ENZO GRANDI
Il Prof
Nato a:
Il: - 31/12/2004
Stagioni alla Virtus: dal 1983/1984 al 1992/1993 e dal 1997/98 al 1999/2000, 2003/04 presso la Virtus 1934
QUESTO GRUPPO È COMPOSTO DA "BROTTA ZENT, MA BROTTA BROTTA!"
di Enzo Grandi
Non avrei mai voluto scrivere nulla della Virtus Kinder stando all'interno del gruppo, come un "artroscopiantato" nel corpo della squadra. Non avrei mai voluto scrivere nulla anche sapendo che al pubblico potrebbe interessare questo basket visto da dietro le quinte. Ma sono stato obbligato dalle insistenze di questa bella rivista, l'amico Bertocchi. Se invece di Bertocchi ci fosse stato Montanelli avrei detto sicuramente no. Vi scriverò del ritorno dello "Zar". Ti prende sotto braccio, ti incensa, ti ammonisce, ti minaccia, ti manda scagnozzi, arriva fino al ricatto "Se non mia un pezzo dirò a tua moglie che..." La tua coscienza non è pulita e allora sei costretto ad accettare. Scrivere di questa squadra, non è facile dal mio punto di osservazione. Si può cadere in luoghi comuni, in cadute di stile, in apologie di bassa levatura. Vi scriverò comunque di cose mai dette prima, in modo che la curiosità del lettore sia definitivamente appagata sino al fatidico "2000". Vi scriverò del ritorno dello "Zar" e della sua Imperialità. Lo potete osservare o rimirare prima dell'inizio di ogni partita, quando tutti i giocatori si arrabattano, nel fare esercizi un po' strani, stravaccati per terra senza un minimo di dignità e a volte di pudore. Bene! Fuorché lui. è sempre in piedi, guarda, controlla, osserva, sintetizza. Uno "Zar", non può stravaccarsi per terra. C'è chi può e chi non può. Lui può.
Vi scrivo ancora del "numero quattordici", detto dai compagni Curvadeau, per via delle dita del piede sinistro storte. Se non avete mai capito o potuto ammirare la "grandeur" a cui accennava De Gaulle, eccola qui davanti a voi! la "Force de groupe" della Virtus Kinder scardinatrice di difese e orgogli avversari. C che dirvi del "Condor". Questo "angelo dalla faccia sporca" forse figlio o nipote di un altro visto, per i non più giovani, tanti anni or sono allo stadio: Maschio! Guardate il "Condor" quando spiega le ali e ghermisce la preda e vola potente dentro il canestro avversario. E Savic! Ah Savic! Bisognerebbe scrivere un libro su d lui. Tra i "picku materi", i "jebot" e altre misteriose imprecazioni, sembra una vecchia pentola di fagioli in ebollizione. Ma andategli incontro e vi accorgerete che il muro di Berlino è stato più facile da abbattere. Accanto a Zoran sta crescendo "Mali", il bambino dalla faccia pulita e dai modi gentili. Se lo doveste incontrare in strada fategli fare l'imitazione del Dottor Rimondini, potreste crepare dal ridere. Di "Tiramolla" sapete già tutto o quasi. Quello che ancora non sapete, chiedetelo a sua moglie. Non ve lo dirà mai. Ma io lo so, e un giorno se questa avventura continuerà ve lo racconterò. E ci faremo delle "pazze risate". Poi c'è "Swarowski". Chi non conosce Swarowski? è lì da tanto tempo. è ancora lì anche quest'anno. Ogni tanto tintinna perché è vero. Speriamo che alzi al cielo qualche trofeo. Lo "sclero uno Moranda" è unico e immortale. Potrebbe vivere tra i "clochard" parigini e i suonatori di jazz o dentro un furgone modello trasporto materiale. Per ora è un po' acciaccato ma è ancora fra noi, e darà sicuramente contributi, magari sclerando, ma saranno certamente salutari. Crippino è l'ultimo arrivato. Si è trovato in mezzo a giganti lui che non più di 1 metro e 48. Però ha deciso di crescere. Ha chiesto al dottore consigli nel più assoluto "top secret". Io che "sto dentro" l'ho imparato origliando da dietro una porta; vorreste saperlo, però non ve lo dico. Vi dico invece di "Chicco", e della sua sfortuna in un anno che poteva essere per lui di grandi soddisfazioni. Vi dico della sua voglia di vivere, del suo entusiasmo, del suo ottimismo e della sua fede. Lo aspettiamo come le rondini a primavera. Frosini Alex, detto anche T.C., viene dall'altra sponda. Si è inserito a meraviglia. Ha dato un nome ad un esercizio che tutti i compagni eseguono alla perfezione. I compagni sì, lui no! Ma il nome resta e resterà nella storia. Matteo è proprio l'ultimo arrivato. Non ha ancora volato però vi assicuro che fa le prove molto bene. E un giorno volerà. La storia è finita. So che avreste voluto sapere di cose "piccanti". La prossima volta ve le racconterò. Per ora, poiché siete stati bravi e attenti, e avete avuto pazienza, una cosa voglio dirvi in tutto segreto. Avvicinatevi, perché nessuno ci possa sentire. Questo gruppo, cari amici, è composto da "brotta zent, ma brotta brotta!" Credetemi! I bolognesi sanno cosa vuole significare questa frase. I non bolognesi lo impareranno presto.
BROTTA E BELA ZENT
di Enzo Grandi, maggio 1998 dopo la vittoria dell'Eurolega.
Non avrei mai più voluto scrivere niente per questo, per altro simpatico, giornaletto. Mi ero ripromesso, dopo il primo pezzo, di fare sparire la penna perché non fosse più possibile scrivere il secondo. Ma puntuale, come l'eclissi di sole, telefona Bertocchi e deposita dentro il mio orecchio il suo indecente ricatto: " se non mi scrive un secondo pezzo telefono a tua moglie...". Ed ecco il secondo. Voi, cari lettori, non avete creduto fermamente alle mie prime parole, le avete prese come stravaganze frutto di un mio immaginario o forse, peggio ancora, di una fola.
Non avete creduto che questi vostri ragazzi fossero veramente una banda di "brotta zent", capaci di regalarvi un trono europeo. Non avreste mai immaginato che anche voi, spinti dalle loro gesta, avreste potuto salire così in alto e respirare l'ossigeno contenuto in quella coppa.
Avete pensato, anche, che una coppa caduta nel campo dell'avversario storico [la Coppa Italia 1997/98 vinta dalla Fortitudo, n.d.r.], avesse spento per sempre i vostri sogni e le vostre speranze. Avete pensato, forse per un attimo, che "cla brotta zent" non fosse poi così brutta e non fosse capace di darvi una soddisfazione storica e non avete creduto sino in fondo a quello che avevo scritto nel primo pezzo. Non credevate che lo "Zar" fosse veramente uno "Zar" e di fatto, ma solo ora, ve lo posso dire, Sasha non è lo "Zar", ma bensì il Duca Nero. Avete creduto veramente che "Swarowski" fosse così fragile, asciutto e delicato, e invece ha alzato al cielo una coppa che pesava anni di storia. Avevate creduto che "il condor" fosse il "Gaucho" e non un uccello rapace capace di ghermire prede, fossero esse casalinghe, Serbe o Achee. Non avevate creduto che Savic detto "Tavolino" potesse mettersi ed erigersi come colonna attorno alla quale avrebbero girato i compagni. Avete creduto veramente che Rigaudeau fosse "Curvadeau" e che le dita dei suoi piedi fossero sbilunghe. E invece è il collo che è storto. Ma la materia grigia è in perfetto equilibrio. Ha mandato nel paese dell'Ade i nipoti dei "coturnati Achei". Solo che glili ha mandati scalzi. Avevate veramente creduto che "Picchio" Abbio fosse "Tiramolla". E invece è "Pio" quella della maglia che è tutt'altra cosa. E Crippa, che molti di voi credevano essere solo il più piccolo e il meno giovane... Anche Rivers lo credeva ed invece...
Avete pensato che Frosini detto T.C. fosse ancora dall'altra parte del Reno. E invece il passo per venire all'altra riva l'ha già fatto. Ed è bene che lo sappiate. Anche lui ha alzato la coppa. Avevate pensato ancora, che Nesterovic detto "Mali" fosse, con quel viso da cherubino, inesperto e invece le retine di Barcellona puzzano ancora di bruciato. Per "Gretel" [Steve Hansell n.d.r.] e Teo [Matteo Panichi n.d.r.] la gloria è ancora dietro l'angolo. La "Moranda" detto "Enrico Toti" è già un eroe. Chicco Ravaglia c'era ed è stato determinante con il suo cappellino. Questa è la vera storia di questo gruppo di questa "brutta gente" che ha in più un altro brutto difetto. Non avrei dovuto dirvelo, ma poi Bertocchi avrebbe messo in atto la sua ignobile minaccia. Questa "brutta gente" è anche ingorda. Capito? Golosa!
