STAGIONE 1981/82

 

Bonamico, Generali, Govoni, Rolle, Villalta, Nikolic

Cantamessi, Fredrick, Ferro, Fantin, Pedretti

 

Sinudyne Bologna

Serie A1: 5a classificata su 14 squadre (15-26)

Seconda fase: 5a classificata su 14 squadre (4-6)

Play-off: semifinalista (5-8)

Coppa delle Coppe: semifinalista (4-8)

 

N. nome ruolo anno cm naz note
4 Zambalist Fredrick P/G 1959 185 USA  
5 Domenico Fantin G 1961 196 ITA  
6 Francesco Cantamessi P 1958 192 ITA  
7 Maurizio Ragazzi G 1964 190 ITA  
8 Maurizio Pedretti G/A 1961 200 ITA  
9 Maurizio Ferro G 1959 192 ITA  
10 Renato Villalta A 1955 204 ITA  
11 Elvis Rolle C 1958 205 USA  
12 Pietro Generali A/C 1958 207 ITA  
13 Ugo Govoni C 1959 207 ITA  
15 Marco Bonamico A 1957 200 ITA  
  Moris Masetti A 1963 201 ITA  
  Angelo De Stasio G/A 1962 197 ITA senza disputare nessun incontro
Solo amichevoli: Alessandro Daniele
             
  Aza Nikolic All     JUG  

 

Partite della stagione

Statistiche di squadra

Statistiche individuali della stagione

Giovanili

IL FILM DELLA STAGIONE

di Ezio Liporesi per Virtuspedia

 

Dopo aver sfiorato la stella e la conquista europea, si cambia tutto con un ringiovanimento generale. Non in panchina dove diventa allenatore a tutti gli effetti Nikolic, ma in campo: due americani provenienti dall’università, il pivot Rolle di grandi doti atletiche e di tecnica da affinare e il play guardia, più tiratore che playmaker, Zam Fredrick. Poi Fantin da Pordenone e Maurizio Ferro acquistato l’anno prima dalla Fortitudo, ma lasciato ancora l’anno precedente ai cugini. Oltre agli stranieri, parte dopo sei stagioni splendide Charlie Caglieris che torna nella sua Torino, ma che non riesce a trattenere le lacrime in un’intervista rilasciata a un’emittente privata, seduto sul suo divano di casa, ricordando il periodo felice trascorso a Bologna. La frase “buon giocatore ma non è un playmaker” che accompagnerà i suoi successori, Fredrick e Brunamonti (almeno prima della sua definitiva affermazione), testimonia dell’affetto che il pubblico portava per Caglieris e per quel ruolo che andava modificandosi nel basket.

Dopo la vittoria netta contro Mestre tre vittorie strette, a Torino di 4 contro l’Auxilium (che sarà seconda dopo la stagione regolare) e contro le meno quotate Treviso e Varese di un punto in casa e di due fuori. Alla quinta arriva la prima sconfitta contro Forlì tra le mura amiche, le cinque sconfitte casalinghe sulle undici totali saranno il freno nella prima fase; la squadra si riprende subito vincendo di due il derby con 24 punti di Fredrick. Poi il campionato procede con fasi alterne, tra le note positive la vittoria anche in casa contro Torino, 109-102, la vittoria di un punto a Cantù, i 112 contro 66 segnati alla Reyer e i 119 rifilati al fanalino di coda Brindisi; tra i rimpianti, le due sconfitte contro Milano, ai supplementari in trasferta e di un punto in casa, la sconfitta nel ritorno contro la Fortitudo. Nella seconda fase, che ancora una volta non muta il quinto posto della prima fase, ancora una sconfitta di un punto a Milano, 54-53 e un’altra vittoria, la terza, contro Torino in trasferta.

Gli ottavi dei playoff vengono liquidati in due partite contro Livorno; nei quarti contro Cantù, sconfitta di 3 punti in Brianza, successo di 5 a Bologna e nella bella la Virtus ha l’occasione di vincere sia nei 40 minuti regolamentari, sia nel primo supplementare, ma nel secondo supplementare con Cantù avanti di 4 e con Bariviera in lunetta sembra tutto perso; ha a disposizione un 2+1, vigeva infatti la regola che se si sbagliava uno dei primi due liberi si aveva diritto a un terzo, ma commette 3 errori (entrerà nella storia bianconera due anni dopo con un doppio errore ancor più decisivo) e Fredrick, 38 punti in 50', si erge a protagonista decisivo, confezionando un 6-0 che porta i bianconeri in semifinale. Contro Pesaro sconfitta 115-105 nelle Marche e vittoria di 4 punti a Bologna in una partita più tirata. Nella bella sembra prevalere la Scavolini ma con un sussulto la Virtus rimonta e sul meno due a 10 secondi dalla sirena Fredrick segna, subisce fallo e realizza l’aggiuntivo portando i suoi avanti per la prima volta. Fredrick, 988 punti segnati in campionato sembra diventare anche l’eroe dei miracoli finali, ma Zampolini sulla sirena condanna la Virtus all’eliminazione e ad essere esclusa per la prima volta dalla finale.

In Coppa delle Coppe la Virtus si qualifica nel girone giungendo a pari merito con il Cibona (che è primo per differenza canestri nel confronto diretto) e accede alla semifinale contro il Real dove viene sconfitta di un punto in casa e quindi la qualificazione si decide a Madrid; in Spagna i bianconeri stanno sempre in partita, trascinati da un superlativo Bonamico autore di 43 punti e cedono solo nei minuti finali con un distacco di 13 punti che non rispecchia l’andamento della partita ma che nega loro l’accesso alla finale.

