TOM McMILLEN
(Charles Thomas McMillen)
Tom McMillen, una star di passaggio
nato a: Elmira, NY (USA)
il: 26/05/1952
altezza: 211
ruolo: ala forte
numero di maglia: 12
Stagioni in Virtus: 1974/75
statistiche individuali del sito di Legabasket
TOM McMILLEN
Yearboox 1974/75
Tom McMillen, due metri e dieci (per dirla all'americana 6 piedi e 11), esterno-pivot, è stato forse l'acquisto più clamoroso fatto all'estero da una squadra italiana negli ultimi anni, dopo quello di Bradley. In America, tra l'altro, la scelta di McMillen ha fatto più scalpore di tante altre notizie sui professionisti americani. McMillen, come giocatore, pur essendo sicuramente su un eccezionale livello, ha suscita sempre qualche piccola polemica in America. Fin da quando giocò nelle Olimpiadi di Monaco era ottimamente quotato,nonostante fosse solo al secondo anno di Università. Il suo migliore è stato tuttavia il 1973, in cui ha segnato 616 punti e preso 284 rimbalzi. Nel 1972 e 1974 è stato inserito nel secondo quintetto degli All America, cioè era ritenuto comunque tra i migliori dieci universitari americani. In America anche chi ne parla male (e sono pochi) farebbe fuoco e fiamme pur di averlo nella propria squadra di college o professionistica. C'è da dire infatti che, pur nella vasta gamma di giocatori formidabili che militano tra i professionisti, forse non esiste un altro atleta con le massime caratteristiche fisiche e tecniche di Tom McMillen.
Come il fratello Jay, conosciuto in Italia per aver giocato a Padova, Tom dispone di una morbidissima mano che gli consente di tirare con percentuali formidabili da qualunque posizione. Il suo tiro parte molto alto ed è anche molto rapido per cui non esiste alcuna possibilità di stopparlo. McMillen dispone inoltre di altri fondamentali del pivot e dell'esterno veramente notevoli e per questo riesce a districarsi con ugual bravura sia fuori che sotto. Non è un giocatore superveloce, ma è tutt'altro che lento. è molto attento e molto meticoloso in difesa. Spesso con le sue braccia lunghe e veloci riesce ad anticipare i passaggi alle ali. è ottimo tempista ai rimbalzi sia offensivi che, soprattutto, difensivi. Stoppa con estrema facilità molti avversari perché è un giocatore molto intelligente. Non ama fare la stella e si preoccupa sempre di giocare per la squadra. Lo faceva nella Maryland University, lo farà pure nella Sinudyne. Di lui dicono che ha poca grinta, ma non è affatto vero. Tom è un giocatore molto freddo e questo non è un difetto, bensì una dote. Dicevano anche che, rispetto agli ex-professionisti e agli americani già esperti del gioco italiano, avrebbe mostrato la corda dell'inesperienza e dell'ingenuità del giocatore di college: chiedere, per smentita, agli avversari che l'hanno già incontrato...
Coach Dan Peterson e Tom McMillen (foto Giganti del Basket)
TOM MCMILLEN
di Dan Peterson - www.basketnet.it
Tom McMillen. Sia chiaro, non ci voleva un granché per valutare il super talento di Tom McMillen, nostro giocatore della Virtus Bologna nel 1974-75. È una storia interessante quanto complessa. Il tutto nasce dal fatto che mio ex-giocatore a Delaware, ex-vice in Cile, e allora vice a Bologna, John McMillen, è cugino di Tom. Loro due padri erano fratelli. John proviene da Media, Pennsylvania, vicina Philadelphia, mentre Tom proviene da Mansfield, più al nord dello stato di Pennsylvania. John era alto attorno al 1.95; Tom attorno ai 2.11 e forse di più. E Tom era mancino.
1973-74. Durante questo nostro primo anno alla Virtus, John mi dice, "Coach, mio cugino ha accettato di studiare ad Oxford l'anno prossimo, come Rhodes Scholar, come ha fatto Bill Bradley nel 1965-66. Cosa dici? Potremmo convincere Tom a giocare con noi l'anno prossimo come Bradley ha giocato per il Simmenthal Milano quell'anno?" Non sapevo niente di Tom ad Oxford. Erano i tempi preistorici rispetto all'Internet di oggi. E non avrei ideato subito il concetto di avere Tom giocare per noi. Milano, però, l'ha capito e l'Olimpia era già alle costole di Tom per questa possibilità.
Per rendere l'idea dell'importanza di Tom McMillen, basta sapere che è stato sulla copertina di Sports Illustrated durante il suo ultimo anno di high school, cosa rarissima. È stato il più reclutato di tutti, di ogni tempo. Alto, gran tiro, super studente, cittadino modello, ecc. Era fra North Carolina e Maryland. Tom optava per North Carolina ma i genitori hanno convinto lui di andare a Maryland nel 1970. Grande carriera. Olimpiade del 1972 (quella controversiale). All-America. Titolo NIT. Sfortuna nel Torneo ACC. Prima scelta NBA. Poi, Rhodes Scholar ad Oxford.
Durante le negoziazioni, il fratello maggiore di Tom, Jay McMillen, che aveva giocato a Padova, gestiva tutto. Poi, quando stavamo per chiudere, ha passato tutto a Donald Dell, ex-tennista della Coppa Davis, famoso agente. Nostro boss, l'Avv. Gianluigi Porelli, aveva una contromossa. Ha fatto appuntamento a Londra con Dell. Porelli ha portato Orlando Sirola, Italiano, ex-Coppa Davis contro Dell, fluente nell'Inglese. Dell dice a Porelli, "Gigi, mi hai steso! Orlando! Mio grande amico! Come posso dire 'no' a voi?" Porelli, con questo colpo da maestro, firma tutto. Tom McMillen è nostro.
Valutazione? Qui non c'è da valutare niente. Tom è un super. Dove metterlo? Pivot? C'è Gigi Serafini. Tiratore? C'è Gianni Bertolotti. Che schema? Proviamo il doppio stack dell'anno scorso. Mettiamo Tom al posto di John Fultz. Ovvio, dopo qualche tempo, c'erano delle modifiche. Tutto grazie a Tom. Il primo allenamento, Tom vede i nostri due pivot di 2.10, Gigi Serafini e Aldo Tommasini. Chiede: "Qual'è il titolare?" Indico Gigi. Tom: "Lui deve essere contento." Come? Tom: "Io passerò la palla a lui i primi 5' ogni partita." Detto e fatto e Gigi ha fatto un anno super, 20 punti e 10 rimbalzi a gara.
L'anno. Tom faceva pendolare: A Oxford 3-4 giorni, a Bologna 3-4 giorni ogni settimana. Non ideale per la squadra e anche con qualche paura che mancasse ad una partita. Invece, mai perso un allenamento e mai saltato una partita. Perfetto. La squadra cresceva con lui. A Milano, la Mobilquattro ci dà 30 punti nell'andata; noi 32 a loro nel ritorno. In Coppa delle Coppa, perdiamo di -20 vs. Maccabi Ramat Gan; poi vinciamo di +26 a Bologna. Facciamo 2-2 con Olimpia Milano, 2-2 con Cantù, 1-3 con Varese. Stiamo diventando fortissimi. Poi, l'anno finisce e Tom se ne va. Volevo piangere.
Alto ma anche tecnico
TOM MCMILLEN (II)
di Dan Peterson - www.basketnet.it
La storia dell'arrivo di Tom McMillen in Italia per giocare con la mia Virtus Bologna, 1974-75, è stata un'avventura dall'inizio alla fine. Risulta che John McMillen è il cugino di Tom (loro padri erano fratelli). John aveva giocato per me, poi era mio vice in Cile, poi alla Virtus, poi capo della Fortitudo e altre squadre di Serie A. Un giorno, durante il nostro primo anno alla Virtus, 1973-74, John mi dice: ''Coach, Tom si laurea a Maryland (dove era All-American e Olimpiade 1972) ma non va nell'NBA, va ad Oxford, come Bill Bradley. Perchè non lo prendiamo come straniero, come Milano ha fatto con Bradley?''
