WALTER MAGNIFICO
Walter Magnifico dalla lunetta
nato a: San Severo
il: 18/06/61
altezza: 209
ruolo: ala/centro
numero di maglia: 6
Stagioni alla Virtus: 1996/97
statistiche individuali del sito di Legabasket
palmares individuale in Virtus: 1 Coppa Italia
WALTER MAGNIFICO SEDICI ANNI DOPO: "MI VOLEVA PORELLI, MA ARRIVÒ FERRO"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 28/06/1996
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Chi non salta è un pesarese. Emozionato, dopo sedici stagioni in biancorosso, Walter Magnifico si ferma a parlare con i tifosi (una cinquantina di Forever Boys) per chiarire le discussioni (legate a qualche gesto poco chiaro) di un paio di anni fa. "Giocavo per Pesaro", ribatte Walter, adesso è qui, e racconta che con la Virtus avrebbe potuto concludere quindici anni fa. "Mi voleva Porelli, ma ero in ballottaggio con Ferro. L'avvocato chiese lumi a John McMillen: credo che non gli abbia più parlato". Da un aneddoto all'altro. "Conosco bene Prelevic. Con la Scavolini affrontammo il Paok in Korac. Dopo aver vinto di 16 in casa ne buscammo 38 in Grecia: una delle peggiori giornate che io ricordi".
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CARA VIRTUS, HO L'ENTUSIASMO DI UN ESORDIENTE
Superbasket - Giugno 1996
Walter Magnifico è nato a San Severo (Foggia) il 18 giugno 1961. Lanciato in A dalla Fortitudo Bologna, con cui esordì nel 79/80, l’anno dopo passò a Pesaro, dove ha giocato ben 16 campionati. In A ha segnato 8152 punti (10° assoluto), da 14 anni di fila ha una media punti superiore ai 10. In azzurro ha giocato 215 partite, era agli Europei di Atene l'estate scorsa. A metà anni '80 fu chiamato ad un camp dagli Atlanta Hawks.
Magnifico, con la Virtus è stato amore a prima vista?
Mi hanno colpito la fiducia e la disponibilità con cui mi ha parlato Cazzola. Ha capito che a 35 anni, e con il mio entusiasmo, chiedere un biennale vuol dire solo poter andare in campo con tranquillità.
Ma quello di Bologna è stato un "blitz" o parlavate da tempo?
Giocavo a Pesaro da 16 anni, non potevo andar via all’improvviso. In un incontro a tu per tu Valter Scavolini mi ha esposto i programmi futuri. Massima disponibilità nei miei confronti, ma, come accadde in passato con Andrea Gracis, non c'era la volontà di farmi un biennale. Quindi i piani non rispondevano alle mie aspettative.
C’è stata rottura immediata?
Rottura mai. Con Scavolini ho un rapporto bellissimo, gli devo tanto. Ci siamo incontrati ben 3 volte. Alla seconda, mi ha offerto un ingaggio inferiore a quello dell'anno scorso. lo l'ho accettato, ribadendogli però il desiderio di avere 2 anni di contratto. lì presidente mi ha fatto capire che la fiducia era immutata, ma che più di un anno non poteva.
Per la prima volta nella sua carriera si è affidato ad un agente...
Si, a Toto Ricciotti, che devo ringraziare perché è stato un ottimo professionista. Prima non ne avevo avuto bisogno. Ma, vista la nuova situazione, non potevo certo telefonare io alle società ed offrirmi...
Forse Scavolini non pensava che lei sarebbe andato a rafforzare un team da scudetto come la Virtus...
No, lo immaginava. Magnifico non poteva certo lasciare Pesaro per andare in A2! Al terzo incontro gli ho annunciato quest'opportunità e non ha tatto problemi. Mi ha confermato che la disponibilità del suo club e la sua stima personale restavano immutati.
Il suo legame con Pesaro resta...
Mia moglie è di Pesaro, la mia famiglia risiede a Pesaro e a Pesaro ho aperto una palestra. Qui tornerò per il dopo-basket al quale però non penso minimamente, perché è molto lontano.
Ma in quanti giorni è maturato l'ingaggio alla Virtus?
Una decina. La trattativa è stata lampo, con Cazzola ci siamo capiti subito. Certo, ho dovuto riflettere bene su questo passo. Ma non mi sono sentito combattuto perché ho avuto fortuna: la situazione era chiara da una parte (Pesaro) ed era chiara dall'altra (Bologna).
Aveva offerte anche dall’estero?
Si, dalla Grecia.
Ritroverà Alberto Bucci in panchina dopo i 2 anni dì Pesaro...