Tratto da "100MILA CANESTRI - Storia statistica della Virtus Pallacanestro" di Renato Lemmi Gigli

 

Con Nikolic si volta pagina. Via Caglieris e Valenti, restano solo Villalta, Bonamico e Generali cui si aggiungono Fantin, Ferro e una coppia di colore, Fredrick gran fromboliere e Rolle valido pivot. Squadra giovanissima con conseguenti pregi e difetti. Disagevole inoltre risalire nei play-offs partendo da un 5° posto. E così dopo 5 finali consecutive, nella bella di Pesaro è Zampolini a 4'' dalla fine a silurare la Virtus in semifinale. Idem in Coppa per mano del Real Madrid.

Frederick a segno da sotto contro il Banco di Roma

Tratto da "Il Mito della V nera 2"

 

L'anno dopo, è il campionato '81-'82, il rinnovamento della formazione appare tangibile. La squadra viene definitivamente affidata al professor Nikolic. La preparazione parte a luglio con Fantin, Ferro e Goti al posto di Caglieris, Valenti e Martini. La Sinudyne ingaggia un play americano, il funambolo Zam Fredrick; al suo fianco un giovane pivot di "fisico", Elvis Rolle.

Le regole rigide dettate da Nikolic e la durissima preparazione di Tom Assi temprano subito la squadra dal punto di ivsta fisico, ma non si crea il famoso "gruppo". Solito quinto posto alla fine della stagione regolare (15 vinte, 11 perse) e un buon cammino in Coppa delle Coppe. In semifinale il Real Madrid viene a vincere in Piazza Azzarita di un punto e bissa il successo in Castiglia, nonostante la fenomenale partita di marco Bonamico (43 punti!). Nei play-off la prima vittima è Livorno (sponda Libertas) negli ottavi; indovinate chi c'è nei quarti? Esatto, Cantù, eliminata a Cucciago alla bella per 102-100 con 38 punti di Fredrick. In semifinale c'è la Scavolini, che passa a Pesaro in gara 3 solo grazie a un "missile" micidiale di Zam... polini, avezzo a risolvere contro i bianconeri questo tipo di finali-thriller.

La Sinudyne giunge così quarta e Zam Fredrick è capocannoniere del torneo, con 24,6 di media-partita: ma non è un vero playmaker. Intanto, Asa Nikolic lascia la guida tecnica della squadra.

Villalta durante il derby. Alle sue spalle si intravede Frederick

Tratto da "Virtus - Cinquant'anni di basket" di Tullio Lauro

 

Dopo la sfortuna e le mezze delusioni (gli ottimisti potrebbero chiamarli mezzi successi) dell'anno prima, Nikolic prende in mano le redini della squadra a tempo pieno e con totale e unica responsabilità. "Nell'anno di Meneghin, Peterson trova Nikolic" con questo titolo Giganti del Basket presenta il nuovo campionato, il 60° del basket italiano. Il Billy di Peterson compie il colpo del secolo portando a Milano Dino Meneghin, il più grande giocatore della storia del basket nostrano ma Bologna risponde ingaggiando il coach più vincente degli anni '70. I problemi della stagione passata derivano proprio dalla confusione sulla panchina: prima Zuccheri, poi Zuccheri/Nikolic, poi Nikolic/Ranuzzi. Insomma è difficile raggiungere dei traguardi nei continui rivolgimenti tecnici e nell'alternarsi delle persone. Altri nei erano: il ruolo di pivot e rimbalzista al di là del prodigarsi di Marquinho e la preparazione atletica ("o qualcuno ha delle calze troppo vecchie, o non è abituato a correre" disse sarcasticamente Nikolic dopo che al termine dei suoi primi allenamenti atletici, l'anno prima, ad alcuni giocatori comparvero delle vesciche sulle piante dei piedi) oltre ad una difesa più in linea con la strada che andava prendendo il basket italiano.

Viene abbandonata la via slava (i grandi campioni sono oramai pochissimi) e anche la via sudamericana percorsa per una stagione, mentre anche la strada degli ex-professionisti di gran nome, di gran fascino e di grandi costi, viene lasciata perdere non senza aver agitato a lungo lo specchietto di sua maestà Bob McAdoo. L'unica strada che rimaneva all'Avvocati Porelli era quella dei giocatori usciti dal college, ma non certo come ripiego visto che proprio da quell'enorme serbatoio negli anni passati erano arrivati nel Bel Paese giocatori del calibro di Moe, Morse, Jura, Hawes, McMillen e chi più ne ricorda più ne metta. La Virtus sceglie due giocatori di colore, entrambi referenziatissimi: il primo è Elvis Rolle, un muscoloso pivot di 2 metri e 5, accreditato di grandi doti come rimbalzista e in possesso di un buon tiro anche se non particolarmente prolifico. L'altro è Zambalist Fredrick, detto Zam, una guardia di 1,88 noto per essere stato il primo marcatore in assoluto di tutto il campionato NCAA. Zam è un grande tiratore che gli ipercritici mettono subito sotto accusa per le sue scarse attitudini difensive, mentre il problema vero, invece, sarà quello del ruolo: lui è una guardia e non certo un regista. Comunque nel gruppo dei giocatori di casa nostra come al solito le Vu nere non hanno eguali.

Dai cugini della Fortitudo, come previsto, è arrivato Ferro, un'altra guardia tiratrice ed è atteso a decisivi miglioramenti "Farfallino" Cantamessi, un giocatore sul quale Porelli conta molto. C'è un'altra novità, si tratta di Domenico Fantin guardia di 1,94 proveniente da Pordenone, giocatore in progresso che può diventare grandissimo in proiezione, ma diamo tempo al tempo. In maglia Virtus invece non vedremo più Charly Caglieris, che dopo sei stagioni petroniane ha finalmente dato corpo alla sua "piemontesità" e se ne è tornato all'ombra della Mole per fare grande la squadra di Torino. è partito il regista leader della formazione da sei anni e al suo posto c'è la speranza Cantamessi, il "nero" Fredrick (è una guardia tiratrice), i nuovi Ferro (è una guardia) e Fantin (è una guardia). Non saranno troppe, ci si domanda?