Idea geniale. Chiaro, era un'idea geniale. Un solo problema: Bradley ha giocato solo 11 partite per il Simmenthal Milano quell'anno, perché era lo 'straniero di coppa.' Duane 'Skip' Thoren era lo straniero fisso. Tom McMillen avrebbe dovuto fare come Thoren: Serie A più la Coppa delle Coppe, un totale di 48 partite, con voli Londra-Linate e Linate-Londra, con rischi di nebbia, più trasferimenti in auto. Nondimeno, chiediamo e Tom era disponibile. Con un po' di fatica, l'Avv. Donald Dell (agente Tom) sistema il contratto con l'Avv. Porelli (nostro GM). Tom gioca 48 gare su 48, con qualche patema d'anima, ma con un successo enorme.
Difficile spiegare oggi l'impatto di Tom allora. Il mio primo anno, 1973-74, avevamo 2.500 abbonati alla Virtus e un 98% esaurito per l'anno, una media di quasi 7.000 a partita. Con l'annuncio di Tom, è successo uno Tsunami. Migliaia di persone hanno pestato l'erba ed i cespugli attorno alla sede per avere abbonamenti. Porelli ha chiuso la vendita quel giorno. Durante la notte, lui e altri hanno numerato altri 1000 posti. Totale ora, 3.500. Botteghini (non più sede) aperti il giorno dopo: stracciati 3.500 abbonamenti in due ore con una lista di attesa di 600 persone. Porelli è stanco, allucinati ma stracontento. La Virtus è diventata grande.
Allenare Tom è stato educativo. Arriva lui al primo allenamento. Vede due lunghi di 2,10 ciascuno: Gigi Serafini e Aldo Tommasini. Mi chiede: ''Coach, qual'è il nostro pivot titolare?'' Io, indicando Serafini, ''Quello lì.'' Tom e me: ''Lui deve essere contento.'' Io, ''Come?'' Tom: ''I primi 5' di ogni partita, passo la palla a lui per lanciarlo.'' Adesso sono allucinato io. Che mente! Poi, come promesso, Tom martella la palla dentro a Gigi all'inizio di ogni gara. Gigi fa l'Americano: 20 punti e 10 rimbalzi di media per l'anno. Se Gigi non fa frattura alla caviglia nell'ultima dell'anno, forse vinciamo lo scudetto, grazie a Tom.
Quando Tom ha giocato la sua ultima per noi, spazzando via i neo-campioni di Forst Cantù, eravamo tutti tristi. Il nostro Presidente, Fiero Gandolfi, mi disse: ''Dan, Tom non ci può lasciare.'' Io: ''Fiero, va nell'NBA.'' Fiero: ''Mi sento come avessi perso un figlio.'' Non solo lui. Tom non ha mai fatto la prima donna .... anche se era la prima donna. Ha rispettato il contratto e gli appuntamenti. Ha lanciato Gigi Serafini come una forza internazionale. E mi ha insegnato come si allena un pivot. Poi, una lunga carriera nell'NBA, ora nella politica. Non era giganti solo perché era alto 2,11, ma perché aveva un cervello anni luce davanti a tutti noi.
Tratto da "Virtus - Cinquant'anni di basket" di Tullio Lauro
Il fattore McMillen sul nostro basket dura una sola stagione. A Bologna speravano, naturalmente, di averlo ancora, perché certamente il secondo anno avrebbe potuto essere più continuo sugli incredibili alti livelli che sapeva raggiungere, ma non ci fu nulla da fare. Per confermare certe impressioni è il caso di andare a rilegge come lo presentava Peterson ai nostalgici di John "Mitraglia" Fultz: "Divino, Sublime! Per favore non facciamo un paragone con Fultz. Lei è un Fultz più alto, più intelligente e miglior tiratore". Ma lui, Tom McMillen, ha altre cose per la testa e non serve a trattenerlo il minuto abbondante di applausi al termine dell'ultimo strepitoso incontro con la Forst. "Ho capito che vivere a Bologna sarebbe magnifico. Ma ho tantissime cose da fare a casa mia, e non parlo solo di basket, no, il basket serve per divertirsi e naturalmente per guadagnare un po' di soldi divertendosi, ma poi c'è il futuro, una professione e una vita di prestigio, ci sono tanti aspetti della vita che possono allettare, l'lata finanza, la politica..."
McMillen a rimbalzo sotto gli occhi di Tommasini, Antonelli e Benelli
STEVE HAWES & TOM MCMILLEN: FRATELLI D'ITALIA
di Fausto Agostinelli - Giganti del Basket - Gennaio 1980
Sono le dieci di una mattina qualsiasi, di un qualsiasi giorno di campionato, ad Atlanta. All'Omni, campo di gara degli Atlanta Hawks, è in programma un leggero allenamento di tiro in vista dell'incontro serale che opporrà la squadra di Hubie Brown ai New York Knicks. A poco a poco, nell'immenso parcheggio che circonda il grande palazzo arrivano le lussuose limousine dei giocatori che si allineano in maniera ordinata dinanzi all'ingresso di servizio. Unico tocco 'europeo' in mezzo ad una autentica orgia di Chevrolet, Ford, Cadillac, una Mercedes da cui discendono - quasi inevitabile - Steve Hawes e Tom Mc Millen, gli 'europei'. Del resto, quella degli allenamenti è una delle pochissime occasioni in cui sia possibile rintracciare Tom McMillen. Unico vincitore del “Rhodes Scholarship”, il prestigioso riconoscimento che premia i migliori studenti, McMillen è impegnato continuamente in ogni angolo degli States a tenere conferenze, presenziare a dibattiti e ricevimenti, visitare fondazioni pubbliche e private che s'interessano degli argomenti più svariati. A sua disposizione - tanto per dare un’idea dell'ampiezza dei suoi interessi e delle sue diverse attività – c’è una segretaria fissa negli uffici degli Atlanta Hawks. è lei che gli programma tutti gli appuntamenti extra-basket, è lei, per dirne una, che ci ha fissato quest'incontro con lui, sottraendolo per un paio d'ore ai suoi impegni con la “Sports Fitness International”. “è la società di cui sono il presidente” spiega McMillen “e si occupa della promotion di avvenimenti sportivi e dei rapporti sport-industria. è comunque una delle tante organizzazioni delle quali faccio parte, come l'ospedale per bambini leucemici - di cui sono consigliere -; come l'Eastern shore basketball camp - di cui sono proprietario -; come l'organizzazione di beneficenza e di aiuti ai poveri - di cui sono presidente. Ovviamente questo tipo di interessi hanno finito con il coinvolgermi anche nell'attività politica per cui mi rimane ben poco tempo: giusto quello per giocare con gli Atlanta Hawks…
La vita frenetica che aveva caratterizzato il suo anno bolognese, con l'andirivieni Oxford-Milano-Bologna, non è dunque finita, ma è diventata una costante di McMillen, personaggio caro ad un certo modo di pensare americano: buona famiglia, buoni studi, una brillante carriera sui banchi di scuola, un posto di rilievo nel mondo sportivo americano già assegnato fin dagli anni di liceo, quando l'autorevole “Sports Illustrated” gli dedica una copertina come miglior promessa del basket di high school. Per lui, come già per Bili Bradley nel 1965, si trattava solo di scegliere la migliore delle opportunità; per lui, al contrario di tanti altri atleti, si trattava solo di firmare il contratto più vantaggioso. Invece, spinto dal desiderio di vivere un'esperienza nuova e sicuramente irripetibile, attratto anche dalla risonanza che simili decisioni hanno sempre avuto in America, respinge per un anno le offerte dei professionisti e sceglie Oxford, gli studi in Europa presso la prestigiosa università inglese e, perché no?, il basket in Italia. In Italia c'è suo cugino John McMillen che fa l'assistente allenatore, in Italia c'è una squadra con un allenatore americano con il quale è facile comunicare ed intendersi, in Italia c'è un club che sicuramente ha i mezzi ed il prestigio per potersi permettere un “Rhodes Scholar”, anche se a mezzo servizio, anche se costretto a certe paurose corse aereoporto-autostrada-palazzo dello sport per arrivare in tempo ad allenamenti e partite. “Era una situazione un po' particolare” ricorda oggi McMillen “certamente non ideale per un giocatore che desideri dedicarsi completamente al basket e quindi che voglia tenersi continuamente vicino alla squadra, presenziare a tutti gli allenamenti, conoscere più da vicino i compagni.