Mi ha illustrato i programmi della società. Conosco bene lui e la sua filosofia. Ma è anche vero che gli uomini non sono sempre uguali e la squadra a Bologna sarà molto diversa dalla Scavolini di allora, quindi sarà diverso Bucci.
Cosa la stimola di più?
Dovrò ricominciare da capo. A Bologna arriverò come l'ultimo dei ragazzini, senza privilegi o riguardi. Dovrò guadagnarmi lo spazio, la fiducia, il rispetto. Questa novità mi dà entusiasmo e mi fa sentire più giovane.
Si ricorda quando fu l'ultimo anno in cui giocò da non capitano? Ora le ricapiterà...
Per la verità non me lo ricordo (era il 1985, ndr). Dopo Brunamonti il capitano alla Virtus sarà Binelli. Porterò rispetto al mio nuovo capitano.
Bucci le ha parlato del tipo di utilizzo che le riserverà?
No ed ho gradito particolarmente la cosa. Non posso pensare che ad un giocatore venga garantito il minutaggio prima che si conosca l'esatta composizione della squadra e prima che si inizi a giocare.
Forse non sarà in quintetto...
Non c'è problema. Anche l'anno scorso, all'inizio, non ero in quintetto. Poi ho finito la stagione tra i primi 5, ma non do importanza a questo particolare. L'importante è sentirsi utili. In questo mi ha aiutato l'ultima esperienza in nazionale. Non partivo tra i primi 5, poi sul finire degli Europei ero in quintetto. L'importante è che Bucci abbia fiducia in me e me l'ha dimostrato. Poi ci saranno i momenti in cui potrò giocare di più e quelli in cui giocherò meno.
Passi per l'Italia, ma in Europa il trio Binelli, Carera, Magnifico può essere una coperta corta?
Penso che possiamo farcela ad alto livello anche in Europa. L'importante è che il reparto esterni riesca a trascinare la squadra dettando i ritmi. Poi a tener botta contro i pivot avversari possiamo pensarci noi. A Pesaro, io, Costa, Vecchiato e Natali vincemmo uno scudetto con Cook e Daye.
A proposito di mercato, alla Virtus, via Coldebella, potrà avere il suo numero, il 6...
Sono contento per il numero. Mi spiace, ovviamente, per la partenza di Coldebella. Claudio è stato uno dei miei più acerrimi nemici sul campo. Ma è il giocatore che adori quando gioca per la tua squadra.
Pesaro la applaudirà come ha tatto con Gracis?
Vedremo, sarà difficile che incoraggino un giocatore della Virtus. Però la gente deve capire le scelte mie e di Scavolini. Nel basket del futuro ci sarà sempre meno posto per le bandiere.
MAGNIFICO, PALLA A DUE COL PASSATO
Walter torna a Pesaro da avversario: "Non sono teso solo emozionato. Forse qualcuno fischierà ma altri ricorderanno cosa ho fatto con la maglia Scavolini per 16 anni. Alla Virtus ho ritrovato un Bucci con la carica agonistica di una volta. Non sono pentito della mia scelta, devo solo abituarmi alla nuova realtà"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 24/08/1996
La prima volta a Pesaro da avversario. Dica la verità, Magnifico, cosa le passa per la mente?
"Sedici anni di carriera. Centinaia di partite, due scudetti, vittorie e sconfitte. Un po' di tutto, insomma".
In questo suo ritorno c'è più emozione o paura?
"Diciamo che il carattere amichevole della manifestazione mi aiuterà. Ho pensato dverse volte a questo momento, credo che l'emozione prenderà il sopravvento sulla tensione".
Ma potrebbero accoglierla fischiando. In fondo ha lasciato la Scavolini dopo sedici anni.
"Mi sta bene tutto. So di aver dato tanto alla Scavolini, ma mi metto pure nei panni dei tifosi. Molti non accetteranno mai questa mia scelta, e per questo motivo mi fischieranno. Mi basta che ci sia qualcuno che si ricordi ancora di quel che ha fatto Magnifico con quella maglia".
Ma perché ha lasciato le Marche?
"L'ho detto e ripetuto. Ho 35 anni, non sono più un ragazzino, ma credo di poter reggere a questi ritmi ancora per qualche anno. Pesaro mi offriva un annuale, io volevo un rapporto più lungo. Così mi trovo qua, a Bologna".
Pentito della scelta?
"Assolutamente no. Sono in pace con la mia coscienza, e poi sono arrivato in una società ambiziosa, in una delle squadre più forti che ci siano in Italia e in Europa".
