ZORAN SAVIC

(Zoran Savić)

Savic, dove va vince

nato a: Zenica (YUG)

il: 18/11/1966

altezza: 206

ruolo: ala/centro

numero di maglia: 12

Stagioni alla Virtus: 1996/97 - 1997/98

statistiche individuali del sito di Legabasket

biografia su wikipedia

palmares individuale in Virtus: 1 scudetto, 1 Coppa Italia, 1 Euroleague

 

 

ZORAN, L'OTTIMISMO ABITA QUI

Savic spiega la crescita sua e della squadra. "La forma migliora di giorno in giorno e questa sosta capita nel momento giusto: Gli errori diminuiranno quando avremo affinato l'intesa. Il mio inserimento è stato facile: già conoscevo molti compagni"

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino -  30/10/1996

 

È il gigante buono bianconero, e probabilmente sarebbe il testimonial più adatto per qualche nuovo spot della Kinder. Zoran Savic è a Bologna da due mesi e mezzo, ma sembra che abbia sempre vissuto qui, per la facilità con la quale si è inserito nel gruppo bianconero, per la semplicità con cui si è proposto al coach e ai dirigenti. È un opposto, Zoran, un giocatore del quale ogni volta scopri un lato nuovo e qualche episodio legato alla sua "infanzia cestistica". Eventi che hanno poi caratterizzato la sua crescita tecnica, come quella facilità con la quale riesce a tagliare il campo e chiudere l'azione in contropiede. Aspetto piuttosto insolito per un lungo della sua stazza. Ma Zoran lo spiega, come solo lui sa fare, allargando le braccia, e mescolando il suo italiano ancora zoppicante e quello spagnolo che parla in modo corretto, avendo trascorso quattro anni sull'asse Barcellona-Madrid.

Allora Savic, come va?

"Bene, molto bene".

E la Kinder?

"Sta crescendo. Non siamo ancora al 100%, ma entro un mese questo gruppo avrà un rendimento più elevato".

Vi manca ancora un po' di continuità, giusto?

" È difficile giocare sempre sullo stesso livello, anche perché questa è una squadra nella quale sono stati cambiati cinque giocatori. Già è arduo inserirne un paio, pensate un po' mezza squadra".

Ma la Virtus intanto va.

"Sì, e ogni giorno che passa è sempre meglio. Poi adesso abbiamo questa piccola sosta che..."

Ci voleva, insomma, una settimana senza Euroclub, è vero?

"Non ci siamo mai fermati in due mesi e mezzo. Ora potremmo lavorare in palestra, curando i dettagli, senza l'assillo di una partita da vincere".

E magari potrà spiegare ai compagni il suo segreto. Come fa a correre così veloce?

"Non ci sono trucchi, sono fatto così".

Forse è la scuola slava

" È proprio così. In Spagna o in Italia, quando trovano uno di due metri lo mettono subito a fare l'ala o il pivot. Farlo provare da esterno non sarebbe male".

Anche lei l'ha fatto?

"Sì, ma per scherzo. Ero in una formazione dove i lunghi si lamentavano perché non ricevevano palla dagli esterni. Così il coach cambiò i ruoli per permettere a tutti di comprendere problemi e difficoltà degli altri. Da quel giorno, anche se ognuno ha poi ripreso il suo ruolo, non abbiamo più avuto discussioni".

E di questa Kinder che dice?

"Che gioca il basket che piace a me. Amo questo sport in tutti i suoi aspetti, ma quando posso correre sono più felice. Credo che la Virtus possa farlo fino alla fine. E poi vedrete tra un mese: questa squadra commetterà sempre meno errori, perché nel frattempo sarà cresciuta l'intesa tra i compagni".

Intesa che lei è riuscito a trovare quasi subito. Come ha fatto?

"Beh, Magnifico, Binelli e Carera me li ricordavo bene. Contro di loro ho giocato tante volte, sia con la maglia della nazionale che con quella di club. Poi Galilea è stato mio compagno al Barcellona. Prelevic era il capitano del Paok con il quale ho vinto la Korac e con Komazec ho diviso molte trasferte dell'allora Jugoslavia. Il resto è venuto di conseguenza".