Cari lettori quante colpe vi ho dato! Ma credetemi, non ne avete nessuna. Perché non si può rimanere non sorpresi nel vedere che seimila persone traslocano da Via Rizzoli alla Rambla. Non si può non ammirare chi ha fatto partire una flotta aerea del tipo "sbarco in Normandia". Non si può non ammirare quel "signore" giacca blu cravatta gialla che trasferisce la sua dignità di tifoso, la sua eleganza di modi dal Palamalaguti agli scamiciati, sudati, "cittadini" del Pireo. Non si può non "stralunare" nel vedere il "Commercialista" computo e serio a Bologna e a Barcellona travestito da ectoplasma con i colori di guerra Virtus dipinti sul viso. E il dentista che lascia protesi, carie, clienti e bocche aperte, per rimanere lui e la sua famiglia a bocca spalancata estasiati dal risultato. E il Lambertini con tutta la famiglia "a gerla" che, ancora dopo la vittoria, si lamentava dei posti che non erano quelli che lui aveva prenotato. E Italo che colpito da mano vigliacca rimaneva sul pezzo a godersi la gioia di quella serata. E Carlo che non c'era per via di un raffreddore. E la Norma che avrebbe potuto esserci ma che non c'era per via di Carlo che aveva il raffreddore. E ancora Andrea che per una coppa perde la morosa. Storie, tante storie, mentre la coppa saliva in cielo. E ancora quei tanti che vorrei chiamare per nome ad uno ad uno, che insieme in un tripudio di inni, di canti, di bandiere e sopratutto di civiltà hanno portato ancora più in alto quel trofeo che "Swarowski" ha alzato anche per loro. Questa è la "bela zent" che merita "cla brotta zent".
ADDIO, BROTTA ZENT
di Enzo Grandi, dopo il 14° scudetto
Bertocchi, Romano Bertocchi delenda est!
Bisogna trovare il modo, legittimo o illegittimo, di mettere questo signore della situazioni di non dover più nuocere a nessuno, o quanto meno a me. E invece da quando l'ha preso la sua mania di editore di quel giornaletto "Bianconero", stressa, lusinga, minaccia, amici, parenti, conoscenti, per farsi "dare un pezzo", magari piccolo piccolo da inserire in questa sua creatura, che sta diventando, ad onor del vero, un punto di riferimento per molti sportivi bolognesi. Come i lettori ben sanno, non avevo intenzione di scrivere un bel niente per sempre. Ma il Bertocchi, questa volta ha raggiunto il massimo, il suo capolavoro. Con l'aiuto degli Dei si è trasformato in una bellissima fanciulla e questa, mi ha strappato la promessa di un ultimo articolo. Conclusivo. Questa è la vera storia sulla luna, il primo canestro di Gallinari.
Questa storia che vi racconterò, non è fantastica, è l'insieme di tanti "quadretti" che messi insieme sono entrati di prepotenza nella storia. Nella squadra, come voi lettori ben sapete, c'èla Tribù serba, e c'è anche un certo signor "Curvadeau" che una volta si chiamava Rigaudeau ma che ora è stato ribattezzato dal Duca Nero "Imbastito", per via di un certo vestito sfoggiato al matrimonio del Condor. Il quale Condor, ed è ora che si sveli una volta per tutte, non è Hugo Sconochini, ma un uomo del "cartello di Medellin", che dopo aver vinto campionato italiano e Coppa Europa ha pensato bene di suicidarsi, sposandosi. Noi tutti, per la verità, abbiamo cercato di dissuaderlo in vari modi.
In gara cinque, a cinquantatré secondi dalla fine con la Virtus soccombente, Messina chiama il "time out" per fare l'ultimo tentativo, e trovare una soluzione affinché l'uomo di Medellin desistesse dal matrimonio. Conciliaboli stretti, perché il tempo passava inesorabilmente. E a questo punto il Condor butta giù la sua proposta, tremenda, demoniaca. "Se a 18 secondi dalla fine del tempo, il Duca Nero randella da tre più un fallo io desisto dal pronunziar el sì". Dice proprio così. E il Duca Nero accetta la sfida e tra i denti e con gli occhi a fessura di occhiali lapponi gli sibila: "allora sei ancora dei nostri".
In campo il Duca Nero ha fatto quel che aveva promesso e che tutti voi avete ammirato. è stato il Condor che dopo quattro giorni, non avendo mantenuto la promessa, ha pronunciato "el sì". Ora veleggia lontano, forse in acque greche accompagnato dal suo fido aedo Frosini. La tribù serba adirata lo insegue.
Nesto ai remi, Savic tavolino sull'albero maestro, il Duca Nero a poppa a farsi fare le unghie da Teo Panichi. Ecco il perché di quei 18 ultimi secondi. Ecco perché questo gruppo di giocatori non può essere che definito "brotta zent".
Non si possono buttare in mare, come fossero niente, le speranze, le illusioni, le gioie da tanto tempo rincorse e sempre sfuggite all'ultimo istante, non si può, per un sì o per un no, infrangere i sogni di gloria già da tanta gente accarezzati. Non si possono tagliare le mani già protese a cogliere una "caramella col buco" [riferimento alla Polo Cup, trofeo assegnato alla squadra vincitrice dello scudetto 1997/98, n.d.r.] e lasciare a quelle mani solo il buco. Non si può per salvare uno stato civile, troncare di netto, le ali, le zampe, il becco di un'aquila, che è pur sempre animale nobile e parla cortese "come corpo morto cade". Ecco perché "brotta zent". Ingorda e brotta zent. Crippa, Fro, Condor, Imbastito, Duca Nero, Tavolino Savic, Pio Pio Abbio, Teo Teo della Punturina, Swarowski, Gretel, un po' di rispetto. Signori, un po' di rispetto. Ora è veramente finita! Si spengono le luci, la gente scivola verso cas con la gioia nelle tasche, e i sogni di un tempo lontani diventati realtà nel presente.
La Norma felice del suo Imbastito Curvadeau. Vederlo felice perché la Norma è felice. Il dentista continuerà a rivedere per tutta l'estate quei 18 meravigliosi secondi. Su Viale Ceccarini, a Cortina e Forte dei Marmi per tutta l'estate si continuerà a parlare, a raccontarsi. Le donne piangeranno perché il Condor ha tolot loro una speranza. Lambertini si lamenterà dei suoi posti, dimenticandosi il 14° scudetto.
Ognuno racconterà le sue emozioni a chi non c'era, chi non c'era spererà di esserci la prossima volta.
Tante storie che non si scioglieranno al sole dell'estate, non si cancelleranno con l'acqua del mare.