Dopo i primi risultati negativi sul banco degli imputati c'è Zam Fredrick "Si accusano gli americani, Fredrick in particolare di non essere adatti a questa Sinudyne" racconta Enrico Minazzi dalle colonne di Giganti del Basket "si scopre a novembre che Zam non sa fare il playmaker o che comunque non riesce a farlo come qualcuno vorrebbe". Si arriva anche a vociferare di una sua possibile sostituzione "Non se ne parla nemmeno taglia corto l'Avvocato Porelli ". "Giudizi sugli americani non ne do" puntualizza Nikolic "i conti li faremo solo a stagione conclusa. Per adesso lavoro con la squadra che io ho voluto". "Sono in una situazione difficile" è Zam Fredrick che dice la sua "il playmaker tira poco e si deve concentrare molto sul gioco della squadra, deve farla giocare. Ma se devo concentrarmi sul gioco della squadra poi le cose non vanno più come dovrebbero. Io posso fare due o tre cose e posso farle in una maniera che credo buona. Penso che Nikolic abbia capito benissimo quello che posso dare alla squadra; giocando con Cantamessi o qualcun altro accanto sono libero, posso fare molte più cose, soprattutto posso vedere molto meglio il canestro".

Naturalmente anche alla Virtus i metodi del professore Nikolic non sono digeriti da tutti con la stessa facilità. I sistemi, i carichi di lavoro e la dedizione che richiede il "diavolo bosniaco" sono pesantissimi e "all'interno della squadra si creano strani ma comprensibili meccanismi di autodifesa da parte degli italiani che apprezzano il lavoro del professore" racconta Enrico Minazzi su i Giganti "che concordano sulla sua bravura ma che non accettano il suo duro modo di agire in palestra; o che addirittura non riescono a capirlo quando li sollecita ad un maggior lavoro e anziché reagire con impegno accentuato si siedono 'tradendo' in questo modo la filosofia del professore". "è un allenatore molto bravo" aggiunge Zam Fredrick "capisce molto il basket e soprattutto sa sempre tutto quello che sta per succedere: prevede sempre tutto. Per me comunque è stato veramente difficile digerire i suoi metodi di allenamento. Negli Stati Uniti non ero proprio abituato a lavorare così tanto. Ho telefonato al mio coach all'università, pensava che scherzassi quando gli ho detto il carico di lavoro che svolgo a Bologna".

Bene o male, la Sinudyne arriva ai play-offs saltando gli ottavi di finale. Nei quarti trova subito un brutto cliente: la Squibb di Bianchini. Il primo incontro a Cantù vede vincitrice la squadra di casa (90-87), il secondo a Bologna vede la Virtus impattare il risultato (83-80) con qualche apprensione. Si va alla bella che diventa uno degli incontri di play-off più tirati, drammatici, affascinanti della storia della nuova formula. L'imprevedibile armata di Nikolic passa a Cantù contro i Campioni d'Europa che ci tenevano moltissimo a centrare un'accoppiata prestigiosa, dopo due tempi supplementari (102-100) e molte polemiche da parte dell'Evangelista Bianchini sull'arbitraggio. In questa occasione si scatena Nikolic che con 38 punti trascina la Sinudyne alle semifinali dopo un triplice confronto che ha dimostrato ancora una volta una singolare tendenza della Virtus: se non soffre fino in fondo non si diverte a vincere. Il turno di semifinale parte da Pesaro dove il primo incontro a "difese allegre" tra maestro e allievo sulle panchine opposte (Nikolic e Skansi), termina a favore di quest'ultimo 115-105. Il ritorno al palasport di piazzale Azzarita è tiratissimo ma alla fine i bianconeri hanno la meglio di 4 lunghezze (83-79). Si va dunque alla bella dove i marchigiani, favoriti per il titolo, vengono graziosamente omaggiati di una partita che sembrava già nelle mani della Sinudyne. SOno i giocatori di Nikolic che sciaguratamente sbagliano le cose decisive nei momenti decisivi. La Virtus è dunque fuori. Per la prima volta dopo 6 anni consecutivi la Vu nere non saranno protagoniste della finale per lo scudetto.

Il titolo se lo giocano la Scavolini e i milanesi di Dan Peterson e di capitan Benevelli, Kicanovic, Sylvester, Magnifico, Zampolini, Bouie e compagnia non sono una squadra, o per lo meno non lo sono come hanno dimostrato di esserlo invece D'Antoni, Meneghin, Gianelli, Ferracini e Boselli che espugnano Pesaro al primo incontro e poi strappano con le unghie un risultato che sembrava sfuggire al palazzone di Milano, davanti a 15mila persone impazzite di gioia per un successo che vale la seconda stella. Anche a Milano, come a Bologna, per far tornare lo scudetto (sotto le due Torri dopo 20 anni, all'ombra del Duomo dopo 10 anni) c'è voluto un piccolo grande uomo: Dan Peterson.