 

ZORAN SAVIC, IL SOTTOMARINO

di Dan Peterson - da Superbasket – dicembre 1996

 

Zoran Savic della Kinder Bologna è uno di quei giocatori facili da sottovalutare. Certo, è alto e ben messo.
Ma non fa mai nulla di… spettacolare. Anzi, fa tutto con una semplicità da rendere anche le finezze tecniche vere banalità. Sembra che non faccia nulla di difficile, mentre ciò che fa è molto difficile: rendere le cose difficili... semplici. Ovunque ha giocato, in nazionale e nei club, la sua squadra ha vinto.
A Bologna, qualcuno ha fatto una statistica che indica che la squadra di Savic (nazionale, coi club in Spagna e Jugoslavia) ha vinto 13 dei 14 titoli per i quali combatteva. Forse sto facendo un pasticcio con le cifre, ma il concetto è questo: con Savic in squadra, la squadra vince! Poi, che Zoran Savic sia l’antispettacolo, per noi allenatori o ex-allenatori, è la cosa più bella del mondo. Per uno come me, che ha scritto un libro intitolato "Basket essenziale", Savic è mio tipo di giocatore: cerca sempre la soluzione più semplice ed evita quella più complicata. Mi ricorda Terry Discoll, John Gianelli, Russ Schoene. La semplicità in persona. Infatti, il tifoso che va a vedere Savic giocare esce dal Palazzo e dice:
"Ma Savic, quanti ne ha fatti oggi? " Uno gli dice: "Ventidue". Il primo:"Ventidue? Ma, no! Non avrà fatto neanche 10!". Invece, sì. Perché Savic è un giocatore che io definisco "invisibile". Alcuni allenatori americani chiamano uno come lui un "sottomarino". Cioè, non visibile all’occhio ma fa un danno enorme in silenzio con siluri che arrivano all’ultimissimo istante. Quello è Zoran Savic.
Lui fa un blocco per un compagno. Il compagno (Patavoukas o Prelevic o Komazec) sfrutta il suo blocco in palleggio. Insomma, il classico gioco a due. Savic esce dal blocco. Passaggio a lui. Un appoggio della palla contro il tabellone. Un tiro che "viaggia" un centimetro. Il bello in tutto questo è che Savic, artista come nessun in Italia oggi nel "gioco a due", non cerca il tiro per se stesso. Come Driscoll, Gianelli e Schoene (e Dino Meneghin, scusatemi!), il suo scopo principale è dare una grossa mano al compagno. Savic non esce dal blocco anzitempo, come fa il giocatore egoista, rovinando il gioco per il palleggiatore. No, Savic tiene il blocco, subisce il contatto, aiuta il compagno, poi va per il rimbalzo. L'ironia in tutto ciò, come sanno gli allenatori perfettamente, è questa: il giocatore che mantiene il blocco un attimino di più sarà sempre libero, perché il blocco diventa più efficace e libera il palleggiatore, costringendo la difesa a mollare il bloccante (Savic) per andare ad aiutare sul palleggiatore. Bello: l'altruismo viene ripagato... con gli interessi! Zoran Savic, però, è più del "gioco a due". Parliamo di rimbalzi in attacco. Savic avrà pure i suoi centimetri, ma non è, per niente, un grande saltatore. Nondimeno, eccolo, sempre lì, sempre a toccare la palla, sempre a controllarla dopo due o tre mini-tocchi, sempre con posizione interna, sempre con un appoggio dolce, un tiro che viaggia... un centimetro.
Lo spettatore viene ingannato da questi tiri da un centimetro. Per loro, senza l'occhio dell'allenatore, un giocatore che fa tre bombe da tre ha fatto "27 punti" (quando in realtà ne ha fatti 9), mentre uno, come Savic, che fa 10 canestri da sotto ha fatto solo "8 punti" (ed invece 20!). Quindi, è facile sottovalutare un giocatore come Savic, con un gioco talmente semplice da ingannare l'occhio, e considerarlo uno come altri. Invece gli allenatori lavorano ore ed ore con i giovani per vederli perfezionare un gioco tipo quello di Zoran Savic: soluzioni semplici, selezione di tiro giusta, mai una forzatura, sempre la cosa giusta nel momento giusto.
Il segreto di Savic? Due: testa e mani. Lui ha un'intelligenza di gioco, una visione di gioco, un'esperienza di gioco, un concetto di gioco che solo un giocatore con cervello-computer può avere. Poi, mani da chirurgo. Mani che tengono la palla, anche contro raid. Mani che segnano, anche nel traffico.
Il difetto di Savic? Uno solo: la velocità di base. Un Carl Lewis, certo, non è. Anzi, bisogna circondare Savic con una staffetta 4 x 100. Infatti, il grave problema della Virtus quest'anno è quella: una mancanza di velocità, a parte Alex Abbio. Per questo motivo, Savic & Co. fanno fatica nei secondi tempi: hanno speso molto nel primo, sul piano delle gambe. Zoran Savic, però, è un giocatore da filmare. Filmati tecnici, s'intende. Se fossi un allenatore di settore giovanile, chiederei alla Kinder i filmati delle loro gare. Li farei vedere ai miei giovani lunghi, senza commento. Direi solo: "Volete diventare nazionali? Bene, studiate questo giocatore attentamente. Lui è il "basket essenziale" in persona".