Comunque Porelli e l'organizzazione Sinudyne sono stati esemplari da questo punto di vista, cercando di mettermi il più possibile a mio agio e facilitandomi sia dal punto di vista tecnico che umano”. A Bologna, comunque, non c'è bisogno di presenziare a molti allenamenti: Tom McMillen diventa in breve beniamino numero uno dei tifosi di Piazza Azzarita, lo sgraziato giocatore che aveva fatto tanta panchina nella nazionale americana alle Olimpiadi di Monaco è diventato un'ala di 2,11 dai movimenti perfetti, che sa segnare e far segnare, che nei momenti cruciali delle partite diventa un autentico allenatore in campo. ”In Italia il tipo di gioco e di giocatori” afferma oggi McMillen “si avvicinano molto di più al basket dei college che non a quello dei professionisti e per questo mi sono trovato a mio completo agio, avendo appena finito l'università”.
Eppure, lo studente modello di Maryland, l'atleta conteso da molte squadre pro, l'uomo teso alla continua ricerca di nuovi traguardi da conquistare, nella sua carriera di sportivo non è mai riuscito a vincere una guerra, non è mai arrivato al traguardo finale della vittoria in una grande manifestazione. Con la squadra di Maryland non ha mai provato la gioia di vincere un titolo NCAA, con la squadra olimpica americana ha patito l'onta della prima e finora unica sconfitta in una finale olimpica, con la Sinudyne non ha vinto lo scudetto, con gli Atlanta Hawks non è mai andato più in là del secondo turno di playoff. “Se ti fai frustrare quando non riesci a vincere, diventi ben presto un disadattato, è meglio che smetti” afferma McMillen. Del resto, sarebbe troppo bello passare tutta la vita a vincere continuamente. Io penso invece che anche nelle sconfitte c'è un seme che prima o poi darà i suoi frutti: si tratta solo di aspettare e di aver pazienza: prima o poi quel seme darà i suoi frutti, ed anche le sconfitte allora assumeranno un altro valore, le si guarderà con occhi diversi. Ma molta gente questo non lo capisce, si scoraggia facilmente e finisce con il perdere di vista i traguardi successivi.
Io personalmente, anche se non ho mai vinto un titolo importante mi considero tutto sommato un “vincitore”, avendo collezionato delle esperienze che poi in un modo o nell'altro si sono rivelate utili. Con il Maryland non ho mai avuto la gioia di arrivare alle finali NCAA eppure le sconfitte subite nel campionato ci hanno permesso di arrivare primi al NIT, il famoso torneo di New York. Alle Olimpiadi di Monaco, poi, abbiamo perso per quel che riguarda il responso ufficiale del campo, ma siamo stati considerati da tutto il mondo i vincitori morali dell'edizione 1972 dei Giochi. Alla Sinudyne penso di aver dato il mio contributo nell'opera di costruzione avviata da Dan Peterson e che l'anno successivo ha portato la squadra di Bologna alla vittoria in campionato. Lo stesso discorso posso farlo per la mia squadra attuale, gli Atlanta Hawks. Sto dando il mio contributo e sto lavorando sodo per la costruzione di una squadra vincente, partendo da un nucleo di giocatori non eccezionali. Era impossibile pretendere qualcosa di più di questo: abbiamo fatto dei progressi eccezionali, che prima o poi daranno dei frutti positivi. è anche questa una notevole soddisfazione, credetemi: come per il presidente di una azienda vedere crescere a poco a poco la propria compagnia: c'è molta più soddisfazione in questo che non forse nell'arrivare alla vittoria finale, al trionfo sugli altri concorrenti”.
... omissis...
Ricordi particolari? "Pensavo di dover ricordare per tutta la vita gli arbitri italiani" ricorda concludendo Tom McMillen "ma ripensandoci adesso a mente più serena, mi vien da ridere... E così alla fine non ho proprio nulla di cui lamentarmi a proposito dell'Italia, neppure degli arbitri.
Bonamico, Mc Millen e Serafini, oggi e ieri
CARO VECCHIO TOM...
di Stefano Benzoni - Superbasket - Giugno 1999
“Un giorno, poco prima dell'allenamento, arriva Dan e ci presenta un americano in prova. Noi ci guardiamo un po’ di sbieco, alcuni ridono, altri fanno finta di niente, visto che i tre giocatori arrivati a provare in precedenza erano stati veramente inguardabili. Comunque... Il nuovo Usa è un lungagnone, magro, tutto dinoccolato, mancino, insomma non uno che fa subito una grande impressione. Primo tiro: non arriva nemmeno al ferro... Secondo tiro: stesso risultato... Di bene in meglio, penso fra me e me. Terzo tiro: ferro scheggiato. Qualcuno comincia già a ridere. Stavamo già per insultare Dan quando il mancino ha cominciato a fare canestro. E non ha smesso più! Che giocatore era! E che persona! Splendida”.
Per Gigi Serafini, 24 anni è come se non fossero passati. Di Thomas Mc Millen, per tutti Tom, “Gigio” ricorda tutto per filo e per segno. I due non si vedevano da allora, quel lontano 1975, quando Tom, dopo aver giocato da straniero nella Sinudyne Bologna andò nella NBA prima con i Buffalo Braves, poi con i New York Knickerbockers, Atlanta Hawks ed infine con i Washington Bullets. Figuriamoci quindi la faccia che ha fatto l’ex numero 13 della Virtus quando martedì sera si è sentito telefonare da una voce inglese che si qualificava come tale McMillen: “Dai John, non fare il cretino - ha esclamato Gigi convinto che all'altro capo del filo ci fosse John McMillen, cugino di Tom - lo sai che l'inglese non lo so!”. Invece quella voce era proprio del suo vecchio amico e compagno di squadra. “Quando ho capito che era Tom mi è venuta la pelle d'oca, non ci potevo credere. Ma vi rendete conto che non lo sentivo da quando lasciò Bologna nel 1975?”, esclama Gigi.
