ARIJAN KOMAZEC
Arijan Komazec dalla lunetta: quasi infallibile
nato a: Zara (CRO)
il: 23/01/1970
altezza: 202
ruolo: ala
numero di maglia: 5
Stagioni alla Virtus: 1995/96 - 1996/97
statistiche individuali del sito di Legabasket
palmares individuale in Virtus: 1 Coppa Italia, 1 SuperCoppa
ARIJAN KOMAZEC
di Gianfranco Bina - V Magazine - Giugno 2009
Si può perdere un buon giocatore, ma un sostituto valido – bene o male – si trova. Perdere il numero uno assoluto è sinonimo comunque di un passo all’indietro, l’unica soluzione è cercare di limitare i danni il più possibile.
In realtà non v’erano grandi alternative all’epoca: o l’America o l’ex Jugoslavia. Alcuni sbirciavano in Lituania, nonostante vi fossero ancora riserve sui nativi delle nazioni baltiche. Era il basket pre-Bosman, dove sul mappamondo al posto di Francia o Germania c’era l’oceano e non terre emerse. Lì si sarebbe dovuto trovare quel giocatore in grado non soltanto di divenire leader in campo di una Virtus reduce da tre scudetti consecutivi, ma soprattutto di dimostrare giorno dopo giorno di essere degno dell’eredità lasciata da Sasha Danilovic, volato a Miami da Pat Riley. La scelta fu la più ovvia, Arijan Komazec, ala venticinquenne ben nota a livello internazionale avendo debuttato giovanissimo ai mondiali argentini del ’90 (vinti dalla Jugoslavia) e conquistando un altro oro l’anno successivo nell’EuroBasket targato Messaggero: nonostante tra guardie ed ali vi fosse un notevole affollamento, da Perasovic a Danilovic, da Kukoc a Paspalj, riuscì a raggranellare minuti e a scrivere a referto otto punti a sera. Dodici mesi dopo era in quintetto con la Croazia insieme a Petrovic, Perasovic, Kukoc, Radja: tra i pochi in tutta l’Olimpiade che dimostrò che il Dream Team era una squadra da sfidare e non solo l’occasione per scattare foto ricordo con MJ, Magic e Larry, impressionò contro la Spagna con una partita perfetta (15 punti in 15 minuti, 5/6 da due, 5/6 ai liberi, 5 rimbalzi, 5 recuperi).
Lasciò Zara per il Panathinaikos, all’epoca apprendista grande, dove vi rimase un solo anno (a 23 di media): ma le ambizioni dei verdi erano ben diverse e al termine della stagione fu rilasciato: sarebbe arrivato Drazen Petrovic, convinto dall’amico Vrankovic a lasciare l’America e a raggiungerlo ad Atene. E così, la carriera italiana di Arijan Komazec ebbe inizio. A Varese, nobilissima decaduta reduce dal suo primo campionato in A2 e desiderosa di tornare quanto prima ai massimi livelli, dopo la iattura di una promozione mancata all’ultimo turno dei playout, in casa. Con uno sforzo economico non indifferente, i prealpini arrivarono per primi sul bocconcino croato che in seconda serie fu semplicemente devastante: quasi 32 punti di media, sfiorando il 70% da due e superando il 50% da tre. Varese tornò ovviamente in A1, salendo fino al quinto posto con un Komazec da 33,8 punti di media ottenuti con percentuali extraterrestri.
Tanto v’erano sicurezze in Arcoveggio d’aver fatto la scelta giusta, tanto la tifoseria era titubante: la nostalgia di Danilovic contro il benvenuto a Komazec. Per ingannare l’attesa, l’Europeo del 1995: quello dell’attesissimo primo incrocio cestistico tra la Jugoslavia rientrante dall’embargo e la Croazia. Ancora Danilovic contro Komazec, ma il destino mandò Sasha sul gradino più alto del podio e fermò Arijan al penultimo atto. Nessuna possibilità di vederli l’uno contro l’altro, occhiate e gesti, la sfida tra passato e futuro. Si dovette attendere la Supercoppa per avere fin dal riscaldamento la conferma di quanto anticipato dalle amichevoli precampionato: Arijan Komazec avrebbe indossato il medesimo numero dello Zar. La conquista del primo stendardo stagionale, la Supercoppa, mitigò la sensazione di sacrilegio così come lo strepitoso esordio in campionato di Arijan: 30 punti contro Pistoia, sfiorando il 70%. Non male come risposta a dubbi, critiche e rancori. Calò numericamente nelle giornate successive, assottigliando i bottini e dividendosi possessi e conclusioni col resto della squadra, ma la Virtus marciava benone, perdendo nelle prime giornate soltanto a Treviso e Milano.
