UN SOLO BRUNAMONTI. E FA IL COACH
Primo allenamento per l'ex capitano bianconero: oggi è subito derby. "Io devo guadagnare credibilità, Bianchini ha esperienza da vendere. Non aspettatevi miracoli. Ai tifosi chiedo di restare vicini alla squadra, ai miei uomini di cambiare approcccio mentale. Ma non sarà facile sostituire Bucci, lui è la storia"
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 09/03/1997
Con la tuta Fila non l'avevamo ancora visto. L'impressione è che il tempo si sia fermato, che il 14 settembre non sia stato celebrato nessun addio, che il "capitano" sia sempre al suo posto. Non ha messo su la pancetta, i capelli forse sono più radi, ma lo sguardo è quello, intenso di chi sa cosa vuole. Eppure Roberto non è più un giocatore, dalle 18,10 di venerdì è, molto più semplicemente, il coach della Kinder. E oggi, quando sbucherà da quella scaletta che ha risalito migliaia di volte, avrà un nuovo ruolo. Urlerà e si sbraccerà dalla panchina o si limiterà a pochi cenni e a quelle occhiate intense che in campo gli conferivano tanto carisma? Un derby da non perdere, insomma, per un motivo in più. Per conoscere il nuovo Brunamonti. Ieri mattina, Roby è arrivato presto al PalaDozza, con Frattin e Nadalini ha rivisto gli ultimi filmati poi, in piedi, con le braccia incrociate, ha seguito il lavoro dei suoi ragazzi. Poche parole, molti sguardi: deve imparare, certo, ma Brunamonti non ha mai impiegato tanto tempo a calarsi nelle nuove realtà che gli si sono presentate di fronte.
Dormito bene?
"Come sempre. In situazioni come queste bisogna essere determinati, ma pure tranquilli. Perché la squadra segue di riflesso il suo allenatore".
Sua moglie, Maria Carla, che cosa le ha detto?
"Nulla di particolare. Mi segue, mi appoggia. Ha preso atto di questa nuova collocazione, ed è al mio fianco, come sempre".
Sia onesto: quanto darebbe per poter disporre di un Brunamonti in campo?
"Nulla. Mi vanno benissimo i giocatori che ho".
È sicuro di non aver nascosto canotta e calzoncini sotto la tuta?
"Certo, ci mancherebbe".
Cosa vedremo di diverso?
"Poco o niente. Devo dare un po' di tranquillità e tanta determinazione a questo gruppo".
Lo sa che, a norma di regolamento, non potrebbe nemmeno alzarsi dalla panchina?
"Sì, perché a referto risulto a tutti gli effetti aiuto allenatore. L'unico che ha le carte in regola è Lino. Sarà dura stare fermo, però devo prendere atto della situazione e comportarmi di conseguenza".
Che avversaria si aspetta in questo derby particolare?
"Una Fortitudo che punta a grandi traguardi, come noi, del resto. In Europa hanno cominciato a lasciare un'impronta, ma anche in campionato non vorranno essere da meno. Perché vogliono salvaguardare il quarto posto o, meglio ancora, raggiungere il terzo. E per far questo devono vincere".
Nella stracittadina di andata ci fu il debutto di Dalmonte che coincise con una prova maiuscola, e una vittoria, della Teamsystem- E oggi?
"Le storie non sono tutte uguali. La nostra situazione attuale è profondamente diversa da quella che coinvolse la Fortitudo all'andata. Mi auguro che lo capiscano tutti".
Dall'altra parte trova Bianchini, che l'ha guidata ai tempi della nazionale. Quante volte, però siete stati avversari...
"Ma oggi è tutto diverso, non gioco più. E mi trovo al cospetto di un tecnico che ha esperienza da vendere".
Il suo primo derby da coach. Cosa chiede ai tifosi?
"Che stiano vicino alla squadra e ai giocatori. Ne abbiamo bisogno".
Di nuovo in campo, seppur con mansioni diverse. Manca di esperienza, certo, ma come carisma...
