LUIGI TERRIERI

Gigi Terrieri premiato per le 900 "voci"

Nato a: Bologna

Il: 13/01/1953

Stagioni alla Virtus: speaker dal 1972 al 2014, Direttore Sportivo dal 2007 al 2013, Project manager dal 2013 al 2014

 

LUIGI TERRIERI LA VOCE DELLA VIRTUS COMPIE 700 PARTITE

Aspettando il derby. Cominciò 23 anni fa proprio da una sfida con la Fortitudo

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 26/10/1995

 

Un primato invidiabile, forse irraggiungibile dallo stesso Roberto Brunamonti, che pure domenica toccherà le 444 partite presenze in maglia bianconera. Alla fine del girone di andata (17 dicembre sfida interna con Roma), il capitano diventerò il "bianconero più bianconero" di sempre, con 450 gettoni di presenza, uno in più di Renato Villalta. Pochi, troppo pochi, però, per competere con Luigi Terrieri (42 anni), la "voce" della Virtus, che proprio domenica, in occasione della stracittadina, festeggerà la 700a partita. Cominciò nell'ormai lontano 1972, proprio...

"Proprio con un derby. E la Norda, purtroppo,fu sconfitta dall'Eldorado, per 61-59".

Che ricordi ha di quella partita?

"Un tamponamento".

Come, scusi?

"Sì, al termine della partita feci un piccolo incidente. È l'unico ricordo stampato nella mia mente".

Ma come è diventato la voce della Virtus?

"Partiamo dall'inizio. Nel 1971 "Pier Crescenzi" e "Fermi" giocano al "palazzo" una finale studentesca di basket. Non so come, ma presi il microfono in mano: non ho più smesso".

Chi vinse?

"Ovvio, noi del Pier Crescenzi".

E dopo?

"Cominciai ad essere la voce dell'Unipol, che allora giocava in serie B. Poi un bel giorno Chiarini, il mio predecessore, che lavorava anche alla Fontanina, lasciò perdere. Sono passati 23 anni, ebbene sono ancora lì".

Il ricordo più bello?

"Lo scudetto del '76, il primo. È un po' come il primo amore, non si scorda mai. Ricordo ancora la partita con la Snaidero Udine, che dopo la vittoria su Varese, in trasferta, divenne decisiva".

Poi sono venute altre gioie, altre soddisfazioni. E i suoi rapporti con i giocatori?

"Ottimi. Serafini e Bertolotti sono stati i miei testimoni di nozze. Con Villalta siamo stati in vacanza assieme. Ero legato soprattutto ai protagonisti dello scudetto del 1980, dopo ogni partita si andava fuori, a cena.

Coordinatore del settore giovanile della Virtus, speaker di domenica: ma nella vita di tutti i giorni cosa fa Gigi Terrieri?

"Lavoro in banca, e parlo di Virtus, naturalmente".

Come per altri, questa sarà stata una settimana un po' speciale anche per lei: è quella che precede il derby.

" È vero. Si sono fatti vivi gli amici che non sentivo dall'ultima partita con al Benetton".

Le avranno chiesto dei biglietti, giusto?

"Sono tre settimane che mi martellano: fino a questo momento me ne hanno chiesti 89. Ma io non stampo biglietti".

Primo derby a Casalecchio: che ne pensa di quell'impianto?

"Preferisco quello di Piazza Azzarita: è più raccolto, più intimo. E l'acustica, naturalmente, è migliore. Quello di Casalecchio non è all'altezza del primo, anche se molti tifosi mi hanno raccontato che è sicuramente meglio della "London Arena".

Ha mai spiato i cugini?

"In tutti questi anni li avrò visti tre o quattro volte, ma credetemi, non si tratta di odio o presunzione: quando riesco ad avere una domenica libera preferisco stare per i fatti miei, con la mia famiglia".

Quanti derby ha già raccontato?

"Credo una ventina, compreso il prossimo".

E infine la domanda d'obbligo: chi festeggerà domenica sera?

"Possiamo vincere noi di 15, come loro con un tiro scoccato allo scadere. Ma la Virtus può fermarsi anche per uno "sghetto". Penso che alla fine potrà risultare determinante l'ambiente asettico nel quale giocheremo. Ma forse mi sbaglio, chi può dirlo?".

 

"LE MIE MILLE VIRTUS". LA FEDELTÀ DI TERRIERI NON È SOLO UNA VOCE

Lo speaker che da 35 anni è a fianco della V nera taglia un traguardo speciale. "Questa non è solo una società, ma uno stile di vita e di comportamento. Non dimenticherò mai lo scudetto del '76. Mi spiace non aver raccontato la finale di Eurolega a Bologna. McMillian il più grande, con Driscoll parlavo in dialetto, uno tra Avleev, Sekularac e Koturovic il peggiore

Di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 29-08-2005

 

Luigi Gigi Terrieri, bolognese, classe 1952. Sposato e papà di Elena e Davide. Due testimoni di nozze speciali: Gigi Serafini e Gianni Bertolotti. Come speaker ha raccontato 996 gare, la numero 1.000 dovrebbe essere quella del 23 ottobre, al PalaMalaguti con la Viola.