Fin troppo bene, in realtà: nemmeno il tempo di festeggiare il ritorno di Paolo Moretti che a fracassarsi fu Orlando Woolridge, il secondo fromboliere, il complemento perfetto al centravanti Komazec: lasciato solo in attacco, con compagni di reparto di minor peso, il croato entrò nella storia della Virtus il 3 dicembre del 1995: 51 punti segnati e 64 di valutazione (tirando un fantasmagorico 17/20 da due) contro la futura retrocessa Trieste. Non che l’avversario fosse arcigno baluardo ma ancora oggi i numeri raccontano che soltanto un bianconero fece meglio in termini di cifre (Calebotta, 59) e Arijan è ancor oggi uno dei tre soli virtussini ad aver valicato quota 50. Di lì in poi, un lento declino fatto di discontinuità, oggi 12, domani 30, poi ancora 19; tuttavia la Virtus rimaneva in palla, soprattutto grazie alla fisicità di Bonner, giocatore in grado di offrire meno talento ma più sostanza di Woolridge. Recuperata l’ex stella NBA, la squadra iniziò a soffrire il duplice assetto: Bonner straniero per gli usi domestici, Orlando per i viaggi europei. L’unica conseguenza fu far entrare indirettamente la Virtus negli annali neri d’Europa, quando a Bologna giunse Arlauckas ad irridere la sfilacciata banda bianconera piazzandone 63. Poco prima il derby, con un Komazec evanescente ed un Bonner unico a lottare, pur costringendo il custode del palazzo a dover ridipingere i ferri di Piazza Azzarita. Fuori dall’Europa e zoppicante in campionato, con altre due sconfitte nei tre match successivi al derby, passò sotto silenzio l’auspicato (da Bucci) taglio di Komazec. Mai reso effettivo perché due stipendi son meglio di tre, ed esaurito il gettonaro Bonner, si ripartì con l’assetto iniziale. Nonostante il derby dell’orologio e altre battute d’arresto qui e là, la Virtus riuscì a sfruttare la rendita acquisita e a chiudere in testa la stagione regolare, ma l’ingranaggio era ormai andato a catafascio: tra separati in casa, in semifinale fu l’Olimpia a cogliere l’occasione approdando in finale.
Stagione da buttare, e squadra da rimettere in sesto in un’estate caratterizzata dalla sentenza Bosman, dal libero mercato sul fronte europeo e dal ritiro di Brunamonti: l’idea originale, di consegnare a Prelevic le chiavi della squadra restituendo alla Virtus una forte impronta serba con l’ingaggio simultaneo di Savic si scontrò con la realtà. Vani furono i tentativi di piazzare Komazec, titolare di un contrattone che nessuno al mondo voleva rilevare nella sua interezza. Il croato rimase, ingombrante presenza accentratrice al punto che il principale acquisto estivo – dopo le prime prestazioni confortanti – sembrò frutto di un colpo di calore più che di una fine strategia napoleonica: anziché un giocatore, pareva Oronzo. In realtà, di riffa o di raffa la Virtus riuscì a mantenersi dignitosamente tra le prime in Italia e ad ottenere la qualificazione al barrage di Eurolega (superando i bimbi di Spalato nello scontro diretto all’ultima giornata), ma fosche nubi si vedevano all’orizzonte. Proprio alla vigilia dell’ultima di regular season Arijan informò la società della decisione unilaterale di sottoporsi a intervento chirurgico per quel problema alle caviglie (legamenti lassi) che ne aveva condizionato la stagione, ottenendo un naturale diniego. Atteggiamento che non piacque, quello del croato, e si spalancarono così per lui le porte della tribuna. Fuori anche dal roster di Coppa Italia, con l’indimenticabile Ravaglia e il buon Prelevic a cucire sulle maglie bianconere la coccarda, ultimo ed in realtà unico sprazzo di quell’annata grama. Venne reintrodotto nei dieci per i playoff per biascicare minutini nei quarti contro Roma (in cui alla Virtus andò davvero grassa, acciuffando alla quinta il pass per l’Eurolega). L’ultimo saluto al pubblico bianconero fu una passerella di tristezza, 26 minuti e 6 punti nell’indecorosa Waterloo con la Fortitudo. Va da sé che al Marconi, il giorno della sua partenza, ben pochi si presentarono a rendergli omaggio.
Dopo i ferri trovò l’unico ingaggio possibile, in quella Varese che l’aveva perdonato per il “tradimento” ed era ben contenta di riaccoglierlo nelle sue fila. Si tolse anche la soddisfazione di infliggere il primo knock-out in campionato alla Virtus, e poiché il talento non era un suo peccato, condusse i lombardi in semifinale proprio contro la Kinder di un Danilovic azzoppatosi pochi minuti dopo l’inizio di garauno. Ostacolo insormontabile per i lombardi, che comunque – grazie anche al suicidio di Treviso con Reggio Emilia – ottennero la qualificazione in Eurolega. L’ottima stagione di Komazec non passò inosservata e il potente Olympiacos, in tempi di ricostruzione, vinse l’asta per acquisirne servigi e prestazioni. Al Pireo fu miglior marcatore e conquistò le Final Four di Eurolega (inesistente nella semifinale con lo Zalgiris) ma la finale di campionato persa contro il Panathinaikos nonostante il fattore campo favorevole e i complessivi “zeru tituli” indussero i Reds a far piazza pulita partendo proprio dal croato. Colpe da dividere tra tanti ma il capro espiatorio principale fu proprio Arijan, costretto a tornarsene a casa, a Zara, stante la carenza di offerte. Seguirono un tentativo con i Vancouver Grizzlies senza mai mettere piede in campo, il terzo soggiorno in Grecia completando il tour dell’Attica con qualche partita all’AEK e una stagione in Polonia, a Wroclaw. Acciacchi e indolenza lo resero quasi un ex, e quando ormai la carriera sembrava giunta al termine, quell’indomabile motivatore di Markovski provò a restituirlo ai canestri. E se i lupacchiotti si salvarono, fu anche per i cesti che Komazec infilò sfruttando l’antica classe (tredicesimo miglior marcatore del campionato a quasi 18 punti di media, secondo ai liberi con un irreale 100/106 e nel tiro da due, nono dalla lunga). S’accomiatò così, concludendo una carriera a fortune alterne.
