COME VA IL VIVAIO? VEDIAMO A... BOLOGNA
di Gianfranco Civolani - Giganti del Basket - Ottobre 1971
Sarebbe facile, troppo facile, riandare con la memoria ai tempi gloriosi d'anteguerra. Gloria virtussina, s'intende. Dondi - Bersani - Marinelli- Ferriani eccetera, davvero un vivaio fertile, un segmento che continuò a produrre per lustri. Sarebbe facile raffrontare quei tempi alle contraddizioni e alle carenze dell'oggi. Ma appunto per questo vado oltre e ricordo quel che accadde in città a cavallo fra il '50 e il '60. Il vivaio si inaridisce, la catena di montaggio procede a singhiozzo, le cosiddette cinghie di trasmissione evidentemente sono inceppate da un qualcosa che vieta una produzione costante, una persistenza di ritmi.
Eppure ci sono ancora elementi che balzano in evidenza. Vediamo: Conti - Gambini - Zuccheri - Lamberti - Magnoni - Nardi - Viscardi - Angelini. E quindi a breve distanza abbiamo altri rinforzi: Bergonzoni - Orlandi - Lebboroni - Nanucci - Gesis. A quel punto le macchine si inceppano per un bel po' d'anni e si deve ricominciare daccapo.
L'oggi: laddove si vuol precisare quali e quanti giocatori di un certo calibro tecnico sono stati sfornati nella cerchia urbana da qualche anno a questa parte. I nomi si fa presto a farli: Gigi Serafini, in pratica trapiantato a Bologna quando ancora faceva l'operaio in una piccola landa del Reggiano. E poi chi? Stagni, Sacco, Sgarzi, e in un certo senso anche Bianchi. Dunque la situazione è radicalmente mutata. Non regge più il paragone con le produzioni di un tempo. Parlo di dopoguerra, parlo degli anni cinquanta, parlo dell'altro ieri, per capirci. Ovvio che occorre vivisezionare il problema.
Si potrebbe liquidare il discorso rilevando come in effetti al giorno d'oggi in Italia sopravvivano ancora pochi tradizionali serbatoi (Livorno e talune regioni del Veneto) e quindi sarebbe comodo prendere atto di una certa realtà universale e metterci una pietra sopra. Come secondo argomento utile per dar corpo al grande alibi potrei riferirmi alla difficoltà di far germogliare talenti laddove gli allettamenti sono tantissimi, insomma laddova la città è davvero una piccola urbe, non un borgo o un paese.
Ma ripeto che i cosiddetti argomenti di comodo mi toccano molto relativamente. Chiaro che nello sport - così come nella vita - si va a cicli. Ci sono le annatue buone e quelle meno buone, probabilmente ci sono le congiunzioni astrali che influenzano le generazioni eccetera. Ma le società cosa fanno per mettersi in condizione di produrre il meglio? Siamo arrivati al nocciolo: possono le società bolognesi andar fiere di quel che in materia hanno sempre procurato di fare?
Lamberti e Tracuzzi sono allenatori fatti su misura per far lievitare chi ha mezzi e talneto naturale. Ma Lamberti e Tracuzzi sono sempre alle prese con i grossi problemi della serie A e qundue ormai si applicanosolo ed esclusivamente al basket elitario. Chiaro che il Beppe e il Vittorio sono gli individui più indicati er rifinire nel dettaglio tecnico i Sacco, gli Stagni e gil Sgarzi, ma possiamo pretendere che siano proprio loro ad andare a sgrezzare i ragazzini di tredici-quattordici anni? E allora ripiombiamo a bomba. Il problema è quello delle scelte prioritarie e soprattutto degli allenatori dei vivai. Gianfranco Pilotti, un giovane trainer molto introdotto a livello di formazioni giovanili, lancia un preciso atto di accusa:
Sicuramente - dice - non ci sono oggi a Bologna allenatori in grado di formare come si deve i giovani. O quanto meno ce ne sono ben pochi. Le società dunque affidano i loro virgulti a tipi che arrivano fin dove possono e che comunque non sempre sanno indirizzare nel modo giusto. Se viceversa le società destinassero una gran parte dei loro fondi al reclutamente e ai vivai, beh, allora la situazione sarebbe profondamente diversa. Basterebbe assoldare a duecentro-trecentomila mensili dei grossi allenatori - italiani o stranieri, non importa - e adibirli esclusivamente alla formazione dei quadri del futuro. Sarebbero i soldi spesi meglio, è garantito.