Finito il campionato cominciano ovviamente le analisi, le recriminazioni. "Chi non si capisce più cosa abbia in mente" è Dario Colombo direttore dei Giganti del Basket che scrive "è Gianluigi Porelli signore e padrone della Sinudyne che anche quest'anno ha 'rischiato' di arrivare alla finalissima... Rotto in anticipo quello che fino allo scorso settembre sembrava destinato a diventare il matrimonio del secolo (quello con Nikolic) adesso - come dice giustamente Aldo Giordani - Porelli per fare meglio dovrebbe solo ingaggiare John Wooden o giù di lì. Che Nikolic abbia sbagliato qualche mossa, soprattutto sul piano psicologico, non c'è alcun dubbio. Se Nikolic dice che la sua squadra non difende, alla fin fine non fa nemmeno lui una bella figura visto che è lui che dovrebbe farla difendere. Certo, in campo poi ci vanno i giocatori... Però Porelli non poteva nemmeno pretende che i frutti del lavoro di Nikolic, in una squadra rinnovata per metà - e proprio nei punti chiave - si potessero vedere subito. Vien proprio da pensare che se anche Nikolic ha fallito, non tanto sul piano dei risultati, quanto su quello della costruzione di una squadra degna di questo nome, qualche cosa di storto ci sia proprio nei giocatori... Anche qui sono anni che Porelli dichiara che non privilegerà più i giocatori italiani nelle scelte estive (e cioè non cambio gli americani se rompon le balle gli italiani) eppoi ci si ritrova con le stesse facce e con gli stessi problemi di quando c'era Cosic, di quando c'era Roche, di adesso che c'è Fredrick. E Allora?". E allora crediamo che in casa Virtus ci si sia accorti, al di là delle valutazioni sin qui fatte, di una cosa. Una squadra non si costruisce senza un vero playmaker. Forse la valutazione su Fredrick era stata affrettata se non sbagliata. Fatto sta che la squadra della stagione negativamente conclusa, aveva un solo regista, Cantamessi, il quale non ha confermato tutto ciò che ci si attendeva da lui, fors'anche oppresso da questa responsabilità, e tre guardie. Forse l'errore è da ricercare proprio lì.

NIKOLIC VUOLE ANDARSENE? PAGHI LA PENALE

Giganti del Basket - Gennaio 1982

 

Il silenzio è d'oro; è una massima particolarmente cara all'avvocato Porelli che nella Sinudyne è forse l'unico che può parlare a ruota libera. Non si vede infatti chi potrebbe rifilargli le multe che lui minaccia ai giocatori ad inizio stagione quando spiega, a vecchi e nuovi, quali sono le regole comportamentali di un "V nera". E difatti se andate a rivedere negli archivi dei giornali, ben difficilmente troverete interviste "cattive" di atleti che sono ancora tesserati per la società bolognese. La consegna è tassativa, per tutti: cosicché anche quest'anno in presenza di risultati che sicuramente non corrispondono all'effettivo potenziale della squadra al più si riesce a raccogliere qualche lamentela detta però a mezza voce e soprattutto con la preghiera di non mettere nomi. "Sai, l'avvocato...". Lo stesso atteggiamento di fermezza Porelli l'ha avuto nei confronti dell'allenatore che lui ha voluto a Bologna per aprire un nuovo ciclo: la delusione per non essere riuscito ad imporre una certa mentalità a giocatori che evidentemente si considerano arrivati, la difficoltà a riciclare più mentalmente che tecnicamente certi atleti, il mancato arrivo dei risultati, qualche problema di convivenza con la peraltro blanda stampa bolognese, avevano infatti indotto Aza Nikolic a rassegnare le dimissioni subito dopo l'ennesima figuraccia rimediata a Milano contro il Billy. Ma l'avvocato è stato inflessibile: Nikolic, se voleva, poteva anche rompere il contratto che lo legava per quest'anno, ma ne avrebbe sopportato le conseguenze pagando i "danni", vale a dire una pesante penale.

"Nikolic se ne sarebbe andato di corsa" hanno sibilato due dirigenti che avevano saputo la confidenza dallo stesso Porelli ad una delle recenti rionioni di Lega "ma ovviamente pur di non sborsare una lira è rimasto al suo posto. E chissà, magari a fine stagione saremo qui a pentirci del fatto che è rimasto: non è infatti escluso che la spunti ancora lui in campionato!".

 

Rolle a rimbalzo nella semifinale scudetto, persa contro la Scavolini

TUTTO SBAGLIATO TUTTO DA RIFARE

di Enrico Minazzi - Giganti del Basket - Aprile 1982

 

"Madonna Disperazione" è il titolo di una notissima canzone di Lucio Dalla. Può anche essere però un modo (forse quello più vicino alla realtà) per decifrare e definire la balorda e fin qui fallimentare stagione della Sinudyne, la squadra cara al cuore del cantautore bolognese. Presentatasi al via della stagione buona prima, con l'allenatore da tutti considerato come il migliore, con il parco italiani da tutti indicato come il più alto e il più forte, con sue statunitensi accreditati di statistiche di prim'ordine e da una fama celebrata nell'esclusivo ed aristocratico mondo della NCAA, la Sinudyne ha fin qui compromesso la sua stagione fallendo l'obiettivo minimo della finale in Coppa del Coppe e fornendo, in campionato, una serie di prestazioni tanto indecifrabili quanto sconcertanti, tali da mettere a dura prova la pazienza e la fede degli appassionati bolognesi e della critica che da mesi si interroga su dove potrà mai arrivare questa squadra che nei playoff quest'anno difficilmente riuscirà ad essere protagonista come le è sempre riuscito in passato. Oggi parlare di una Sinudyne quasi scavalcata in classifica dai cugini terribili della Fortitudo non fa più notizia, così come non stupisce il fatto che i bolognesi lottino per la quarta, la quinta posizione in classifica.

E dire che solo due anni fa la Sinudyne, certamente non 'questa' Sinudyne, era campione d'Italia; e pensare che solo la stagione scorsa, con qualche giocatore diverso (ma anche senza stranieri) "quella" Sinudyne era perfino riuscita a far tremare Cantù riaprendo un discorso scudetto che nessuno riteneva più abbordabile. E ci riesce difficile immaginare una finale tricolore giocata senza quelle "V nere" che dall'introduzione dei playoff nel nostro campionato non hanno mai fallito l'appuntamento decisivo della stagione. Quest'anno invece dobbiamo prendere atto di questa realtà nuova che rischia di togliere una protagonista da prima fila nella lotta per lo scudetto, una novità, è facile prevederlo, comunque vadano le cose nelle settimane che mancano alla conclusione di questo campionato italiano del sessantesimo, che porterà a molti chiarimenti in seno a quella che per molto tempo abbiamo ritenuto, potenzialmente, la candidata numero uno al titolo.