Un bilancio di queste prime settimane all'ombra delle Due Torri"
"Positivo, senza ombra di dubbio. Non ho saltato un allenamento, mi sento bene fisicamente. Cosa potrei volere di più? L'unico problema è che, dopo tanti anni a Pesaro, ci vuole un piccolo sforzo mentale per abituarsi alla nuova realtà. Ma ci sono già riuscito".
A Bologna ha ritrovato Bucci. È cambiato il coach bianconero?
"No, ha sempre la stessa carica agonistica, che riesce a trasmettere ai giocatori con grande facilità. Alberto ha un pregio: comunica in modo semplice, senza tanti giri di parole, così la squadra non ha difficoltà a seguirlo".
Tra i nuovi compagni c'è qualcuno che l'ha colpita?
"Galilea, non ho dubbi. Non solo è un gran giocatore, ma è una persona squisita. È arrivato da poco in Italia, ma vuol conoscere tutto, si documenta, si interroga. Un bel tipo, insomma".
A che punto siete della preparazione?
"A buon punto: nel torneo di Portorose abbiamo fatto le prove generali, a Pesaro si vedrà un gruppo più rodato, anche se mancherà ancora Savic".
Toccherà ancora a lei partire in quintetto.
"Così assaggerò subito quell'impianto del quale si favoleggiava dai tempi del primo scudetto della Scavolini. Peccato che nessuno di quella squadra abbia potuto giocarci con la maglia biancorossa".
WALTER MAGNIFICO
"Il chi è chi" 96/97, redazione Superbasket
L'ex idolo di Pesaro, il capitano positivo e sereno, l'ala più dinamica d'Italia non si ritrova più molto in questo basket lento e antispettacolare, lui che per anni esaltava le folle con il suo tiro perfetto dalla distanza ...
Un po' sottotono nell'ultima stagione, la prima lontana da Pesaro, deve reinventarsi uno spicchio di carriera a Roma ...
Sarà sicuramente una presenza nello spogliatoio, dove è sempre stato più mediatore (soprattutto con gli americani) che leader ...
Ha perso due o tre stagioni di allenamenti intensi a causa dei malanni alla schiena e al ginocchio ...
Al tiro da sotto contro Thurl Bailey della Polti Cantù
WALTER IL MAGNIFICO, RE D'EUROPA
L'esperienza e la precisione dell'ex Pesarese decisive con Spalato. "Non potevo sbagliare: mi è bastato seguire l'esempi e la grinta di Carera. Per la Kinder era l'ultima carta, non potevamo gettarla al vento"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 22/02/1997
Un martello. Walter Magnifico ha aggiunto un'altra pagina indimenticabile alla sua lunga storia. Walter il "Magnifico" è entarto in punta di piedi e, senza forzare una conclusione, ha dato una robusta mano alla Kinder, prima a resistere al ritorno dei croati, poi ad affossarli, senza alcuna pietà. Con le sue lunghe leve ha recuperato rimbalzi offensivi importanti; con quella sospensione mortifera ha punito l'entusiasmo degli spalatini. Però Walter "rifiuta" le luci della ribalta e le orienta verso un compagno, Carera.
Bella partita. Complimenti.
"La sentivamo parecchio. Sapevamo che, sbagliando, l'Europa sarebbe rimasto un sogno. Battendo Spalato avremmo ottenuto la qualificazione agli ottavi: nessuno si è tirato indietro".
Come lei, per esempio.
"Beh, credo che sia stata fondamentale la prova di Prelevic. Mancava Arijan, sapevamo che non era facile segnare i suoi punti. Bane lo ha fatto con molta naturalezza e poi ha difeso anche molto bene".
Ma lei è entrato a freddo, contribuendo al break.
"Non potevo fare diversamente: davanti avevo un esempio eccezionale".
Quale?
"Quello di Flavio Carera. È uno che in attacco tocca pochi palloni, ma in difesa si sente, eccome se si sente. Sporca tutti i passaggi avversari. Ma quello che più mi ha dato la carica sono state quelle conclusioni che lui ha cercato, con grinta e temperamento. Ha realizzato canestri importanti, così ha dato la spinta giusta a atuta la squadra. Quando Alberto mi ha gettato nella mischia ero caricatissimo, perché l'esempio di Flavio aveva veramente dato più coraggio e consistenza a tutti. E poi...".
Sì?
"Come dicevo prima Flavio è un difensore eccezionale. Non ha ceduto un centimetro e su quella difesa abbiamo costruito un successo importante".
Ma non vogliamo proprio parlare di walter, il Magnifico?