Prendo le dichiarazioni di Pilotti con le tenaglie e so già in partenza che molti allenatori si sentiranno toccati nel vivo. D'altra parte non è che la situazione cittadina offra in prospettiva grosse cose. L'Eldorado conduce le sue faccende in modo sistematico, razionale. Dispone di impianti stupendi e sicuramente parte con notevoli punti di vantaggio su tanti altri clubs. La Virtus da alcuni anni ha invertito la rotta di tendenza, ha dedicato parecchio denaro alla coltivazione intensiva dei giovanissini e in una certa misura sta raccogliendo qualche frutto. Ma cosa appare all'orizzonte? Mi riferiscono di un certo Borghi, un ragazzo del '55 alto uno e novanta e mi giurano che c'è sicuramente la stoffa del campione. Mi parlano pure di un bel gruppo di ragazzini del '57, tesserati in blocco per la Pallavicini. E sarebbe tutto qui, per il momento.
So per certo che allenatori come Bucci, Zoccadelli e Giardina (colui che ha "tirato su" Sacco) sono ottimamente preparati e da tempo lavorano con competenza e profitto. Ma è evidente che la formazione dei vivai a tutti i livelli (reclutatori, atleti, allenatori, dirigenti) è quanto mai problematica. Anzitutto i rapporti con le scuole sono sempre troppo sfumati, ibridi, frequentemente affidati alle casuali amicizie che legano professori "incontaminati" ad altri insegnanti che nel basket un po' ci campano e che quindi allacciano relazioni di quel tipo nella misura in cui queste relazioni possono giovare al club che elargisce qualche stipendio e che è solito colmare di gentili e concrete attenzioni i cosiddetti "incontaminati". Poi il minibasket, una specie di mistero eleusino. Il grande nume DeGiovannini meriterebbe un monumento sulla pubblica piazza (Rossa), ma gli esiti non sempre sono proporzionati alle energie profuse. A quali risultati è giunto il minibasket qui in città? E quali sono i vincoli fra la benemerita istituzione ei clubs di livello? Cedo ancora la parola a Pilotti:
Scarsi risultati, scarsissimi. A questo punto il minibasket è benemerito perché sforna i potenziali fansi di domani e dopodomani. Ma le società di un certo calibro si infischiano tranquillamente di tutto quello che fa il minibasket ed anzi giungono al punto di rifiutare il nostro apporto. E dire che basterebbe ben poco: basterebbe che i grandi clubs avessero qualche incaricato in grado di tenere i fili con il minibasket.
Francamente non lo capisco nemmeno io. E peraltro scendo un attimo nelle pieghe del basket-femmine. Anche qui il quadro presenta notevoli analogie con il settore dei maschi. Dieci-quindici anni fa due società cittadine partorirono a catena. Mai forse si vide in una città italiana fiorire contemporaneamente una tal roba di prima qualità.
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NEL SACCO DELLA NORDA
Castelfranco: Mobilquattro e Forst non riescono ad impedire che il titolo juniores finisca...
di Massimo Mangano - Giganti del Basket - 1972
Ettore Zuccheri, tecnico modesto quanto bravo, finisce meritatamente in trionfo. Il noto "saccarina" è commosso. Forse questo è il successo più importante della sua vita. Anche Porelli e Gandolfi corrono ad abbracciarlo ed aiutano i ragazzini ad issarlo sulle spalle. Lo stesso Porelli aveva fatto per tutto l'incontro un tifo da matti e solo a dodici secondi dalla fine si era rilassato ed aveva alzato le braccia al cielo. Fino a quel punto non era stato sicuro della vittoria.
Probabilmente neanche nel clan della Norda era stata messa in preventivo una vittoria così schiacciante nei confronti della Mobilquattro, soprattutto dopo l'estenuante incontro di semifinale del giorno prima.