L'incontro è avvenuto mercoledì 2 giugno 1999 di fronte all'entrata di un Hotel Baglioni affollato di fans per la presenza delle stelle della musica che avevano preso parte la sera prima al concerto "Pavarotti & Friends". Una stretta di mano, un abbraccio caloroso, poi due chiacchiere ricordando i tempi che furono. Insieme ad un altro compagno di quella Virtus: quel Marco Bonamico che McMillen, proveniente da Venezia, ha incontrato casualmente alla stazione di Bologna. Uno sguardo stupito, poi l'abbraccio fra i due ex compagni di squadra. «Really funny!», commenta Tom. “Dopo il 1975 sono tornato in Italia diverse volte, ma sempre con i minuti contati per via dei miei impegni politici e sempre a Roma, Milano o Firenze, mai a Bologna. Questa volta, invece, è stato diverso. Un mio caro amico americano si è sposato ed ha organizzato il suo matrimonio ed i festeggiamenti a Venezia. Poi ha noleggiato un aereo ed ha portato in Laguna oltre 120 persone e le ha ospitate a Venezia. Allora l'occasione per fare un salto a Bologna è stata troppo ghiotta”. Dopo essersi ritirato dal basket giocato nel 1986 (8 punti di media con il 48% dal campo e l'80% dalla lunetta in 729 partite giocate nella NBA), sfruttando la sua laurea a Maryland e poi il dottorato ad Oxford (ragione che lo portò a giocare a Bologna), ha scelto di intraprendere la carriera politica “ma non voglio diventare Presidente, come invece vuole fare il mio amico Bradley”, precisa. Eletto deputato, lo è rimasto fino al 1992, quando è stato nominato, diciamo così, Ministro dello Sport, incarico che ha ricoperto fino all'inizio del 1998. Poi ha lasciato la politica ed è diventato un uomo d'affari. Ad esempio la sua compagnia ha acquistato la Moto Guzzi ed ora sta cercando di promuoverne il marchio ed i modelli negli Stati Uniti.
“Quello che ricordo maggiormente della mia esperienza a Bologna sono i compagni ed il coach, il cibo bolognese ed i miei viaggi ad Oxford”. Dovete sapere, infatti, che come il "milanese" Bili Bradley, anche McMillen restava in Inghilterra per tutta la settimana ed arrivava a Bologna solo il venerdì sera. “Allora non c'era il volo diretto Bologna-Londra, quindi dovevo atterrare a Milano o a Roma, e poi arrivare in macchina fino a Bologna. In pratica facevo due allenamenti con la squadra: a volte quello del venerdì sera e sempre quello del sabato mattina quando facevamo un po’ di tiro e ripassavamo gli schemi”, dice Tom. “Poi - interviene Serafini - io Dan e Tom andavamo a mangiare in centro e facevamo il tragitto dal palazzo a piedi. Tom si portava sempre dietro un pallone perché diceva che averlo in mano gli serviva per riacquistare sensibilità. Ma non si limitava a tenerlo in mano: infatti se lo faceva girare velocemente sul dito e camminava e parlava con noi sempre con quel pallone sul dito”. “Non dormivo quasi mai - ricorda Tom - perché la domenica sera, finita la partita dovevo correre a Milano o a Roma all'aeroporto ed imbarcarmi per Londra con il volo che c'era spesso in piena notte o all'alba. Quando arrivavo ad Oxford, subito corsi, esami e andavo a letto solo quasi dopo due giorni. Però - e dicendo questo chiede un assenso a Serafini - non ho mai saltato una partita, vero Gigi?”.
Capelli bianchi, viso più rotondo, ma andatura sempre dinoccolata, Tom ricorda ancora qualche parola di italiano ed il tentativo che fa di parlare nella nostra lingua è ammirevole. Ricorda anche i suoi duelli con Chuck Jura e Kim Hughes e la Coppa delle Coppe, in particolare la massacrante trasferta a Leningrado per giocare contro lo Spartak con ritorno in Inghilterra a gara finita. McMillen era un'ala pivot mancina di 2.11, agile, veloce, atletica anche se fisicamente un po' leggera. Ottimo tiro da fuori, partenza in palleggio, arresto e tiro, gancio e scivolamenti erano i pezzi migliori del suo repertorio che per una stagione hanno incantato i tifosi di quella Virtus allenata da Dan Peterson e che, schierando un quintetto con Albonico, Antonelli, Bertolotti, McMillen e Serafini (con Valenti, Benelli, Bonamico e Tommasini dalla panchina), arrivò quarta dietro alla Forst Cantù campione d'Italia, all'Ignis Varese campione d'Europa per la quarta volta e all'Innocenti Milano. Sono passati solo 24 anni, sembra quasi un secolo...
IL "SENATORE" MCMILLEN
"La V nera mi è rimasta nel cuore e ora sfido il presidente Obama. Con 211 centimetri sono il congressista più alto degli Stati Uniti". La sua Bologna: "Mangiavo da Rodrigo o da Cesari, nel tempo libero andavo a studiare alla Johns Hopkins. Ricordo Bertolotti, Antonelli, Serafini e Bonamico e come rivali soprattutto Morse e Jura". Convinto dalla Due Torri: "Volevo l'Europa per continuare a studiare a Oxford: la Sinudyne era l'occasione più ghiotta." Affari di famiglia: "Mio fratello Jay aveva giocato a Padova, poi c'era mio cugino John, assistente di Peterson"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 24/02/2013
Uno così in Italia non si era mai visto. Fu il colpo straordinario della Virtus dell'avvocato Porelli, capace di sfruttare la voglia di studiare e di migliorarsi del "ragazzone" in questione. Una prima scelta Nba che doveva trascorrere una stagione in Europa, per seguire un ulteriore corso di studi. Tom McMillen, oggi congressista degli Stati Uniti nelle fila del partito democratico, si racconta con tanta semplicità.
"Scelsi di giocare in Italia perché avevo vinto una borsa di studio per frequentare un corso a Oxford. Volevo mantenermi in allenamento, però, pensando anche a un futuro nel basket professionistico".
Il primo approccio, però, non è dei migliori. Donald Dell, l'agente di Tom, conosce il compianto Orlando Sirola. Donald e Tom, in quei giorni a Wimbledon, volano a Milano per conoscere l'entourage bianconero.
"Ma qualcosa andò storto - rammenta Tom - e non incontrai nessuno. Non era una bella partenza. Ma quando arrivai a Bologna, in agosto, per fare la conoscenza del nuovo team, fui accolto da migliaia di tifosi".
Bologna gioca tutte le sue carte grazie alla determinazione e alla cocciutaggine dell'avvocato Porelli. L'annuncio dell'arrivo di un califfo qual è Tom McMillen dà modo alla Virtus di riempire ulteriormente il palasport di piazza Azzarita dando vita a una serie di sold out.
"Mio fratello Jay aveva giocato a Padova alla fine degli anni Sessanta. Mio cugino John era l'assistente di Dan Peterson alla Virtus. Firmai un contratto per giocare 50 partite. Tante, pensando che Bill Bradley, che fece la stessa scelta anni prima per Milano, ne disputò solo una decina. Il mio contratto prevedeva che volassi spesso, un paio di volte alla settimana. Era estenuante".
Avanti e indietro con Oxford, che non gli impedisce di essere straordinariamente produttivo in campo.
"Abitavo vicino alla stadui - insiste - e il palasport di Bologna era bellissimo. Mi ricordava il Madison Square Garden e c'erano dei tifosi straordinari".
Non ha dimenticato Bologna. "Mangiavo spesso da Rodrigo o da Cesari - i piatti preferiti? Nessun dubbio, tortellini e tagliatelle - e nel mio tempo libero spesso andavo alla biblioteca della Johns Hopkins per studiare".
Non ha dimenticato nemmeno i compagni: "Ho ricordi piacevoli di tutti, a cominciare dall'avvocato Porelli, che fu davvero grande con me. Poi c'erano i miei compagni di squadra, come Serafini, Bonamico, Antonelli e Bertolotti".
Avversari duri, anzi, durissimi per il mancino bianco che spiegò a tutti come anche un pivot potesse essere utile per segnare e non solo per prendere rimbalzi.
"Mi vengono in mente Varese e Cantù - incalza -. Partite durissime. Tra gli avversari più intensi affrontati nel campionato italiano direi proprio Bob Morse, che giocava a Varese, e Chuck Jura".
La presenza nel partito democratico gli consente, scherzosamente, di prendersi anche qualche libertà con l'uomo più importante al mondo. Non è un segreto per nessuno che Barack obama sia un grande appassionato di canestri.