 

SAVIC: "CON RAVAGLIA LA GIOIA PIÙ BELLA"

"Chicco era super anche come uomo. Regalò alla Virtus un trofeo insperato"

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino -  07/02/2007

 

 

L'uomo di coppa preferisce gli scudetti. L'uomo di coppa è Zoran Savic, uno capace di alzare al cielo cinque trofei nazionali in quattro paesi diversi. Due Coppe di Jugoslavia nella Jugoplastika Spalato, una Coppa di Grecia col Paok Salonicco, una Copa del Rey col Real Madrid e una Coppa Italia con la Virtus.

"Ma provavo un'emozione ppiù forte vincendo il campionato", racconta Savic, da domani a Malaga per la Copa del Rey. Torna con la mente in Italia, il giemme del Barcellona, e ricorda un amico vero. "La Virtus vinse la Coppa Italia 1997 grazie a Chicco Ravaglia, un ragazzo stupendo. Vinse da solo, o quasi, la semifinale. Giocavamo contro Verona che ci aveva sempre battuto. Chicco fece impazzire Iuzzolino. Al resto, poi, ci pensò Prelevic. La gente non l'aveva capito perché non segnava trenta punti, ma nelle partite che contavano non sbagliava mai".

Era una Virtus particolare quella che ricorda Savic, la sua prima esperienza nel nostro paese.

"Komazec, che era il nostro miglior tiratore, si chiamò fuori per un problem alla caviglia e fu messo fuori rosa. Noi trovammo più motivazioni. E Brunamonti, all'esordio come allenatore, lavorò benissimo. Ci lasciava tranquilli, senza tensioni: vincemmo quella Coppa Italia a mani basse. Grazie a un grande Chicco Ravaglia".

...

 

ZORAN SAVIC

year book 1997/98

 

Sono pochi quelli che possono dire di aver giocato in una delle più belle squadre scese in campo europeo nell'era moderna del basket: quella Jugoplastika di Radja e Kukoc di cui Savic era il pivot titolare. Dal 1989 al '91 quel quintetto mitico vinse due coppe dei Campioni e solo la guerra arrivò a spezzare troppo presto quella splendida favola dei canestri.

Serbo in terra croata (nato a Zenica il 18 novembre 1966), Savic dovette abbandonare Spalato (dove tuttora non lo accolgono certo con la dolcezza che meriterebbe un ex così vincente) per Barcellona. Nella capitale catalana, dove ha deciso di piantare le radici comprando casa, non vinse nulla ma giocò due delle sue migliori stagioni in carriera, dal '91 al '93. Passato al Paok Salonicco ha invece conquistato una Coppa Korac e una coppa greca. Dopo una stagione non fortunatissima al Real Madrid, ecco Bologna. L'anno scorso ha avuto una media di quasi 15 punti e quest'anno, dopo un inizio appena un po' incerto, sta vivendo di nuovo un momento d'oro: Messina lo porta a giocare un po' più distante dal canestro, dove Zoran può sfruttare al meglio la sua ottima manualità, il buon passaggio e il tiro morbido.