"GLI ELOGI VANNO FATTI A GRANDI"
I "nonni" Binelli e Crippa rivelano perché si mantengono in forma. "Insuperabile" il primo, "inimitabile" il secondo: entrambi sono pronti a mettere sotto il Cska Mosca
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 08/12/1998
Settantun anni in due. L'età di un nonno: "insuperabile" il primo, "inimitabile" il secondo. L'uno è altoed è insuperabile perché nessuno, in casa bianconera, ha messo in fila così tante presenze e tanti trofei. L'altro è piccolino ed è inimitabile perché di playmaker di quel tipo non ne nascono (purtroppo) più. Augusto Binelli e Claudio Crippa: sulla carta due giocatori della panchina. In pratica due elementi esperti e afidabili che, come è successo domenica a Siena, possono dare una svolta all'incontro. Cominciamo dall'ultimo arrivato che, come suo costume, rifiuta onori ed elogi. "Determinante? Mica gioco da solo. Siamo stati bravi a raddrizzare una partita in salita. Ma 10 giorni senza allenamento comune si sono fatti sentire, perché ci siamo ritrovati solo venerdì e sabato". Forse è stata l'aria della Toscana: un ex pistoiese, con la residenza a Montecatini, avrà sentito il profumo del derby. "Una volta tra Pistoia e Siena c'era il gemellaggio, poi due americani fecero a cazzotti e da allora...". L'aggettivo inimitabile gli piace, la definizione nonno, per i suoi 37 anni, un po' meno. "Di fatto mi garba giocare - attacca - per cui continuo a trovare tutto molto divertente. È coinvolgente e piacevole per diversi motivi: per i miei compagni, per questa società e per questa città". Ma quando appenderà le scarpette al chiodo? "È tutta colpa di Prodi - commenta ridendo - ha alzato l'età pensionabile e noi siamo costretti a giocare. Comunque posso dire sin d'ora che non smetterò mai di giocare, anche se bisognerà vedere a che livello lo farò. Quello dell'A1 e della Kinder è un livello molto duro. Ma qui c'è anche un preparatore atletico come il professor Grandi che ci tiene in forma e allora...". Dell'importanza del ginnastica bianconero parla anche il capitano, Augusto Binelli. "Ci tiene in forma, ci mantiene arzilli - racconta il numero 11 -; bisogna sapersi mantenere e da questo punto di vista mi sento proprio un giovincello". Trentaquattro anni, più della metà passati bel feudo bianconero. Augusto ha già in testa il giorno dell'addio ma... "Un'idea e un progetto ce l'ho - commenta - ma non mi piace parlare del futuro. Non l'ho mai fatto e non lo farò mai". Decisivo a Siena per portare a casa un altro successo e mantenere il secondo posto. Cosa significa farsi trovare pronti? "È una sensazione bellissima, che ti dà maggior carica e aiuta a renderti ancora più utile. A fare la cosa giusta al momento giusto". C'è lo zampino di Grandi in tutto questo, ma anche il giusto dosaggio che lo stratega Messina riesce ogni volta a miscelare. "Ettore è fondamentale - sottolinea il capitano - perché riesce a responsabilizzare ogni giocatore. E fa sentire tutti importanti allo stesso modo. È un aspetto che aiuta. Questo è un gruppo di dodici elementi, non è facile gestire un gruppo di giocatori così numeroso. Lui, invece, ce la fa. E lo fa pure molto bene. I risultati credo che siano sotto gli occhi di tutti". La leggenda dei due "nonni", quello insuperabile e quello inimitabile continua: entrambi sono pronti a mettere sotto quel Cska Mosca che sbarcherà al PalaMalaguti domani sera. Rispetto alla trasferta senese Messina recupererà Danilovic, che ha scontato le due giornate di squalifica anche per il campionato italiano. Niente da fare per Sconochini. Qualche problemino per O'Sullivan, che si allena con una ginocchiera, e per il "provato" Abbio, che ieri ha lavorato solo con i pesi.
"SIAMO IN CRESCITA PERCHÈ CI SIAMO TUTTI"
Enzo Grandi, trainer bianconero, si pone un obiettivo prioritario: "Voglio recuperare l'intera squadra ad alto livello"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 15/04/1999
Il professore l'Eurolega l'ha già vinta. Accadde lo scorso anno, quando la Virtus stupì i giornalisti stranieri, a Barcellona, improvvisando partite di calcetto prima e dopo le accanite sfide cestistiche con Partizan Belgrado e Aek Atene. Enzo Grandi - una curiosità: quando insegnava educazione fisica al Tanari si trovò tra le mani lo studente Vittorio Mattioli -, che Messina aveva voluto con sé anche in nazionale, all'Arcoveggio ha portato il suo buonumore e il suo lavoro con il sorriso sulle labbra. "Cosa sto preparando? Qualcosa di segreto, non lo posso rivelare. Si tratta di esercizi estremamente nuovi. Così nuovi che me li devo ancora inventare". Il "prof", i virtussini lo chiamano così, si scioglie in una risata e poi precisa. "Non modifichiamo nulla di particolare - spiega - l'obiettivo è recuperare tutti allo stesso livello. Magari faremo qualcosa di specifico per i singoli. Ma niente di eccezionale". Kinder che soffre in gara uno, contro Roma, e che poi "rulla" gli avversari nelle altre due sfide. Un'altalena prevista? "Assolutamente no - risponde Grandi - anche perché tre giorni prima di gara uno c'era stata la partita di Pau e là la Kinder aveva giocato bene. Due o tre giorni non bastano per giustificare un calo". È sicuro, il professore, che non snocciola percentuali, ma vede una Virtus in crescita. "Il grado di forma? So che vorreste dei numeri, ma non sono in grado di darne. Siamo in crescita, perché ci siamo tutti, e questo è un fatto di per sé piuttosto importante. In generale vorremmo tenerci alla larga da quegli infortuni che possono diventare un elemento di disturbo". Finora la Kinder (che ha disputato un match in più rispetto ai cugini, 57 contro 56) ha messo insieme più del doppio di giornate di assenza per infortunio: 76 contro 35. Logico che Grandi si concentri sulla salute e l'integrità della sua squadra. "Quella che stiamo affrontando - conclude - è una settimana ottima per Danilovic e Rigaudeau, con i quali abbiamo lavorato anche sabato e domenica per sistemare alcuni particolari. Il resto non conta, o meglio è comunque vincolato al risultato. Negli sport individuali puoi programmare cali e crescite di condizione. Negli sport di squadra non lo puoi fare: quello che viene chiesto è di portare il tuo club al successo".
VIRTUS, TREDICI STAGIONI DA GRANDI
La storia del professore. "Con Messina ho un rapporto splendido. I miei faticatori? Rolle, Sconochini e "Rascio". Vorrei portare Frosini a Sidney"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 24/05/2000
In punta di piedi. Senza proclami. Enzo Grandi, il preparatore atletico bianconero, lascia la Virtus dopo 11 anni e mille trionfi. Lo vedremo, chiacchiereremo ancora con lui. Ma la sua vivacità, il suo sorriso largo e sincero mancheranno terribilmente alla Città dei canestri.
Professore, circolano strane voci. Non avrà mica intenzione di smettere?
"No...".
Per fortuna.
"Il fatto è che non ho l'intenzione di smettere. Ho smesso. È un anno che ci penso. La stagione avrebbe potuto finire meglio, con qualche trofeo. Ma avrei smesso lo stesso".
Smette dopo quanti anni in bianconero?
"Mah, sono arrivato nell''83. E in mezzo ci sono state quattro stagioni in azzurro. Con la Virtus fanno 13 anni".
In Virtus dopo l'esperienza con il Milan.
"Che non fu felice".
Lei e Radice in rossonero dopo l'anno magico, quello del -5, in rossoblù.
"Era un Milan in decadenza. Berlusconi poi gli avrebbe dato una struttura solida e vincente".
Rimpianti rispetto a colleghi che si chiamano Pincolini o Ventrone?
"Sì. Cominciai negli anni Settanta, eravamo tra i primi. Quelli che sono venuti dopo sono più bravi, aggiornati, con maggiori acquisizioni culturali. È una sorta di evoluzione della specis. Ma non ho rimpianti".
I nuovi sono bravi. Ma si fidano troppo di macchine e tabelle, che lei conosce e accetta. Ma che lei sa mettere in discussione.
"Non si sa valutare la storia dell'allenamento e dell'attività motoria. Cominciai con Pietro Battara in rossoblù a sperimentare alcune soluzioni con i portieri. Da quella nidiata sono venuti fuori Pagliuca, Ballotta, Malgioglio, Zinetti, Boschin, Pazzagli, Maurizio Rossi".
Sono, dati alla mano, 13 anni con la Virtus. Ma anche 17 con Messina.
"La mia tragedia è quella. Lasciare un amico che mi ha dato tanto. Spero di avergli restituito qualcosa. In fondo sarebbe stato meglio se avessimo litigato. Se avessi rotto con la società p con qualche giocatore. Invece no, lascio perché è l'ora di lasciare. Ma lo faccio con un groppo in gola".
Tanti infortuni quest'anno: la sua posizione in discussione. Poi Pozzecco, su "Superbasket", se ne esce dicendo che alla Virtus ruberebbe solo il professore.
"I giornalisti. Fanno il loro mestiere, è giusto così. Ma la realtà è molto diversa. E per giudicare servono molti fattori. Chiaro che le parole di Gianmarco mi abbiano fatto piacere. E non è stato nemmeno l'unico".
Il ricordo più bello.
"Mah, ce ne sono tanti. Come le vittorie. Il successo più entusiasmante forse è stato l'argento agli europei del 1997. Quello che ha spianato la strada verso l'oro successivo. Ma sono gli episodi che rimangono dentro il rapporto meraviglioso costruito con giocatori e allenatori".
Ci sarà stato qualche giocatore con il quale non è entrato in sintonia.
"Sinceramente no. Anche con quelli più duri, come Villalta e Danilovic. Non ero sintonizzato con un tecnico, lui aveva le sue idee. Ma il rispetto non è mai mancato".
Il giocatore che ha sempre eseguito i suoi ordini. Anche risalire una montagna con un fardello sulle spalle.