Terrieri, la sua anzianità d servizio in bianconero?

"Questo sarà il trentacinquesimo anno".

E in questo periodo ha fatto un po' ditutto.

"Speaker, soprattutto, team manager, responsabile del settore giovanile. E qualche volte il massaggiatore, se serviva".

Anche l'allenatore?

"Capitò una volta".

Quando?

"L'anno non lo ricordo. Era la formazione juniores, giocavamo allo Sferisterio. In quel periodo non c'erano assistenti, c'era il coach e basta. Ettore Zuccheri all'ultimo momento fu costretto a dare forfait. Vincemmo, ma era una squadra che avrebbe vinto da sola".

Terrieri perché speaker?

"Mi affascinava il ruolo".

Possibile?

"Sì. Ricordo la prima partita".

E ricorda i giocatori?

"No, fui colpito dalla professionalità dello speaker".

Ma come si diventa speaker?

"Può essere il caso".

Il debutto?

"In piazza Azzarita nella finale studentesca tra Pier Crescenzi, all'epoca allenato da Roberto Martini, e il Fermi".

E in Virtus?

"Dopo gli spareggi di Biella (Nota di Virtuspedia: erano gli spareggi di Cantù, Biella era una delle avversarie). Un derby. Perso di due tra l'altro (Norda-Eldorado 59-61, ndr)".

Un bell'esordio.

"Non è andato male se ho continuato per altre 996 volte. Ho fatto anche un conto".

Quale?

"Delle partite che ho visto".

E il totale fa?

"Siamo sulle 5.500".

Passato recentissimo: estate 2003. ha mai avuto dubbi?

"Ero un po' perplesso, non si capiva più nulla. Un paio di volte mi ero sentito con l'avvocato Porelli. Sono rimasto. E devo ringraziare Claudio Sabatini per quello che ha fatto".

La Virtus più bella?

"Difficile dirlo, bisogna analizzare i momenti. Quella del '76, che riportò lo scudetto a Bologna dopo vent'anni era straordinaria. Ma contro quella del Grande Slam farebbe fatica. E poi ci sono le Virtus di Driscoll".

Il giocatore?

"Per doti umane e tecniche dico Jim McMillian. Ma ce ne sono tanti".

Elenchiamoli?

"Kresimir Cosic e Tom McMillen. E poi Sasha Danilovic e Renato Villalta. E ancora E^Roberto Brunamonti. Ma li dico in ordine sparso".

E se le suggeriamo Ginobili?

"Appunto. Mica facile ricordarli tutti. E poi c'è Driscoll. Con lui si parlava in dialetto bolognese".

Il giocatore più deludente?

"Prendete quelli del 2003. pescate nel mucchio".

Sekularac, Avleev o Koturovic?

"Forse tutti e tre".

L'allenatore migliore?
"Peterson e Messina. E poi Nikolic e Bucci. Peterson, in assoluto, è stato quello che ha cambiato la mentalità della nostra pallacanestro. Ettore è stato il più completo".

Il presidente?

"Ho imparato tutto da Porelli. L'avvocato era avanti anni luce rispetto a tutti. E poi, se siamo ancora qua, lo dobbiamo a Claudio Sabatini".

La gara da impazzire?

"Sarebbe facile dire gara cinque della finale 1998".

Lo dica, allora.

"Il tiro da quattro di Danilovic. Ma anche la sfida con la Snaidero Udine del 1976".

Perché?

"Ci diede la sicurezza dello scudetto. L'ho ancora registrata, su cassetta. Ci sono gli umori e le ovazioni. E le fischiate di Baldini e Montella":
Il trofeo più bello?

"L'Eurolega 2001".

Il complimento più gradito?

"Un articolo su Stadio, tanti anni fa, firmato da Maurizio Roveri. Scrisse che ero uno speaker competente".

L'insulto?

"Dei "vaffa" ne sono arrivati tanti. Quello più sgradevole è legato alla famosa invasione di campo del 2002, quella legata all'esonero di Messina. Fui apostrofato duramente".

Lo sgarbo?

"Facile anche questo. Mi sarebbe piaciuto raccontare la final four di Eurolega 2002, quella disputata a Casalecchio. Non fu possibile".

Ma la Virtus cos'è per lei?

"Tutto e niente. Sarà banale dirlo, ma è un modo di vivere, di pensare e di comportarsi. Senza il quale non riesco a stare".

Cosa farà questa Virtus?

"Farà bene. Ogni volta che parlo con Markovski vengo sorpreso in positivo dalle capacità del nostro allenatore. Mi ragala fiducia. I giocatori non sono quelli del 2001, ma sono bravi. E vogliono lasciare il segno".

L'anno più brutto?

"L'estate 2002, con la partenza di Messina. C'erano tutte le premesse per quello che sarebbe accaduto poi un anno dopo".

Le sue tonsille?

"Festeggio 35 anni di Virtus, alle volte si va in pensione. Ma sono numeri importanti: 35 anni di Virtus e 35 di banca. E 30 di matrimonio".

E le tonsille?

"Con un po' di propoli e qualche mentina sono di nuovo a posto".