"È vero - se la ride Tom - sono, grazie alla mia statura, il congressista più alto in assoluto. Gioco ancora a basket e sono molto impegnato in politica anche se in questo momento non ho incarichi ufficiali. Un sacco di volte ho preso in giro il presidente, invitandolo a giocare a basket con me".
Ha mantenuto contatti con l'Italia, soprattutto con Dan Peterson che, nella metà degli anni Settanta, spinse per avere questo giocatore straordinario.
"Sono tornato a Bologna, per visitarla, sette od otto anni fa. L'ho fatto con mia moglie, Hudy Niemyer, che è un medico. In quella occasione ho avuto la possibilità di rivedere molti miei compagni. E soprattutto mio cugino John e sua moglie Lela. Se tutto andasse per il verso giusto vorrei tornare in Italia proprio in questa stagione".
Carriera pro straordinaria, intelligenza notevole; un solo cruccio, agonistico, nell'esistenza di Tom. La partecipazione ai Giochi Olimpici di Monaco e quella vittoria, mai riconosciuta dagli Stati Uniti, dell'allora Unione Sovietica che rifiutò di ritirare le medaglie olimpiche, tuttora custodite in Svizzera.
"Continuo a pensare - la chiosa di Charles Thomas McMillen - che il Comitato Olimpico Internazionale avrebbe dovuto concedere un duplicato della medaglia d'oro agli Stati Uniti"
BENTORNATO TOM, LEGGENDA BIANCONERA
di Marco Tarozzi - www.virtus.it - 05/05/2015
È atterrato al Marconi alle 14.40, riaccendendo la memoria di chi lo ha visto giocare al PalaDozza, che all’epoca, stagione 1974-75, ancora non era stato intitolato al sindaco del dopoguerra e della rinascita di Bologna. E i testimoni di quel basket, in cui la Virtus di Gigi Porelli e di Dan Peterson tornava ad affacciarsi nell’elite italiana, non ha dubbi: Tom McMillen è stato uno dei più grandi stranieri visti all’opera con la V nera sul petto. Anche se “ballò” una sola stagione, a queste latitudini.
Oggi ha riabbracciato Bologna, dalla quale mancava da sedici anni. Era tornato nel 1999, per una rimpatriata con gli amici, e come allora ha trovato ad accoglierlo, dei vecchi compagni, Aldo Tommasini e Renato Albonico, amico e playmaker di quella squadra, che ancora si porta dietro un cruccio. “Quello di non averlo messo in condizione di rendere al cento per cento, per ciò che avrebbe potuto dare alla Virtus. Perché Tom studiava a Oxford e arrivava a Bologna il venerdì, potendo così allenarsi con noi due volte a settimana più la partita. Avessimo potuto conoscerci meglio in campo, chissà cosa avrebbe potuto fare quella squadra”.
Già così, fu un fenomeno. Lasciando una traccia indelebile del suo passaggio in Virtus, che va ben oltre quei 30.5 punti di media (tra stagione regolare e poule scudetto, e senza il tiro da tre) che pure non bastarono a farne il miglior realizzatore del campionato, perché a Varese “spanierava” un certo Bob Morse. Altri tempi, altro basket.
“Sono contento di rivedere Bologna, e so che domani rivedrò anche molti compagni di quella splendida avventura. E nel pomeriggio andrò anche a incontrare la Virtus di oggi, sono curioso di vedere la palestra dove si allena, che ai miei tempi non esisteva. Già, ai miei tempi: a pensarci sono assati quarant’anni esatti, un’infinità. Eppure mi sembra che sia successo tutto l’altro ieri. Ho ricordi nitidi e belli, di quell’anno bolognese”.
UN FENOMENO A BOLOGNA - John Fultz, Kociss per gli innamorati della pallacanestro, della Virtus e delle sue gesta atletiche, se lo ricorda bene l’arrivo di Tom Mc Millen. Perché coincise col suo addio al mondo della V nera. “Dan Peterson fu chiaro con me. Avevamo vinto la Coppa Italia, io ero cresciuto molto anche ai suoi occhi ed era soddisfatto. John, mi disse, voglio essere sincero: c’è una possibilità che arrivi Tom McMillen a Bologna. Ma non è facile, come puoi immaginare, e se non viene il posto in squadra resta tuo. Alla fine Tom arrivò, e io salutai Bologna”.
Era un altro basket, quello dell’americano unico nel roster, lo stesso Fultz prima di arrivare a Bologna aveva fatto a Varese lo “straniero di coppa”, e il colpo McMillen fece scalpore. Forse addirittura più negli States, dove quell’ala-centro di 211 centimetri era da sempre uno dei giocatori più seguiti del basket universitario, e tra i più attesi all’approdo Nba, dopo essere anche stato eletto “Mr. Basketball”, miglior prodotto della high school nel 1970, preferito a Bill Walton e Dwight Jones,. Così, ebbe un’eco notevole la sua scelta, dopo il Draft del 1974, di non approdare immediatamente ai Buffalo Braves che l’avevano scelto al primo giro, concedendosi un anno in più di studi universitari “europei” in uno degli atenei più prestigiosi al mondo, quello di Oxford.
IL “COLPO” DI SIROLA - L’approdo alla Virtus, in questo contesto, fu un’avventura. Da raccontare con le parole di Dan Peterson. “1973-74. Durante questo nostro primo anno alla Virtus, John (McMillen, assistente di Peterson, ndr) mi dice, "Coach, mio cugino ha accettato di studiare ad Oxford l'anno prossimo, come ha fatto Bill Bradley nel 1965-66. Cosa dici? Potremmo convincere Tom a giocare con noi l'anno prossimo come Bradley ha giocato per il Simmenthal Milano quell'anno?" Non sapevo niente di Tom ad Oxford. Erano tempi preistorici, non c’era internet come oggi. E non avevo realizzato subito il concetto di poter avere Tom. Milano, però, l'ha capito e l'Olimpia già gli era alle costole. Per rendere l'idea dell'importanza di Tom McMillen, basta sapere che è stato sulla copertina di Sports Illustrated durante il suo ultimo anno di high school, cosa rarissima. È stato il più reclutato di tutti, di ogni tempo. Alto, gran tiro, super studente, cittadino modello…
Durante le negoziazioni, il fratello maggiore di Tom, Jay McMillen, che aveva giocato a Padova, gestiva tutto. Poi, quando stavamo per chiudere, passò tutto a Donald Dell, ex-tennista di Coppa Davis, famoso agente. L’avvocato Porelli prese appuntamento a Londra con Dell e portò con sé Orlando Sirola, ex azzurro di Coppa Davis proprio contro Dell. L’agente capitolò: "Gigi, mi hai steso! Orlando! Mio grande amico! Come posso dire 'no' a voi?"
PENDOLARE DEI CANESTRI - Così il ragazzone del Maryland arrivò a Bologna. Da pendolare, come si è detto. Oxford e la sua università dal lunedì al venerdì, poi di corsa a Bologna (aereo per Milano, poi in auto fin sotto le due torri) e allenamento serale con la squadra (quando possibile), bis al sabato per tirare e ripassare gli schemi, partita alla domenica. Alla fine, 40 indimenticabili recite in campionato: 26 nella stagione regolare, 14 in una poule scudetto che alla fine vide la Sinudyne chiudere al quarto posto, alle spalle di Forst Cantù campione d’Italia, Ignis Varese e Innocenti Milano. Con 1221 punti, viaggiando alla media di 30.5 punti a partita.