"Faccio tre nomi: Rolle, Nesterovic e Sconochini. Elvis mi diceva sempre: "non c'è nulla che tu mi proponga che io non sia in grado di fare"".
Mai ricevuto un rifiuto?
"Mai. Ho sempre trovato la chiave giusta per aprire le loro teste".
Con il calcetto?
"Anche con quello. Ma non solo".
Ma lei, professore, cosa farà adesso?
"Guardo. Osservo. Quando arrivi all'età dei datteri puoi fare qualsiasi cosa. Anche il camionista".
Lei sembra un cinquantenne, ma c'è qualche maligno che è disposto a giurare che lei abbia passato i sessanta.
"È verissimo. È per questo che dico che ho l'età dei datteri. Lo dico con il groppo in gola e lo stomaco che si stringe".
La incontreremo ancora all'Arcoveggio e al PalaMalaguti?
"Sicuramente. Devo finire l'opera con Bonora. Sto lavorando con Abbio e Sconochini. E vorrei riuscire a portare Frosini alle Olimpiadi".
Ma perché, in conclusione ha deciso di chiudere?
"Ho sempre ripetuto: voglio restare fino a quando riuscirò a correre con i giocatori. Quando sei costretto a dire: andate avanti voi che io vi aspetto qui, finisci per perdere molto. Non sei più dentro le cose. Quando corri con loro entri in sintonia, raccogli le loro confidenze. Diversamente sei come una macchina".
Il ricordo dei ragazzi della curva
L'ADDIO DEL PROF ALLA VIRTUS
Stadio - 25/05/2000
"Ogni cosa ha un inizio e una fine, bisogna saper cogliere il momento giusto per dire basta. Andarsene prima di essere sopportato". Cogliere l'attimo insomma. Così si congeda "il Prof" Enzo Grandi, mitico preparatore atletico della Virtus. Ha deciso, da circa un anno ci stava pensando su. "Non ci sono cose difficili da dire, o problemi da nascondere. La difficoltà sta solamente nel comprendere il momento giusto per andarsene, ora ho raggiunto l'eta che mi permette di prendere questa decisione serenamente". Era il lontano 1972, quando Enzo Grandi iniziava la sua carriera. La iniziò col Bologna, e fu uno dei precursori della figura del preparatore atletico. Si era diplomato all'Isef, a Roma, il Prof. E proprio agli inizi degli anni '70 arrivavano le prime richieste di collaborazione da parte delle società che cercavano una figura che potesse affiancare il coach nella preparazione della squadra. Dopo il Bologna una breve esperienza al Milan e poi fu la volta della Virtus Pallacanestro. Diciassette anni fa, era il 1983: "Indubbiamente i momenti più belli della mia carriera li ho vissuti in Virtus, 17 anni che hanno coinciso con grandi vittorie e ottime prestazioni. Non mi ritengo uno degli attori, ma vincere è una grossa soddisfazione per tutta l'equipe che sta attorno ad un gruppo di atleti". "Un addio difficile", racconta il Prof perché ciò che lo ha contraddistinto è stato il rapporto affettivo che è sempre riuscito ad instaurare con i giocatori. Parla di stima, rispetto reciproco, "Ai giocatori bisogna voler bene, sentirli emotivamente, per costruire un rapporto paritetico. Un concetto espresso dalla parola simpatos, nell'accezione greca del termine". Le sue regole per essere un buon professionista non le ha trovate scritte sui libri, "A seconda di chi sei, del tipo di persona, le pagine le scrivi dentro di te. Non ci sono regole attraverso le quali trovare le chiavi d'accesso alle menti altrui, le metodologie servono a poco". E in una situazione difficile come può essere il recupero da un infortunio la componente psicologica è molto importante, "Il giocatore in questo caso si trova in un tunnel dove fatica ad intravedere l'uscita, ma quasi tutte le situazione sono risolvibili, l'importante è riuscire a trasmettere tranquillità". Parlando di infortuni, la sua ultima stagione è stata forse la più problematica. "Una stagione iniziata con le operazioni chirurgiche. Le cause di tanti infortuni non le so trovare, so solamente che abbiamo lavorato nel migliore dei modi. Escludo che ci possa essere un aspetto psicologico nell'infortunio, al contrario i giocatori fanno di tutto per non farsi male. Oltre ai traumi fisici, credo che il problema più grosso sia derivato dalla difficoltà di inserimento di alcuni elementi". Quasi vent'anni e Grandi non ha mai avuto il desiderio di cambiare, lui stesso si definisce un "uomo Virtus", dalla società ha infatti trovato gli stimoli giusti. "Un ambiente che mi ha fatto innamorare, per questo non mi sono mai guardato attorno. Per me, chissà, magari mi sbagliavo, non esisteva un altro contesto paragonabile a quello in cui mi trovavo. Mi ricordo quando parlando con Porelli, che al tempo era alla ricerca di un allenatore, gli dissi che ce l'avevamo già, in casa. Mi riferivo a Messina, che allenava ancora le giovanili. Fin da subito abbiamo lavorato con una sincronia ottimale, costruendo un rapporto che va oltre il professionale". Ora, all'età di 62 anni, Grandi decide di chiudere un capitolo importantissimo, ma ci tiene a sottolineare: "Non mi staccherò idealmente, né andrò a lavorare altrove. Continuerò a seguire il mondo del basket, forse solo da spettatore".
ENZO GRANDI, UNO DI NOI
Bianconero, 01/2005
Per tanti, in Virtus e fuori, e il suo fuori sono stati anche anni spesi bene nel calcio, era semplicemente il “prof”. Enzo Grandi, uno di noi come abbiamo voluto ricordarlo nel titolo non per confinarlo in un coro da curva quanto piuttosto per testimoniargli un sincero affetto, è morto all’inizio dell’anno. Lontano dal campo, e anche questo deve essergli sembrato un grande torto. Non solo la società ma anche, ne siamo convinti, i tifosi della Virtus Pallacanestro si uniscono al dolore della famiglia per la perdita di un grande amico. Il nostro ricordo è affidato alle parole di Giordano Consolini:
Sapeva trasmettere qualcosa
non solo alle gambe
e ai polmoni,
ma anche al cervello
e al cuore delle persone
ADDIO PROFESSOR GRANDI, L'UOMO CHE SUSSURRAVA AI GIGANTI
di Walter Fuochi - La Repubblica" - 02/01/2005
«Ero venuto a trovarlo una mattina, all'ospedale di Bentivoglio, pochi giorni prima di Natale. C'eravamo lasciati così: coraggio 'Prof', ci vediamo dopo le feste. Speriamo, fece lui. Non ci credeva più». Uomo di ginnastica allegro e vigoroso, 67 anni ben camuffati, fino al dramma, da fisico, sorriso e divertite reticenze, Enzo Grandi adesso ha salutato tutti, e non più solo il suo figlioccio Ettore Messina, arrendendosi alla malattia che, comparsa nell'aprile scorso, l'ha spento troppo in fretta. Stava lavorando in quei giorni alla Virtus 1934, quando in una sera di campionato agli sgoccioli Consolini gli domandò d'una visita appena fatta e se lo trovò piangente fra le braccia. «Giordano, sto malissimo». Lo ricoverarono al Bellaria, aveva già capito tutto. Il male in testa non l'avrebbe più fatto tornare in campo, né da Paola e Roberta, le donne di famiglia, che oggi lo piangono.
Enzo Grandi, per tutti 'il Prof', e non solo perché insegnava a scuola, era stato per quasi vent'anni il preparatore atletico della Virtus, dalla prima squadra ai bambini: storico, si dice in questi casi. Tre scudetti aveva vinto ('84, '93 e '98), preparando fra prati e piste, boschi e palestre muscoli e cervelli dei ragazzoni, per Bucci e per Messina, ma anche per Gamba, Cosic e Hill. Arrivava dal calcio, e ancor prima dall'atletica e dal baseball. Conosceva bene gli sport e meglio gli uomini, per i tecnici era un alleato fedele, per i giocatori una spalla importante, unendo la competenza che ti rende credibile nel lavoro all'umanità che sola può spalancarti cuori e coscienze, in coloro ai quali, in quotidiana simbiosi, devi infliggere fatica.