 

Quadrupla cifra

A TUTTI... BUONASERA!!! Sulle orme di Johnny Most

di Massimo Maccaferri - V Magazine - Gennaio 2009

 

Il 23 ottobre 2005 ho avuto il piacere di presentare le squadre della gara Virtus e Viola Reggio Calabria. Ma il piacere più grande è stato quello di nominare, per ultimo, il n° 1000, come le sue partite da speaker bianconero, Gigi Terrieri. Sono passati tre anni ed al suo palmares si sono aggiunte altre 100 partite. Non credo ci sia nessuno che possa vantare questo record, in Italia sicuramente no, se vogliamo trovare qualche affinità ricordiamo il grande Johnny "machine gun" Most, il radio-telecronista che per 37 anni ha commentato le partite dei Boston Celtics. Terrieri non è solo la voce che accompagna da una vita le performances bianconere tra le mura amiche. Gigi ha curato per più di 30 anni il settore giovanile vincendo trofei e campionati, è sempre stato un punto di riferimento quando si parla di Virtus, dal 2003 è Direttore Sportivo con tutte le responsabilità che vi sono in questo ruolo. Un uomo in bianconero, una vita in bianconero.

Quando, Gigi Terrieri, incontra il basket e il microfono?

A me piaceva la pallacanestro, il professore di educazione fisica alla scuola media, il professor Ottaviani, era direttore sportivo della Pallavicini ed allora ho cominciato a toccare un pallone, a giocare e queste cose qui. Poi, tempo dopo, quando abitavo nella zona di Santa Maria delle Grazie c'era un gruppo di amici che la domenica andavano a palazzo, entravano alle due e stavano lì fino alla fine della partita. Io ho cominciato ad andare con loro a vedere le partite ed affezionarmi alla Virtus, erano gli anni 1965/66. Nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie era stata rifondata la società Secchia rapita ed io presi parte a questo progetto come collaboratore e dirigente, in più a scuola, nel campionato studentesco, seguivo la squadra del Pier Crescenzi, allenata da Roberto Martini che era in classe con me. Una cosa che ricordo con simpatia era il fatto che io firmavo le giustificazioni dei giocatori che facevano il campionato: "Egregio professore, il "Tal dei Tali" ieri pomeriggio era impegnato con la squadra e non ha potuto studiare". A me era sempre piaciuto parlare al microfono ed allora, in occasione della finale del campionato al Pala Azzarita, mi misi al tavolo e quella fu in assoluto la prima partita che commentai. Era la primavera del 1970. La Virtus venne più tardi, prima ci fu un anno nel quale feci lo speaker per l'Unipol in serie B che giocava le gare prima della Virtus al Palazzo, l'anno successivo ancora con l'Unipol e in una delle ultime partite del campionato, oltretutto un derby Norda-Eldorado, mancò lo speaker titolare della Virtus, Adriano Chiarini. Il professor Dino Costa, allora, mi disse "fallo tu" e da quella partita non ho più mollato il microfono. Il debutto non fu felice perché perdemmo di due punti, 59 a 61, con una grande sfida tra John Fultz, che ne mise 21, e Gary Schull, 25 punti e 15 rimbalzi. Era il 19 marzo 1972. La seconda mia partita da speaker la giocammo contro il Gorena Patriarca Padova, vincemmo di 17 ed allora mi sfogai. Quando parti con una sconfitta c'è sempre la remora che qualcuno dica: "Questo porta sfiga", ci fu un po' di timore, ma alla fine è andata bene. In quel campionato finimmo quinti in classifica. In tutti questi 38 anni sono mancato solamente due volte, una partita di play-off contro Livorno e un'altra che non ricordo, a letto con un'influenza pesantissima. Da elogiare la pazienza della mia Signora, altrimenti avrei saltato altre gare. Tra il settore giovanile, la prima squadra, adesso anche Direttore Sportivo, con tutte le trasferte, per il quinto anno ho festeggiato il mio compleanno in giro, quest'anno a Samara, un anno a Gerusalemme, un anno a Varese, Biella e Scafati.

Il periodo dell'organo al Pala Azzarita.

Il primo organista era il professor Davide Ramenghi che insegnava al conservatorio di Bologna, molto classico, suonava musiche di quel periodo, ma sempre in maniera classica, con l'optional di aver suonato l'organo al mio matrimonio in un modo stupendo e di aver introdotto la famosa marcetta de "Il ponte sul fiume Kwai" all'ingresso in campo della Virtus. Dopo di lui ci fu Salvatore Licciardiello che suonava nel piano bar e mi ricordo che suonava sempre il tema del film Rocky quando entrava in campo Alberto Bucci.

Hai mai fatto commenti particolari durante una gara?

No, magari posso sottolineare il primo fallo di squadra agli avversari quando a noi ne hanno già fischiati cinque o sei, per il resto non ho mai fatto nulla di particolare, a volte il tono della mia voce su una fischiata dubbia può essere diverso, più perplesso ma niente di eclatante.

La partita più bella che hai commentato, lo hai detto spesso, fu quella del "tiro da 4", quella più particolare o che ti ha lasciato un bel ricordo...