Proprio le semifinali sembravano fossero state indicative sul livello e sulle possibilità delle quattro squadre. Tra Norda e Forst si è assistito ad uno dei più begl'incontri in assoluto che la categoria juniores possa esprimere in Italia. Le due squadre si erano affrontate ambedue sul piano del ritmo e della grinta. La Norda difendeva un po' meglio (soprattutto più correttamente) dei canturini, recuperava un mucchio di palloni con un pressing davvero ben disposto ma la Forst mostrava un giovo di squadra più omogeneo e riusciva in più occasioni ad avvantaggiarsi. Il duello nella realizzazione tra Sacco e Zonta era addirittura entusiasmante. Il secondo si permetteva addirittura due o tre stoppate degne del miglior Meneghin. A un minuto dalla fine la Forst aveva l'incontro in mano (sei punti di vantaggio) ma due palloni persi con altrettante prodezze di Sacco ed un canestro in contropiede portavano le due squadre ai supplementari. Qui proprio la Norda veniva fuori per freschezza atletica e ritmo mentre la Forst che aveva speso tutto finiva con solo tre giocatori in campo. Proprio la Mobilquattro invece accedeva alle finali senza troppa difficoltà liquidando in scioltezza la Splugen di Soro. Quindici punti senza troppo forzare con Giroldi a far uno show da americano.
Sulle tribune e tra i tecnici presenti ben pochi avrebbero scommesso sulla vittoria Norda. La stanchezza per un incontro tirato alla morte, la deconcentrazione per aver raggiunto un risultato prestigioso dopo molta fatica avrebbero dovuto giocare a favore dei milanesi di Bandini.
A livello giovanile invece spesso sono altri fattori a decidere gli incontri.
La Norda è entrata in campo con l'umiltà e la modestia che il suo allenatore aveva saputo dargli. La Mobilquattro probabilmente era un po' troppo sicura di vincere. Inoltre proprio il fatto di essere arrivato in finale senza troppa fatica, serviva a deconcentrare Giroldi e compagni.
L'incontro ha avuto due volti diversi. Un primo tempo splendido da parte della Norda con Sacco come Marzorati o Raga a far fuori uno contro uno il suo marcatore e concludere in canestro con facilità o servire assist perfetti a Benelli e Beretta. La difesa Mobilquattro franava come Vajont e Benelli e Sacco giostravano tra l'altro (ben coadiuvati da Martini) a percentuali mostruose. Al sedicesimo del primo tempo la difesa Mobilquattro aveva incassato quarantotto punti. La Norda era a media centoventi! In attacco Giroldi era in trance. Grasselli veniva meno clamorosamente, il solo Molina e a sprazzi Florio avevano spunti decenti. La ripresa dava ancora in apertura qualche pallida speranza alla Mobilquattro. Bandini organizzava una difesa mista e Sacco si sperdeva sotto la perfetta marcatura di Farfoglia. La Norda rallentava volutamente il ritmo e la Mobilquattro tentava di farsi sotto. Non arrivava più vicina di nove punti di scarto. Il trionfo Norda era meritato.
Lo scudetto va alla squadra che ha mostrato di possedere più carattere e che ha meglio difeso. Zuccheri può andare orgoglioso dei suoi ragazzi. Ritmo, volontà, aggressività, sono state le loro armi. Sacco e Benelli sono due mostri, tra gli juniores. Ormai giocatori ormai maturi per la A. Martini è un lungo interessante, Ranuzzi, Lebboroni e Natali hanno svolto benissimo il loro compito di comprimari, difendendo con grinta eccezionale e fornendo bei palloni in attacco ai due big della squadra.
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LA NORDA HA LAVORARO GUARDANDO AL DOMANI
Zuccheri ottimista dopo il tricolore juniores
di Maurizio Roveri - Stadio - 17/05/1972
Da valoroso capitano ed allenatore campione d'Italia. Ettore Zuccheri, il popolare "Saccarina" del basket bolognese, alla sua prima stagione agonistica in cui si è esclusivamente dedicato alle cure del settore giovanile ha subito ottenuto il massimo risultato. La soddisfazione, come si può ben immaginare, è grandissima in casa Norda. Soprattutto perché tra le vittime dei giovani atleti virtussini figurano nomi illustri, quali Mobilquattro Milano e Forst Cantù le cui "scuole" cestistiche sono molto rinomate in campo nazionale. È un successo, questo colto dagli juniores della Norda, che esalta la pallacanestro petroniana, da tempo in ombra nel settore giovanile, e che onora una gloriosa società, la quale sta lavorando con intensità e costanza per creare le basi di un tranquillo futuro. La società bianconera ha da tempo compreso l'importanza di possedere un forte vivaio, i dirigenti hanno capito che per creare un grande Club occorre prima di tutto rivolgere tutti i propri sforzi nella cura dei giovani, di coloro che possono garantire un domani sicuro e ricco di soddisfazioni.