Evidentemente l'aver cambiato molto (in termini tecnici, di allenamento, di preparazione, ma anche di giocatori, di uomini)= ha finito per creare molti, troppi problemi alla Sinudyne e a Nikolic che non poteva effettuare rientro peggiore nel nostro campionato, lui che viene considerato il santone per eccellenza della pallacanestro europea se non mondiale. A questo punto però i giochi, in seno alla squadra di Porelli, sembrano fatti: i bilanci, questo è evidente, ognuno dice di volerli fare solo a palla ferma, a stagione conclusa. Allenatore, giocatori, dirigenti. Il pubblico un po' meno visto che ora con Nikolic, ora con Porelli, ora con gli americani, ora con gli italiani si è già parzialmente sfogato. Ma è chiaro che l'indomani della chiusura di questa balorda annata, in casa Sinudyne ci si guarderà in faccia per trovare una giustificazione logica e convincente di tutto quello che è successo. E si cercherà di attuare una politica di rilancio per l'anno prossimo. Nel frattempo tutti i protagonisti di questo inatteso drammone bolognese che ha quasi gettato nella bufera ls società più ricca e più solida dell'intero campionato italiano, accumulano prove o meglio personali interpretazioni sul perché è stata fallita la finale di Coppa delle Coppe e sul perché la squadra ha giocato così male, senza continuità in campionato. Perfino Nikolic, solitamente parco di analisi e di critiche pubbliche alle sue squadre o ai suoi giocatori, in più di un'occasione non ha mancato di sottolineare quelli che secondo lui sono i limiti di questa Sinudyne.

"Questa è una squadra che non ha i mezzi che lei dice. Con i nomi purtroppo non si fa risultato. Anche perché in una squadra i due statunitensi vogliono dire più del 50% e se non arrivano a dare quel rendimento, allora è tutto inutile. E qui purtroppo è così, anche perché Fredrick e Rolle non vanno mai bene assieme. Così come gli italiani: tanto che io mi chiedo perché mai i tre italiani (Villalta, Bonamico e Generali, n.d.r.) vanno bene a Madrid e la domenica prima hanno fatto male e quella dopo idem. Secondo lei questa è una squadra che ha i mezzi"?

Viene in mente l'entusiasmo dell'avvocato Porelli, la scorsa primavera, nonostante lo scippo di Strasburgo, per l'avvenuto ingaggio del professore jugoslavo che non ama essere chiamato così ma che in ogni palazzetto è chimato così da tutti. Vengono alla mente le prime diagnosi su quella Sinudyne reduce dall'infelice esperienza con Zuccheri e affidata, provvisoriamente, alle mani di Ranuzzi in attesa dell'arrivo dell'allenatore che avrebbe dovuto aprire un nuovo corso in casa Virtus dopo le incertezze tecniche degli ultimi anni. Invece niente. E oggi a Bologna sono lì a contare i cocci lasciati per strada quest'anno. E sono molti: dalla totale incomprensione a livello umano instauratasi fra giocatori ed allenatore e fra quest'ultimo e la società, dove se non gli hanno messo i bastoni fra le ruote, pur dandogli carta bianca in tutto e per tutto, probabilmente non hanno saputo compiutamente capirlo o affiancarlo.

"Tutti i guai della Sinudyne - sottolinea Lucio Dalla - nascono dalla finale persa in Coppa Campioni la passata stagione: dopo di allora sono stati fatti degli errori a livello di campagna acquisti togliendo alla Virtus un leader del calibro di Caglieris o Marquinho, si è preso un Rolle che io all'inizio ho subito detto che non andava bene perché mancava di carisma. E molto ha sbagliato anche l'allenatore: per quello che ha fatto qui è molto, molto discutibile. Non per presunti errori tecnici, ma a livello di nevrosi, di insicurezza. E quando una persona ti rompe i piatti in testa - conclude il cantautore - dopo che hai lavorato duro, allora finisce che la gente non ci sta più. E ti pianta in asso".

"In questa squadra - ribatte Nikolic - manca un leader, un giocatore capace di sacrificarsi per gli altri, di giocare per gli altri, di essere riconosciuto tale dai compagni. Purtroppo ho sbagliato io nello scegliere la composizione della squadra, gli altri errori non sono che una conseguenza del primo. Anche ese questa è tutta gente che non ha fondamentali: lei potrebbe obiettare che avrei dovuto insegnarli io. Ma come faccio? Tra campionato e coppa non c'era mai tempo per lavorare come si deve. E poi questo è un lavoro da fare dopo il campionato, con gente che non è abituata a fare tre mesi di vacanze. è solo un problema di voglia di fare. Qui invece sono sempre tutti stanchi di lavoro...".

I giocatori naturalmente respingono in blocco l'accusa di non voler lavorare; dice Villalta: "Non ci siamo mai tirati indietro quando c'era da sgobbare. Per quel che mi riguarda posso solo smentire di aver perso trenta o più giorni d'allenamento come ha detto qualcuno molto in malafede e poco informato. Al massimo sono un paio. Purtroppo - sottolinea l'azzurro - mezza stagione l'abbiamo compromessa fallendo la finale di Coppa: il momento è delicato, sono saltati fuori anche attriti interni ma tutto questo perché è mesi che lavoriamo senza che arrivino i risultati. Nei playoff però può succedere di tutto, perché la squadra ha sempre un bel potenziale. SOlo che non riesce ad esprimerlo compiutamente".