Fu in uno dei primi anni, una partita trasmessa sulla Rai, stranamente per intero ed in diretta, contro la Splugen Venezia, con la Virtus sotto di 1 punto a pochissimi secondi dal termine, palla rubata a metà campo da Fultz, schiacciata in contropiede e fine della partita. Fu decisamente una partita esaltante e la ricordo in maniera particolare.

Quale è stato il giocatore che ti ha esaltato di più?

Dal punto di vista spettacolare sicuramente Ginobili, quando schiacciava in alley-oop guardando il ferro dall'alto in basso era veramente impressionante.

Dalla tua postazione chissà quante ne hai viste e sentite...

Fino a tre anni fa la mia postazione era a destra del tavolo vicino alla panchina degli ospiti e, a parte il periodo del box, molto spesso c'erano gli allenatori attaccati al tavolo. Le scene più esilaranti furono con Bianchini, con Peterson quando era a Milano, con Tonino Zorzi a Venezia. Poi ci fu una scena in un derby contro il Fernet Tonic, quando un giocatore americano si mise a sedere proprio accanto a me e disse: "No money, no play". Era un momento nel quale non venivano pagati i giocatori e lui è sbocciato con questa frase e si è messo a sedere lì. Sono sempre stato molto tranquillo di fronte a tanti episodi, anche nel famoso "neuroderby" della famosa rissa, sono rimasto lì a vedere cosa succedeva, tra l'altro c'era Santi Puglisi che dava dell'imbecille a Danilovic senza rendersi conto che il commissario, quella sera, era Popovic, il presidente della Federazione serba, che sicuramente non fu contentissimo di sentir dire quella roba a Sasha.

Come hai vissuto l'estate del 2003?

Il 4 agosto tornai dalle ferie e ci fù la sentenza di non affiliazione e, fino ai primi di settembre quando Claudio Sabatini rilevò il Progresso Castelmaggiore, passai un mese d'inferno. Successe di tutto, le quasi certezza che avevamo svanirono il 31 agosto nonostante l'impegno dell'Avvocato Porelli e quello di Sabatini nel sanare i debiti e tutto il resto. Poi la Virtus 1934, qualcuno che voleva insegnarmi a stare in Virtus, tante cose poco chiare, praticamente avevano già fatto il funerale prima che ci fosse il morto, ed alla fine il morto non c'è stato.

 

Tratto da Bianconero, 09/2005

 

Nome Luigi
Cognome Terrieri
Sposato con? Annalisa, dal 1976
Figli? Due, Elena e Davide
Occupazione… Virtus. Come secondo lavoro, Banca Intesa…
Ruolo in Virtus? Team Manager e speaker
Quante partite Virtus hai visto? Dal 1968 in poi, tutte quelle in casa tranne 2 e molte di quelle fuori. Più tutte le giovanili dal 1971 in poi…
La più bella? Il primo scudetto juniores, 1972 a Castelfranco Veneto
La peggiore? Gara 1 con la Fortitudo nel 1998
Il momento più alto della storia bianconera Sarebbe facile dire lo Slam. Ma anche lo scudetto del1976: è stato l’inizio dello spettacolo
… quello più basso? Agosto 2003
Un rimpianto di tutti questi anni Non esserci stato nella finale di Eurolega 2002 a Bologna
Il più forte virtussino di sempre… Direi Tom McMillen... che se la gioca con Ginobili
Amici che hanno giocato o allenato in Virtus: il migliore? Tanti, non ne posso dire uno solo
Un giocatore che avrebbe meritato miglior sorte in bianconero Paolo Moretti
Extra Vu nere: l’avversario che hai ammirato di più Riccardo Pittis
Emozioni: Barcellona ’98 o Slam 2001? Lo Slam 2001
… scudetto della Stella o Tiro da 4? Il tiro da 4
Il tuo hobby Leggere
I preferiti: film Non vado al cinema…
… libro Autori, non libri: Connelly e Clancy
… canzone Cantanti, non canzoni: Vasco Rossi e Queen
Il tuo piatto preferito? Tagliatelle al prosciutto, tutta la vita…
La vacanza della vita … Tutti gli anni faccio un viaggio interessante. Per adesso Zanzibar e Antigua
Un sogno da realizzare Sei al superenalotto…
La Virtus in tre parole Una vita

 

"LE MIE 1.200 VIRTUS"

di Massimo Selleri - Il Resto del Carlino - 05/04/2013

 

Per 1.200 volte la voce della Virtus Bologna. Domenica contro Venezia Gigi Terrieri taglia un traguardo storico e unico. Nessuno speaker nell'Italia dei canestri può vantare una così lunga militanza dietro a un microfono. «Sono 41 anni di Virtus - racconta Terrieri - e tutto iniziò quasi per caso, il 19 marzo 1972. A un derby Adriano Chiarini, lo speaker titolare di allora non si presentò. Dino Costa, che in quel periodo seguiva il settore giovanile, mi chiese di farlo. L'esordio non fu dei migliori: perdemmo il derby con l'Eldorado, 61-59. Mi riscattai nella seconda gara: travolgemmo Padova».

Qual è stata la prima partita in assoluto?

La finale studentesca tra il Pier Crescenzi e il Righi del 1970. Seguivo il Pier Crescenzi come dirigente e tra i miei compiti vi era quello di firmare le giustificazioni spiegando perché i ragazzi che giocavano non avevano potuto fare i compiti. Ero uno studente che giustificava altri studenti, a dimostrazione di come i tempi sono cambiati e di come con intelligenza si potesse gestire la contestazione studentesca.