"Questo titolo tricolore - dice Zuccheri che tanto abilmente ha guidato gli juniores della Norda - costituisce un motivo di grande prestigio per la nostra società e per la pallacanestro bolognese. Ma la nostra soddisfazione sarebbe stata ugualmente grande anche se non avessimo vinto. Infatti l'intendimento principale della Norda è di preparare i giovani per la prima squadra, al di là di quelli che possono essere i risultati nel settore. Quando poi succede, come nel nostro caso, che l'operazione - valorizzazione bene completata con lusinghiere vittorie come la conquista di un titolo nazionale, questo sta indubbiamente a significare che abbiamo svolto un efficace lavoro. Un lavoro che la nostra società aveva iniziato tre anni fa e che aveva già dato i suoi primi frutti con il lancio in prima squadra di ragazzi ben dotati e molto promettenti quali Benelli, Martini, Sacco, Beretta e Antonelli. Questi ragazzi sono stati i punti - base della squadra alle finali di Castelfranco Veneto. Ad essi vanno aggiunti, nell'elogio comune, Amaduzzi, Lebboroni, Ranuzzi, Borghi, Casanova e Natali, un ragazzino del '55 che si è comportato egregiamente".
Per la cronaca, va sottolineato il fatto che gli Juniores della Norda hanno conquistato il titolo nazionale vincendo tutte le partite che hanno disputato. Nel girone eliminatorio si sono imposti a Partenope, Max Meyer Pescara e Splugen Gorizia, in semifinale hanno sconfitto la Forst al termine di una partita estremamente combattuta ed incerta, avvincente ed entusiasmante per gli ottimi spunti tecnici di entrambe le squadre e per il susseguirsi di emozioni che hanno caratterizzato l'incontro. Sono occorsi due tempi supplementari per decretare la squadra vincente e la Norda, evidenziando un'ottima preparazione atletica e dando una non indifferente prova di carattere e di saldezza di nervi, si è imposta col punteggio di 95-84 riuscendo addirittura a realizzare venti punti nel secondo tempo supplementare. In finale la Norda ha battuto la favorita Mobilquattro, che nelle semifinali aveva avuto la meglio sulla Splugen.
Zuccheri nel settore giovanile della Norda ha un po' carta bianca. È lui che si occupa direttamente dei cartellinamenti, che va in giro ad osservare, a cercare.
La Norda sta ora curando con particolare attenzione la composizione delle squadre allievi e cadetti, dalle quali dovranno poi uscire quei ragazzi che la squadra juniores maturerà fino al lancio in serie A.
Concludiamo con la sfida che l'avv. Porelli ha lanciato al Simmenthal: "Il doppio confronto fra i nostri juniores e quelli del Simm, che venne disputato nel corso del campionato, si risolve com'è noto in parità: una vittoria per parte, ma con successo del Simmenthal nello scarto canestri. Io vorrei dire a Rubini che noi della Norda siamo pronti per un terzo incontro, anche con un grosso premio in palio".
ZUCCHERI PARLA DELLA SQUADRA CAMPIONE JUNIORES 1972
di Ettore Zuccheri
Questi ragazzi mi hanno fatto diventare una speranza credibile nel mondo dell'insegnamento. Sono stati meravigliosi, grazie a loro ho camminato per una settimana tra le nuvole e li incontravo nei miei sogni.