Tutto vero: ma è anche vero che Renato Villalta (da oltre un anno vittima di un assurdo quanto vigliacco linciaggio morale sui campi di mezza Italia) sta giocando la sua peggior stagione da quando è alla Sinudyne: un'occhiata alle cifre, non ai tabellini domenicali, può forse chiarire maggiormente le idde sul momento-no dell'azzurro, 366 punti segnati nella prima fase contro i 647 dell'80, con una percentuale totale di tiro del 46%, ben lontana dal 54% della passata stagione. Ma Villalta, è bene non dimenticarlo, non è l'unico a giocare al di sotto del suo potenziale in questa squadra che la sua forza finora l'ha espressa solo tramite le colonne di piombo che i giornalisti specializzati hanno scritto a più riprese sulle sue possibilità rimaste finora inespresse. A proposito di giocatori è infatti bene non dimenticare che fra gli italiani Generali, non a caso , sta rischiando di perdere il posto in Nazionale (se addirittura non l'ha già perso); mentre gente come Cantamessi e Ferro entrano in partita solo se qualcuno esce per falli o se la situazione è talmente disperata da 'obbligare' cambi che altrimenti Nikolic eviterebbe volentieri di fare.

"All'inizio c'era molto entusiasmo - confessa Generali - eravamo convinti di vincere tutto, poi con le prime sconfitte le cose sono cambiate anche se inizialmente la squadra aveva reagito bene. Poi però la situazione è cambiata... Le colpe sono un po' di tutti, dei giocatori e dell'allenatore: col professore c'è stato poco dialogo, forse si sarebbe potuto trovare un punto d'intesa. Così invece si parla poco. Lui poi è un perfezionista: forse dovrebbe utilizzare il giocatore per quello che gli può dare. AL di là del fatto - sottolinea ancora il gigante della Virtus - che in questa squadra spiccano sempre le individualità e mai il collettivo. E se vogliamo puntare in alto ci vuole necessariamente il collettivo: e da questo punto di vista la situazione è davvero drammatica".

"è anche un problema di fiducia - ricorda Mario martini, il nuovo direttore sportivo della Virtus che due mesi or sono voleva dimettersi a causa delle difficoltà ad intendersi con Nikolic - un problema di fiducia nei confronti del materiale umano a disposizione. Dico questo in assoluto, non solo per la Virtus. Con quel suo modo di fare, Nikolic è distaccato dalla squadra. Forse dovrebbe ammettere l'errore, forse capire l'errore: il basket in fondo non è perfetto. Anche se l'anno scorso, quando giocavo, in squadra c'era un clima differente. Forse Nikolic ha avuto fretta, troppa fretta. Così oggi troviamo un clima di insicurezza: non dimentichiamo che la squadra è al lavoro dal 2 agosto scorso, ha fatto anche due allenamenti al giorno: così i ragazzi dopo cinque-sei mesi non vedono arrivare i risultati e restano sfiduciati. è un fatto negativo per l'amalgama di una squadra che è stata rinnovata moltissimo che forse manca di un leader. Vedere poi che i progressi non arrivano mai fa sì che i meccanismi di relazione vadano a farsi benedire".

"Tanto più - incalza Generali - che se confronti i metodi di lavoro sperimentati in precedenza con Dan e con Terry e fai un paragone con quelli di Nikolic e vedi che con quest'ultimo non hai mai vinto nulla, allora ti chiedi qual è il migliore. E la risposta è chiara..."

Ecco dunque che si spiega almeno in parte il progressivo aumento dei litigi e delle incomprensioni fra giocatori e allenatore. Non insomma più notizia il fatto che Fantin mandi a quel paese Nikolic a Cantù o che Villalta e Bonamico quasi vengano alle mani in partita a Pesaro, o che lo stesso Bonamico in allenamento scambi "gentilezze" verbali con Generali. Tutti episodi che hanno creato e creano tensione in una squadra che ha già mille motivi tecnici per essere nervosa, stante l'impossibilità di trovare il bandolo di un gioco che non riesce ad essere mai continuo e produttivo anche perché questa è sicuramente una Sinudyne sbilanciata se non addirittura sbagliata. Dove la forte personalità di Nikolic s'è scontrata con quella di giocatori italiani poco propensi, inconsciamente almeno, a sentirsi considerati esclusivamente come pedine di uno schema o di un gioco. Problemi di mentalità dunque, ma anche problemi tecnici grossi se è vero come è vero che una, dieci, mille volte quest'anno la Sinudyne ha regalato agli avversari partite che aveva già vinto o che era riuscite a riaprire tre, quattro volte. Segno che la squadra a sprazzi c'è. Ma manca di continuità, forse perché non c'è quel Caglieris o anche solo quel Valenti che con troppa fretta sono stati ceduti: ma questo, a nostro avviso, è un discorso fin troppo facile da fare a sei mesi di distanza dal raduno estivo della squadra. Come sarebbe stata la Sinudyne con un regista come il Charlie che ha lanciato la Berloni nell'orbita delle alte posizioni di classifica? Facile dirlo, molto più difficile verificarlo. Né ci piace, come fanno in molti a Bologna, anche all'interno della stessa Virtus, il totale scaricamento di responsabilità sull'allenatore: che sicuramente ha sbagliato nel scegliere la squadra, gli americani, finanche i metodi di allenamento.  Ma che ha fatto fino in fondo il Nikolic. Perché Nikolic è così. E non crediamo proprio sia possibile cambiarlo, tanto meno oggi che sono passati dieci anni dall'esperienza di Varese. E che il professore fosse così, a Bologna lo sapevano ancor prima di ingaggiarlo. Che poi alla resa dei conti si sia rivelato ancor "peggiore" di quanto lo immaginassero in casa Virtus, beh, questo è un altro discorso. Che abbia sbagliato a non ammorbidire certi suoi atteggiamenti da perfezionista è ancora un altro discorso. E crediamo che tutto questo farà parte dei chiarimenti che Nikolic chiederà e sarà richiesto di fornire a fine stagione nel colloquio con Porelli che presumibilmente ufficializzerà l'anticipata risoluzione anticipata del contratto biennale fra il tecnico bosniaco e la società bolgonese. Un contratto che non avrà più motivo di essere nel momento in cui Porelli presenterà al tecnico il conto di una stagione fallimentare e soprattutto gli chiederà spiegazioni per certe chiusure totali nei confronti di certi giocatori (Cantamessi, Ferro) o per certi atteggiamenti (vedi multa al ribelle Bonamico) tenuti dal professore che hanno suscitato perplessità in seno alla Virtus. Al di là di un'analisi il più possibile veritiera su quelli che a Bologna ritengono gli errori più grossi dello jugoslavo: la scelta errata degli americani, l'affrettata cessione di Caglieris, Marquinho e Valenti, il rifiuto ad ingaggiare Kicanovic o Delibasic (che pure erano raggiungibili, a quanto risulta); infine la totale mancanza di dialogo con la squadra. "Che sia un'annata storta - conferma un virtussino di provata fede che preferisce l'anonimato - lo conferma il fatto che contrariamente al solito i dirigenti non litigano più fra loro per seguire la squadra in trasferta". "L'inizio della fine - ha commentato un frequentatore abituale del parquet di Piazza Azzarita -