Quarantadue stagioni con la Virtus. Quante partite ho saltato?

Due, un ottavo di finale con Livorno il 31 marzo 1982. Ricordo quella data perché era appena scomparso mio padre e non me la sentivo di andare al Palazzo. La seconda fu un incontro di Coppa. Avevo 38 di febbre e non riuscivo ad alzarmi dal letto. Mi sostituì Giorgio Valli.

Il momento più difficile?

Se togliamo la gara 5 del famoso tiro da quattro, dove si giocava in un'autentica bolgia con Puglisi di fianco che continuava ad agitarsi e a inveire, altri due derby non sono stati semplici. Nel 1977 mi arrivò una caciotta, ed erano i giorni successivi alla morte di Lorusso e poi il derby della rissa che preferirei chiamare neuroderby, per tutto quello che accadde.

Non ha mai avuto lo tentazione di intervenire al microfono per correggere una decisione?

Con Siena, quando l'arbitro Gianluca Mattioli decise che il fallo di Stonerook su Boykins era avvenuto a partita conclusa. Non era così: davanti all'interessato ho definito quella decisione sbagliata e scorretta, cosa che Sky documentò immediatamente. Per protesta andai via e il supplementare si disputò senza indicazioni dal tavolo.

La partita più bella e quella che avrebbe voluto commentare.

La più bella è quella dell'ultima Eurolega vinta nel 2001 contro il Tau Vitoria, quella che avrei voluto raccontare è la finale del 2002 sempre di Eurolega. Con la scusa che sarei stato partigiano un dirigente italiano dell'Uleb volle a tutti i costi la mia sostituzione, sebbene il comitato organizzatore avesse indicato me. Per la rabbia mi portai a casa il microfono, una rabbia giustificata perché tutte le volte che la Final Four è stata organizzata da un club è stato lo speaker di casa a sedere al tavolo. In Italia sono le amicizie a decretare i meriti.

Perché 42 stagioni in Virtus?

Per la passione, per la voglia di dare e di continuare a vincere uno stile in cui mi identifico al di là delle gioie e dei dispiaceri. Uno spirito condiviso con la mia famiglia alla quale devo dire grazie per come è stato sopporto il fatto che toglievo tempo a loro, a mia moglie e ai miei figli.

GIGI TERRIERI SALUTA LA VIRTUS

www.virtus.it - 21/10/2014

 

In data odierna Luigi Terrieri, project manager e storico speaker di Virtus Pallacanestro Bologna, ha rassegnato le dimissioni per motivi personali. La società ringrazia Gigi per questi quasi 44 anni di passione che lo hanno legato ai colori bianconeri.

“Ho preso una decisione che riguarda l’organizzazione societaria”, afferma Alessandro Crovetti, consigliere delegato di Virtus Pallacanestro. “Quella di completare il quadro delle mansioni affidate al team manager Gianluca Berti, che seguirà la squadra anche nelle trasferte. Un compito che fino ad oggi era affidato a Gigi Terrieri. Mi dispiace che lui non abbia accettato quello che non ritengo un ridimensionamento, tanto che la sua operatività nel ruolo di project manager non è mai stata messa in discussione, e che abbia deciso di interrompere il suo rapporto con la Virtus. Una scelta irrevocabile di cui sono costretto a prendere atto, ben sapendo che Gigi è stato e resterà un punto fermo nella storia di questa società. A nome mio, di tutto il Consiglio d’Amministrazione e di quanti vogliono bene alla Virtus, sento di doverlo ringraziare per la passione e il trasporto attraverso i quali ha sempre mostrato il grande legame con questi colori”.

 

 

LA VOCE DI GIGI HA RACCONTATO 1.224 PARTITE DI STORIA BIANCONERA

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 22/10/2014

 

Pensi a Gigi Terrieri ed è come vedere un lungometraggio, prima in bianconero - con una V nel mezzo - e poi a colori. Quello studente appena uscito dal Pier Crescenzi non immaginava che, quella domenica 19 marzo 1972, quando per la prima volta prese posto, microfono alla mano, al fianco degli ufficiali di campo, sarebbe stata solo la prima puntata di una serie replicata 1.224 volte. Sì, avete capito bene: Gigi, per 1.224 volte ha celebrato la fascetta di Fultz e le schiacciate di Bertolotti. La mattonella di Villalta e i riccioli di Caglieris. E primo passo di Brunamonti e le pazzie geniali di Richardson. La ferocia di Danilovic e la fantasia di Ginobili. Li ha visti tutti, Gigi. Diventandone amico e confidente. Talmente amico che due di questi, Bertolotti e Serafini, sono stati testimoni del suo matrimonio, celebrato il 5 settembre 1976, con Annalisa. Dopo che la Virtus, anzi, la Sinudyne come si diceva allora, aveva appena riportato lo scudetto a Bologna dopo vent'anni.