Anche con la Nazionale jugoslava ha vinto tantissimo: un Mondiale nel '90, tre Europei ('91, '95 e '97) e un argento olimpico ad Atlanta (sconfitto naturalmente dal Dream Team).

Grande navigatore del parquet e del cyberspazio, uno dei suoi hobby preferiti è perdersi nella galassia di internet: sarebbe simpatico - avviso ai naviganti virtussini - se si imbattesse in un sito a lui dedicato, in una delle sue notti di vagabondaggio telematico.

 

SAVIC: COME SI BATTE IL TURNOVER

di Andrea Tosi - La Gazzetta dello Sport - 23/10/1997

 

L'anno scorso veniva chiamata Slavia Virtus per l'importanza del trio Komazec-Prelevic-Savic. Anche quest'anno la Kinder sempre più bosmaniana ha un'impronta Jugo molto forte con l'energia dell'emergente Radoslav Nesterovic (sloveno di nascita e greco, quindi comunitario, di passaporto), la classe del solito Sasha Danilovic e la sostanza del ritrovato Zoran Savic. Proprio quest'ultimo, uscito alla grande da un momento di crisi personale che aveva indotto coach Messina a sacrificarlo nel turnover contro Varese, rappresenta il punto di contatto tra quella e questa Virtus che cerca oggi come ieri la strada per le Final four di Eurolega. Stasera a Casalecchio arriva l'Ulker Istanbul, distanziato di due punti nel gruppone a quota 4 del girone. Bologna deve vincere per rimanere in testa e può farcela se Savic si ripeterà sui livelli di gioco, punti e rimbalzi delle ultime partite. A guardarlo, rispetto al giocatore appesantito e bolso di 3 settimane fa quando l'esclusione poteva suonare come l'anticamera del taglio, Savic sembra un altro. Più reattivo, addirittura più magro. "Sto svolgendo un lavoro personalizzato col preparatore Grandi - dice Zoran - che ha dato subito buoni frutti. Non è che prima non abbia lavorato ma durante la preparazione sono rimasto attardato da un paio di infortuni. Così ho iniziato male la stagione. Certo che avvertivo la sfiducia dell'ambiente nei miei confronti e anch'io non ero soddisfatto di me stesso. Stare fuori, per uno come me che gioca e si allena con gli stessi stimoli di 10 anni fa quando non ero nessuno ed avevo fame di arrivare, mi ha fatto male. Cercavo di fare le cose al meglio ma non mi riuscivano. Adesso è diverso, anche la squadra si è messa a giocare bene". Savic ha quasi 32 anni ma è come se giocasse da una vita. Il suo palmares è pieno di titoli, c'era il timore che fosse sazio e logoro. "Non ho mai giocato vivendo di rendita - continua - e poi mi sento nel momento della piena maturità, mica sul viale del tramonto, anche perché i lunghi in genere s'impongono più tardi. è vero, ho vinto molto ma posso assicurarvi che da qui ai prossimi 4-5 anni, quando cioè arriverà il momento del ritiro, voglio e vorrò vincere ancora tanto. A cominciare da quest'anno. Siamo messi bene in tutte le tre competizioni, possiamo fare lo slam. Perché no. L'asse slava? Cazzola ha vinto 3 scudetti con Danilovic, è naturale che si fidi ciecamente di lui. Evidentemente la società è contenta di noi ma l'importante è che tutto il gruppo collabori. Qui non è questione di razze ma di giocare insieme per vincere e va benissimo se il migliore oggi è uno slavo e magari domani un francese, un inglese o un italiano". Il lavoro col prof. Grandi è gravoso, ma utile. "Pesi e salti, salti e pesi - chiude Savic -. è dura ma per fortuna non sono da solo. Mi alleno in coppia con Nesterovic, abbiamo lo stesso programma anche se siamo due atleti dalle caratteristiche diverse. Per ora sta funzionando, mi auguro che continui così"... Se lo augura anche Messina che a forza di usare il turnover sui lunghi ("sono loro a soffrire di più la concorrenza interna ma io non posso farci nulla" dice il coach) ha trovato proprio nei due slavoni il binomio di centri più affidabile e meglio assortito. In attesa che Amaechi, in un momento particolarmente critico, si dia una svegliata e che Frosini ritorni ai livelli Fortitudo, sono Zoran e il "bambino" greco-sloveno i titolari.