"Prima di tutto devo guadagnare credibilità, poi possiamo anche fare altri discorsi".
Si trova nella difficile situazione di guidare ex compagni di squadra con i quali ha un rapporto di amicizia. Eppure qualcosa dovrà cambiare.
"Spero che lo capiscano presto. Darò il 100 per cento, ma ora sono l'allenatore e devo prendere certe decisioni".
Cosa deve variare?
"L'atteggiamento, l'approccio mentale".
Pare quasi che il presidente e i tifosi le chiedano il miracolo di dare una svolta alla stagione.
"Non credo ai miracoli. Ma al lavoro, che paga sempre: bisogna dare tutto per vincere".
Lei al posto di Bucci: che sensazione prova?
"Sto sostituendo un tecnico che ha fatto, ma sta ancra facendeo, la storia della pallacanestro italiana. Non è facile"
COACH BRUNAMONTI ASSOLVE GLI "EREDI" E GIÀ SI PROIETTA SUL MATCH DI MILANO
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 10/03/1997
La prima volta del capitano. La prima volta di Roby in panchina, con quella giacca elegante e quell'espressione pensierosa. Si è seduto subito, Brunamonti, immortalato da flash e telecamere. Quasi imbarazzato che il suo ingresso avesse sollevato tanto clamore. Un pezzo di storia bianconera, Brunamonti, che forse avrebbe preferito, più che il debutto come coach, incamerare il 28° gettone di presenza. Sì, forse avrebbe preferito giocarlo il derby, anche perché fu prorpio lui, con il suo talento e il suo carisma, a decidere in favore della Virtus l'ultima stracittadina tutta bianconera, giocata a Caslecchio nell'autunno 1995. Alla Kinder sarebbe servito un play del suo carisma: lucido e spietato nei momenti difficili. Ci voleva un Brunamonti-play. Insomma, ma il Brunamonti-coach non accetta lo scomodo paragone. Deve ritorvare una squadra che domani sera si gioca l'accesso ai quarti di finale in Europa, ha bisogno di tutti, Roberto, soprattutto dei registi.
"Non ho nulla da rimproverare ai miei ragazzi - attacca il capitano, pardon, l'allenatore della Kinder - la squadra ha giocato con il cuore. La differenza l'hanno fatta quelle troppe palle perse, ben 21, e il tiro da tre, nel quale siamo mancati. Ma volevo vedere un atteggiamento diverso, l'ho visto".
Il primo derby in canotta e calzoncini, eravamo ancora nella prima metà degli anni ottanta, concise con una vittoria, ieri non è andata come Brunamonti avrebbe sperato. "Ero emozionato, all'inizio, ma il tempo per i sentimenti è volato via presto, anche perché dobbiamo pensare a Milano, ci sono solo 48 ore per ricaricare le pile. Vogliamo vincerne una, in casa, per tornare al Forum di Assago, e giocarci l'Europa".
Il derby l'ha fatto soffrire, l'han fatta ammattire soprattutto quei due, Myers e Murdock. "Hanno fatto la differenza, ma lo sapevamo. Sotto canestro abbiamo lavorato bene, sfruttando la nostra superiorità e usando bene il tagliafuori".
Bene sottocanestro, dunque, male a centrocampo, dove la staffetta a tre, Patavoukas - Galilea - Ravaglia non ha funzionato. Forse serviva proprio uno come il numero 4.
"Mi vanno benissimo loro - racconta Brunamonti, servendo un assist ai tre, come nei giorni migliori - ho piena fiducia nei miei ragazzi, registi compresi. Loro hanno fatto il massimo, il resto non conta. Non conta neppure pensare al "vecchio" Brunamonti. Io adesso ho un determinato ruolo, non gioco più. Devo allenare e devo cercare il rispetto dei miei giocatori. Dal punto di vista mentale ho visto una crescita, ma abbiamo commesso ancora troppi errori".
