PAOLO BARAVELLI

 

nato a: Bologna

il: 07/08/1928

Stagioni in Virtus:

IL NOSTRO SCUDETTO

di Dan Peterson

 

Chissà quando è cominciata questa storia della scudetto virtussino 1976? Può darsi che abbia avuto inizio 105 anni fa con la fondazione della Virtus madre, perché la tradizione pesa anche se c'è della gente che ride sopra una tale dichiarazione. Forse cominciò nel 1946 con il primo scudetto cestistico della vecchia Vu nera, perché così è stata scritta la prima pagina della storia Virtus-Basket. Forse partì nel 1956 con l'ultimo scudetto di sei in un periodo di 10 anni, perché quella squadra non era solamente forte e simpatica ma anche rivoluzionaria per i suoi tempi.

Sfogliamo le pagine ancora; 1871, 1946, 1956; tre pagine importanti ma ci sono altre. 1968: venne l'avv. Gianluigi Porelli a prendere in mano la Virtus Pallacanestro. Però, è importante solo la data; l'avvocato non stava a guardare per un paio di anni, 1970mi sembra più importante; la nascita della politica che è ancora oggi il marchio di Virtus-Sinudyne-Basket: largo ai giovani, organizzazione societaria, cooperazione ad ogni livello, passi sicuri, forse piccoli, ma sempre avanti. Allora, siamo arrivati al 1976 all'ultima pagina. Forse avremmo dovuto scrivere questa pagina nel 1977 o nel 1978. è stata scritta un po' in anticipo. Perché? Perché tanta gente faceva la sua parte e perché la squadra faceva la sua parte. Armoniosamente.

Studiamo un dettaglio che sembra piccolo ma non lo è: la salute dei giocatori. Nella poule finale abbiamo avuto un'assenza totale di infortuni. Anzi, abbiamo recuperato gente che era ammalata e infortunata prima. Chi dobbiamo ringraziare? Chi può dire che il miglioramento di Massimo Antonelli e Charly Caglieris non è dovuto alla migliore respirazione dopo i loro interventi al setto nasale fatti dal Prof. Baravelli? Chi può dire che la fortuna della squadra di non subire l'influenza che ne ha colpite tante non è dovuta anche alle attenzioni dei dott. Legnami e Testoni? Chi può dire che il recupero totale della caviglia sinistra di Gigi Serafini non è dovuto ai programmi del Prof. Boccanera? Io, personalmente, non vorrei affrontare una stagione senza l'appoggio di questa gente. Neanche per idea.

E quanti allenatori vorrebbero andare avanti da soli senza l'aiuto di tre uomini importantissimi: il massaggiatore, il preparatore atletico ed il vice-allenatore? Il sottoscritto no, certamente. In effetti il nostro massaggiatore mi ha fatto fare brutta figura. Due anni fa insegnavo a lui la tecnica per fare le fasciature e adesso le fa due volte meglio di me. OK! Il fiato della nostra squadra è dovuto a una sola persona: Giorgio Moro, il nostro preparatore atletico. Il Prof. Moro ha un gran pregio: sa legare il suo lavoro con concetti validi per la pallacanestro. Lui non dimentica mai che sta preparando 10 giocatori per giocare a basket e non a qualcos'altro. OK! Quanto sono fortunato di avere John McMillen come vice, non posso dire. In qualsiasi cosa è bravo: rapporto con i giocatori, lavoro in palestra, insegnare i fondamentali, e così via. è in grado a giocare uno contro uno con piccoli come Caglieris o con gente alta come lui, come Bertolotti o un pivot come Gigi Serafini. E, se sapesse la gente quanti suggerimenti validi mi ha dato durante le partite! Esempio classico: di smettere la zona a Varese. Mi diceva: "coach, loro hanno segnato con ogni palla, giocando contro la zona. La lasciamo?" OK!

Quando uno incomincia a citare nomi e a ringraziare la gente, sbaglia, perché uno sarà lasciato fuori. Ma, io so che senza il nostro staff segretariale, il nostro staff giovanile, lo staff del nostro vivaio avremmo meno società. Il punto è questo: uno scudetto è sempre il risultato del lavoro di molti, nessuno più o meno importante che un altro. Come diciamo nella squadra: tutti importanti. Forse nessuno indispensabile, ma tutti importanti!

Parliamo adesso della squadra. Vorrei dire due o tre cose tecniche.

Una forza della nostra squadra è l'equilibrio nel quintetto base. Ciascuno è in grado di segnare punti. Non c'è un giocatore che la difesa può ignorare. Non c'è un uomo debole. Altra cosa; ciascuno del quintetto base gioca in un modo totalmente diverso degli altri quattro: Caglieris è il classico play con entrata, assist e velocità; Antonelli è il classico martello da fuori che non perdona contro la zona; Driscoll è il classico uomo-squadra che non scherza per i rimbalzi; Serafini è il classico pivot che segna in sospensione, gancio, scivolamento e movimenti rovesciati; Bertolotti è la classica ala che vola in contropiede e brucia nell'uno contro uno.

Non si può non parlare del secondo quintetto: la famosa "squadra bianca". Questa è gente giovane, ma che si sa sacrificare: che può capire quanto duro è lavorare come uno del quintetto base e poi giocare due minuti mentre l'altro ne gioca 38. Ma gli anni passano e questa gente rappresenta il nostro futuro. Piero Valenti ha tenuto il campo per noi contro il Partizan (40 minuti), Girgi (due volte) e tante altre volte. Ha sviluppato quest'anno una personalità. Quando prenderà più iniziative sarà un giocatore forte. Vogliono Marco Bonamico in America e chissà se andrà per farsi le ossa? Nessuno discute il suo potenziale: un giorno potrà essere uno dei più forti giocatori d'Europa. Potenza, grinta, mentalità non gli mancano; solo carenze di carattere tecnico. Mario Martini ha fatto un cambiamento da così a così. Dopo due anni di quasi zero attività e uno in Serie B ha saputo fare un grosso salto psicologico e adesso può pensare di lavorare come atleta e come giocatore di pallacanestro. Massimo Sacco ha tutte le carte in regola per esplodere: velocità, stacco da terra, tiro micidiale ed entrata bruciante. A lui mancava l'esperienza. Ma, contro l'IBP due volte (prima fase e seconda) a Roma ha fatto i canestri vincenti e contro il Partizan ha chiuso il discorso con sei punti in due minuti. Con più visione di gioco, chissà? Aldo Tommasini è, secondo me, il più veloce pivot d'Italia. Forse Meneghin lo supera... ma per un pelo. Migliora con la potenza delle mani perché non si discute il suo stacco da terra. è una questione di maturità, di gioco e di mentalità essere un grande giocatore.

Il nostro scudetto. è strano ma l'ultima pagina è anche la prima: 105 anni di tradizione. In Italia solo la Reyer vanta tanti anni di vita. La Virtus è Bologna. Bologna è la Virtus. Chi ci ride sopra non ha visto i 500 tifosi in campo dopo la fine a Varese. In America dopo le grandi vittorie ci sono delle strette di mani, pacche sulle spalle, due barzellette e a casa. Ma qui ho visto 500 persone piangere e questo vuol dire tradizione ed è per questo che ho chiesto di scrivere sul "nostro scudetto" e non sul "mio scudetto". Bologna è una città particolare e obbliga l'uso del plurale, non il singolare. Nondimeno do la mia parola per ultimo: io a Varese non ho pianto. Lo farò un'altra volta... il giorno che lascio Bologna e la Virtus Pallacanestro.