BALA A PANIREIN ANNI '70
di Andrea Gaggioli
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Spesso accadeva che per ingannare l’attesa dei tifosi prima della partita principale si giocassero alcune partite dei cinni dei settori giovanili. Accadde che prima di un derby, per altro vinto dalla Virtus, si giocasse il derby dei cinni ed io in V^ ginnasio avevo la maglia con la V nera sul petto e per di più giocavo con lo stesso numero di Kociss……. Insomma entrammo in campo per giocare una partita sentitissima anche per noi giovani di allora e quando cominciò, dentro il palazzo c’erano già 4000 persone che assistevano al nostro incontro non passivamente, ma facendo un tifo indiavolato perché identificavano in noi giovani le reciproche fazioni della battaglia cui dopo avrebbero assistito. Anche a livello giovanile le due compagini erano estremamente equilibrate ma quel giorno, traditi forse dall’emozione, i miei compagni giocarono un primo tempo ignobile e finimmo sotto di 20 punti col sottoscritto tenuto fino a quel momento in panchina. Nel secondo tempo il coach finalmente mi diede fiducia e mi fece scendere in campo: l’idea di giocare davanti ad un palazzo ormai pieno (5000 ed oltre) mi faceva tremare letteralmente le ginocchia dall’emozione: sedici anni sono pochi e non si è ancora maturi per sopportare certe responsabilità. Comunque scesi in campo con grande determinazione; alla seconda o terza azione ricevetti la palla e feci scoccare dall’angolo uno dei miei migliori tiri (anch’io sono sempre stato un discreto tiratore): ciuff (only net)….. avevo segnato. Il palazzo esplose, il parquet tremò per alcuni secondi e c'era un frastuono inimmaginabile: io mi galvanizzai ed in trance agonistica giocai una partita memorabile; questa mia sicurezza rinfrancò anche i miei compagni e grazie ad alcuni miei canestri ed al nostro buon gioco di squadra ritrovato riuscimmo a recuperare fino a pareggiare l’incontro a pochi minuti dalla fine. Poi, pagando un po’ lo sforzo fatto per rimontare, concedemmo qualcosa di troppo nel finale e finimmo per perdere di due punti dimostrando comunque orgoglio nel non voler soccombere di netto agli avversari davanti a cotanto pubblico.
Scusate se ho annoiato qualcuno ma volevo farvi partecipi di questo che è uno dei più bei ricordi che ho di quegli anni.
Andrea Gaggioli in una foto della stagione precedente
DIRETTAMENTE DALL'AMERICA I RICORDI DI ANTONIO PASQUALI
di Antonio Pasquali
Uno dei miei piu' amati tesori, la maglia del mio anno giocato nelle giovanili della Virtus. Il nome era gia' Norda, ma io fui arruolato dopo l'inizio della stagione quando le maglie agli altri ragazzi della categoria allievi erano gia' state distribuite. Allora non buttavano via i soldi e le maglie venivano religiosamente riciclate. Il mio primo allenatore fu Giorgio Moro, che allenava gli allievi del '59, all'inizio fui messo con loro nonostante fossi del '58 perché non avevo mai preso la palla in mano. Poi, dopo un mese fui passato a Martelli che allenava gli allievi del '58. Era il primo anno di Fultz, e andavo alle palestre del Marconi a vedere la prima squadra allenarsi, prima con Tracuzzi e poi con Nico Messina, se non sbaglio era il 1971-72. Non avevo mai giocato a basket prima, ma a 14 anni ero alto 1,88 e sembravo promettente. Ero di una tristezza allucinante, poi arrivò Generali, che cominciò a crescere come un fungo. Quando arrivò' era alto come me, l'anno dopo era due metri. Durante l'estate tra il primo e il secondo anno presi il morbillo, pesissimo, febbre a 41, ne uscii devastato. Cominciai la preparazione con i cadetti, facevo fatica ero ancora un po' a pezzi. Facemmo una partita di pre-campionato a Budrio, mio padre non aveva tempo per accompagnarmi (in 20 anni di carriera mi ha visto giocare due o tre volte), mi svegliai alle sei per prendere l'autobus da Porta Lame all'uscita della Tangenziale di S. Vitale dove c'era il capolinea dell'autobus per essere caricato da Umberto Alvisi che era in squadra con me. A Budrio fui un disastro e Zuccheri rimase esterrefatto, perdemmo di brutto. Fui tagliato dopo due settimane e piansi ininterrottamente per tre giorni! Ho giocato nelle minors per altri 19 anni, sempre centro nonostante fossi solo 1,90. Adesso ho quasi 60 berrette, appena sento il palloncino rimbalzare, mi emoziono ancora!
Maglia di Ettore Zuccheri (foto fornita da Antonio Pasquali, che la indossò in seguito nelle giovanili)