La strada che indica il capitano è quella giusta perché, dice lui, è quella tracciata dal suo predecessore. "I giochi - sottolinea - sono quelli di Alberto. Dobbiamo eseguirli meglio. Mi spiace per la gente, perché il derby non è una partita qualsiasi. Peccato per come è andata a finire: avevamo lo schema per liberare Komazec, oppure per cercare il tiro di Binelli sottocanestro. Abbio ha tentato l'entrata, ma ha sgobbato duro per tutta la partita, non posso rimproverargli nulla".
NELLA VIRTUS BATTE IL CUORE DI BRUNAMONTI
di Giorgio Viberti - La Stampa - 23/03/1997
L'allievo batte il maestro: Roberto Brunamonti, neofita delle panchine, alla guida della sua Kinder ha superato Dadone Lombardi, coach della Polti, nella finale di Coppa Italia disputatasi a casalecchio di Reno (75-67).
Fra i due allenatori non c'è paragone: Brunamonti è l'ultimo arrivato, chiamato venti giorni fa da patròn Cazzola al timone della squadra bolognese dopo l'allontanamento di Alberto Bucci. Il suo palmarès di giocatore parla chiaro, come allenatore invece è un remigino. Lombardi invece ha fama di vecchio volpone, astuto e sornione nelle tattiche, spesso istrionico e plateale negli atteggiamenti: un maestro. Eppure il nuovo cuore trapiantato nella Kinder dal suo ex capitano Brunamonti ha prevalso sulle alchimie del mago Lombardi e della sua Polti.
La Virtus ha così conquistato la sua quinta Coppa Italia, record assoluto della manifestazione. La Polti, invece, dopo essere salita in 18 mesi dal fondo della A2 alla finale di Coppa Italia (la prima per i brianzoli), si è dovuta arrendere sul filo di lana. Cantù può tuttavia consolarsi con il secondo posto che significa tornare il prossimo anno nelle coppe europee, dove il club che fu ri Riva e Marzorati vanta una lunga serie di successi (2 Coppe dei Campioni, 4 Coppe Coppe, 4 Korac). La prossima stagione potrà infatti disputare l'Eurocup (ex Coppa Coppe), anche se non si sa ancora dove (il palasport Pianella è sempre più inospitale e si è ipotizzato il trasferimento a Desio) né con quale sponsor (Franco Polti ha più volte minacciato di andarsene).
Così, seppur persa, questa semifinale è stata importante quasi come la conquista della Coppa per la Kinder, una società che era sembrata allo sbando sia in Eurolega (fuori addirittura negli ottavi), sia in campionato (superata in extremis al 2° posto dai cugini della Fortitudo). Tanti i segnali negativi per la Virtus in questi mesi: prima il grave infortunio di Galilea e l'addio di Morandotti, poi la strana abulia di Prelevic e l'esonero di Bucci, infine l'ammutinamento di Komazec, che proprio in questa coppa si è rifiutato di giocare per un problema a una caviglia.
Ma anche senza il suo gioello croato, contro i canturini la Virtus ha sofferto solo per metà partita (39-36 al riposo), poi è volata via (57-43 al 31') e si è d'incanto ritrovata. Crisi finita? Forse. Di certo la Virtus ha trovato in Chicco Ravaglia il play che cercava, rispolverato il miglior Prelevic, confermato ai massimi livelli Abbio e, soprattutto, scoperto di saper ancor difendere e soffrire. Proprio come faceva Brunamonti quando giocava: non è un caso.
BRUNAMONTI IL PRECOCE
di Andrea Tosi - La Gazzetta dello Sport - 24/03/1997
Non è difficile immaginarsi Roberto Brunamonti, il mito vivente delle V nere, sollevare un trofeo. Lo ha fatto tante volte nella sua ventennale e memorabile carriera di giocatore e capitano. Più difficile immaginare, solo pochi giorni fa, che potesse mettere nel suo palmares un titolo da allenatore di fresca e tormentata nomima. Dopo un inizio da fare tremare i polsi, col ruolino di 1-4 che è costato alla Kinder, non per colpa sua, l'uscita dall'Europa e la caduta al terzo posto alla fine della stagione regolare, Roby ha compiuto l'impresa di ribaltare i pronostici nella final-four di Casalecchio insieme al brutto trend della sua squadra conducendola alla conquista della coppa Italia, alla sua settima presenza in panchina. È la conferma che vincenti si nasce e magari allenatori si diventa.