Più bassi che alti, in realtà: anche in patria, in realtà, non ha mai goduto di eccessive fortune. Figlio di padre serbo e madre croata, non ha mai cavalcato l’onda nazionalistica negli anni ’90, caso decisamente raro tra le genti dell’ex Jugoslavia. Isolato in nazionale in cui era dominante l’irredentismo dei Radja e dei Vrankovic, leader “politici” della Croazia, ha spesso ricevuto critiche e stroncature talvolta grottesche, come quando divenne simbolo del disonore patrio per la fallimentare spedizione olimpica di Atlanta, nonostante nel quarto di finale con l’Australia non sia potuto scendere in campo per le prime avvisaglie dei suoi cronici problemi alle caviglie. In tempi recenti, reo di aver applaudito ad alcuni canestri del Partizan in un incontro di Adriatic League disputato a Zara, ha ricevuto ulteriori sberleffi e accuse da parte delle frange più oltranziste della tifoseria zaratina.
S’era parlato di un suo clamoroso ritorno nel mese di luglio, perché Komazec giocherellando sui playground aveva mostrato di non aver perso l’innata classe e il suo fisico non era degenerato stremato dagli intingoli. Non se n’è fatto nulla, Komazec ormai prossimo ai quarant’anni continuerà il suo lavoro con i giovani dello Zadar. Rimarrà per sempre una grande incompiuta, probabilmente troppo poco carnivoro per spuntarla in una Virtus condannata a vincere anche in fase di ricostruzione e in un sistema estremizzato come quello della Croazia post-indipendenza. Condannato al ruolo cronico di principale imputato è difficile credere che sia immune da colpe se la sua carriera non si è trasformata in leggenda, tuttavia rimane molto forte la sensazione che abbia sempre avuto la sfortuna di approdare nel posto sbagliato al momento sbagliato. E questo vale anche per il suo biennio bianconero.
"BOLOGNA, PER ME SEI LA VERA NBA"
Tra Arijan Komazec e la Kinder è improvvisamente scoppiato l'amore. "Andare in America tanto per provare non mi piacerebbe. È qui che voglio vincere"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 26 ottobre 1996
Ride, scherza, e scambia volentieri quattro chiacchiere. È un altro Arijan Komazec - lo ha detto pure Frizzi, alla presentazione della Kinder, qualcuno dallo spogliatoio, avrà "cantato", no? - che gioca, segna e si diverte. Uno che non vorrebbe lasciare Bologna per tutto l'oro del mondo, nemmeno per la Nba.
Salve Komazec, possiamo fare due chiacchiere?
"Sicuro, perché no?".
Come sta?
"Sono stanco, stanchissimo".
Di questa Virtus?
"Macché, ci mancherebbe. Di giocare ogni tre giorni. È dura, perché le avversarie non ci lasciano un attimo di respiro".
Però questa Kinder intanto cresce.
"Sì, ma possiamo fare di più. Abbiamo qualche giocatore acciaccato, qualcun altro che deve recuperare psicologicamente. Questa squadra ha bisogno di tutti, nessuno escluso".
Detto da un "solista" come lei fa un certo effetto, non trova?
"Dico sul serio; abbiamo bisogno di tempo, ma possiamo crescere".
E lei dà l'esempio con una grinta in difesa che non avevamo visto prima.
"Ma io ho sempre lavorato duro, anche se non sempre si riesce a fare ciò che si vorrebbe".
Beh, adesso ce lo può dire. Qual è il suo segreto?
"In che senso?".
Rispetto all'anno scorso lei è un altro. Ride, scherza, e quando è in panchina non smette di incitare i compagni.
"Ero così anche l'anno scorso, nessuno se n'è mai accorto".
Sia sincero.
"Ma sì, forse è cambiata la squadra. Ma io sto bene qui".
A giugno le scade il contratto: pensa alla Nba?
"Ogni tanto ci penso, ma non più di tanto".
Non tenterebbe l'avventura nei professionisti?
"Bisogna valutare alcuni fattori. Andare tanto per provare non mi piacerebbe".
E cosa vorrebbe?
"Una bella città, una squadra vincente, e un gruppo affiatato".
Solo?
"Certo. Se devo cambiare lo voglio fare in meglio".
Insomma non cambierebbe Bologna per qualche metropoli degli States. Questa è una società seria, tra le prime in Europa. Qui lotto per vincere lo scudetto, la Coppa Italia e l'Eurolega. Ditemi voi chi mi può offrire qualcosa in più di questo. Io credo che non esista. Ho vinto parecchio con la mia nazionale: adesso voglio togliermi qualche soddisfazione pure con la Virtus. Credo di averne tutti i diritti".
Nulla la può distogliere dal suo obiettivo, dunque?
"Una cosa in realtà c'è".
Quale?