"Parliamo della Kinder, piuttosto, e del risultato che ha ottenuto. In Eurolega avevamo commesso fin troppi errori, ma nel momento decisivo ci siamo ritrovati nonostante Arijan fosse fuori per infortunio e lo stesso Binell avesse dovuto abbandonare all'inizio della ripresa".
E adesso?
"Un paio di giorni di riposo, poi si riprende".
Si ricomincia dal campionato, il 2 marzo a Varese, e quattro giorni più tardi, a Milano, per l'Eurolega.
"Ora vado a Pesaro. Non per l'All Star Game ma perché voglio andare a trovare un sacco di amici ai quali l'avevo promesso da tempo. Poi ci sarà Varese, ma soprattutto Milano. Con la Stefanel ce la giochiamo in trasferta, ma sono convinto che questa Virtus, recuperando gli infortunati, e giocando su questi livelli, possa farcela".
ANDATA E RITORNO
di Marco Tarozzi tratto dal libro "Semplicemente Magnifico"
Succede, dicono. A volte succede. Non che uno si sieda sugli allori, ma insomma: vivi in una città da sedici anni, di mestiere fai il giocatore di basket professionista e sei l'idolo locale, il punto di riferimento, la bandiera. "Col numero 6, Walter Magnifico": e via, il palazzo s'infiamma. D'accordo, negli ultimi tempi la squadra non brilla come ai tempi d'oro, gli scudetti in bacheca cominciano a fare la polvere, ma come fai a pensarti su un'altra piazza con un'altra canotta addosso, altri colori? Davvero, è fantascienza. Invece, capita ed è tutto così dannatamente improvviso. Estate 1996.
Non immaginavo che un giorno avrei dovuto fare le valigie e andarmene da Pesaro. Distaccarmi dalla gente che mi aveva accolto così bene sin dai primi giorni e verso la quale nutrivo e nutro tutt'ora un profondo affetto. Non più, arrivato a quel punto della carriera. In tutta sincerità ho vissuto un momento molto triste della mia vita e quell'incertezza me la sono portata anche tra le mura di casa. Passai tre giorni difficili, quelli in cui si sviluppò la situazione del mio rinnovo contrattuale. In ballo c'erano il mio futuro, i rapporti con la società, le scelte fatte dal nuovo tecnico, Zorzi. Quando cominciai a capire, insieme a Donatella, che la possibilità di interrompere il rapporto, e di conseguenza la necessità di andare via da Pesaro, si facevano concrete, mi trovai spiazzato.
Non abbastanza, o almeno non abbastanza deluso, da decidere di chiudere con il basket giocato.
Mai passato per la testa di abbandonare, mi piaceva tanto giocare ed ero ancora molto motivato nel volermi misurare sul campo con gli altri e contro gli altri. No, non mi sembrava ancora arrivato il momento, E in questo mio moglie era d'accordo con me, ancora una volta il suo sicuro sostegno fu fondamentale. 'Non c'è problema, se bisogna andare, si va tutti insieme, perché siamo una famiglia'. Ma nel mio cuore il senso di tristezza era forte. Soprattutto perché stranamente vedevo interrompere un rapporto, sì di lavoro, ma fatto di estrema stima e fiducia reciproca, durato la bellezza di 16 anni. Ciò che mi amareggiò fu il fatto che il tutto si svolse attraverso semplici telefonate. Non un incontro, magari seduti ad un tavolo, e senza avere spiegazioni precise. Sono sicuro che il nocciolo della questione sta nella valutazione che la società aveva fatto su di me. Avevo chiesto di prolungare il rapporto per un biennio accettando anche la riduzione economica, mi proponevano il rinnovo per un solo anno, era evidente che non credevano più nella mia tenuta fisica, che pensavano che non avrei potuto più dare garanzie di rendimento. In realtà la scelta di ringiovanire la squadra, che era già cominciata qualche tempo prima con la partenza di Gracis, Costa e Zampo, fu in un certo senso voluta anche dalla piazza e finì per coinvolgere anche me soprattutto dopo una stagione non troppo esaltante. L'idea di ricostruire un nuovo gruppo entusiasmava un po' tutti a Pesaro: per carità, un'ambizione sacrosanta, naturale dal momento che il gruppo cominciava ad avere un'età media piuttosto alta. Ma non immaginavo che si arrivasse ad una radicale trasformazione. In quei giorni chiesi all'amico Toto Ricciotti di capire con me la situazione in cui ero e lui, in maniera molto serena e sincera, mi tranquillizzò. Dall'alto della sua abilità professionale aveva già capito che tutto non sarebbe finito lì, anzi...