Brunamonti sembra un predestinato anche con lavagna e libretto degli schemi. "Non posso dire adesso se sia più bello vincere da giocatore o da allenatore - argomenta -. Nel primo caso posso parlare con cognizione di causa ma nel secondo no perché non mi sento ancora un vero coach. È da poco che sto imparando e tutto è successo troppo velocemente. Questa vittoria, ribadisco, non mi appartiene. Ha fatto tutto la squadra. È ai ragazzi, per quello che hanno passato in questi mesi molto duri, che va il mio grazie. E non lo dico per modestia. Peraltro questa Coppa me la voglio godere tutta fino al prossimo impegno". Non è facile smuovere Brunamonti, farlo sognare in grande. Non ha mai gonfiato il petto quando stravinceva scudetti, figuratevi adesso che mette pure le mani avanti per il suo futuro di coach. "Volete sapere se ci sto prendendo gusto? La risposta è quella che diedi al momento dell'investitura: sono qui per condurre a termine questa stagione nel miglior modo possibile. Ho accettato l'incarico in un momento delicatissimo perché mi sento legato alla Virtus, devo tanto a questa società. Il mio obiettivo adesso non è guardare all'anno prossimo ma dare alla squadra il mio massimo ed esserne ricambiato. La Coppa è un traguardo importante, ce la teniamo stretta, però il campionato ha un altro valore. La nostra scommessa viene ora, dobbiamo tuffarci nei play-off sfruttando l'onda emotiva della Coppa come Milano l'anno passato".
È un Brunamonti sereno che ci parla al telefono dalla sua casa di Spoleto dove si è rifugiato due giorni per staccare la spina. Preparerà i play-off portando la squadra in ritiro sull'appennino, a Porretta Terme, aria buona per riossigenarsi e acqua buona per aggiustare il fegato che adesso è meno intossicato. "Mica vogliamo passare le acque - sorride Roby -, andiamo via qualche giorno per stare più insieme. Non so se ci seguirà anche Komazec. Domani (oggi, ndr) Arijan deve sostenere un esame di risonanza magnetica alla caviglia dolente. Su questo argomento mi sono già espresso e sapete bene come la penso. Da parte mia, dei compagni e della società non c'è nessuna preclusione al suo rientro in squadra. Mi sembrava giusto, guardando al successo in Coppa, che si parlasse più dei protagonisti in campo. La Virtus ha dato una risposta importante in termini di coesione e di orgoglio. Io non ho apportato niente di speciale. Magnifico usato come ala piccola è un accorgimento naturale perché Walter è un grande giocatore e sa adeguarsi bene. Ho fiducia nei tre play, ognuno ha una prerogativa diversa utile per la squadra. Prelevic sta ritrovandosi, Savic sta stringendo i denti. Questi segnali mi confortano per i play-off".
BRUNAMONTI, AMARCORD DRISCOLL...
La coppa della Virtus: aneddoti, dediche e un ricorso storico. Dalla canottiera alla cravatta in pochi mesi, come Terry, che dalla panchina vinse due scudetti.
di Gianni Cristofori - Il Resto del Carlino - 24/03/1997
Quando si dice il destino. Cosa ha vinto Dado Lombardi da giocatore? Solo classifiche marcatori e proprio con la maglia della Virtus. Con il passare degli anni e dei chili che si sono accumulati sulla panchina, 24 in tutto (sia gli anni che i chili), per un totale di 619 partite, l'uomo delle mille promozioni ha raggiunto una sola finale, quella di sabato, e l'ha persa.