è stato quando Porelli non ha più seguito la Virtus a tempo pieno". Quei tempi però paiono essere lontani. Se è vero che il procuratore generale della Virtus, pur denunciando una certa stanchezza di fondo, è tornato in pista animato da fieri propositi di ricostruzione confortati, oltretutto, da richieste record per le tessere d'abbonamento per la nuova stagione. "Essere già sicuri oggi del tutto esaurito per l'anno venturo - confessa Porelli - è la dimostrazione che Bologna nonostante tutto crede ancora in questa squadra, in questa società". E difatti per l'avvocato bolognese la stagione che sta per chiudersi comunque vada a finire è già archiviata. Lui pensa già al futuro, aspetta solo di parlare a quattr'occhi con Nikolic: lui tanto pare già avere idee chiare sulla nuova Sinudyne. Gli italiani non si toccano (è probabile anzi uno sforzo sul mercato interno), gli americani li sceglierà invece l'allenatore recandosi personalmente negli Usa. Tutto queseto anche a costo di perdere Nikolic anzitempo visto che negli States il professore non ha voluto mai andare per motivi personali ma che pur standosene in Italia scelse un certo Morse facendogli fare un prvino di cinque minuti a Troino...

Porelli sa quello che vuole: aspetta solo di verificare certe cose con Nikolic. Poi deciderà se risolvere anzitempo un contratto biennale dove sono in ballo anche molti soldi, se promuovere Di Vincenzo allenatore sul campo (come fece con Driscoll) o se viceversa pescare a sorpresa nel mercato americano (si parla di un ritorno clamoroso: Landa? Oppure Mullaney? O forse McMillen o addirittura Driscoll?). Quel che è certo è che una volta di più Bologna e la Virtus faranno notizia.

SINUDYNE A TESTA BEN ALTA

di Naro De Gladio – Superbasket – 13/05/82

 

Per un punto, per l'ultimo tiro degli avversari a quattro secondi dalla fine, la Sinudyne ha dovuto rinunciare alla disputa delle finali tricolori. Il lavoro di Asa Nikolic è stato esemplare, e condotto con una mostruosa puntualità; dopo nove mesi esatti di fatiche in palestra, la squadra felsinea era giunta al suo “optimum” attuale per l'appuntamento decisivo. Fu in tutto e per tutto sullo stesso piano degli avversari. Proprio nell'anno in cui veniva a mancare l'unico “play” della squadra, è riuscito al diavolo bosniaco di portare ugualmente la Sinudyne in un crescendo eccellente ad un soffio dalla clamorosa, sensazionale qualificazione per l'atto conclusivo del campionato. Sì, per la prima volta la Sinudyne non è andata in finale, sì, la cabala (che voleva la quinta classificata della prima fase sempre presente nella finalissima) è stata quest'anno smentita dai fatti; ma resta ugualmente negli occhi la superba prova di carattere ed anche di efficienza tecnica fornita dalla squadra bolognese in quell'ultimo sfortunato e “impossibile” atto della sua stagione. Chissà dove mai potrà arrivare questa squadra se potrà essere conservata alla guida del suo timoniere, confermatosi anche in quest'annata ben pari alla sua fama e ai risultati che ha conquistato.

Certo, senza un “play” in campo, senza un uomo che faccia eseguire al quintetto le disposizioni del coach, sgolarsi in panchina non serve, e accade sempre di dover vedere che i palloni decisivi vengono buttati al vento, o che si tira da metà campo, col pivot, il pallone che poteva dare il k.o... Comunque, tutti coloro che sono sportivi, tutti coloro che non sono accecati dal tifo, debbono riconoscere che la Sinudyne è uscita di scena a testa ben alta, dopo aver sfiorato il colpo a sensazione sul campo della prima in classifica, e dopo essersi tenuta sullo stesso piano della sua avversaria. A Pesaro la Sinudyne uscì battuta nel punteggio, ma non piegata e tanto meno umiliata.