Zoran in attacco

 

ZORAN SAVIC

di Emanuela Negretti - tratto da "Euro Virtus"

 

È il gigante buono, il lottatore dei canestri. Zoran Savic è il centro virtussino con maggiore esperienza internazionale. è nato a Zenica il 18 novembre 1966 ed ha giocato in una delle squadre europee più forti del basket moderno: la Jugoplastika di Radja e Kukoc, di cui Zoran era il pivot titolare. Dal 1989 al 1991 quel tema vinse due Coppe dei Campioni, ma ci pensò la guerra a dividere tutto e tutti. Serbo in terra croata, Zoran fu costretto ad abbandonare Spalato (dove anche adesso che la guerra è finita, non lo accolgono come meriterebbe un campione del suo calibro che ha dato tanto per la sua ex squadra) e si trasferì a Barcellona. Della capitale catalana si innamorò a prima vista e bisogna ammettere che la città gli ha sempre portato bene. Ha comprato casa e si trasferirà proprio a Barcellona una volta appese le scarpette al chiodo. Dal '91 al '93 giocò proprio per i colori blaugrana, non vincendo nulla, ma confermandosi in uno dei suoi momenti migliori. Passato al Paok Salonicco ha conquistato invece una Coppa Korac e una coppa greca. Dopo una stagione non brillantissima al Real Madrid, eccolo arrivare a Bologna. La passata stagione non andò tutto perfettamente, anche se una Coppa Italia la Virtus e Zoran riuscirono a portarla a casa.

Quest'estate non eravamo certi di rivedere Savic sul parquet bolognese, ma Messina aveva deciso di tenerlo e di farlo crescere ancora come giocatore. Quest'anno il gigante buono ha fatto vedere tutto il suo repertorio. Non partito benissimo, non riusciva a raggiungere la sua forma migliore, tanto da costringere Messina a "metterlo in punizione": preferendogli gli altri lunghi e costringendolo a guardare la gara dalla tribuna. Subìto lo "smacco", ecco il carattere di Zoran emergere. Combatte come un leone, si allena scrupolosamente, lega a meraviglia con il suo compagno di nazionale Danilovic. Cresce, cresce a vista d'occhio fornendo prestazioni da favola. Come quella delle Final Four d'Eurolega a Barcellona, dove contro il Partizan decise di scrivere 23 a referto, candidandosi all'Oscar come miglior giocatore della serie. Oscar puntualmente arrivato. Quest'anno ha ricevuto critiche da parte di qualche personaggio che bazzica l'ambiente della pallacanestro: gli sono state mosse critiche perché da qualche anno non giocherebbe più a basket, ma a spintoni. La risposta di Zoran ovviamente l'ha fornita sul campo, conquistando la Coppa dei Campioni e molto merito è anche suo. Amante del computer e soprattutto di internet, passa moltissimo del suo tempo libero e della notte a navigare. Con la Nazionale Jugoslava ha vinto tantissimo: un Mondiale del '90, tre Europei ('91 - '95 - '97) ed un argento olimpico ad Atlanta (sconfitta subita per merito ovviamente del Dream Team). Dal prossimo ano, o più verosimilmente tra 2, potrebbe diventare comunitario, visto che si è sposato in Spagna. Savic a quel punto farebbe gola a tutti o no?