E dire che quello studente del Pier Crescenzi, che aveva fatto le prove generali con l'Unipol, aveva esordito con una sconfitta. In un derby targato Schull per di più, con l'Eldorado capace di vincere 61-59. «Prese» il microfono ad Adriano Chiarini, che lavorava alla Fontanina, e non lo mollò più. Solo due assenze in 42 anni: il 31 marzo 1982 - per la scomparsa di papà Oliviero - e, più recentemente, negli anni Novanta, in una partita di coppa per un febbrone da cavallo. Un Terrieri sostituito, nell'occasione, da un certo Giorgio Valli.

Ne ha viste dii tutti i colori, Gigi. Belle (tante), brutte (un po' meno) sempre con il sorriso sulle labbra, ricoprendo, di fatto, ogni ruolo, tranne tre, anzi, due. Presidente e giocatore. Perché una volta, a livello di settore giovanile, per l'assenza di un tecnico, gli toccò pure accomodarsi in panchina. Speaker, direttore sportivo, team manager, autista e accompagnatore. In 42 anni di storia (personale e di squadra) Gigi le ha viste davvero tutte. Come quella volta che - marzo 2002 -, esonerato Ettore Messina, capì solo che affidando il microfono a Le Roi Rigaudeau i tifosi avrebbero preso posto
nelle gradinate, lasciando libero il parquet. E quella volta che, nell'estate 2003, con la Virtus cancellata dalla serie A, non ebbe dubbi su quale sponda schierarsi: «La Virtus sta dove c'è l'avvocato Porelli». Poche parole, per Gigi. Sempre spese bene per raccontare qualcosa come 9 scudetti, 2 Euroleghe, una Supercoppa, una Coppa delle Coppe, un'Eurochallenge e 8 Coppe Italia. Difficile fare meglio.

(f. c.) Quando si consuma un divorzio, soprattutto dopo tanti anni di matrimonio, torti e ragioni non stanno solo da una parte. Senza voler fare il giudice di pace, fa male vedere 42 anni di amore e passione reciproci cancellati da freddi e mai esaustivi comunicati. Un'unica riflessione: dispiace vedere che una società, che ha scritto pagine di storia nel basket e nello sport italiano, si liberi con troppa disinvoltura di un pezzo della sua storia.

 

IL DIRITTO DI CRITICA, IL DOVERE DI DECIDERE

di Luca Meo - www.basketcity.net - 22/10/2014

 

 

Con la faccia spossata di Aznavour che canta “Ed io tra di voi”, e lo stesso dolore mal celato del protagonista della canzone, mixato allo sconvolgimento di chi sta mettendo a fuoco la più lacerante delle separazioni, ieri Gigi Terrieri ha consumato le ultime ore a casa Virtus. Ne seguiranno altre, per svuotare l’armadietto si sarebbe detto di un giocatore, procedere agli ultimi saluti, dopo quello toccante alla squadra, realizzare davanti allo striscione lasciato dai Forever (“Noi le tue dimissioni non le accettiamo”) la sollevazione popolare in suo nome che, chissà, potrebbe preludere a un ripensamento reciproco all’apparenza ora impossibile. La storia di Gigi inizia nel 1972, mancava lo speaker e c’era il derby con l’Eldorado, perso sotto le scariche del Barone Schull. Un  avvio sfortunato, che non coincise però con un cattivo presagio. Anzi. Da allora solo due volte, allettato dall’influenza, lasciò il microfono, e la sua virtussinità venne premiata con un posto dirigenziale.

EUTANASIA DI UN AMORE: Ora, tutti dicono, è stata gestita male, malissimo. Ed è vero, a partire dalla tempistica. Ma esiste un modo per gestire bene la rottura di 40 e passa anni d’amore? Chi l’ha vissuta da dentro, fa capire che qualche crepa si fosse già vista. Non picconate sulle pareti s’intende, ma sguardi ormai lontani, piccoli ma inequivocabili segnali di una relazione che si consuma appesantita dagli anni, tenuta solo abitudinariamente in piedi da stima e affetto. Fino al punto di non ritorno.

DECISIONISMO: Che si presenta quando arriva il “terzo” di turno, e nella coppia cominciano a cambiare i desideri, le aspettative, le necessità soprattutto. Modificando la metafora, il ruolo dello sceriffo cattivo, in questa storia l’ha preso di petto Sandro Crovetti, appena arrivato in città con una pistola che adesso, dopo aver sparato sulla bandiera, è ritenuta eccessivamente fumante. Crovetti in realtà ha fatto esattamente ciò per cui è stato chiamato: studiare, (ri)organizzare, razionalizzare costi e risorse. In pratica, sveltire con forza una macchina che l’anno scorso proprio per mancato decisionismo, aveva depotenziato il passaggio dalla monarchia assoluta di Sabatini – dove a pensiero corrispondeva subito azione – al parlamentino guidato da Villalta. Bloccato da troppa concertazione e indefinitezza dei ruoli. Non decidere era il problema. Si può criticare l’irruenza nel farlo, ma non il tentativo di risolverlo.

CHIAREZZA: Nella pratica, a Crovetti è stato chiesto di tracciare un confine, di fare chiarezza. Perciò, per esempio, nel suo ruolo gli è toccato stabilire se un team manager come Gianluca Berti – che merita un sincero in bocca al lupo – dovesse essere a mezzo o a pieno servizio, e insieme se l’esperienza di una pedina storica come Terrieri avesse fatto più comodo accanto alla squadra o vicino a chi opera in società.