Una squadra che era andata in cessione e quindi in incasso, si è tenuta sullo stesso piano di un'avversaria che aveva viceversa investito un miliardo. A Pesaro, come tutti hanno veduto, la Sinudyne avrebbe potuto vincere: ha deciso una palla, un passaggio, un tiro, un personale. La Sinudyne fu stolida solo allorché consentì all'avversaria un parziale di dieci a zero, ma fu grande quando riuscì a rimontare dieci lunghezze di svantaggio. I giocatori che nello spogliatoio piangevano, avevano lacrime di rabbia e di disappunto, come sempre accade quando si sfiora soltanto, senza riuscire a ghermirla, una prodezza di grandi proporzioni che non sarebbe immeritata e che era a portata di mano. Ancor sofferenti per il gran spavento provato, davano atto della eccellente prova felsinea i capi della squadra vittoriosa, certamente superiore nell'arco dell'intera stagione, ma non più che sullo stesso piano nei quaranta minuti dello scontro decisivo. Del resto, il basket è questo, e come tale va apprezzato. La Sinudyne aveva vinto l'anno scorso a Pesaro per un punto con un fortunoso canestro di Villalta dall'angolo (un tiro di sghimbescio, che fu documentato dalla televisione); aveva vinto quest'anno dopo due supplementari a Cantù perché era stata graziata da Flowers, e perché l'ultimo canestro della Squibb era giunto un attimo dopo il fischio. Successivamente, a Pesaro, il “canestro dell'anno” (quello che può cambiar volto al basket del prossimo lustro) è giunto inesorabile da Zampolini a quattro secondi dal termine. Per quattro secondi, per un punto, dopo nove mesi di sudore (nessun'altra squadra ha lavorato tanto) le Vu nere non sono finaliste, e hanno lasciato la rumba dello scudetto, in quella che esse considerano la vera finale. Quali che siano le decisioni del domani-Sinudyne (e tutti si augurano che siano ispirate) resta negli occhi la prova certamente ammirevole offerta sull'ultima spiaggia. Una prova che ha confermato la saldezza di una società, la bravura di un allenatore, e la classe dei singoli giocatori. Non si perde per un punto a Pesaro contro una Scavolini scatenata, se non si appartiene al Gotha del basket. Resta il rammarico per i pochi che alla fine vollero rovinare una grande dimostrazione di “basket-thrilling”. Ma vale sempre la massima del vecchio allenatore toscano: “Non ti curar di lor, ma guarda e passai!”.

ALLENAMENTO

 

Lunedì

Martedi

Mercoledì

Giovedì

Venerdi

Sabato

Domenica

riposo

10-12 e 16-19

17-19

10-12 e 16-19

11-12 e 17-19

16.30-18

partita

 

La Virtus Sinudyne è la squadra che si allena di più con 16h30' e svolge l'allenamento più lungo al martedì e giovedì pomeriggio con 3 ore.

 

LA RIVINCITA DI NIKOLIC

Un precedente fortunato: Rudy D'Amico, coach di Brindisi, otto mesi prima con il Maccabi aveva battuto Aza nella finale di Coppa dei Campioni, ma il 25 novembre 1981...
di Ezio Liporesi - Corriere dello Sport - Stadio - 12/03/2021

 

25 novembre 1981, dodicesima giornata di campionato. Arriva a Brindisi una Virtus che ha vinto sette delle prime undici gare, con le sconfitte equamente divise tra casa e trasferta. La squadra era partita molto bene, con cinque vittorie nelle prime sei gare, l'ultima delle quali nel derby, poi la sconfitta a Milano, al supplementare ha inaugurato una periodo di tre gare perse su quattro, dopodiché è venuta la vittoria sul Bancoroma con trentatré punti di Fredrick. Zam contro i romani era tornato oltre quota trenta dopo i trentacinque punti segnati all'esordio in campionato. In Puglia la Virtus deve affrontare una squadra che ha le sue punte di diamante in Howard, che mette a segno trentatré punti, Malagoli ventisei , e Cliff Pondexter quattordici. Cliff è fratello del più noto Roscoe: la storia di quest'ultimo, anche lui protagonista in Italia e padre di Quincy, giocatore NBA, è stata raccontata nel libro Vale Tutto da Lorenzo Sani che ha narrato le vicende post basket come guardia carceraria presso la Corcoran State Prison del giocatore americano. Le V nere, però, ebbero quel giorno due cecchini decisivi: Fredrick si confermò sui suoi standard con trentaquattro punti, Bonamico ne mise a segno ventotto. Ci furono poi i quattordici punti di Fantin, gli otto di Villalta (uscito per cinque falli) e Rolle i tre di Generali e i due di Cantamessi. Alla fine la Virtus prevalse 86-97. L'allenatore vincente fu Asa Nikolic, lo sconfitto Rudy D'Amico, ribaltando quello che era avvenuto otto mesi prima a Strasburgo: l'allenatore americano allora era alla guida del Maccabi che beffò una Sinudyne priva di McMillian e penalizzata dall'arbitraggio in finale di Coppa dei Campioni, sconfiggendola per un solo punto; Aza era sulla panchina bianconera in qualità di direttore tecnico di fianco all'allenatore Ranuzzi. Quella partita è legata, però,  anche alla storia di due Virtussini. Nella Bartolini segnò due punti Alessandro Goti: nato il 3 febbraio 1961 a Prato dove cominciò a giocare, passò poi alla Virtus dove dalle giovanili arrivò alla prima squadra con la quale vinse lo scudetto del 1979. Sempre appartenente alle V nere era poi partito in prestito e così era giunto a Brindisi. Sarebbe poi tornato alla Virtus nell'annata successiva per disputare un'altra stagione in bianconero, prima di partire per altre destinazioni. Maurizio Pedretti, nato ventiquattro giorni dopo Alessandro, il 27 febbraio 1961, a Bologna, cresciuto nelle giovanili bianconere dove fu compagno di Goti nei cadetti e nella Juniores, poi giocò anche in prima squadra, contribuendo allo scudetto del 1980. In quella gara di Brindisi Maurizio si trovò così ad essere avversario di Alessandro, poi alla fine di quella stagione finì a Rieti nell'operazione che portò Brunamonti a Bologna. Purtroppo le vite di Alessandro e Maurizio che erano iniziate nello stesso mese di febbraio del 1961 e che avevano avuto come denominatore comune la V nera, si fermarono, troppo presto, nel mese di aprile del 2018: Maurizio ci lasciò il venti, Alessandro otto giorni dopo.

Bartolini Brindisi 86: Fischetto 4, Sarra 3, Goti 2, Spinosa 4, Howard 33,  C. Pondexter 14, Malagoli 26, Vitali, Cavaliere, Campanaro. All. D'Amico.

Virtus Sinudyne Bologna 97: Fredrick 34, Fantin 14, Cantamessi 2, Pedretti, Ferro, Villalta 8, Rolle 8, Generali 3, Govoni, Bonamico 28.