A chiamare in sede erano ieri Danilovic e Savic, Sconochini e Rigaudeau, Moretti e Brunamonti, i più famosi delle sue tante Virtus belle e brutte. Ma telefonavano anche quelli che della Virtus furono avversari, come Esposito o Gentile, e al professore s'erano legati nei lunghi giorni della rieducazione, dopo operazioni complicate e soste forzose. Grandi fu tra i primi a specializzarsi in questo lavoro, riavviando caviglie e ginocchia ancora fresche di bisturi. «Quel che toglieva ai giocatori - racconta ancora Messina - era soprattutto la paura di rompersi di nuovo, il vero male di chi ha subìto un infortunio grave. Il terrore non è tanto quello di non tornare com'eri, ma di risentire quel crack dopo quel certo movimento. Il prof era uno che, prima di tutto, ti ridava il coraggio».
Prima, dunque, c'era stato il calcio. Grandi era stato il preparatore che, con Radice, aveva stabilito molto più che un asse di lavoro. Era la stagione delicatissima che seguiva il calcioscommesse, il Bologna partì in quell'autunno '80 dal -5, ma in breve tempo girò l'avvilimento in euforia. Colomba e Dossena, Eneas e Fiorini, Vullo e Garritano filavano come treni e colmarono subito il gap: prime 6 gare senza sconfitte, perfino un 1-0 a casa Juve (rigore di Paris), la salvezza fiorì poi senza patemi. Così, quando Radice fu chiamato al Milan, volle con sé Grandi, ma l'avventura fu breve e amara per entrambi: tanto che, tornando a Bologna e lavorando alla Virtus, vincere subito lo scudetto della stella fu per lui soprattutto una rivincita su Milano. «Rivedo spesso la foto di quel giorno al palazzone di San Siro - racconta Bucci col groppo in gola -: è Grandi che mi butta per aria dopo la vittoria. Una persona fantastica, indimenticabile. L'avevo conosciuto proprio frequentando Radice, e quando Porelli mi chiamò per rifare lo staff, uno fu Enzo e l'altro Messina, come vice». Il secondo scudetto sarebbe arrivato proprio con Ettore, il terzo pure: in mezzo la Nazionale, fino all'argento di Barcellona '97, in un rapporto molto oltre la collaborazione professionale. Solo nel Grande Slam 2001 Grandi s'era chiamato fuori. C'era tanto da ricostruire, meglio uno giovane. «Verrò a farmi una tagliatella quando vincete, mi disse. Quante tagliatelle, 'Prof'. Non so dir quanto ci mancherà».
BOLOGNA PIANGE L’AMATO PROF CON LUI SI DIVENTAVA GRANDI
È morto il noto preparatore atletico. Una vita nello sport trascorsa sul filo dell'ironia e con la superba dote di conoscere gli uomini. Tanti gli atleti che gli sono rimasti affezionati. Fra i ricordi più belli anche una coppa Campioni facendo allenare la Virtus a calcetto.
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 02/01/2005
Se l'è portato via l'ultima notte del 2004. Dopo una malattia che aveva provato a combattere. Il "Prof", al secolo Enzo Grandi, si era sentito male in primavera e, subito, a maggio, era stato ricoverato all'ospedale Bellaria (poi a Montecatone, e infine a Bentivoglio). La diagnosi di quelle che non perdonano: lui, il Prof, con il suo sguardo fiero e quel fisico che pareva scolpito nella roccia, non si era arreso.
Anche perché nella sua cameretta del Bellaria il "Prof" non poteva che portare allegria. Anche ai suoi compagni di stanza che, talvolta, ritrovavano energie insospettabili quando, al loro cospetto, si materializzavano le sagome di Pagliuca, Savic, Danilovic,Brunamonti, Messina, Consolini, Valli, Ponzellini, Crippa, Borsari, Rimondini e tanti, tantissimi amici, mescolati alla moglie, Paola, e alla figlia, Roberta.
Quei tanti amici conosciuti durante una carriera straordinaria. Dai portieri del Bologna che lui aveva lanciato, in coppia con Battara (non solo Pagliuca ma pure Pazzagli, Malgioglio, Zinetti, Ballotta, Boschin, Maurizio Rossi) ai giocatori di basket, conosciuti dal 1983 da quando, cioè, l'avvocato Porelli lo aveva voluto in bianconero, dopo le esperienze con Bologna e Milan, sempre al fianco di Gigi Radice. Senza dimenticare l'attività di rieducatore: Vincenzino Esposito, e poi Chicco Ravaglia, Paolino Moretti, Davide Bonora, tutti passati sotto il suo sguardo da papà buono.
Il tam tam, in primavera, non aveva lasciato molte speranze: il professore non stava bene e la "chemio" non stava dando quei risultati che tutti avrebbero sperato. La partita più dura per il "Professore", che lui ha giocato come sempre, con il sorriso sulle labbra, con la sua voglia di vivere e di stupire, con quell'ironia che non è comune a tutti gli uomini di sport. Quell'ironia che nell'estate del 1997 lo aveva portato a prendersi gioco di Carlton Myers, capitano della Fortitudo, e Davide Bonora, all'epoca alla Benetton. Lui, il Prof, era il braccio destro di Ettore Messina in nazionale e con quel gruppo fantastico avrebbe vinto l'argento agli europei di Barcellona. Lui sapeva già che Ettore sarebbe tornato al comando della Virtus e Messina avrebbe riportato lui a Bologna. A correre per la Virtus, naturalmente. Così, a passeggio per le Ramblas, il professore martellava Carlton e Pando: "Vincete subito, approfittatene. Perché l'anno prossimo non ce n'è per nessuno". Aveva ragione lui: Coppa Italia alla Fortitudo, ma scudetto e Coppa dei Campioni alla Virtus.
Aveva ragione. Come sempre. Come qualche anno più tardi quando, l'ultima Virtus di Madrigali, targata Tanjevic, avrebbe voluto confermarsi ad alti livelli. "Con questi - disse - non si va da nessuna parte". Sentenza inappellabile, quella del Prof, che aveva già capito tutto dopo quindici giorni. E lo capiva con la sua grande umanità e con quella cultura che, chissà poi perché, preferiva tenere nascosta. Preferiva passare per un empirico, ma invece si documentava. E agli studi, appunto, aggiungeva tanta esperienza e altrettanta saggezza. Come nella primavera del 1998: la Virtus a Barcellona, per la final four. Aek, Partizan e Benetton si autoflagellano in allenamento. Lui, il Prof, anziché martellare la squadra, regala un pallone da calcio. E la Virtus, che poi avrebbe vinto la sua prima Coppa dei Campioni, si allena così, in allegria. Memorabili le partitelle di inizio anno e fine stagione: non voleva mancare nessuno, perché con il Prof si lavorava duro, ma si riusciva a farlo in allegria. Come quella volta che, per stemperare le tensioni dello spogliatoio, aveva fatto in modo di mettersi in contatto con Dantone Canè. Così nello spogliatoio erano spuntati guantoni da boxe, per la gioia di Danilovic e di Sconochini. Ironico, scanzonato e, soprattutto, bravissimo a inquadrare gli uomini. Così, per ogni giocatore, lui aveva un soprannome, riuscendo, quasi per magia, a carpire tutti i tratti della personalità altrui. Prima dell'allenamento - con l'inconfondibile tuta azzurra - la lettura del giornale e, con volumi di carattere storico, anche "I Promessi Sposi". Il miglior libro, secondo il Prof. Magari si potrà non essere d'accordo su questo, ma sul fatto che la pallacanestro dall'altro ieri è un po' più povera non ci sono dubbi.
Ci mancherai, Prof.
DA BRUNAMONTI A SAVIC UN CORO «SAPEVA ALLENARE IL CERVELLO»
I ricordi dei suoi campioni
Roberto Brunamonti. "I ricordi che mi legano a lui sono tanti. Quello più forte, probabilmente, è relativo al mio intervento alla schiena. Avevo 29 anni, un intervento non facile. Lui non fu solo un rieducatore, ma una presenza importante. Nei miei momenti di sconforto mi tirava su, con il suo entusiasmo, la sua voglia di fare. Il suo entusiasmo".
Claudio Crippa. "Mi ricordo quando arrivai a Bologna, per la prima volta. Di pesi, fino a quel momento, ne avevo fatti pochi. Mi mise sulla panca, a tirar su 60 chili. Il messaggio era chiaro: si poteva arrivare a risultati incredibili con l'allenamento. E poi si era creato un feeling particolare. Una persona fantastica e un grandissimo uomo".
Giordano Consolini. "Un punto di riferimento, in ogni occasione. Sempre un consiglio, sempre un suggerimento. E poi i rapporti che aveva saputo costruire con i giocatori. Sapeva trasmettere qualcosa non solo alle gambe e ai polmoni, ma anche al cervello e al cuore delle persone".