E poi il ritorno nel basket europeo, propiziato dalla conquista della Coppa Italia nella stagione precedente. Con McMillen, la Virtus arrivò a giocarsi i quarti di Coppa Coppe in un “gironcino” nel quale fu eliminata da Spartak Leningrado, che poi avrebbe alzato al cielo il trofeo, e Jugoplastika Spalato. Otto partite di coppa per il lungo di Elmira, stato di New York, dove era nato il 26 maggio 1952, con la soddisfazione di aver battuto in casa proprio i futuri vincitori dello Spartak e la Jugoplastika, e con un bottino di 216 punti e 27 punti di media/partita.
UNDICI STAGIONI TRA LE STELLE - Il seguito della storia è roba da Nba, e poi alta politica. McMillen uscito da Maryland era già stato scelto al primo giro nel 1974 sia al Draft Nba dai Buffalo Braves che a quello Aba dai Virginia Squires. Rientrato negli States dall’Italia scelse la Nba. Giocò una stagione a Buffalo, poi una ai New York Knicks, sei agli Atlanta Hawks, tre ai Washington Bullets. In totale undici stagioni, 5914 punti, medie partita di 8.1 punti, 4 rimbalzi e 1.1 assist a partita. Dopo il ritiro dall’attività agonistica, la carriera politica. Eletto al Congresso in qualità di rappresentante del Quarto Distretto del Maryland nel 1987, restò in carica per tre mandati, fino al 1993. Nel 2011 è stato a capo del primo Cda della neonata President's Council on Fitness, Sports & Nutrition, voluta dal presidente Barak Obama di cui è stato uno dei Grandi Elettori.
DOMANI ALL’ARCOVEGGIO – E domani, come ha detto lui stesso, Tom McMillen sarà alla palestra Porelli prima dell’allenamento della squadra, fissato per le 18. Per vedere un luogo che non esisteva ancora quando lui se ne andò, ma soprattutto per rituffarsi in quel mondo Virtus che non l’ha mai dimenticato.
Estratto da un articolo di Giganti del Basket di ottobre 1974
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Uno dei due acquisti più sensazionali dell'anno riguarda però un dilettante, l'"All American" Tom McMillen che, accettando una borsa di studio di 25.000 dollari ad Oxford e nel contempo un ingaggio biennale con la Sinudyne, ha rifiutato il passaggio ai professionisti di Buffalo, che lo avevano eletto a propria "prima scelta". McMillen, il "Cincinnato" (comunque milionario), autore del gran rifiuto, era un personaggio anche prima che le pagine dei quotidiani italiani si occupassero di lui. Rincalzo della Nazionale statunitense alle Olimpiadi di Monaco (dove però fece magre figure) e star del basket dilettantistico del suo paese, McMillen è stato forse l''unico giocatore (dopo Bradley) per il quale gli americani abbiano versato qualche lacrima alla notizia della sua decisione di trasferirsi in Europa. Vero che a Bologna McMillen giocherà a mezzo servizio, facendo il pendolare tra la città delle due torri ed Oxford. Vero anche che un giocatore del suo calibro (e soprattutto della sua notorietà extra-sportiva) difficilmente si lascerà sfuggire l'occasione di far fortuna più tardi nell'NBA o nell'ABA.
McMillen ha 22 anni, è alto 2,09, pesa 100 chili e proviene dalla Maryland University (quella che ha battuto l'Ignis in Messico). È laureato in scienza politiche ed economiche, ha l'hobby della musica leggera e sul parquet gioca preferibilmente da ala. La sua specialità è il tiro dalla media e dalla grande distanza, ma anche sotto i tabelloni se la cava. Nella sua ultima stagione da dilettante ha avuto una media di tiro del 51,8%, pari a 19 punti a partita. Il suo score personale è anche corredato da 10 rimbalzi a gara. Nella Sinudyne sostituirà un idolo come Fultz. Inutile dire che, con il suo acquisto, Peterson può sperare di inserire la Sinudyne nell'area scudetto.
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Da sinistra: Benelli, Terrieri, Antonelli, Peterson, Tommasini, Albonico, McMillen, Bonamico, Serafini
(foto di Giorgio Moro)
MCMILLEN TORNA A BOLOGNA
www.calcionewstime.com - 05/05/2015
Era dal 1999 che Tom McMillen non tornava a Bologna. Dopo l’inaspettata sorpresa dei playoff conquistata domenica contro Roma, l’ex bianconero ha deciso di rivivere le strade e i luoghi che ha vissuto nella storica Virtus e varcare l’Unipol Arena, in una storia tutta nuova e ancora da scrivere.
“Sono contento di rivedere Bologna,-ha detto McMillen- e so che domani rivedrò molti compagni di quella splendida avventura. E nel pomeriggio andrò anche a incontrare la Virtus di oggi, sono curioso di vedere la palestra dove si allena, che ai miei tempi non esisteva. Già, ai miei tempi: a pensarci sono assati quarant’anni esatti, un’infinità. Eppure mi sembra che sia successo tutto l’altro ieri. Ho ricordi nitidi e belli, di quell’anno bolognese”. La stagione che ricorda McMillen è quella del 1974-1975, quando a passarsi la palla con la maglia della Virtus erano Dan Peterson e Gigi Porelli.
Anche John Fultz, il “Kociss” della Virtus, ricorda bene l’arrivo di Tom Mc Millen, per altro conciso col suo addio alla squadra: “Dan Peterson fu chiaro con me. Avevamo vinto la Coppa Italia, io ero cresciuto molto anche ai suoi occhi ed era soddisfatto. John, mi disse, voglio essere sincero: c’è una possibilità che arrivi Tom McMillen a Bologna. Ma non è facile, come puoi immaginare, e se non viene il posto in squadra resta tuo. Alla fine Tom arrivò, e io salutai Bologna”. Per l’epoca un’ala-centro di 211 centimetri a Bologna, atteso per l’approdo Nba nei Buffalo Braves fece scalpore. E invece le torri. Con lui la Virtus arrivò a giocarsi i quarti di Coppa Coppe (poi eliminata da Spartak Leningrado, vincitrice finale), e Jugoplastika Spalato.
Domani Tom McMillen sarà alle 18 all’Arcoveggio per assistere all’allenamento di una nuova Virtus, per fare un salto nel passato e incrociando le dita per il futuro.
Ultima giornata di regular season, 9 marzo 1975: a Mestre McMillen segna 50 punti
46 ANNI FA L'ESORDIO DI TOM MCMILLEN...ALLENATO DAL CUGINO
È il 13 ottobre 1974. Esordio in campionato per la Virtus Sinudyne contro la Reyer Canon Venezia. La Virtus presenta il nuovo asso Tom McMillen, uscito dal college americano e che farà il pendolare con l'università di Oxford. Il suo arrivo al posto dell'amatissimo Fultz è la grande novità della stagione per la Sinudyne, che nell'annata precedente ha vinto la Coppa Italia, riconquistando un trofeo diciotto anni dopo lo scudetto del 1956. Confermato anche l'allenatore, Dan Peterson, che, però non può sedere in panchina: informazioni passate ai professionisti americani gli sono costate venti giorni di squalifica. Al suo posto il fidato vice John McMillen, cugino di Tom. Dan è seduto vicino alla panchina intento a cercare di dare comunque qualche direttiva. Il pubblico bolognese ha già avuto modo di ammirare il nuovo giocatore americano nel secondo Trofeo Battilani, ma chiaramente l'attesa per il debutto in campionato è grande. Tom comincia con quattro errori al tiro, poi si riprende giocando per la squadra e raddrizzando la mira e alla fine metterà a segno 37 punti, quasi equamente divisi tra i due tempi, 18 nel primo tempo e 19 nel secondo, con anche 15 rimbalzi. Il primo tempo viaggia sul filo dell'equilibrio: 6 a 6 al quarto minuto, pari anche a metà tempo e all'intervallo, 40 a 40. Nella ripresa la Reyer presenta il zoppicante Carraro, tenuto a riposo nei primi venti minuti. Anche la prima metà del secondo tempo continua sulla stessa falsariga, poi Bufalini, l'arcigno marcatore di McMillen commette il quinto fallo e Christian (21 punti e 12 rimbalzi), un lungo di 2,13 metri ne ha quattro a suo carico. Così i lunghi bianconeri, McMillen e Serafini (15 punti) hanno gioco facile, Carraro è chiaramente menomato e Christian fallisce cinque tiri consecutivi, così la Sinudyne prende il largo e vince 82-68. Da segnalare nella Virtus anche i 18 punti di Antonelli, mentre nei veneziani ha brillato Gorghetto (20 punti). Gli altri punti della Sinudyne sono di Bertolotti (8) e Albonico (4). Bolognesi leggermente migliori in tutte le voci principali: 49% contro 45% al tiro, 80% rispetto al 67% ai liberi e 38 a 36 nel conto dei rimbalzi.