"Sono molto stanco; vorrei dormire una settimana di fila. Per questo sarei disposto a fare qualsiasi cosa. Ma adesso, fortunatamente, avremmo la possibilità di farlo. E poi basta (chiude ridendo e distribuendo pacche sulla schiena, ndr), non avevamo detto solo due chiacchiere?".
KOMAZEC SI FERMA, LA VIRTUS NON CI VEDE CHIARO
di Stella Simone - La Gazzetta dello Sport - 18/03/1997
A distanza di dieci giorni dall'esonero di Alberto Bucci, in casa della Kinder Bologna scoppia un altro giallo che cade in un momento delicato. Alla vigilia dell'importante sfida col Benetton Treviso in cui la Virtus si gioca il secondo posto e delle Final four di coppa Italia, Arjan Komazec annuncia di non voler più scendere in campo. Il croato utilizzato da Brunamonti praticamente solo nel primo tempo nella sconfitta di Siena, prima dell'allenamento di ieri, ha dichiarato di non sentirsela di giocare né domani né in coppa a causa di problemi al tendine d'Achille e alla caviglia destra, quella "giratasi" alle Olimpiadi e il 9 febbraio '97 nell'incontro con la Stefanel. "Non posso correre né saltare - ha esternato serenamente il campione croato -. Quando faccio il terzo tempo appoggiando il piede destro avverto dolore. In queste condizioni non mi sento sicuro e andando avanti posso solo peggiorare. Ho trascinato la squadra fino a questo punto e mi dispiace non esserci proprio adesso nelle partite che contano. Ma non ce la faccio più. A Milano per l'Eurolega sono sceso in campo grazie agli antidolorifici. So di trasmettere sicurezza ai compagni ma loro devono capire che la Kinder non è Komazec-dipendente. Ci sono giocatori di grande esperienza come Magnifico, Binelli, Savic e lo stesso Abbio che possono caricarsi sulle spalle le responsabilità. Così, per curarmi bene, ho deciso di non giocare contro il Benetton e le final-four di coppa Italia".
Il giallo è che, secondo lo staff medico della Kinder, il giocatore non ha grossi problemi. Comunque ieri sera alle 19, il proprietario Cazzola, i dottori Rimondini e Lelli e Komazec si sono trovati per un consulto. Ogni decisione è stata spostata a oggi: "è il nostro giocatore da trenta punti a partita. è come se togliessimo Myers alla Fortitudo o Williams a Treviso. Komazec ha una caviglia "lassa", ogni volta che salta rischia di uscire. Ma la situazione non è degenerativa, può operarsi anche fra due mesi. Domani (oggi n.d.r.) scioglieremo il nodo. Contiamo di averlo in campo ma l'ultima decisione spetta a lui". Cosa accadrà se anche oggi ci sarà disaccordo tra la società e il giocatore sulle sue reali condizioni fisiche? Il contratto prevede un consulto fra tre medici, due di parte e uno neutrale prima di far scattare dei provvedimenti disciplinari. Che, evidentemente, sono l'ultima cosa che la Virtus vuole fare in un momento decisivo.
"VIRTUS, DOVRAI FARE A MENO DI ME"
Komazec, annuncio choc all'allenamento: "La caviglia mi fa male. Salto Benetton e Coppa Italia". Un problema anche psicologico. La Kinder proverà a recuperarlo. Cazzola: "Arijan per noi vale quanto Myers per la Fortitudo". Il croato: "Ci sono tanti compagni di qualità, nessuno è indispensabile".
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 18 marzo 1997
In omaggio allo sponsor Kinder la Virtus offre una sorpresa alla settimana. Prima l'esonero choc di Bucci, poi, proprio ieri, il giallo Komazec, legato a una caviglia, quella destra, rimasta vittima di una distorsione tibiotarsica contro Milano, un mese fa. Arijan, rimasto a lungo in panchina, a Siena, ieri pomeriggio, prima dell'allenamento, si è chiamato fuori: "Non ce la faccio, la caviglia mi fa male. Contro la Benetton e in Coppa Italia la Kinder dovrà fare a meno di me". Ecco dunque il lunedì di passione delle "V" nere.
Ore 10. Arijan Komazec si sottopone a controlli alla caviglia destra. Apparentemente non ci sono situazioni particolari: la distorsione c'è, ma i medici sono ottimisti.
Ore 12. Roberto Brunamonti, coach della Kinder, è al Royal Carlton, per la presentazione della "final four" di Coppa Italia. Il "capitano" svela il giallo della sera prima: Komazec fuori per infortunio o scelta tecnica? "Mi ha detto che non se la sentiva, perché provava dolore sia al tendine che alla caviglia. Abbiamo dovuto rinunciare a lui. Ma lui è importante per noi".
Ore 13,30. Dopo la presentazione della Coppa Italia Brunamonti finisce davanti a microfoni e telecamere. "Sono in attesa dell'esito del controllo". Racconta l'allenatore che appare fiducioso sul recupero del croato.
Ore 15,30. Brunamonti ha lasciato a casa giacca e cravatta, ha indossato la tuta per raggiungere la palestra dell'Arcoveggio, dove l'attendono i suoi assistenti, Lino Frattin e Roberto Nadalini. I tre si trovano nella saletta del primo piano per rivedere la "mattanza" del giorno prima.