I RECIPROCI SOSPETTI: Il dialogo è naufragato immediatamente sulle trasferte, per Gigi il frutto di tutto il lavoro settimanale. Togliergli la possibilità di stare accanto alla squadra nel momento organizzativo-sportivo più delicato gli è sembrata un’esagerazione intollerabile. I reciproci sospetti hanno fatto il resto: l’uno pensando che fosse una decisione presa per delegittimarlo, l’altro intravedendo nella reazione di pancia un carattere poco disposto al gioco di squadra. La diversa versione sulla reversibilità delle dimissioni, certifica la distanza tra le parti. Terrieri fa intendere di aver lasciato la porta aperta a un segnale distensivo, Villalta che l’uscita non ammettesse passi indietro. Tutti concordano su una cosa: un vaso che si rompe non torna mai nuovo, e qui cade l’eccezione di chi auspicava almeno il salvataggio della già rimpianta voce domenicale.

I TIFOSI: Il comunicato dei Forever, che si chiede “come vengono gestite le cose”, e condanna una svolta irrispettosa della storia proprio in un momento delicato e dopo la riapertura della campagna abbonamenti, è durissimo. Parla di “pubblico incazzato, incredulo e molto stanco”. L’indulgenza di altri momenti ha lasciato il posto al cartello di fine sconti. La dirigenza accetta la sfida, rivendicando il sacrosanto diritto di essere giudicata sulla base dei risultati di certe decisioni, e non sui desiderata di ognuno. E’ proprio l’equilibrio di questi due diritti – quello di critica dei tifosi, e quello di sbagliare con le proprie mani dei dirigenti, subito davanti alla nuova e delicata prova di trovare un sostituto in grado di reggere il confronto – il custode del segreto di una vera ripartenza. Come si usa dire spesso, guardando già a domenica e alla sfida con Caserta, stavolta sarebbe davvero il caso di essere tutto l’ambiente una cosa sola, prendendo l’esempio dalla squadra. Impegnata ieri sul parquet, dopo un dovuto ma commovente applauso all’uomo e al dirigente, con un’intensità che, al martedì, non è qualcosa di esattamente scontato.

I SALUTI A TERRIERI

Il Resto del Carlino - 27/10/2014

 

Nel prepartita due striscioni dei Forever Boys Virtus hanno ricordato Gigi Terrieri, la storica voce bianconera che dopo 1224 partite si è dimesso dall'incarico all'inizio della scorsa settimana. "A tutti... buonasera". Il primo striscione che ricordava il modo con cui Terrieri apriva ogni partita.

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TERRIERI: “STARE FUORI È MOLTO STRANO”

tratto da Basketcity.net - 17/11/2014

Gigi Terrieri è tornato per la prima volta alla Unipol Arena dopo le sue dimissioni e ha tifato per la Virtus dal parterre, al fianco dell’amico Romano Bertocchi. Non era venuto alla partita interna precedente, quella contro Caserta immediatamente successiva alle sue dimissioni, ma il richiamo della Virtus è stato troppo forte per starne lontano. Nell’intervallo molti giocatori si sono fermati a salutarlo prima del riscaldamento, le sensazioni sono state ovviamente particolari dopo i decenni vissuti dietro al microfono, come ha rivelato nel video che potete vedere sopra: “Mi sento come un pensionato agli arresti domiciliari senza obbligo di firma“.

 

GIGI TERRIERI: "IL DERBY FA STORIA A SÈ E NON È UNA FRASE FATTA"

tratto da bolognabasket.it - 03/01/2016

 

 

Il Resto del Carlino – a firma Alessandro Gallo – propone oggi un’intervista doppia alle voci storiche di Virtus e Fortitudo, Gigi Terrieri e Fabrizio Pungetti.

Ecco le parole di Gigi Terrieri:

Terrieri, la sua storia sportiva è cominciata con un derby, giusto? Sì, la domenica ero la voce dell’Unipol, che giocava in B. Adriano Chiarini, al quale affidavano il microfono Virtus, era impegnato con le giovanili. Dino Costa, direttore sportivo, disse che toccava a me. Non ho più smesso. Anche se…
Temevo di portare sfortuna. Debutto e sconfitta. Poi, uscendo dal palazzo, feci anche un incidente con la mia 128 rossa. Non fu un bell’inizio. Per fortuna è tutto cambiato.

Era la Virtus di Porelli. Bastava ascoltare l’avvocato per non avere più problemi. L’importante era fare come voleva lui. Battute a parte: Porelli vedeva più lontano degli altri e bastava seguirlo. Mai avuto problemi poi, né con Cazzola né con Sabatini.

Il derby più bello? Mah, potrei dire il neuroderby nel marzo del 1998. Ma anche quello del tiro da quattro di Danilovic. Non posso dimenticare, poi, due stoppate di Ginobili. La prima – al PalaDozza – rimontò Myers e lo fermò. La seconda, abboccò ala finta di Carlton su un tiro da tre. Ma trovo la forza di saltare ancora e di stopparlo. Anche a Monaco non andò male.