Il Tabellino:
Virtus - Albonico 4, Antonelli 18, T. Mc Millen 37, Serafini 15, Bertolotti 8, Violante, Cantamessi, Benelli, Bonamico, Tommasini.
Reyer - Milani 5, Christian 21, Bufalini 6, Spillare 6, Gorghetto 20, Medeot 4, Carraro 3, Barbazza 2, Frezza, Rigo.
Nonostante l'andirivieni con Oxford, Tom non saltò neppure una gara di quella stagione: 40 partite di campionato con 1221 punti (30,53 di media) e 8 di Coppa delle Coppe con 216 punti. In totale è sceso in campo 48 volte segnando 1437 punti (29,94 la media).
IL BLOG DEL COACH: TOM MCMILLEN
di Dan Peterson - 29/10/2020
Ogni tanto, mi chiedono chi è stato il più grande giocatore americano a venire in Europa. Dico sempre Bob McAdoo. Ma, nella mia testa, ho anche Tom McMillen, un 211 cm che ha giocato per la mia Virtus Bologna nel 1974-75, quando lui era studente ad Oxford. Faceva il pendolare, Londra-Italia-Londra, due volte alla settimana, di media 33 punti e più di 17 rimbalzi a partita. Cifre che sono record alla Virtus, record che non verrà mai superato. Poi, Tom era anche un grandissimo passatore, con degli assist che, oggi, sarebbero in ogni film di highlight. Al primo allenamento con noi, lui vide i nostri due pivot, entrambi 210 cm: Gigi Serafini e Aldo Tommasini. Mi chiese: “Quale è il nostro pivot titolare?” Indico Gigi Serafini. Tom: “He has to be happy.” Cioè, “Lui deve essere contento.” Io: “Cioè?” Tom: “Io passerò la palla a lui i primi cinque minuti di ogni partita per lanciarlo.” E’ stato così e Gigi ha giocato tutto l’anno come un Americano! Anzi, un mio rammarico da sempre è non avere avuto Gigi per il post-stagione quell’anno, vittima di una frattura del piede destro nell’ultima partita della stagione regolare, contro DUCO Mestre. Tom McMillen ha fatto spettacolo ovunque. Ai tempi, vincere a Cantù non era facile per nessuno. Ma noi abbiamo sbancato Cantù, nel loro nuovo impianto di Pianella, 102-99, dopo due tempi supplementari. Tom ha fatto 44 punti con 17 su 22 al tiro! Tutto prima del tiro da tre! Ma il colpo incredibile l’ha fatto alla fine del tempo regolamentare. Eravamo sotto di 2. Rimessa davanti la mia panchina. Dovevamo tirare al canestro nell’altro fondo del campo. Avevamo pochi secondi. Passaggio di rimessa a Tom, che riceve dietro la linea di metà campo. Un palleggio, arresto e un tiro in sospensione da 15 metri. Canestro. Ma il grande impatto di Tom è stato mentale. L’anno prima, il mio primo con la Virtus, eravamo 0-6 contro Varese, Cantù e Milano. Non importa abbiamo fatto 1-1 con Cantù in Coppa Italia. I numeri erano quelli. Altro livello. Anzi, un muro psicologico insuperabile per noi. Bene, con Tom, quel secondo anno, abbiamo fatto 5-7 contro la ‘Big Three.’ Cioè, 2-2 contro l’Olimpia Milano, 2-2 contro FORST Cantù e 1-3 contro l’Ignis Varese. Per di più, a Bologna, in Coppa delle Coppe, abbiamo vinto contro potenze come Jugoplastika Spalato e Spartak Leningrado. L’anno dopo, forti di questo, abbiamo vinto lo scudetto! Tom è tornato a Bologna nel 2015, ben 40 anni dopo avere giocato per la Virtus, con un attaccamento al club, alla squadra, alla città, ai tifosi e ai compagni incredibile. Ogni volta che mi scrive, mi chiede dei compagni. E’ in contatto anche con loro, ovvio. Quel giorno, sono venuto da Milano per ringraziare Tom per ciò che ha fatto per tutti noi, me compreso. Lui mi disse: “Coach, quando giocavo qui, solo Marco Bonamico e Renato Albonico parlavano l’Inglese. Ora lo parlano tutti!” Il pranzo è stato una cosa gioiosa. I compagni parlavano, ancora, di che fenomeno che era, un extra-terrestre per la Serie A. Professionista, gentleman, campione. Un super.
TOM MCMILLEN: IL SENATORE 'BOLOGNESE' AMICO DI OBAMA
Ha giocato nella Virtus una sola stagione, nel pieno degli anni Settanta. Da pendolare di lusso, ha contribuito a creare il mito di BasketCity
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 30/06/2021
Tom McMillen, un anno con la Virtus di Dan Peterson
La politica e i rapporti personali con Barack Obama, il tennis e il torneo di Wimbledon, la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica e l’importanza della famiglia. Sembrano gli ingredienti per un giallo o per una spy-story. E’ la storia di un giocatore di basket che, pur avendo trascorso una sola stagione nel nostro Paese, ha lasciato il segno. E tanti rimpianti.
Il giocatore in questione risponde al nome di Charles Thomas “Tom” McMillen che gioca nella Virtus di Dan Peterson nella stagione 1974/75.
Il riferimento alla famiglia è facile da capire: il vice di Dan Peterson è John McMillen, che di Tom era il cugino (John purtroppo ci ha lasciati il 9 gennaio 2010). Di più: Jay, che di Tom è il fratello maggiore, ha già giocato in Italia, nelle fila del Petrarca Padova negli anni Sessanta, e ha chiaramente indicato che il piccolo di famiglia è destinato a una brillante carriera cestistica.
E la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica? Uno dei momenti di maggior attrito tra le due superpotenze si consuma nel 1972, alle Olimpiadi di Monaco, passate alla storia per il massacro nel Villaggio Olimpico con l’ingresso di alcuni terroristi palestinesi e un bilancio pesante: morti 11 atleti israeliani, 5 palestinesi e un poliziotto tedesco. La strage è uno dei momenti più tragici della storia dei Giochi. Ma gli States ricordano quell’edizione soprattutto perché, per la prima volta, il dominio degli Stati Uniti, nel mondo dei canestri, viene rotto da un successo dell’Urss. I sovietici vincono 51-50 con l’ultima azione - tre secondi, dopo che gli americani festeggiano il successo in almeno due occasioni - che viene ripetuta ben tre volte, fino a quando non c’è il canestro di Belov del sorpasso. In quella rappresentativa a stelle e strisce c’è anche Tom McMillen che sarà uno dei giocatori (tutti) che non ritireranno mai le medaglie d’argento, tuttora conservate a Losanna (Svizzera) in un caveau di una banca. Tom non solo è presente in quella finale: è anche il giocatore chiamato a ostacolare, con le sue lunghe leve, la rimessa dei sovietici.