Ore 16,15. All'Arcoveggio arriva pure Arijan, abbastanza tranquillo. Si ferma a parlare e dà l'annuncio choc: "La caviglia mi fa male, contro la Benetton e in Coppa Italia non ci sarò".
Ore 17. Alfredo Cazzola, impegnato nel suo ufficio, alla Promotor, viene a conoscenza delle parole di Arijan. Mister Motorshow non ci pensa un attimo: sale sulla sua auto e si precipita all'allenamento.
Ore 17,45. Visita lampo del presidente che convoca il giocatore per accertamenti nello studio di Alessandro Lelli, a Villa Laura.
Ore 19. A Villa Laura, con Lelli e il giocatore, ci sono Roberto Rimondini e il presidente, Alfredo Cazzola.
Ore 19,45. Il primo a uscire dalla casa di cura è proprio il presidente, che confida nel recupero del suo campione, "Komazec per la Virtus ha la stessa importanza che ha Myers per la Fortitudo, o Williams per la Benetton. La situazione della sua caviglia non può degenerare: contiamo di recuperarlo".
Ore 20. Il conclave è finito. Arijan può tornare a casa a meditare sulle parole di incoraggiamento del presidente e dello staff medico.
Ore 16. (Ma attenzione, di oggi, martedì 18 marzo). Che farà il cannoniere croato? Si allenerà con i compagni? Il seguito alla prossima puntata. Ma torniamo per un attimo indietro nel tempo e "rileggiamo" le dichiarazioni di Komazec che hanno fatto sussultare Cazzola e i suoi collaboratori.
"Non posso correre, né tantomeno saltare. Quando faccio il terzo tempo con il piede sinistro non ho problemi, con il destro invece, mi manca l'appoggio. È un problema vecchio, che si trascina da tempo. La prima distorsione seria l'ho avuta a 16 anni, poi ci sono state le ricadute con la nazionale, a Bormio, l'anno scorso con il Limoges e poi con la Stefanel. Così come sono messo non posso dare nemmeno una mano in difesa. Il "nero" di Siena mi scappava da tutte le parti, non perché fosse più forte, ma perché, semplicemente, è sano. E io non lo sono. Mi dispiace fermarmi a questo punto, perché ho spinto la Virtus sin qua e, quando si tratta di raccogliere, mi sento debole. La Kinder non è solo Komazec: ci sono altri giocatori d'esperienza e di qualità che possono farsi valere come Prelevic, Magnifico, Savic, Gus, Kostas e lo stesso "Picchio". Il mio è un problema anche di testa: sono un po' giù di morale".
Komazec in attacco, la metacampo in cui dava il meglio di sè
KOMAZEC E VIRTUS: È ROTTURA
di Andrea Tosi - La Gazzetta dello Sport - 19/03/1997
"Per me la stagione è finita. Non gioco contro Treviso e in coppa Italia non so. Vorrei operarmi subito, devo accordarmi col dottor Lelli. Ne va della mia salute e della mia carriera. Così non sono tranquillo, ho male e ho paura. In queste condizioni, anche sforzandomi di giocare, non sarei di nessun aiuto alla squadra, non potrei mai fare la differenza in campo, tantomeno nei playoff, con partite ogni tre giorni. è una mia scelta, la società mi ha lasciato libero di decidere e non può convincermi del contrario se non sono convinto io". Arijan Komazec, affondato nel suo giubbotto di pelle nera, chiude la sua stagione e probabilmente la sua carriera nella Kinder Bologna con parole secche e decise, pronunciate fuori dal palasport dove i suoi compagni (o ex compagni?) si stanno allenando senza di lui e senza Alex Abbio (febbre) e Flavione Carera (problema plantare) per preparare un disperato assalto al capolista Benetton in difesa del secondo posto.
Il tentativo del patron virtussino Alfredo Cazzola di riportare il croato con le buone maniere sulla sua decisione fallisce alla vigilia di una partita vitale per il presente e il futuro (c'è in ballo anche l'EuroLega '98) delle V nere. "Sono giù di morale, mi sento anche un po' in colpa perché ci sono forti interessi in gioco - continua Komazec - però non ho responsabilità se la Virtus non ha più il tempo per trovare un sostituto. I medici sapevano tutto delle mie condizioni, stava a loro riferire al presidente. Già dopo l'infortunio di febbraio contro Milano, il dottor Lelli mi chiese se volevo operarmi subito, presi tempo perché speravo di recuperare. Ma adesso non ce la faccio proprio, non ha senso continuare in queste condizioni. Meglio operarmi, starei fuori 3 mesi, 60 giorni di gesso più 30 di rieducazione, per poi riprendere al 100% con l'inizio della prossima preparazione estiva". Un programma che però non si sposa con quello della Virtus, in pratica siamo all'anticamera del divorzio, una via di fuga da Bologna e dallo spogliatoio Kinder. "Non chiudo porte, né temo provvedimenti della società - chiude Komazec -. I dottori e Cazzola sanno com'è messa la mia caviglia. Sono un giocatore infortunato. Ripeto, per me la stagione si conclude qui. Si tratta solo di decidere la data dell'intervento chirurgico". Il bomber si congeda e poco dopo arriva Alfredo Cazzola. Dice di non sapere nulla. "Speravo che giocasse - recita il patron -, per il dottor Lelli può farcela. Non possiamo obbligarlo, Arijan sa quale importanza lui ha per la nostra squadra. La sua lassità è pari a quella di Savic, altri compagni potrebbero rifiutarsi di giocare avendo problemi analoghi se non più seri. Sta nella moralità e professionalità dei giocatori comportarsi in una certa situazione. Domattina (stamane, ndr) m'incontrerò con Capicchioni, agente di Komazec, credo che saremo entrambi molto perplessi. Di questo problema non sapevo nulla. La società cade dalle nuvole. I regolamenti mi vietano di cambiarlo. A questo punto siamo col culo scoperto, cercheremo di resistere, ci batteremo come potremo. Per fortuna non rischiamo l'A-2...".
