miglior esterno avversario, con ottimi risultati. In attacco è ancora abbastanza timido, anche se piano piano prende fiducia nei propri mezzi e arrivano due doppie cifre. Il tiro da tre pare già abbastanza affidabile. In 15’ di impiego medio, 2.7 punti col 34% da tre.

Jordan - voto 5.5 - Cosa ci fa in Europa, anzi in Italia, un giocatore di 2.13 veri con ottime mani? Per avere la risposta basta vederlo giocare due partite di fila: una la domina, una dimentica di giocarla. Grande ingombro in area, fisicità non eccelsa, buone mani, ma poco rimbalzista e spesso indolente. Insomma, un giocatore incompiuto, capace di fare 24 una partita e 1 in quella dopo. Valli lo mette fuori rosa all’arrivo di Ebi, ma dopo qualche partita lo reintegra a scapito di Motum, e nelle vittorie di Brindisi e Avellino è decisivo. In questo campionato prima di lasciarlo andare via bisognerebbe pensarci, perchè se motivato da Cotonou può essere un lusso. In 19’ di impiego medio 8.9 punti e 3.9 rimbalzi.

Warren - voto 6 - Arriva dall’Ungheria per sostituire Ware, e gioca otto partite. Non ha mai giocato da playmaker, e lo ammette senza problemi. All’inizio si ambienta alla grande, ed è decisivo nelle vittorie che danno la salvezza con 23 assist in tre partite e vari tiri decisivi a segno. Poi gli prendono le misure, e nelle sconfitte con Varese e Pesaro deraglia parecchio, mettendosi in proprio e forzando l’impossibile nel finale. Si dimostra comunque giocatore ampiamente adatto a questo campionato, anche fisicamente, e un discreto rimbalzista. Può diventare un buon playmaker, i margini ci sono. La Virtus ha l’opzione per trattenerlo, a una cifra non esattamente economica, circa 200mila dollari. Confermarlo o meno dipenderà dalle ambizioni e dalla disponibilità economica della società. In 33’ di impiego, 10.6 punti, 4.5 assist e 4.1 rimbalzi.

King - voto 5 - Arrivava da un grave infortunio, è vero, ma i problemi visti a Bologna sono sembrati di tipo tecnico più che fisico. In difesa il suo l’ha fatto e l’atletismo è apparso di livello a parte i problemi alla schiena finali. In attacco è stato praticamente inesistente, riuscendo oltretutto a sbagliare spesso appoggi incredibili con movenze davvero goffe. Poco affidabile, saluterà senza rimpianti. In 21’ di impiego 6.0 punti e 5.8 rimbalzi di media.

Walsh - voto 7 - Fortemente voluto da Bechi, che l’ha avuto in Ucraina, arriva con la fama di giramondo, uno che cambia squadra ogni anno. Non è facile da gestire, ma il talento è di livello superiore a tutti gli altri. Il coach livornese gli dà in mano le chiavi della squadra, che vive o muore sul suo talento. All’inizio va benissimo, dopo molto meno bene. Con Valli il rapporto invece inizia in maniera problematica, per il diverso tipo di esigenze del coach di Anzola. Dopo varie partite difficili, e anche aver corso il rischio del taglio, Walsh capisce l’antifona, si chiarisce con Valli e diventa un altro giocatore, impegnandosi per la squadra da play di riserva con grande impegno e ottimo rendimento, con poche forzature e buona gestione del gioco. Da esterno è anche un fantastico rimbalzista: se fosse sempre questo giocatore, sarebbe da confermare al volo. Lui la volontà di restare a Bologna l’ha espressa più volte, vedremo. In 30’, 15.3 punti, 7.4 rimbalzi e 3.4 assist di media.

Ebi - voto 6.5 - Arriva a febbraio, fortemente voluto da Giorgio Valli di cui è un vero “pretoriano”. Si temono i suoi attacchi di “sregolatezza”, ma a parte i gesti di Avellino - costati 3000 euro alla società - si rivela abbastanza tranquillo. E anche sul campo il suo rendimento è sorprendente. Dà al reparto lunghi bianconero la fisicità che mancava, e rende bene sia giocando da “5” che da “4”. Una bella sorpresa, che potrebbe restare se Valli dovesse venire confermato. In 31’ di impiego 11.8 punti, 7.7 rimbalzi e 1.8 stoppate date di media.

Ware - voto 4.5 - In estate sembrava un colpo di alto livello, e c’erano grandi aspettative su di lui. Arrivato dopo una trattativa fiume, si rivela invece una grossa delusione. In LegaDue era dominante con le sue penetrazioni, ma in serie A l’impatto fisico è molto diverso, e lui ne rimane schiacciato. La sua piccola taglia crea enormi problemi sia in attacco che in difesa, la gestione oculata del gioco non è esattamente la specialità della casa (2.2 palle perse), e manca totalmente la pericolosità perimetrale, 26% da tre. A marzo arriva la rescissione e viene sostituito da Warren. Fosse successo prima, forse parleremmo d’altro. Lui - incredibilmente - va a terminare la stagione in NBA, ai derelitti Sixers. O tempora, o mores. In 31’ di impiego medio, 11.7 punti e 2.2 assist.