Il resto è storia nota: il canestro di Belov e, a distanza di quasi mezzo secolo, le polemiche e la rabbia che mostrano ancora i protagonisti, di sponda americana, di quella finale incredibile (rubata?).
Ma il tennis e il torneo di Wimbledon che cosa centrano con il mondo dei canestri? Gli interessi del giovane Tom, appena uscito dall’università, vengono curati dall’avvocato e manager Donald Dell. Non è solo un legale, è pure un ex campione di tennis, grande amico tra l’altro di un virtussino (ancorché in un’altra disciplina) doc, Orlando Sirola. I due chiacchierano sulle prospettive agonistiche del giovane Tom. Sirola ne parla a Porelli che coinvolge anche il suo allenatore, Dan Peterson.
Non è facile rinunciare a John “Kociss” Fultz, perché Kociss è una macchina da canestri. Perché ha contribuito a regalare alla Virtus il primo successo - la Coppa Italia del 1974 - dopo un periodo di digiuno che si protrae dall’ormai lontano 1956, dall’ultimo scudetto conquistato dalla V nera in Sala Borsa.
Le trattative, come in ogni spy-story che si rispetti, si consumano lontano da Bologna. Grazie ai buoni uffici di Orlando Sirola, i due avvocati - Donald Dell in rappresentanza di Tom e Gigi Porelli per la V nera - si incontrano a Wimbledon, in occasione del più famoso torneo di tennis sull’erba. C’è l’accordo su tutto.
E in qualche modo, la Gran Bretagna resta sulla sfondo di questa storica intesa. Perché Tom accetta sì la corte della V nera, ma lo fa mettendo dei paletti. Che non sono, come accadrebbe oggi, dove girano milioni di dollari e di euro come se si trattasse di noccioline, legati all’ingaggio, ma relativi al percorso scolastico.
Già, perché nel frattempo, oltre alla pallacanestro, che resta una parentesi molto importante, Tom si concentra sul percorso accademico. Ha vinto una borsa di studio a Oxford, in uno dei più celebri atenei del Vecchio Continente. Venticinquemila dollari per seguire un master in Scienze Politiche ed Economiche.
L’accordo - ingaggio nell’ordine dei 100mila dollari annui - si sviluppa in questa direzione: Tom si impegna a disputare tutte le partite della Virtus. Non solo in campionato, ma pure in Coppa delle Coppe, diritto acquisito per la conquista della Coppa Italia. La Virtus, dal canto suo, accetta l’idea che McMillen indossi i panni del pendolare di lusso. Dopo ogni partita della Virtus, doccia veloce e, in taxi, fino a Linate, l’aeroporto di Milano. Da lì a Heathrow, che sarebbe poi lo scalo di Londra. E da Londra, di nuovo in auto, verso Oxford.
Il suo arrivo in città scalda davvero Bologna, che sta cominciando a mettere le basi per ottenere il titolo virtuale di BasketCity. Al primo allenamento di Tom, nel palasport di Piazza Azzarita, si presentano in duemila. Non ci sono biglietti, è chiaro, perché l’ingresso è libero. Ma il custode del palasport, Amato Andalò, fatica non poco a tenere a bada l’entusiasmo e la passione di tanti tifosi. Attento soprattutto a che nessuno acceda sul parquet senza indossare scarpe sportive, per non violare la sacralità del piccolo Madison delle Due Torri.
Avanti e indietro, tutto l’anno, Tom. Con la possibilità di allenarsi pochissimo con i compagni. Però la classe è tale che McMillen riesce comunque a far sfracelli nel campionato italiano. Talento cristallino, intelligenza e tanta umiltà: se non ci fosse quest’ultimo aspetto, forse, in una squadra di pallacanestro potrebbe subentrare contrasti, incomprensioni, gelosie e pure litigi.
E invece Tom è amato dai compagni. Così amato che tutt’oggi, a distanza d quasi cinquant’anni dall’esperienza bolognese, viene coinvolto in qualsiasi iniziativa. E, quando il tempo glielo permette, sale su un volo - il vizietto dell’aereo gli è rimasto dentro - per raggiungere Bologna e i suoi vecchi compagni di squadra, per goliardiche rimpatriate.
E’ mancino, è alto 2 metri e 13 centimetri. E Dan Peterson, soprattutto, lo sfrutta nel migliore dei modi. Bologna è famosa per le Due Torri? La trasposizione agonistica della Garisenda e della Asinelli diventano lui, Tom McMillen e Gigi Serafini, 210 centimetri. Tom non è bravo solo a far canestro, ma anche a smistare il pallone da altezze siderali. Tutti raddoppiano Tom e lui cosa fa? Con la sua mano mancina trova sempre libero, sotto canestro, Gigione Serafini che, non a caso, disputa una delle migliori stagioni di sempre in piazza Azzarita.
Non c’è il tiro da tre e, senza strafare, Tom viaggia a 30 punti di media con oltre dieci rimbalzi. “Pensate cosa avrebbe potuto fare - racconta sempre coach Dan Peterson con una punta di rimpianto - se avesse potuto allenarsi con noi con maggiore continuità, affinando ulteriormente il feeling e la complicità con i compagni”.
Tom “balla” in Italia una sola stagione, “bollato” da Milano e da Cesare Rubini, nume tutelare dell’Olimpia, come un corpo estraneo per l’impossibilità di restare nel nostro Paese con continuità. Vero o falso? Quel che è certo è che proprio Rubini pare aver dimenticato quello che fa proprio Milano, a metà degli anni Sessanta, con un certo Bill Bradley, protagonista di una Coppa dei Campioni vinta nel 1966 dal club meneghino, in una finale disputata a Bologna, contro lo Slavia Praga (77-72)
E che tra Tom e Bill ci sia una certa assonanza lo conferma anche la carriera post-pallacanestro. Entrambi deputati, entrambi abituali frequentatori del Campidoglio. Democratico, Tom McMillen e così legato al suo partito da essere in grande confidenza con un altro democratico appassionato di pallacanestro. Di chi stiamo parlando? Ma ovvio, di Barack Obama. Un “bolognese” d’adozione quale McMillen molto vicino a quello che viene chiamato Potus, ovvero president of the United States.
Basket, studio, guerra fredda politica e tante amicizie. Ce n’è abbastanza, anche se resta nel nostro Paese per una sola stagione, per considerare Tom McMillen uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi mai transitato dall’Italia e da Bologna. “E se non ci fosse stato qualche infortunio di troppo, forse avremmo vinto lo scudetto con un anno d’anticipo”.
L’eredità che lascia Tom, in quel 1975, quando decide di rientrare negli States, è pesante. Perché la Virtus perde un giocatore immenso capace di segnare più di trenta punti a partita.
McMillen però lascia qualcosa di ancora più prezioso: grazie al suo esempio e alla sua vicinanza, quella Virtus prende finalmente coscienza della propria forza. Basta questo e l’arrivo di Charlie Caglieris, dall’Alco, per vincere lo scudetto. Anche perché il posto di Tom McMillen viene rilevato da un suo connazionale: Terry Driscoll.
I CANESTRI DECISIVI DEI GIOCATORI DELLA VIRTUS - DICIASSETTESIMA PUNTATA: TOM MCMILLEN
di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 05/05/2023
Solo una stagione, il 1974/75, ma bastò per rendere Tom McMillen indimenticabile. Detiene tuttora la media punti più alta nella storia bianconera con 29.94 punti a partita. Ne fece tante di bellissime ma la vittoria in trasferta contro Cantù fu tra le più significative e Tom fu decisivo, non solo per il canestro che portò la Virtus in parità al termine dei 40 minuti:
- al termine del tempo regolamentare segna il canestro del pareggio con una sospensione da 15 metri. Poi la Virtus vince dopo due supplementari 99-102 in una gara in cui Tom segna 44 punti con 17 su 22.