Da parte sua Lelli si chiama fuori. "Non ho accordi con Komazec - dice l'ortopedico -. Arijan presenta una lassità alla caviglia destra, una patologia tranquillamente differibile a fine campionato per l'intervento senza rischi attuali né di carriera per il giocatore. Saranno il giocatore e la società a decidere se e quando operare. Nel mio caso, ammesso che vogliano indicarmi come chirurgo ed è in questa veste che parlo, non potrei essere disponibile prima della prossima settimana. Smentisco di aver proposto a Komazec l'intervento subito dopo l'incidente con De Pol perché la caviglia non si opera in fase acuta del trauma. Solo 7 giorni fa, dopo gara - 2 con Milano in EuroLega, ho chiesto a Komazec come si sentiva e lui mi ha risposto bene...".
TREVISO INFIERISCE SUL CASO-KOMAZEC
di Andrea Tosi - La Gazzetta dello Sport - 20/03/1997
Grande vittoria di Treviso, ma il caso-Komazec diventa un tormentone. Il bomber croato prima si rifiuta di giocare contro il Benetton e poi, dopo essere tornato sulla sua decisione, viene ricusato dalla società e dalla squadra in un susseguirsi di colpi di scena. Martedì Komazec non si allena coi compagni e dice: "La mia stagione è finita. La caviglia mi duole, non sono sicuro, ho paura, così non sarei di nessun aiuto alla squadra. Voglio operarmi". Ma il patron Cazzola, facendo sue le tesi del dr. Lelli, ribatte: "Arijan può giocare, l'intervento è differibile a fine campionato senza rischi per la sua carriera. Siamo impotenti, non possiamo sostituirlo".
La notte porta consiglio, Cazzola ricorre alla mediazione dell'agente Capicchioni, per convincere Arijan Komazec a ritornare. Tra le parti volano argomenti forti, Cazzola consegna a Capicchioni, appena sbarcato dagli Usa dove era andato a pianificare la permanenza in Nba di Danilovic, una lettera nella quale si rammentano gli obblighi del giocatore. Capicchioni va a pranzo con Komazec e ricompone in qualche modo la faccenda: "Ho parlato con Cazzola e con Komazec - dice il manager sammarinese nel pomeriggio -. Non è stato necessario dissuaderlo. Arijan vuole provare nei dieci ma il discorso operazione resta aperto. Domani (oggi) ci sarà un nuovo consulto medico. Poi decideremo se giocare la coppa Italia".
Ma in serata Komazec arriva al campo con la borsa da gioco e si vede respingere dallo spogliatoio che volta le spalle al bomber croato, soprattutto Savic, anch'egli con una caviglia lassa è molto arrabbiato. Cazzola si allinea dando l'ultima parola a Brunamonti. Tocca quindi al coach decretare l'esclusione (definitiva?) dello zaratino dalla squadra. Così il caso diventa spinoso. Come si potrà recuperare, ammesso che lo si voglia, Komazec per le finali di coppa Italia di domani? Cazzola è deciso e arrabbiato: "Lui vuole farsi operare, per noi può giocare - ringhia il patron -. Le sue esigenze per il futuro vanno contro i nostri interessi attuali. Non siamo disposti a farci ricattare da questo ragazzo che fra l'altro ha già percepito il 95 % del suo ingaggio. Arijan fa di tutto per scappare, noi non vogliamo mollarlo ma non tolleriamo questo comportamento. Brunamonti ha deciso di lasciarlo fuori, io avallo. Non mi risulta che Komazec, come dice Capicchioni, volesse giocare. C'è ancora posto per lui alla Kinder ma per rimediare deve almeno chiedere scusa ai compagni, alla società e agli allenatori". Laconica la replica di Capicchioni che oggi fa visitare Komazec da un perito di parte: "Vuol dire che la società ha preso atto che Arijan è veramente infortunato...".