Tre giorni di smarrimento, si diceva. Non uno di più, perché a bruciapelo arriva la chiamata di un'altra grande squadra, quella che forse in un momento dei genere neppure uno come Walter Magnifico si aspetta. Suona il telefono di casa, Walter alza la cornetta e di là c'è Piero Costa. C'è la Virtus Bologna.
Quell'invito mi diede serenità e nuove forti motivazioni. Per tre giorni mi ero sentito a pezzi, col morale sotto i tacchi. La chiamata della Virtus mi riempì d'orgoglio. Richiamai il presidente Scavolini, gli dissi con sincerità che mi cercava una grande squadra, che avrei preferito restare ma se proprio non c'era alcuna possibilità ero pronto a fare le valigie. Lui mi riconfermò solo la loro proposta.
Momenti difficili, non solo per un giocatore che si riconosce nei colori della squadra in cui è cresciuto, nella quale ha giocato sedici stagioni vincendo due scudetti. Anche per una società e una città che quel ragazzo, all'inizio, lo avevano voluto con tutte le loro forze, e poi lo avevano visto crescere e diventare un campione.
Credo che sia dispiaciuto anche a lui. D'altra parte è sempre stato un presidente che dà piena fiducia al coach che ingaggia e quindi se gli era stata suggerita una strategia quella doveva essere la strada da seguire.
Il momento del distacco. Le ultime parole famose, o almeno quelle che al momento sembravano tali.
Chiamai il presidente e gli dissi: 'Signor Valter, ho concluso, vado via'. 'Posso sapere dove?'. 'Certo, vado a Bologna, nella Virtus'. 'Proprio lì?' mi rispose. 'Proprio lì. Proprio in un'altra grande squadra'. Così, semplice e diretto. Sono le parole esatte che ci dicemmo.
Ricorda altro, Walter. Il giorno del primo ritorno al Bpa, con la canotta della V nera, in un torneo amichevole di precampionato. Altro momento da dimenticare, se solo fosse possibile.
Un brutto giorno. Mi è arrivata anche qualche monetina addosso quando sono sceso in campo e hanno insultato la mia famiglia, come a significare che era stata tutta una questione di soldi. Non potevo e non volevo crederci. Capii che la passione di Pesaro verso il basket non vive di mezzi termini, o sei con loro o sei contro di loro. Mi dispiacque molto. Ma col senno di poi credo di inquadrare meglio i motivi di quella contestazione. Nessuno aveva capito bene le ragioni per cui me ne ero andato due mesi prima. Le cose, del resto, si chiarirono in fretta, Quanto tornai quattro mesi dopo, per la sfida di regular season, con la Scavolini purtroppo già in crisi, mi dedicarono uno striscione che attraversava tutto il campo, e io feci il riscaldamento pre-partita tra le lacrime. In quei momenti sentii di essere biancorosso a vita, che il mio cuore batteva solo per Pesaro. Emotivamente, fu un momento bello e difficile al tempo stesso.
La Virtus è la svolta. Lo stimolo che occorre anche ai campioni, quando magari si sentono vicini al crocevia della carriera e qualcuno, con una semplice telefonata, li fa sentire ancora importanti.
Quella chiamata fu la benzina che mi permise di andare avanti ancora cinque stagioni, prima di ritirarmi. Anche se ebbi le mie difficoltà, trovandomi nella condizione di dover cambiare ruolo, funzione: da giocatore che entrava subito in quintetto e giocava trenta minuti a partita, dovetti trasformarmi giocoforza in uno che esce dalla panchina, rinforzo a cui si chiede una certa affidabilità. C'è , in questi casi, la necessità di un adattamento fisico e mentale. Alla Virtus mi sono reso conto per la prima volta che i giocatori da panchina devono avere una forza interiore incredibile, più intensa dei titolari. Devono aspettare, effettuare come tutti un buon riscaldamento e poi magari stare fermi anche un quarto d'ora, cercando di mantenere alta la concentrazione per poter dare qualcosa di utile una volta entrati in campo. è un ruolo difficilissimo, e Roberto Brunamonti mi aiutò molto a interpretarlo. Mi parlò dei suoi ultimi anni cinconeri, del modo in cui lui aveva affrontato il cambiamento.
Stagione contraddittoria, per gli uomini della V nera. Stagione di cambiamento, dopo la partenza di Danilovic per gli States.