Cosa ha vinto Roberto Brunamonti da giocatore? Quattro scudetti, una coppa delle coppe, tre Coppa Italia, una Supercoppa, una medaglia d'oro europea con la Nazionale. E, trascinato dall'altra parte della barricata ("ma mi sento ancora uno dei ragazzi anche se in campo vado con il vestito buono e la cravatta", dice), l'ex capitano, che pure ha un bilancio in passivo come coach 83 vinte, 4 perse), ha già messo in bacheca il suo primo trofeo.
Quando si dice il destino. Lombardi e la sua Cantù non potevano avere scampo, come nelle leggende a lieto fine in cui il guerriero malconcio e ferito si alza improvvisamente e uccide il drago. "Avessimo incontrato subito la Virtus...", si rammarica il Dadone, che ha consumato tutte le sue energie per buttare fuori Milano e contro la Kinder è stato pure tradito da Myers non gliele manda certo a dire. "Pete è stato terrificante", il sereno commento. Roberto Brunamonti, invece, non è stato tradito da nessuno, anzi. Alzi la mano chi avrebbe mai pensato a un Bane Prelevic miglior giocatore della final four, dpo un mese di insulti, di panchina, di spazzatura nel tabellino.
Quando si dice il destino. Verona che aveva vinto 11 partite consecutive ed era la grande favorita ne ha perse due in 16 ore, record mondiale di caduta libera, un segnale preciso a chi pensa che per vincere le sfide che contano basta essere in grandissima forma, con il morale alle stelle e i giocatori che dopo ogni allenamento cantano con il coach "tutti insieme appassionatamente e vanno a cena con le famiglie perché "così si cementa il gruppo".
Quando si dice il destino. Questa coppa poteva essere di Alberto Bucci e Piero Costa e dare certezze al loro futuro. Bucci aveva portato la Kinder fino alla final four, Costa aveva scelto tutti i giocatori contestati, con Bane Prelevic primo della lista. Alberto l'ha ricordato Walter Magnifico subito dopo la sirena del trionfo: "Brunamonti ci ha ridato le convinzione nei nostri mezzi, ma il grosso del lavoro l'ha fatto Bucci, non dimentichiamolo"; Piero lo ricordiamo noi, visto che nessuno l'ha fatto ufficialmente tra i bagni di spumante e la consegna dei trofei che sono anche un piccolo riconoscimento alle sue scelte.
Quando si dice il destino. Corrono le voci attraverso i corridoi e portano per settimane, prima che salti la panchina di Bucci, i nomi e i cognomi del prossimo allenatore della Virtus. Quello che piace alla Ferrero, quello che piace a Cazzola, quello che piace ai tifosi, quello che piace ai giocatori. Sarà, appunto, il destino, ma adesso il nuovo allenatore della Virtus è Roberto Brunamonti, uno che, come Terry Driscoll, è passato dalla canottiera alla cravatta nel giro di pochi mesi. Terry non cambiò i codici del basket, anzi, piazzò la squadra a zona e vinse due scudetti prima di tornarsene a Boston per fare l'imprenditore. Roberto non ha cambiato la squadra di Bucci ma in panchina ci sa stare non solo perché è amico di tutti. "Devo solo arrivare a giugno", dice lui. Ma sarà davvero così?
BRUNAMONTI AGITA LO SPIRITO VIRTUS
Da domani il derby infinito. Il tecnico della Kinder non teme i cugini. "Lo abbiamo ritrovato vicendo la Coppa Itala. Con la determinazione batteremo la Fortitudo". Il diavolo Myers? "La Teamsystem non è solo lui". Komazec? "Se serve ci aiuta". Bucci? "Gli schemi sono i suoi".
di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 19/04/1997
Stracittadina numero 30 per "capitan" Brunamonti. Ventisette presenze da giocatore un recor che condivide con Villalta e, da domani, con Binelli), una da dirigente e un'altra da coach, Una sfida particolare per lui che, il 29 ottobre 1995, decise da par suo il derby. L'ultimo vinto dalla Virtus (76-73) che, da allora, è stata costretta ad alzare bandiera bianca in quattro occasioni.
Brunamonti possiamo fare il gioco dei pronostici?
"Non ne faccio mai. Non li farò nemmeno in questa occasione".