ACCORDO SU KOMAZEC, TORNA AD ALLENARSI. FRA 7 GIORNI SI VEDRA'
di Andrea Tosi - La Gazzetta dello Sport - 28/03/1997
La Kinder, in ritiro a Porretta Terme, vede qualche spiraglio sul rientro di Arijan Komazec che in questi giorni si è allenato, seppure senza forzare esercizi e tempi, con la squadra. "Arijan è più sereno perché adesso la caviglia sembra leggermente migliorata - dice Luciano Capicchioni, manager del bomber croato -. Con Cazzola abbiamo raggiunto un accordo molto equo: Arijan continuerà ad allenarsi per tutta la prossima settimana e se le sue condizioni non dovessero peggiorare o ritornare quelle precedenti la coppa Italia, potrà ritornare nei playoff, altrimenti anche la società dovrà orientarsi sull'operazione. La questione è se può essere utile alla squadra. Deve sentirselo lui. La nostra scaletta è basata su 3 punti: 1) riattivarlo con allenamenti mirati a non forzare la caviglia, fermo restando che è una caviglia a rischio e può rompersi da un momento all'altro; 2) trovare il modo di assicurarlo contro incidenti in partita; 3) proteggerlo nel gioco. Da parte nostra c'è tutta la buona volontà e non è che vogliamo anticipare l'intervento per anticipare il recupero. Anche operandosi a metà maggio sarebbe pronto per agosto. Quindi non stiamo speculando sulla prossima stagione". L'idea principale è di utilizzare Komazec in situazioni tattiche e di preservarlo da marcature impegnative che possono scaricarlo fisicamente e anche moralmente vedendosi battere dall'avversario diretto. Insomma un ruolo part-time al quale peraltro Komazec non è abituato. Arijan dovrebbe così diventare il cambio di Bane Prelevic.
CAZZOLA: "KOMAZEC, CON NOI HA CHIUSO"
di Andrea Tosi - La Gazzetta dello Sport - 30/04/1997
L'onore delle armi va ad Alfredo Cazzola che riesce a mascherare rabbia e delusione mantenendo un notevole aplomb davanti allo 0-3 nel derby. Solo su Komazec usa parole dure e di rottura. "Il suo infortunio, un caso clinico controverso - arringa il patron Virtus - ci ha privato del nostro terminale offensivo condizionando i playoff. La fortuna delle squadra vincenti si basa sulla leadership di un campione particolare, quello che ci è mancato quest'anno. Komazec non si è mostrato un leader vero, in due anni ci ha dato più problemi che risultati sul campo. Con noi ha chiuso, non lo confermerò neppure nell'ipotesi di Europa alla Stankovic. E pensare che potevo prendere Karnishovas, il lituano mi piace ancora oggi, e invece ho puntato sul croato e ho sbagliato. Ma il problema non è solo Arijan. La Virtus dell'anno prossimo sarà molto diversa da quella attuale e che ho pagato tanto credendo fosse più forte. A giorni presenteremo il nuovo allenatore (Messina, ndr) sul cui nome non saremo particolarmente sorprendenti. Non mi sento umiliato per lo 0-3, il sorpasso della Fortitudo lo vedo solo in classifica ma per superarci i cugini devono vincere almeno 13 scudetti e ci vorrà un'altra epoca del basket, 75 anni, per riuscirci".
Più in là il collega Giorgio Seragnoli se la fuma contento. "Non c'è nulla di nuovo da aggiungere - dice il boss della F - rispetto a quello detto dopo le due partite precedenti. è un grande gioia e anche una goduria battere 3-0 la Virtus, così sono 7 derby filati vinti. Solo due anni fa era impensabile. Le epurazioni di Scariolo e Crotty sono state le mosse vincenti della nostra stagione. In finale vorrei Verona, solo un miracolo può darcela. Contro Treviso, invece, partiamo sfavoriti per il fattore-campo". Valerio Bianchini non rinuncia alla sua metafora: "Abbiamo piantato la nostra bandiera sulla torre Asinelli - chiosa il Vate alludendo al primato cittadino -, adesso dovremo piantarla sul monte Bianco che per noi è lo scudetto". Per Roberto Brunamonti è la fine di un'avventura: "La serie si è decisa in gara-2, nella terza Myers ha messo la sua firma. Ho cercato di assolvere il mio compito col massimo impegno. Ringrazio la squadra. Davanti alla supremazia Fortitudo dobbiamo tacere e inchinarci". Sfila Komazec, gli riferiamo che Cazzola non lo vuole più: "è troppo caldo adesso" glissa il croato che forse spera, a mente fredda, nel cambio d'umore dell'Alfredo. Ecco Myers, il nuovo primatista di segnature nella storia del derby. "Questo record vale? - ironizza Carlton - Siamo in A-1 qui? No perché quando ne feci 87 Riminucci disse che non era buono perché stavo in A-2. Serata magica: mi bastava alzare la mano e segnavo...".
ARIJAN: "DA DUE GIORNI SONO TUTTI CONTRO DI ME"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 21 marzo 1997
Contro Treviso non ha giocato. Novità in vista, Komazec?
"Mi sono fatto visitare da un medico, che ha confermato che con una caviglia così rischio grosso".
Secondo il dottor Lelli, però, lei potrebbe andare avnti fino alla fine.
"Anche lui dice che ci sono dei rischi, ma la società sta facendo delle pressioni. Non capisco perché".
Cosa non capisce?
"Che il presidente mi lasci libero di decidere. E che poi si crei tutto questo caos attorno al sottoscritto. Sono un po' confuso".
Però Brunamonti è stato chiaro: ha detto che sarebbe stato contenta di averla in campo anche al 50 per cento della condizione. Anche per dieci minuti, purché lei fosse convinto.