 

SAVIC, MISTER EUROPA

di Francesco Forni - Bianconero n. 2 11-17 maggio 1998

 

Zoran Savic è uno che di battaglie ne ha fatte millanta: direbbe così il povero Aldo Giordani. Per questo motivo, sia trionfo o catastrofe, vi dirà sempre la sua, ma senza mai lasciare la barca, anche se sta affondando: spirito di corpo prima di tutto. La fiducia non è certo estranea al suo vocabolario, visto che il curriculum è pieno di vittorie, addirittura più di Danilovic. Non rema mai contro, sapendo bene che servirebbe a poco. L'anno passato, non certo lo zenti della storia bianconera, prima del derby di semifinale faceva coraggio a tutti e a sé stesso. "è venuto il momento chiave, siamo in buona forma e giochiamo da squadra vera: possiamo farcela. Ci sono lunghi e piccoli in grado di fare canestro e di difendere".

Quadretto idilliaco, ma Zoran sapeva benissimo di fare buon viso a cattiva sorte, la nave d'acqua ne imbarcava già da un pezzo. E infatti finì male. Adesso recita lo stesso copione, ma profondamente più immerso nella parte: a dargli ragione c'è alle spalle una stagione a prova di bomba. "Questa è la squadra di club più forte nella quale ho giocato, dominante: chi nell'Eurolega ha vinto sempre quando contava come noi? Abbiamo un carattere superiore e non prendiamo mai delle imbarcate tremende, se cadiamo, e questo può capitare, lo facciamo sempre in piedi". C'è da credergli: lo dice uno che l'ha vissuto sulla sua pelle. A settembre per qualche giorno finì per essere l'undicesimo, poi la risalita senza bombole sino al picco di fine aprile quando per tre giorni è stato il giocatore migliore d'Europa. Da giocatore lento e senza punti nelle mani, a stopper designato dalle mani veloci e precise in attacco, con licenza di sparare anche da lontanissimo. Difficile fare un salto così in un ambiente non favorevole. Dopo gara-tre con Varese, Savic uscì furente dopo la doccia, brontolando a denti stretti. Bruciava il tuffo vincente di Meneghin, ma soprattutto la partita un po' molle (anche sua) persa lasciandosi trascinare nel vortice della velocità smodata da Pozzecco invece di macinare gioco come al solito. A Masnago sono state ristabilite le gerarchie. "Chiaro! Noi due colpi in fila non li sbagliamo: possiamo fare degli errori anche grossi e banali, ma impariamo. Siamo in grado di difendere a zona e a uomo contro chiunque, proprio perché quando sbattiamo la testa e ci facciamo male, e questo può capitare, dopo si riesce a trovare un rimedio. I mezzi tecnici e caratteriali non ci mancano: questo è sotto gli occhi di tutti".

Se Nesterovic è lo scudo spaziale della difesa bianconera, quello che comanda il cielo al di sopra dei fatidici 3,05, è Zoran il duro, l'uomo per tutte le taglie, colui che deve prendere i lunghi grossi e quelli più veloci, tiratori o rimbalzisti. Insieme hanno arginato la carica del "Pozz", la "mosca atomica" e la sua banda, cha ha girato a vuoto, tenuta a tre canestri nei primi quindici minuti del secondo tempo di garaquattro. "Abbiamo vinto ovunque e contro chiunque. Ci rimane l'ultimo passo, contro la rivale più forte non c'è dubbio. Ormai ci siamo abituati".

 

IL MIGLIORE A BARCELLONA

di Luca Villani - Bianconero numero speciale giugno 1998

 