Ma il derby, per lei, cos'è?
"Beh, per uno che si è stabilito qui da quindici anni è una partita che va al di là di qualsiasi confronto. Un match speciale dal punto di vista emotivo".
E la Fortitudo, invece?
"Siamo rimasti in quattro, siamo in semifinale. È un derby ancora più importante, perché chi passa ha poi la possibilità di giocare la finale che vale uno scudetto".
Cosa darebbe per conquistare la finale?
"Non è una questione di dare o non dare. È una faccenda semplice: sappiamo che dobbiamo dare il massimo di noi stessi. E solo in quel modo, eventualmente, si può raggiungere quel traguardo prestigioso che, tra l'altro, assicurerebbe alla Kinder un posto in Europa anche per il prossimo anno. Indipendentemente dall'esito dell'altra semifinale tra Benetton Treviso e Mash Verona.
Domanda "tormentone": dov'è finito Komazec?
"Arijan è uno dei dieci. È un giocatore della Virtus che ha problemi alla caviglia. Quando occorre viene gettato nella mischia, per dare il suo contributo, così come fanno i suoi compagni".
Come è riuscito a creare questo spirito tra i suoi giocatori?
"Beh, questa è una domanda che andrebbe girata a loro, perché sono loro i protagonisti del parquet, Un'indicazione precisa in tal senso c'era stata durante la Coppa Italia. Il successo finale ha cementato ulteriormente il gruppo".
Quanto c'è ancora di Bucci in questa Kinder?
"V sufficiente una considerazione: Alberto è stato alla guida di questa squadra per otto mesi, sono tanti, gli schemi sono quelli, non abbiamo cambiato praticamente nulla. Qualche accorgimento e...".
Tornaimo sulla sfida in programma domani a Casalecchio: quali sono le chiavi di lettura?
"Alla fine la spunterà chi saprà essere più determinato e riuscirà, nei quaranta minuti, a tirar fuori la massima intensità possibile".
Problema: come si marcano Myers e Murdock? Qual è la sua soluzione?
"Sono talmente bravi che è veramente difficile fermarli. Ma la forza della Teamsystem non è solo nei due esterni. Vogliamo dimenticare la forza e la potenza di Gay, Frosini e McRae?".
L'impressione, però, è che il confronto sotto canestro sia più equilibrato.
"Lo sapremo solo alla fine di questa serie".
La disturbano le voci che danno per certa la presenza di Messina sulla sua panchina, dalla prossima stagione?
"Credetemi, non mi toccano. Ora sono qua e do il massimo. Spero solo di non far danni a questa Virtus".
Ma nel suo futuro cosa vede?
"Il mio pensiero si ferma a domani, a gara uno. Al resto penserò quando sarà il momento".
L'ultima vittoria della Virtus nel derby risale all'ottobre 1995. E, guarda caso, lei fu il migliore in campo.
"Sono passati due anni. Ora faccio un altro mestiere e devo pensare solo a questo".
In Coppa Italia nessuno avrebbe scommesso sulla Kinder, che poi ha vinto il trofeo. Alla vigilia di questo derby infinito non sono molti quelli che credono in una Virtus capace di mettere ko la Teamsystem. È un motivo in più per presentarsi carichi?
"Le considerazioni le lascio ad altro. So solo una cosa, che la Kinder deve mantenere la concentrazione giusta fino alla fine. Poi si tireranno le somme".
Derby tra due squadre diverse, ma anche derby tra due uomini che hanno alle spalle storie differenti. Tranquillo lei, spumeggiante Bianchini.
"Valerio è un personaggio che ha sempre riempito le pagine dei giornali. Quello è il suo marchio di fabbrica. Ma al di là di questo è un allenatore bravo. L'ho avuto quando allenava la nazionale; Bianchini è uno che vale".
E se Brunamonti si rivelasse più astuto del maestro...
"Il confronto tra noi conta poco o nulla. Perché in campo ci vanno i giocatori. Sono loro che hanno sempre fatto la storia dei playoff: la faranno anche in questa occasione".