Zoran Savic. "La persona più squisita che abbia mai conosciuto. In Virtus siamo rimasti un solo anno (nota di Virtuspedia: Savic rimase due anni, ma nella prima stagione Grandi era con la nazionale), ma è stato come un padre. Una delle persone più buone che abbia mai conosciuto. Siamo sempre rimasti in contatto, perché lui era l'anima e il cuore di quel gruppo".
Paolo Moretti. "Mi legano a lui tanti ricordi belli: la sua voglia di vivere lo sport in amicizia e con grande energia positiva. Ricordo i momenti brutti, due infortuni, due rieducazioni. E la grande forza che lui sapeva trasmettere con una parola, con un sorriso, con un gesto. E quella voglia di vivere che solo lui sapeva trasmettere".
L'ADDIO DEGLI SPORTIVI AL PROFESSOR GRANDI
di Walter Fuochi - La Repubblica - 05/01/2005
C'erano oltre vent'anni di storia della Virtus, ragazzi del Bologna con lo stendardo rossoblù, dirigenti sportivi e arbitri, uomini delle istituzioni come Enrico Boselli e tante persone che lo conobbero ed apprezzarono, dentro e fuori dai campi, a dare ieri in Certosa l'ultimo saluto ad Enzo Grandi, il "Professore" scomparso la notte di Capodanno per un male incurabile. La chiesa del cimitero non poteva contenerli tutti, quando Don Lucio ha iniziato a officiare il rito funebre, e tanti sono rimasti sul piazzale. Si riconoscevano, come sfogliando un lungo album in bianco e nero, Albonico e Serafini, Villalta e Brunamonti, Binelli e Moretti, Carera e Danilovic, Savic e Sconochini, Frosini e Crippa, Bonora e Ambrassa, le facce di tante Virtus. Ne sfilavano i tecnici: Bucci e Messina, Di Vincenzo e Consolini, Bucchi e Sanguettoli. Ai dirigenti di oggi s'univano quelli di ieri: Cazzola arrivato insieme a Dorigo, il binomio dei formidabili anni d'oro della Kinder, Canna e Mancaruso, Macchiavelli e Ponzellini. C'erano anche gli ex portieri del Bologna (Battara, Rossi, Mazzanti, Cavalieri) coi quali Grandi aveva avviato l'attività di preparatore atletico. Le facce di tutta la sua vita, almeno fino al maggio scorso, quando il male si è manifestato troncando corse, salti e sorrisi. E davvero in tanti, ieri, hanno voluto ricordare quanto sono stati, col Professore, belli e felici.
CONSOLINI PENSA AL PROF CHE NON C'È PIÙ
"Mi sembrava riduttivo dedicargli la vittoria contro Osimo. Per me è stato fratello e padre"
di Massimo Selleri - Il Resto del Carlino - 08/01/2005
Per la velocità con cui il mondo della pallacanestro vive le sue giornate sembra essere, già, trascorsa una eternità dal giorno in cui il professor Enzo Grandi è scomparso, eppure calendario alla mano non sono passate neppure due settimane. E così, Giordano Consolini, ieri pomeriggio ha chiesto alla stampa bolognese di essere presente all'Arcoveggio per un piccolo incontro. Nulla di eccezionale, ma solo la sua necessità, di ritagliare un piccolo quadretto, all'intero di interviste, commenti, e opinioni, al professore, che uscisse dalle frasi di circostanza, e che sottolineasse, qualora ce ne fosse ancora bisogno, lo spessore dell'uomo. "Mi sembrava riduttivo dedicargli la vittoria di giovedì contro Osimo, forse non basterebbe neppure la vittoria di un'Eurolega. Quello che voglio fare, attraverso di voi, è esprimere un ringraziamento sentito, preciso e puntuale per le sue indubbie doti professionali e specialmente umane. Per me è stato un fratello e un padre. Mi mancherà tantissimo".
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DANILOVIC, UN GOL PER IL PROF IN UNA SERATA DI CALCIO E RICORDI
A Casalecchio sono andati in campo gli amici di Enzo Grandi. La vittoria è andata ai ragazzi di casa. Adesso il torneo potrebbe diventare una tradizione.
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 19/06/2005
Per rispetto, per stima, per riconoscenza e per affetto. A Casalecchio, nel triangolare di calcio per ricordare il Prof. Enzo Grandi c'erano tutti, ognuno con il suo carico di ricordi. Perché se per Roberta il Prof era il papà e per Paola il marito, per altri era il preparatore, l'amico, il fratello maggiore, il confidente. Roberto Brunamonti, che si operò alla schiena alla fine degli anni Ottanta quando ancora quell'intervento faceva paura, ricorda la forza e il coraggio trasmesso dal Prof. "Senza di lui non ce l'avrei fatta", Lo Zar Danilovic, venuto da Belgrado, dà spettacolo sul campo e rammenta la personalità e la gioia di Enzo. Quell'entusiasmo con il quale aveva conquistato i suoi ragazzi: Abbio, Rigaudeau,Moretti, Bon, Crippa, Savic, Ambrassa, Bonamico, Bucci, Consolini, Valli, Ponzellini, Borsari, Carera, Binelli, Bonora, Boccio, Sanguettoli, Brunamonti junior. Una festa - raccolti 1.700 euro per l'hospice Maria Teresa Chiantore Seragnoli - che sarebbe piaciuta al Prof. Si sarebbe divertito, con la sua tuta azzurra, lo sguardo fiero, a dirigere la difesa e "rampognare" qualche sganciamento inopportuno. Alla fine vincono i rossi, i ragazzi di Casalecchio 1983/1987, che battono i neri (tecnici, amici, dirigenti) per 3 a 1 (gol della bandiera di Valli su assist di Colomba), poi superano i giganti per 2 a 1 (rigolre calciato d'esterno da Moretti). Per i giocatori, in maglia bianca, trionfo per 3 a 0 sui "neri" con un piattone di Brunamonti, un gran destro di Danilovic, ben servito da Crippae rete finale di Ambrassa. C'erano tutti: Roberto Rimondini, Gigi Terrieri, Romano Bertocchi, Italo Vezzali, Marco Strada e gli amici di sempre. Quelli che vogliono che "Una serata per il Prof" diventi una piacevole abitudine per festeggiare Enzo Grandi. Alla fine ha vinto lui, grazie a quello che ha seminato in tanti anni.
ENZO GRANDI, DA UN ANNO BOLOGNA È SENZA IL PROF
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 31/12/2005
Un anno fa ci lasciava Enzo Grandi. Per tutti il Prof. L'uomo e il preparatore atletico che aveva legato il suo nome a quello della Virtus, ma che aveva saputo seminare in altri campi e in altri settori. Dal baseball e l'avventura con le Calze Verdi Casalecchio, che videro protagonista un Grandi giovanissimo accanto a Larry Strong, al rugby, dall'atletica al calcio. E ancora il Bologna con l'amico Piero Battara e quell'intuizione che portò i due a pensare a una preparazione specifica per i portieri. Una scuola dalla quale sarebbero poi usciti, Zinetti, Malgioglio, Boschin, Cavalieri e Pagliuca. Il Bologna e l'incontro con Gigi Radice, l'esperienza della stagione del -5 ("con il brasiliano Eneas che piangeva come un bambino perché non aveva mai visto la neve", raccontava il Prof), il Milan (sempre con Radice) e poi, appunto, la Virtus, Porelli, Bucci e Messina. Sodalizio di lunga data quello tra il Prof ed Ettore che sarebbe sbocciato anche in nazionale, con l'argento agli europei '97. Il ritorno in Virtus e quella presenza discreta ma imponente che hanno contribuito ad accrescerne la fama. È per questo che tanti amici hanno deciso di dedicargli un tributo. In primavera uscirà un volume di ricordi e aneddoti sul Prof, un preparatore unico, che Bologna, continua a rimpiangere.
MESSINA, PAGLIUCA E GLI ALTRI. È DAVVERO ROBA DA GRANDI
Stelle in campo a Casalecchio per il Prof. Gran gol di Crippa. Becirovic e Pilutti divertono. Raccolti 2400 euro a favore dell'Hospice Seragnoli
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 25/06/2005
Sotto un'unica bandiera, che non può che essere di tanti colori. Perché il nome di enzo grandi mette tutti d'accordo, ancora una volta. Tutti d'accordo nel ricordare la figura e l'esempio del Prof, anche se a vincere, per il secondo anno consecutivo, è la suqadra di Casalecchio. Al campo Veronesi, nel complesso sportivo Allende, messo a disposizione dal Casalecchio Calcio, arrivano in tanti. Il motivo è comune: ricordare la figura di Enzo Grandi su un campo da calcio, correndo dietro un pallone. E pre il triangolare voluto e ideato da Patrizia Pelagalli e Andrea Tonelli si muovono in tanti. C'è Sani Becirovic, per esempio, che non ha dimenticato quando, con due ginocchia appena operate, era stato abbandonato da molti. Da molti ma non da Enzo Grandi che, contravvenendo agli ordini di scuderia, si occupò della riabilitazione di quel ragazzo sloveno che, in quel periodo (era l'autunno 2003) sembrava sul punto di dire basta con il basket e con lo sport giocato.