Quello più brutto? Facile, il -32. Ma ricordo solo il risultato finale. Quello che accadde l’ho rimosso. Poi per fortuna ci sono stati il +41 e il +37.

I primi derby che cosa le ricordano? Non c’erano i cellulari, solo la linea fissa. La gente che mi telefonava anche alle 4 del mattino per impedirci di riposare.

Che rapporti ha avuto con le voci rivali? Gli speaker non contano, ma ricordo il Lungo, Lanfranco Malagoli, e Michele Forino. Ci siamo anche sentiti.

Quali erano i giocatori che più sentivano il derby? Negli ultimi tempi direi Pelussi e Di Bella. Prima, direi Serafini e Bertolotti. Ma in questo caso sono di parte. Gigi e Gianni sono stati i miei testimoni di nozze quando ho sposato Annalisa.

Tra gli allenatori chi lo soffriva di più? Direi Messina. Era anche il principale obiettivo dei tifosi rivali.

Chi della Fortitudo avrebbe voluto vedere in Virtus? Caglieris, che fece il salto della barricata. Mi verrebbe da aggiungere anche Myers. E come carattere e aplomb direi Recalcati. Ma la signora Giovanna la lasciamo a Cantù.

La Virtus è… Essere più composti.
E la Fortitudo? Un atteggiamento guascone e impulsivo.

Venerdì ci sarà? Se mi invitano, volentieri.

Chi vince? Percentualmente direi 60 Virtus e 40 Fortitudo. Ma il derby fa storia a sè. E non è una frase fatta.

 

Terrieri alla scrivania

IL BLOG DEL COACH: GIGI TERRIERI

di Dan Peterson - 16/11/2020
 

Dire che Gigi Terrieri ha fatto lo speaker per la Virtus Bologna al Palazzo dello Sport è dire poco, come dire che Luciano Pavarotti ha cantato ‘Tosca’ al Teatro della Scala di Milano.  Gigi è stato lo speaker per noi durante i miei cinque anni con il club, 1973-78.  Ma pure prima, nonostante la giovane età che aveva ai tempi.  Poi, per anni dopo, come si vede nella foto: 900 partite come “La Voce della Virtus Bologna.”  Un premio meritato.  Gigi era nato per fare quel lavoro: voce perfetta, voce chiara, voce che trasmetteva tranquillità all’ambiente.  Cioè, sapeva che lo show non era lui, bensì i giocatori in campo!

Come ogni tifoso sportivo, ho i miei ‘preferiti’ come radiocronista, telecronista, speaker, giornalista.  Ho visto e ho sentito tanti bravi speaker negli Stati Uniti.  Il mio Numero Uno per gli USA sarà sempre Pat Pieper dei miei Chicago Cubs.  Ma, in Italia e in Europa, il mio preferito è sempre Gigi Terrieri.  Motivo?  La sua costanza.  Niente depressione se segnavano gli altri, niente esaltazioni se segnava la Virtus.  Anche per il gioco più spettacolare o il canestro più importante, lui non cambiava né tono, né livello di voce.  Dava il nome del giocatore con una grandissima semplicità.  

Forse quel commento sembra di poca importanza. Invece, è tutto. Alcuni speaker vanno oltre questa semplicità.  Pensano di dover fare ‘tifo’ per la squadra di casa.  A quel punto, sono dei ‘fan’ e non dei professionisti.  Sono certo che, dentro di sé, Gigi era molto contento per un canestro di Gianni Bertolotti, Tom McMillen o Renato Villalta.  Ma la sua voce non tradiva questa felicità mai.  Questo fatto vuol dire grande rispetto per tutti: la Virtus, gli avversari, il pubblico.  Gigi non pensava mai che era il “Gigi Terrieri Show.”  Non voleva mai i riflettori puntati verso di lui.  Voleva fare il suo lavoro e basta.  

Gigi è Virtus al 100%.  Nel 2015, sono tornato a Bologna per un pranzo con nostro grande ex-giocatore, Tom McMillen. Ovvio, con i suoi ex-compagni. Loris Benelli, Massimo Antonelli, Aldo Tommasini, Tom McMillen, Marco Bonamico e Gigi Serafini, Gigi Terrieri e Dan Peterson,  Renato ‘Cip’ Albonico, Giorgio Moro, nostro preparatore atletico. Non poteva mancare Gigi. Infatti, Tom McMillen lo ricordavo perfettamente, pure dopo 40 anni di tempo.  Ecco come era rimasto nel cuore della squadra.  

Gigi mi è stato anche vicino durante i miei primi tempi alla Virtus. Il tutto senza essere invadente mai. Fuori campo, aveva sempre un saluto e un “Coach, come va?”  In campo, per le partite, aveva la sua grande professionalità. Il tutto dava un senso di importanza a tutto.  Anche le squadre avversarie hanno apprezzato come lui faceva loro presentazione.  Certo, era pro-Virtus, ma trattava i rivali con grande attenzione e grande rispetto.  Non ditemi che la gente non capisca questo. Con Gigi, le partite non erano solamente importanti, ma anche grandi.  Lui, sì, rendeva il Palazzo dello Sport come Madison Square Garden.