Vincemmo una Coppa Italia contro la Polti Cantù e non era certo quello l'obiettivo di una squadra come la Virtusm che con Sasha era abituata a primeggiare. C'erano Komazec e Savic, arrivarono Prelevic e Patavoukas che avrebbero dovuto dare qualità ed esperienza, ma non riuscimmo a cementarci nel modo giusto. Galilea, poi, s'infortunò gravemente in una delle prime partite e visse una stagione difficilissima. Ma erano tutte ottime persone. Ci furono anche momenti drammatici: la morte di Piero Costa, che lasciò un vuoto in tutti noi, l'esonero in un certo senso a sorpresa di Alberto Bucci. In più, quell'anno non riuscimmo a portare a casa nemmeno un derby, con la Fortitudo ne perdemmo cinque fra regular season e playoffs. Una stagione non entusiasmante, ci venne meno la continuità rispetto a quelle precedenti. Resto dell'idea che quella fosse una squadra in grado di fare molto di più di quanto fece. Davvero, non fu un'annata da Kinder. Anche se io quella Coppa Italia me la tengo stretta. Ma mi rendo conto che per il presidente Cazzola, uomo di successo, e per una società abituata a primeggiare, quell'annata sia stata catalogata alla voce 'esperienze dimenticabili'. Per me e la mia famiglia invece fu il contrario perché ci integrammo molto bene grazie alla disponibilità e cortesia di tanti bolognesi. Ottavio non ci stancheremo mai di dirtelo, per noi sarai sempre un grande amico.
Walter magnifico infila nel baule dei ricordi un altro trofeo. è una stagione diversa, la prima da "numero sei", anche di fatto. Ha un ruolo diverso, a Bologna è diventato un cambio di lusso, ha speso bene la sua esperienza e la sua intelligenza cestistica. E ha trovato, comunque, i suoi spazi. Trentatré partite in regular season, una media di quasi diciotto minuti e 8,3 punti per gara. Ma la valigia, a fine stagione, è da rifare. Un saluto a Bologna, un benvenuto da Roma. Lo attende la Calze Pompea di Attilio Caja.
WALTER MAGNIFICO
di Dan Peterson - www.basketnet.it
La Scavolini Pesaro è stato l'avversario più terribile della mia Olimpia Milano durante gli anni '80. Nel 80-81, coach Franco 'Ragno' Bertini ci ha battuto 3-su-3; nel 1981-82, abbiamo fatto la finale-scudetto; nel 1982-83, la semi-finale playoff; nel 1983-84, la semi-finale Coppa delle Coppe; nel 1984-85, ci eliminò in semi-finale Coppa Italia e noi li abbiamo battuto in finale-scudetto; nel 1985-86, finale Coppa Italia; nel 1986-87, finale Coppa Italia e quarti di finale Playoff. Ogni giorno, a me sembrava, dovevamo disputare una partita o una gara difficilissima contro la Scavolini Pesaro.
Artefice di quelle vere battaglie era, per loro, Walter Magnifico, ''Il Leone da San Savero in Foggia''. Lui era il prototipo dell'ala grande moderna in Italia, il 2.08 capace di tirare da fuori e giocare uno contro uno faccia a canestro come era anche in grado di giocare in pivot basso, spalle a canestro. Oltre quello, sapeva difendere su un pivot come contro un'ala, pigliare rimbalzi, passare la palla e giocare per la squadra. Insieme a tutto ciò, era uno di quei giocatori che c'era nelle partite che contavano di più, il vero campione, non quello che fa 45 contro l'ultima in classifica poi spara un 5-21 nella partita dell'anno.
Ma la cosa più difficile era marcarlo. Metti uno piccolo e veloce (perché Magnifico era anche veloce), lui lo portava sotto canestro e lo segnava in testa; metti uno alto e potente (perché Magnifico era anche forte fisicamente), lui lo portava fuori per comodi tiri o entrate micidiali. Ho preso in squadre difensori per solo cinque giocatori durante la mia carriera in Italia: Bruce Flowers, Oscar Schmidt, Antonello Riva, Pierluigi Marzorati e Walter Magnifico. Russ Schoene mi disse: ''Quel Magnifico potrebbe giocare nell'NBA.'' Infatti, Mike Fratello, coach di Atlanta, l'ha scelto e l'ha anche provato nell'estate del 1986.
La cosa che mi disturbava di più di Magnifico era la facilità con cui faceva le cose. Forse meglio dire la 'eleganza' dei suoi movimenti. Mettevo forse anche il mitico Vittorio Gallinari addosso a Magnifico, oppure il leggendario Dino Meneghin. Magnifico, con una semplicità disarmante, trovava lo spazio per tirare con minimo sforzo. Peggio, caricava i miei uomini più importanti di falli perché era così difficile da contenere. Ecco Magnifico, non un giocatore statico, ma totale, capace di girare per qualsiasi metro quadrato del campo con efficacia, il classico giocatore 'multi-dimensionale,' come dicono ancor'oggi nell'NBA.