Landi - voto NG - C’erano grandi aspettative su di lui, forse eccessive. 14 partite, 10 punti totali e l’impressione che a oggi non sia materiale da serie A, poi il prestito alla Fortitudo. In DNB sta incidendo parecchio e giocando nelle serie minori potrà crescere anche per più alti livelli.

Luca Bechi - voto 5 - Rinnovato da Claudio Sabatini come ultimo atto della sua gestione, viene confermato senza esitazione dalla nuova dirigenza. A posteriori, la scelta si rivela un errore. Sceglie e contribuisce a costruire una squadra corri e tira, che ha in Matt Walsh il suo leader indiscusso, a cui è permesso tutto. All’inizio le cose funzionano, e arrivato cinque vittorie nelle prime sei. Ma purtroppo la carrozza si trasforma in zucca ben presto, e appena arriva qualche infortunio si capisce che la coperta è corta, e che il solo Walsh da solo non basta, anche perchè nessuno difende. Nove sconfitte in undici partite, squadra in confusione, ed esonero inevitabile.

Giorgio Valli - voto 5.5 - Sale in corsa, eredita una situazione difficilissima e prova a raddrizzare la baracca con pugno di ferro. Tenta di ribaltare la filosofia della squadra - da offensiva a difensiva - e ci riesce in parte, anche grazie a rinforzi (Ebi e Warren) che Bechi non ha avuto. Dopo la vittoria iniziale con Siena ci sono cinque sconfitte in fila - quasi tutte in volata - e c’è la grande paura della retrocessione. Con le successive tre vittorie - seguite allo scossone dell’allenamento in notturna e ai tweet polemici dei giocatori - c’è la salvezza e l’illusione playoff, e il suo rinnovo viene dato per cosa fatta. Poi però la situazione precipita di nuovo, e il finale di campionato è mesto. Ora vedremo cosa succederà. Stando ai freddi numeri, le statistiche non parlano a suo favore: con sole quattro vittorie la Virtus è la peggior squadra del girone di ritorno, e la percentuale di vittorie di Valli (30.8%) è una delle peggiori delle Virtus recenti, paragonabile al 30% di Bechi nel 2012/13 e di Bianchini nel 2002/03.

Società - voto 5.5 - Bisogna giudicare dal giorno dell’insediamento di Renato Villalta in poi, e la valutazione è complessa. Di certo quel che conta maggiormente è il risultato sportivo, e qui è stato sbagliato tutto, senza se e senza ma. Due obiettivi erano stati dati (Final Eight e playoff), due obiettivi sono stati mancati. C’erano poche risorse, è vero, ma non sono state spese nel migliore dei modi, e quasi tutte le scommesse sono state perse, da Motum a Ware, tanto per dirne due. E almeno una valutazione sui giovani sotto contratto - Landi preferito a Baldi Rossi, che non è più sotto il controllo della Virtus - al momento grida vendetta. Non mancano però alcuni aspetti positivi, il primo dei quali è che la Virtus è stata iscritta al campionato ed è scesa in campo nonostante una situazione davvero critica dal punto di vista economico, come i tanti “lodi” arrivati e pagati durante la stagione dimostrano. Non era scontato. Ed è molto positivo anche l’aver cercato di riallacciare il legame tra la Virtus e il suo passato con l’iniziativa “Uomini che hanno fatto la storia della Virtus”, culminata col ritiro della maglia #5 di Sasha Danilovic. Infine, va ricordato che la società si è dissociata dall’elezione di Ferdinando Minucci a presidente di Legabasket, questione tornata di stretta attualità in questi giorni. Per la nuova gestione questo può essere considerato un anno zero, in cui sono stati fatti anche errori di inesperienza, e c’è stata anche confusione e sovrapposizione di ruoli, come il DS Bruno Arrigoni ha fatto recentemente notare. Per il futuro i margini di errore sono ridotti: la società è chiamata a fare quello che Renato Villalta ha promesso un anno fa, durante il suo insediamento, ovvero tornare ai vertici in tre anni, ora però sono diventati due. Per fare questo non basta tornare al PalaDozza, ma occorrono alcuni passaggi, semplici ma non scontati. Dal punto di vista economico bisogna ricapitalizzare per evitare problemi con la Comtec, chiudere ogni tipo di problema residuo col passato, e definire al più presto un budget adeguato. Dal punto di vista tecnico occorre capire al più presto chi confermare della dirigenza (forse tutti, dato che Arrigoni e Bottai hanno entrambi contratto), poi definire bene ruoli e competenze, e rispettarli nel corso della stagione. Solo dopo si penserà ad allenatore e squadra. E studiando infine una campagna abbonamenti intelligente, a prezzi ridotti come promesso, ci potrebbe essere una buona risposta di pubblico, perchè in città la voglia di una Virtus competitiva c’è ancora.