"Non vedo l'utilità di un Komazec al 50 per cento, per me non conta nulla. Sono uno dei due stranieri della squadra e, come tale, ho delle responsabilità. Mi sembra però che da due giorni siano tutti contro di me".
La scelta di mollare alla vigilia della coppa Italia e dei playoff...
"Prima di tutto sono una persona, per me il rapporto umano è importante. Eppure da due giorni sono tutti contro di me, fa parte del mio mestiere, se giochi bene allora tutti ti applaudono, se giochi male, invece...".
Il problema è che lei non gioca e molti pensano che si voglia operare subito per essere pronto per la prossima squadra.
"Balle, tutte balle. Non so, ora, dove sarò tra qualche mese. Non ho nessun contatto, né tantomeno contratto. E poi sono anche giù di morale". Martedì sera Arijan ha disertato la cena della Kinder. Ieri ci ha riprovato un compagno, Zoran Savic. Quasi una storia da libro cuore: il serbo che, dopo quel che è accaduto negli ultimi anni, tende la mano al croato in difficoltà. Ai mondiali di Argentina i due erano compagni di stanza e diventarono così grandi amici. Basterà per recuperare il cannoniere della Kinder?
MI RITORNI IN MENTE: PUNTATA 15
di Bruno Trebbi - www.bolognabasket.it - 01/05/2013
Nella storia recente della Virtus se si pensa al termine “promessa non mantenuta” è difficile non associarlo ad Arijan Komazec. Ed anche “talento sprecato” rende bene l’idea. Per capire la situazione bisogna inquadrare bene il momento storico. E’ l’estate 1995, la Virtus in Italia è una leggenda, ha appena vinto il terzo scudetto consecutivo - e più nessuno ci riuscirà poi, prima della Siena schiacciasassi degli ultimi anni - e ha appena perso Sasha Danilovic, idolo dei tifosi e artefice principale di quei tre tricolori. La rondine coi jeans ha lasciato Bologna per tentare la carta NBA, e c’è la necessità di sostituirlo.
La Virtus all’epoca è la squadra migliore. Non si bada a spese, e serve il giocatore migliore. E alla notizia della firma di Arijan Komazec, molti (compreso chi vi scrive), pensavano di averlo trovato. Il croato infatti a Varese era semplicemente spaventoso: 33 punti di media, quasi il 70% da due e soprattutto una grande leadership, mostrata anche nelle partite contro la Virtus, dove volavano dei quarantelli spesso e volentieri. Così, anche se l’eredità era di quelle pesantissime, si pensava che Komazec avesse le spalle larghe a sufficienza per farcela a indossare il gravoso numero 5, e gratificato con un sontuoso biennale. E l’inizio fu anche buono, anzi ottimo. 9 vinte nelle prime 11, con Komazec che segnava da ogni dove, mettendone anche 51 contro Trieste, prestazione balistica clamorosa da 17/20 da due, che resta la seconda ogni epoca per un giocatore della Virtus dopo i 59 di Calebotta del 1956. Il nuovo Danilovic, quindi? Purtroppo, nemmeno per idea.
L’infortunio a Orlando Woolridge distrusse tutti i piani di Alberto Bucci. Da lì in poi qualcosa si ruppe, anche se tornò Moretti e arrivò un ottimo sostituto come Bonner. E Komazec si dimostrò inadatto al ruolo di leader. Proprio nel momento di maggiore necessità, quando si doveva caricare la squadra sulle spalle, divenne ondivago, alternando buone prestazioni a prove anonime, e la squadra iniziò piano piano a soffrire. In Eurolega andò male, con i famosi 63 punti di Arlauckas al PalaDozza a far capire bene che non era decisamente il momento. E col ritorno di Woolrigde le cose peggiorarono, dato che il problema di abbondanza - due stranieri per tre posti - mandò in tilt equilibri già abbastanza fragili. Bucci avrebbe voluto tagliare proprio Komazec, ma con quel contratto era impossibile. E allora si tornò all’assetto originale, con Komazec e Woolrigde. Ma il giochino si era rotto, e nonostante il primo posto in regular season la Milano di Bodiroga e Blackman in semifinale fu corsara a Bologna, guadagnandosi l’accesso alla finale e al successivo scudetto. Per la Virtus prima stagione a becco asciutto da anni, ed enorme delusione.
E Komazec? In estate la Virtus provò a fare carte false per liberarsene, ma non ci fu niente da fare. Ancora una volta il suo contratto principesco fu un ostacolo. E così si ripartì con lui anche nel primo anno dopo la sentenza Bosman, in cui il numero di stranieri crebbe e si videro i primi comunitari (Prelevic, Patavoukas e Galilea, subito rotto). Per il croato stagione in tono minore, senza fiducia, condita dalla decisione di operarsi alle caviglie poco prima della fine della regular season e della Coppa Italia. La società non gradì, e da lì fu rottura totale, con la Virtus e coi tifosi. Dopo la vittoria in Coppa Italia, quando un Komazec in borghese alzò il trofeo, qualcuno infatti andò a dirgli qualcosa del tipo tu non sei degno di sollevarla. E lì - di fatto - finì tutto, perchè le ultime apparizioni in campionato, mentre la Virtus veniva presa a ceffoni dalla Fortitudo. Un talento immenso, mai espresso del tutto. Per i tifosi virtussini, una delle delusioni più brucianti.