Un motivo in più, per Sani, per dare due calci, in allegria, a un pallone. "Anche se non me la cavo poi troppo bene", dice ridendo. C'è Claudio Pilutti, che ha conosciuto Grandi ai tempi della Virtus 1934.
Reduce dal Playground, Pilu ha la schiena a pezzi: annuncia la sua presenza ma esclude di poter giocare. Invece c'è e resta in campo fino alla fine. Così come Abbio che per Enzo Grandi avrebbe potuto diventare, se non avesse scelto la pallacanestro, un buon portiere.
C'è un portiere vero, anche se resta solo a guardare: è Gianluca Pagliuca. In campo, tra il Casalecchio che vince sempre, la squadra degli amici e un terzo club, si vedono Claudio Crippa - stop di destro e gran gol "un po' alla Inzaghi - ammette lui malvolentieri - "sono interista" - e Piero Bucchi che al Prof voleva davvero bene.
Come gliene voleva Lauro Bon e, più in generale, tutto lo staff tecnico di una Virtus che fu, qualche tempo fa. Ci sono Ettore Messina e Giordano Consolini, Marco Sanguettoli e Gigi Terrieri. Da Roseto, solo per il Prof, arriva Paolino Moretti che con Grandi ha sudato più volte per mille battaglie e altrettante riabilitazioni.
Ci sono anche Romano Bertocchi e Roberto Rimondini, doc bianconero, Giovanni Setti, Daniele Cavicchi. E ancora Italo Vezzali, Paolo Macchiavelli e Zare Markovski, insieme con Claudio Sabatini. C'è Daniele Baiesi, che oggi è direttore sportivo dell'Angelico Biella ma che, qualche annetto fa, è stato uno studente di Grandi, quando il Prof insegnava educazione fisica al tanari. Si chiacchiera ai lati del campo, mentre sul manto verde del Veronesi si gioca e si sbuffa.
Ci sono i fiori per Paola, moglie del Prof e per la figlia Roberta. C'è spazio per la rituale foto di gruppo con la promessa di ritrovarsi ancora una volta, tra dodici mesi, nello stesso posto ricordando il Prof.
Ma quest'anno ci sarà anche il modo di ingannare l'attesa. Da un'idea di patrizia Minghetti è nato un volume, "Semplicemente il Prof. I campioni raccontano Enzo Grandi" (Tipografia Moderna), che raccoglie gli aneddoti di tanti amici. Dalla prefazione di Giovanni Petrucci, presidente del coni, alle testimonianze di Danilovic e Nesterovic, Ginobili e Brunamonti, Binelli e Abbio, Savic e Scariolo, Recalcati e Pagliuca, Nadalini e Valli, Borsari e Panichi. Il tutto con fini benefici a favore dell'Hospice Maria Teresa Chiantore Seragnoli di Bentivoglio.
Il volume (15 euro) potrà essere acquistato nella sede della Virtus, in via dell'Arcoveggio 49/2 o da Zagnoni Abbigliamento a Casalecchio (via Marconi 79/7). La serata per il Prof, intanto, ha permesso di raccogliere 2.400 euro, metà per il volume e metà come offerta libera.
IL PROF ILLUMINA ANCORA BASKET CITY
Ricordando lo storico preparatore atletico di tanti campioni. Nella notte dedicata a Grandi i tifosi Virtus applaudono il "nemico Pellacani. Binelli si ritrova avversario del figlio. Messina: "Provo malinconia e gioia". Cierrebi esaurito per salutare Rigaudeau, Savic, Crippa e Sconochini
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 13/06/2008
Ettore Messina, il più osannato, parla di "malinconia". Perché sono passati dieci anni da quella Virtus che vinse in rapida successione Eurolega e scudetto nel 1998. "Ma è una malinconia positiva: rivedere tanti amici con i quali abbiamo condiviso tante avventure è bellissimo". Il palazzetto del Cierebi è "murato": più di un migliaio le persone che si ritrovano per onorare la memoria di Enzo Grandi, per tutti il Prof. E che la partita sia un pretesto lo si capisce dall'orario che slitta. Dalle 20,30 si passa alle 21, poi alle 21,30.
Non si comincia, ma i presenti (raccolti oltre 2.000 euro) non rumoreggiano perché si godono i presenti, convenuti al Cierrebi per dire grazie, ancora una volta, al Prof.
Non c'è Danilovic, il più atteso, ma Sasha, in patria perché il suo Partizan è alle prese con i playoff, manda un telegramma. Walter Bussolari legge il testo, scatta l'applauso. E l'applausometro diventa lo strumento per capire il gradimento e la riconoscenza nei confronti di chi ha seminato nella Città dei Canestri. È una festa che ha forti tinte bianconere, perché il Prof ha speso tredici anni della sua vita al servizio della Virtus (quasi sempre in coppia con Messina).
Ma che sia una festa che accomuni tutti lo si capisce dall'applauso convinto per Nino Pellacani. Icona per eccellenza della tifoseria Fortitudo, Nino è un personaggio vero, uno che con il Prof si è ricostruito un ginocchio. Ci sono applausi per Pellacani, Pilutti e Savic, perché il Prof, con il suo sorriso, metteva tutti d'accordo.
E tutti, dieci anni dopo, ricordano la partita di calcetto, prima dell'Eurolega del 1998. "Con Messina - racconta Savic - che si girò dall'altra parte perché aveva paura che ci facessimo male. Con quel calcetto improvvisato vincemmo l'Eurolega".
Ci sono gli arbitri del quinto derby che assegnò quella finale scudetto: c'è Cazzaro, quel giorno standby, e Zancanella (che fischiò fallo a Wilkins in quello che è passato alla storia per il "tiro da quattro"); ovazione per lui.
C'è Rigaudeau, che a Bologna resta Le Roi. "Non si vive di ricordi - dice - ma quello che abbiamo fatto resta bellissimo. Bologna è stata una tappa fondamentale della mia vita". C'è Sconochini, che ha 37 anni, ma un fisico da ventenne: il Condor si mette all'asta. Si promette al presidente della Virtus Bertocchi per la prossima stagione, ma strizza l'occhiolino a Giorgio Valli, che a Ferrara, a fare da chioccia a un gruppo di esordienti in serie A, l'avrebbe preso davvero. Ci sono Augusto e Andrea Binelli, padre e figlio, per la prima volta avversari. E c'è Sandrino Abbio, che riceve un premio perché quest'anno ha appeso le scarpette al chiodo.
È la festa che onora la memoria del prof che, se potesse materializzarsi, costringerebbe i suoi giganti a giocare a calcetto. Ci sono Crippa, Carera, Moretti, Barlera, Zanus Fortes, Ansaloni, Setti, Romboli. Ci sono gli allenatori, Messina, Consolini, Valli, ma pure Bucchi e Pasquali. I calciatori Castellini e Motta. Tuta lì, forse con un po' di malinconia, ripensando alle parole di Messina, ma con quel groppo in gola che in fondo, una volta sciolto, ci fa sentire meglio. Ci sono Terrieri, Dovesi, Cotugno, il gioiellino Luca Vitali, Ghedini, Bastoni, Bonfiglio, Amoroso, Cavicchi, il dottor Rimondini, Ponzellini. C'è anche il patron bianconero Claudio Sabatini: è una bella festa. Nel nome del Prof, nel nome di Enzo Grandi.
NESTEROVIC, UN OMAGGIO AL PROF
"Non ho dimenticato Enzo Grandi né Bologna: mi piacerebbe tornare". tanti ex della Virtus in campo. E Brunamonti saluta Messina scandendo il coro "Real, Real".