Lo hanno definito un picchiatore, ma i guantoni li ha già appesi al chiodo da diverso tempo. Fondamentalmente è un gigante buono, ma guai a farlo innervosire troppo, potrebbe diventare un po' cattivo. Zoran Savic si presenta come una vecchia conoscenza, sicuramente a differenza dello scorso campionato è più presente, difende e recupera palloni, è più preciso al tiro e sicuramente si sente più sereno con accanto un campione come Danilovic. ANche l'allenatore ha più fiducia e lo motiva stimolandolo con un gioco più adatto a lui. Ad inizio stagioni molti hanno pensato che sarebbe stato meglio cederlo in estate, nessuno credeva che Zoran sarebbe riuscitro a giocare un campionato di questo livello. è stato eletto l'MVP delle finali di Barcellona: qualcosa vorrà pur dire! Savic è riuscito a rimettersi in gioco dopo le prime gare un po' in sordina, ha accettato la panchina, ma è in allenamento che ha cambiato marcia. Ha combattuto contro le ostilità, ha vinto lui, soprattutto grazie alla grande passione che ha per questo sport. è un campione e non poeva finire in fondo alla panchina dimenticato anche dal proprio allenatore. Si è ammazzato di lavoro in palestra, si è lasciato consigliare dal suo coach e dal suo amico Sasha e piano piano ha ritrovato la forma smagliante. Questa è la stoffa del campione. Ma Zoran è anche uomo da spogliatoio: con il suo carattere bonario è il confidente;l'amico di tutti, colui che dice sempre la parola giusta nel momento giusto. Anche per lui due importantissimi trofei: Eurolega e campionato italiano, che si sommano ai vecchi conquistati con la mitica Jugoplastika.

Savic sfugge al controllo di Roberto Dalla Vecchia

 

ZORAN SAVIC

di Alessandro Gallo - Bianconero n. 15/anno 2 - ottobre 1998

 

Impossibile dimenticarlo. Perché a Barcellona i connazionali del Partizan li ha distrutti proprio lui. Con i suoi muscoli, certo, ma anche con quel capoccione - due anni fa i compagni lo avevano battezzato "Big Head" - dentro il quale c'è un sacco di materia grigia.

Sembrava un muscolare e nulla più quando, per la prima volta, lo abbiamo visto in bianconero. Poi Zoran Savic, che tra un mese compirà 32 anni, si è fatto apprezzare per il gioco, per la grinta, per quella incredibile resistenza al dolore. Avrebbe giocato sempre, Zoran, perché sapeva di ricoprire all'interno della Virtus un ruolo delicato e difficilmente sostituibile. L'immagine più bella - non sarà così, sicuramente, per i cugini della Fortitudo - è quella di gara quattro. Quel pallone sputato dal canestro dopo quella conclusione di Wilkins che avrebbe potuto dare alla Fortitudo il primo scudetto. I giocatori della Kinder che infilano festanti il tunnel degli spogliatoi mentre, attorno, i sostenitori biancoblu rumoreggiano.

Lui, Zoran, che non arretra di un metro, anzi...

Prima prende il pallone, con le sue manone, e lo sbatte per terra, con violenza. Poi si toglie la canotta di dosso, con la stessa rabbia. Punta quello spicchio là in alto, Zoran, dove sono pigiati uno sopra l'altro cinquecento fedelissimi. Sudati, distrutti, con il cuore in gola ma felici. Zoran agita la canotta bianconera, la sventola con cattiveria e fa vedere i muscoli. è proprio lui a dare l'idea di una squadra stanca, ma orgogliosa. E decisa a vendere cara la pelle...

Impareggiabile Zoran che, dopo due anni qui - una Coppa Italia, un'Eurolega e uno scudetto, mica male come ruolino di marcia, vero? -, ha ceduto al fascino delle moschee e dei dollari turchi. Perché l'Efes Pilsen per prenderlo, e per svezzare l'imberbe Drobnjan, non ha badato a spese, ricoprendolo d'oro. Zoran è andato a Istanbul, anche se Bologna gli è rimasta nel cuore. è tornato qua, per operarsi. Non riesce quasi a camminare, Zoran, per un problema a un ginocchio causato dal parquet troppo duro della palestra di Bormio. è tornato qua perché si fida di Alessandro Lelli.

è tornato qua e le prime parole sono state per Paspalj, discusso, quasi contestato nelle prime uscite. Il rimpianto di Zoran è forte e Zorky avrebbe potuto sfruttare questa vena nostalgica.

Invece il gigante buono ha speso parole dolci per il suo amico Paspalj, ha giurato sulle sue qualità. lo ha esaltato.