Quel quintetto che ho nominato sopra, con Riva e Magnifico, avrebbe, secondo me, anche fatto bene nell'NBA. Metterei loro in campo contro qualsiasi squadra NBA dei tempi o anche oggi. Non farei certo una brutta figura. E sono certo che Walter Magnifico darebbe parecchio fastidio alle ali grandi anche oggi. Forse, oggi, sarebbero leggermente più veloci di Walter. Ma non più tecnico, non con più cuore. Beh, un giorno, un giornalista mi ha chiesto una descrizione flash di Walter Magnifico, in tre parole. Ho detto: ''Punti, rimbalzi, esperienza.'' Purtroppo, tre parole non sono sufficiente per un giocatore 'totale' come lui.
MAGNIFICO, “ANDRO’ A VEDERE TEODOSIC, E’ UNA GIOIA AVERLO NEL CAMPIONATO ITALIANO”
tratto da bolognabasket.it - 13/10/2019
Il doppio ex Walter Magnifico è stato sentito da Luca Aquino del Corriere di Bologna. Un estratto dell’intervista.
“La rivalità tra Virtus e Pesaro? Un passato remoto, ormai, però è sempre bello ricordarlo. Andrò alla partita con la grande curiosità di vedere Teodosic giocare dal vivo, un giocatore immenso con una carriera che parla da solo, ammirarlo nel campionato italiano è una gioia. Poi c’è la voglia di vedere Pesaro finalmente al completo, cosa saranno in grado di fare questi ragazzi contro una corazzata.
Le star del passato? Era un’epoca nella quale si potevano avere solo due americani, quindi si pescava il meglio. I vari Richardson, Daye, Fredrick che ha giocato su entrambe le sponde, per non parlare quando ero ancora più giovane di McMillian e altri campioni che mi hanno fatto innamorare del basket. Ora ce ne sono di meno, è per questo che corro a vedere Teodosic. Aumentando il numero degli stranieri, la qualità media si è abbassata. Adesso dalla Nba portano via i migliori talenti dall’Europa, perché si sono accorti che il gap si è ridotto se escludiamo le superstar. La produzione di grandissimi giocatori dai college si è ridotta ed è più raro vedere dei campioni come accadeva negli anni 70-80-90.
Le sfide tra Bologna e Pesaro? Partite epiche, fino al 1994 per una quindicina d’anni le sfide con la Virtus o Milano erano le più attese qui a Pesaro. Anni belli, a cominciare dal canestro di Zampolini nella semifinale 1981-82 che ci proiettò per la prima volta in finale scudetto, per finire con lo scontro McCloud-Coldebella negli spogliatoi durante la finale del 1994. In questi due episodi sono racchiusi 14 anni di sfide che non vedevi l’ora di affrontare per poterti misurare con grandi campioni.
Il mio anno in Virtus? Ho un bellissimo ricordo, vincemmo anche la Coppa Italia. Sono stato accolto benissimo, una parentesi di un anno vissuto con la mia famiglia in una positività estrema”
I RICORDI DI GUS BINELLI E WALTER MAGNIFICO
tratto da bolognabasket.it - 17/04/2021
La trasmissione Possesso Alternato su Basket 108 ha avuto come ospiti Walter Magnifico, attualmente nello staff dirigenziale della Vuelle Pesaro e Augusto Binelli, collegato dall’Inghilterra in pieno trasferimento da una palestra a un campo all’aperto in piena attività d’allenatore in un College.
Gus: Ne ho perse poche di finali, ma la sconfitta si accusa, c’è demoralizzazione, ma lo squadra, lo spogliatoio aiuta, ci si guarda in faccia e si riparte.
Walter: Ho vissuto più spesso la delusione nelle finali, Gus ha vinto molto di più. Quando perdi le gare importanti ti aiuta il senso di responsabilità nei confronti dei compagni e del club per avere la forza di ripartire verso un nuovo obiettivo.
Gus: Ci siamo divertiti l’anno alla Virtus, tre ali pivot e un pivot (gli altri due erano Carera e Savic). È stata una bella esperienza.
Walter: La mia esperienza a Bologna è stata molto positiva. Ero stato tanto tempo a Pesaro, poi in maniera anche un po’ traumatica arrivai alla Virtus, in una grande società, con tanti altri grandi campioni, abbiamo vinto la Coppa Italia, anche se ci fu la delusione dell’Eurolega, tutti ci aspettavamo di più, a partire dal presidente, ma posso dire che dal punto di vista personale è stata una esperienza positiva per me e per la mia famiglia. Avevamo un pacchetto lungo fortissimo, uno più bravo dell’altro, oggi è difficile trovare così tanti lunghi in una squadra. Io e Gus avevamo un gioco molto più raffinato, ma Zoran e Flavio se ne davano tante.
