ROBERTO BRUZZI

Bruzzi ai tempi delle giovanili

 

nato a: Bol ogna

il: 11/02/1971

altezza: 1,80

ruolo: playmaker

numero di maglia: -

Stagioni alla Virtus: 1988/89

statistiche individuali del sito di Legabasket

 

I MIEI RICORDI PER VIRTUSPEDIA

di Roberto Bruzzi

 

A distanza di 20 anni, i ricordi, per quanto unici, si fanno radi. Ci sono dei flash, più che altro. Il più forte è quello prima di entrare in campo, seduto sul cubo dei cambi. Tra la chiamata di Hill e la seduta sul cubo, un vuoto senza ossigeno che cancella la memoria. Poi, sul cubo, Bob che dice: "Don't worry because you are great" ... Se solo avessi avuto un po' di prontezza e ironia avrei dovuto rispondere: "What?". Ma non ebbi né l'una né l'altra. Così entrai, mi accorsi che dopo il secondo tiro libero di Generali tutti corsero in attacco ed io rimasi solo a ricevere la rimessa. Feci l'unica cosa che potevo fare: palleggiare sperando di non perdere palla e superare la metà campo. Ci riuscii, nonostante uno zelante e professionalissimo Kyle Macy che, al 39', a partita finita, aveva ancora voglia di difendere su di un cinno che era entrato per far fare l'applauso a Brunamonti. Poi la passai a Sugar. Quel disgraziato tirò da 8 metri con due uomini addosso. Il suo ed il mio. Mi voleva bene Sugar, chissà perché non mi passò la palla per tentare di andare a referto? Boh. Quando mi capitava di marcarlo in allenamento lui, ogni tanto, faceva un movimento per smarcarsi che mai più nessuno è riuscito a fare per liberarsi della mia difesa: mi alzava di peso e mi accompagnava fuori dal campo, poi rideva. Che grande Sugar! Mi è capitato di rivederlo a distanza di anni in un locale bolognese che è andato di moda per troppo poco tempo, il Mellow Yellow, di Pierone Casanova e della Pannocchia. Nonostante il lasso di tempo, mi riconobbe e mi fece una gran festa.

Un altro flash è quello dell'ospedale. Una maledetta appendicite acuta mi costrinse sul letto d'ospedale dopo neanche una settimana dall'esordio. Al ritorno dalla sala operatoria la prima visita fu di Bob Hill, accompagnato dalla moglie. Un vero flash. Potevo aspettarmi di vedere Ettore o qualche altro allenatore delle giovanili e invece comparve lui. Gran signore.

Un ricordo nitido, invece, è quello del mio professore di chimica, abbonato Virtus, prima fila del parterre. Durante il riscaldamento pretendeva che andassi a salutarlo. Un pazzo, ignorava cosa mi avrebbe atteso negli spogliatoi se solo mi fossi azzardato ad avvicinarmi alla balaustra come un navigato campione.

Così come ricordo nitidamente la cena post partita nel ristorante di Brunamonti e, soprattutto, il brindisi che Dan Peterson propose per me. Non lo potrò mai scordare. C'è un particolare, infatti, che me lo impedisce. Quando il Piccolo Grande Uomo avvicinò il suo calice al mio, ed io ovviamente il mio al suo, mi accorsi che la mia mano era ad un centimetro di distanza dalla candela. Dell'ustione di terzo grado, tuttavia, me ne resi conto solo a casa e pensai che così doveva essere per farmi capire che tutto era vero.