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 11/06/2009
È come se il tempo si fosse fermato. il palazzetto del Cierrebi si trasforma, per una sera, nella macchina del tempo che ci porta indietro negli anni, tra gli Ottanta e i Novanta. per ricordare Enzo Grandi, il Prof, si ritrovano in tanti, nonostante qualche defezione dell'ultima ora (Belinelli e Rigaudeau). ci sono tutti i suoi ragazzi che se sono diventati giocatori, allenatori e uomini, lo devono a lui. "Per me è stato fondamentale, mi ha dato tanto", dice Rascio Nesterovic, maglia numero 6, un presente nella Nba e un futuro chissà, forse di nuovo a Bologna. annuisce commosso Ettore Messina, che con il Prof ha condiviso sia gli anni in bianconero sia quelli in Nazionale. Ettore ha appena chiuso il rapporto con il Cska, ed è prossimo al Real Madrid. Ettore, però, preferisce non parlare di Spagna, alle sue spalle Giordano Consolini e Roberto Brunamonti scandiscono scherzosamente il coro "Real, Real".
È una festa al Cierrebi per raccogliere fondi (alla fine il ricavato sarà superiore a 1.770 euro) a favore dell'Hospice Maria Teresa Chiantore Seragnoli di Bentivoglio, dove Enzo Grandi ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita. È una festa perché nel nome del Prof, con il suo sguardo che aleggia sul palazzetto, come dice lo speaker, Gigi Terrieri, c'è voglia di riabbracciarsi.
C'è Messina che, reduce dalla Russia finirà in Spagna, c'è Crippa che tornerà in Italia, dopo aver maturato anni importanti al Cska. C'è De Pol, capello lungo e sguardo sbarazzino, c'è Esposito che comincia a fare le prove in panchina, allenando la squadra dei verdi. sono tanti al punto che le due squadre, bianchi e verdi, nominano un doppio capitano. Da una parte Abbio e Crippa che offrono un mazzo di fiori a Paola, moglie del Prof, dall'altra Binelli e Brunamonti fanno altrettanto con Roberta, figlia di Enzo. Ci sono Bonora, Moretti, Carera, Marcheselli, i due Romboli, il figlio di Nando Gentile Stefano, il calciatore Riccardo Motta, Ghedini, Cantore, Setti, Diacci, Sconochini (tra i più applauditi), Federica Nannucci, Bastoni, Consolini, Sanguettoli, Valli, Pellacani, Bonamico, Ponzellini, gli arbitri Castellari e Baroncini. E poi la Virtus, con il patron Sabatini, il presidente Bertocchi, il dottor Rimondini e il giemme Faraoni.
C'è spazio per la festa e per raccogliere il pensiero di Nesterovic, più robusto di quando giocava a Bologna, ma sempre alla mano, disponibile. "Non ho dimenticato il Prof - dice-, non ho dimenticato Bologna. il mio contratto nella Nba è scaduto. il primo pensiero resta l'America, ma non mi dispiacerebbe nemmeno tornare qui, anche se la Virtus non giocherà l'Eurolega. Con un programma e un buon allenatore..., chissà. sono stato davvero bene, sono diventato grande e qua torno quando posso, perché ho ancora tanti amici e perché Bologna è unica".
DA GARULLI AL PROF GRANDI
Basket e calcio a braccetto
Cesare Garulli aveva gareggiato per la Virtus atletica (13,52 nel lancio del peso ai campionati italiani assoluti di Bologna nel 1936), per poi divenire allenatore in quella sezione. Fu poi preparatore atletico del Bologna calcio (il primo in Italia), poi della Virtus Pallacanestro negli anni '50, assumendo anche l'incarico di allenatore dei più giovani, in seguito di nuovo al Bologna; poi ci fu il Lanerossi Vicenza Calcio, ma dopo tornò alla Virtus a inizio anni '70 per sostituire, sempre come preparatore, Giorgio Moro, il quale aveva avuto un diverbio con l'allenatore Tracuzzi. Garulli, che portava i giocatori a correre nella tenuta del presidente della Virtus Tennis, Giorgio Neri, già commissario della sezione pallacanestro, aveva però metodi troppo rigidi e i giocatori lo "scaricarono" presto, approfittando anche dell'arrivo, a novembre della stagione 1971/72 di Nico Messina al posto di Tracuzzi. Garulli e Moro avevano un forte legame: Cesare era stato testimone di nozze di Giorgio, avendo fatto il militare con suo padre, deceduto quando il figlio aveva solo un anno e mezzo. Questo saltare dal calcio alla pallacanestro ci spiega bene come il 17 gennaio 1952, nella sua prima esperienza al Bologna calcio fece fare ai giocatori questo allenamento, descritto nello Stadio dell'Epoca.
Niente pallone era la consegna della settimana. Dopo la prima decisione di scegliere un campetto di provincia che rispondesse a particolari requisiti per l'allenamento del giovedì, in un secondo tempo Galluzzi aveva preferito ripiegare sul semplice lavoro atletico. Ma il pallone, si sa, a un certo punto fa lo stesso la sua comparsa, anche se il diabolico prof. Garulli lo trasforma con un semplice colpo della bacchetta magica (che gli serve anche per far compiere flessioni ai suoi ragazzi) in un pallone per la pallacanestro.
Nel nuovo gioco i calciatori forse per una certa indigestione di calci, riversano tutto il loro entusiasmo. Così sul campetto con i due cesti regolamentari che è al di là del terreno per il calcio, si assiste a una movimentatissima partita di quel "basket" che sta entrando abbastanza velocemente nelle preferenze degli sportivi. Il campo è piccolo e le squadre sono di sei giocatori; c'è un po' di confusione in campo, non ci sentiremmo di giurare che tutti rispettano la regola del palleggio e quella del "tre secondi" in un'area di cesto che, naturalmente, non è neppure disegnata. Ma c'è da riconoscere che l'esercizio serve indubbiamente la causa dell'agilità e dello scatto; e che riesce simpatico a vedere, anche umoristico, talvolta, con gruppi di tre o quattro che vanno a finire per terra non mollando il pallone, con Garcia, che trasporta nel nuovo gioco il suo ridondante campionario di finte, con Cappello che spara a canestro certi tiri che talvolta la palla sorpassa bene il tabellone e si sperde oltre il fondo, con Pilamrk e Jensen sempre compassati, con Boccardi che, per il solo fatto di usare abitualmente le mani, crede di vantare un diritto particolare e invece si fa talvolta dribblare da Giovannini e Ballacci, suoi abituali angeli custodi.
Ma ogni tanto si snoda anche qualche azione piacevole. E nasce ad un certo momento un'allegra sfida. Qualcuno dice che si potrebbe incontrare in una partita amichevole l'O.A.R.E. (forse la Virtus e il Gira incutono ancora una certa soggezione).
Naturalmente i "20 minuti 20" di pallacanestro sono stati preceduti e saranno seguiti dalla solita teoria di esercizi atletici, di flessioni, di salti, di scatti, di ginnastica per la respirazione. È sempre Garulli di scena, a dirigere il complesso.
Quello di Garulli non è un caso isolato: Tom Assi, già alla Fortitudo nel 1974-75 con coach Nikolic, l'anno dopo seguì sia la Sinudyne di Peterson che divenne campione d'Italia, sia il Bologna di Pesaola che fece un ottimo campionato, nonostante le cessioni di Savoldi e Pecci dell'estate prima, settimo alla pari con il Cesena sesto, ma i rossoblù erano stati anche terzi a inizio gennaio.
Poi venne il tempo del prof Grandi, che nel 1980/81, nel Bologna di Radice, contribuì a portare la squadra fuori dalle secche del meno cinque, concludendo al settimo posto, che sarebbe stato un quinto senza la penalizzazione. Il Prof. passò alla Virtus Pallacanestro nel 1983, in tempo per dare la sua mano alla conquista della stella: rimase fino al 1993, un altro scudetto, dopo che erano arrivate anche tre Coppe Italia e una Coppa delle Coppe, poi seguì Messina in Nazionale per tornare nel 1997, vincere scudetto ed Eurolega nel 1998, la Coppa Italia del 1999. Lasciò poi nel 2000, il Grande Slam (Coppa Italia, scudetto ed Eurolega) del 2001 si poteva vincere anche senza di lui, ma forse non voleva assistere al disfacimento della sua Virtus in quell'incredibile estate del 2003. Proprio allora finì nella Virtus 1934 e non nel progetto Sabatini. Ma presto se ne sarebbe andato da questa terra, quel 31 dicembre 2004. Rimasero epici i suoi calcetti a Barcellona, per stemperare la tensione nel giorno tra semifinale e finale, tant'è che poi i neo campioni d'Europa della Kinder, tirarono fuori il pallone per palleggiare con piedi e testa all'aeroporto sulla via del ritorno. Naturalmente non potevano che essere partite di calcetto quelle organizzate per anni a Casalecchio per ricordare il Prof, eventi a cui accorrevano tutti i suoi vecchi ragazzi, un legame che non si era mai spezzato.