Gus: Oggi non ci sono lunghi, oggi ci sono quattro che giocano da cinque, spalle a canestro non gioca quasi più nessuno.
Walter: Effettivamente la normale evoluzione del gioco ha stravolto il gioco. Noi che giocavamo da quattro però sapevamo anche muoverci spalle a canestro, ora in quel ruolo non lo fa più nessuno e anche di centri puri se ne vedono raramente.
Gus: Esperienza al camp di Atlanta fu un’esperienza che rimarrà indimenticabile.
Walter: l’esperienza è stata fantastica; invidiavo Gus che capiva benissimo l’inglese. In partita prendevo sempre falli tecnici per una posizione errata (non si poteva difendere a zona), perché nella riunione tecnica con gli arbitri molte cose mi erano sfuggite.
L’intervista completa è disponibile sul podcast di Radio Basket 108.
I RICORDI DI WALTER MAGNIFICO, TRA FORTITUDO E VIRTUS
Walter Magnifico è stato sentito da Marco Tarozzi per Stadio. Un estratto dell’intervista.
“Bologna è stato l’inizio di tutto. La mia prima volta nel mondo del basket professionistico. È stato lì che ho cominciato davvero a pensare che avrei potuto trasformare la passione in mestiere.
Lorenzo Angori a mia insaputa era persino venuto a vedermi giocare a San Severo. La società prese contatti con la Cestistica e l’affare si fece. Ne erano sfumati parecchi, prima. Mia madre, ogni volta che si cominciava a discutere di situazioni economiche o si usavano espressioni tipo “noi comperiamo Walter “, si alzava dalla sedia e spariva in cucina. Certi discorsi non riusciva proprio ad ascoltarli. La Fortitudo mi acquistò alla fine della stagione 1977-78, quella della promozione in B della Cestistica, ma rimasi ancora un anno per diplomarmi in Ragioneria, rispettando la memoria di mio padre che se ne era andato da un anno.
Ricordo il primo allenamento, schiacciato tra Jordan e Starks: ero più in terra che in piedi. All’inizio mi sentivo triste, ero un tipo timido e chiuso. Camminavo da solo per le vie della città, la scoprivo, pensavo molto. Angori e Walter Bussolari mi fecero sentire in famiglia. La domenica attraversavo l’Italia in treno per tornare a casa, viaggiavo di notte e poi restavo là mezza giornata, per essere di nuovo a Bologna alle quattro del mattino del martedì. Vita da pendolare.
In Fortitudo la miglior partenza che potessi sperare: la prima volta con gli americani, e con gente che fin lì avevo visto solo in tv. Un anno con Arrigoni, Anconetani, Ferro ed ero già uno del gruppo. Eravamo saliti in A1, mi sentivo al settimo cielo. Ero in villeggiatura a Francavilla quando mi chiamò Vito Amato, Gm della Scavolini: “Ti abbiamo acquistato”, mi disse. Non volevo saperne. Angori era imbarazzatissimo, ma la società aveva avuto un’offerta importante. Spedii anche un telegramma di rinuncia, adducendo “motivi personali e di studio”. Pero Skansi e Bebo Benelli vennero a casa mia per illustrarmi i progetti futuri della società. Loro snocciolavano i nomi di grandi campioni, ma quando arrivarono a Roosevelt Bouie restai di sasso: avevo visto le sue foto su Sport Illustrated, con la canotta di Syracuse. Lui fu uno dei motivi che mi portarono a Pesaro.
La Virtus? Nel 1996 ero in fondo a un ciclo, quando mi chiamò Piero Costa offrendomi un posto alla Virtus. Ne fui orgoglioso e ritrovai motivazioni forti. Quell’anno cambiai anche mentalità: non ero più un titolare, ma un rinforzo cui si chiedeva affdabilità. Ruolo diffcile, Roberto Brunamonti mi aiutò ad interpretarlo. Vincemmo la Coppa Italia, ma quella Virtus aveva altri obiettivi. I campioni c’erano, da Komazec a Savic, da Prelevic a Patavoukas, ma non trovammo la giusta sintonia, e l’infortunio di Galilea ci tolse parecchio, così come la morte improvvisa di Piero Costa e l’esonero di Alberto Bucci. Ma resto convinto che quella squadra avrebbe potuto fare molto di più”