Unico Zoran. Sempre pronto alla battuta, sempre pronto all'intervista - e per chi fa questo mestiere non è un aspetto da poco - ma, soprattutto, sempre corretto e leale. Un signore, insomma. è proprio per questo che ci manca tantissimo. Compreso quel suo strano idioma con il quale, tra italiano e spagnolo, si faceva capire a meraviglia.

 

ZORAN

di Marco Tarozzi - Basket&basket

 

Se voleva entrare nella leggenda, il Gigante gentile non poteva scegliere una strada migliore. Per la terza volta Zoran Savic è sul trono d'Europa, un re tranquillo nella vita e duro quanto basta sul parquet. Quanto basta a conquistare l'Eurolega, questa volta con la Virtus. E tre successi sono davvero tanti, sono il modo giusto per entrare nella leggenda.

Basta che adesso non diciate che esiste un segreto. Non è così, ho avuto anche parecchia fortuna, a trovarmi nel posto giusto al momento giusto. Sì, mi sento professionalmente realizzato e umanamente molto, molto fortunato.

Il fatto è che questa volta è stato ancora più bello. Perché il Gigante Gentile è andato oltre. MVP della Final Four di Barcellona. Il migliore in campo, quando vincere contava davvero.

Avrei anche voluto emozionarmi, ma ero già troppo felice per la vittoria del gruppo. Poi, il fatto che mi avessero scelto come migliore giocatore l'ho imparato dopo, negli spogliatoi. Una soddisfazione in più, mi sembra logico.

Questa volta sì, che ci dev'essere un segreto. Zoran Savic si è fatto trovare al massimo quando bisognava essere al massimo. Esperienza, intelligenza, o chissà che altro.

Il fatto è che mi diverte giocare le partite di Final Four, quelle in cui ti giochi tutto in due sfide intense e se ce la fai conquisti qualcosa di veramente importante. Con questo non voglio dire che il nostro successo sia maturato a Barcellona, sarebbe un discorso decisamente sbagliato. L'Eurolega l'abbiamo conquistata con una stagione di lavoro duro, e ben riuscito. Giocare una regular season quasi perfetta è stato fondamentale.

Al punto che Ettore Messina dice che arrivarci, a Barcellona, era la vera impresa. Molto più che vincere quelle due sfide, alla fine.

E io sono completamente d'accordo con lui. La serie decisiva è stata quella dei derby con la Teamsystem. Forse è stata una specie di finale, perché anche loro meritavano di esserci, a Barcellona. Ma il destino ci ha messo di fronte nei quarti, e noi siamo stati più lucidi.

Sono in tanti a pensare che, Kinder a parte, le squadre arrivate a barcellona non fossero esattamente il meglio che si può trovare in giro sui parquet d'Europa.

Per quale motivo? Io dico che in fondo se lo sono meritati tutti quanti, il viaggio in Spagna. Noi abbiamo giocato meglio di tutti, e alla fine abbiamo vinto il trofeo. La Benetton ha tenuto sempre il comando del suo girone, l'AEK ha chiuso alla grande un girone difficilissimo.

Il Partizan, però, non ha convinto tutti.

Però ha battuto l'Olympiakos, cioè la squadra campione in carica. Scusate se è poco. Il Partizan è un ggruppo giovane, con grandi margini di crescita. Ma questo, alla fine, conta quello che conta. Anche noi, in fondo, non avevamo un'esperienza enorme di Eurolega. A parte Sasha e il sottoscritto, le Final Four non le aveva giocate nessuno. Eppure le abbiamo vinte.

Savic e Danilovic, appunto. Gente che conta, se c'è da spiegare al resto della truppa cosa significhi essere in cima all'Europa, e cosa occorre per arrivarci.

Abbiamo parlato un po', io e Sasha, prima delle due partite a Barcellona. Noi che avevamo affrontato l'Eurolega fino in fondo, che sapevamo quali pressioni può metterti addosso una finale del genere, abbiamo deciso che forse era il momento di prendere gruppo. Ha funzionato, non solo grazie a noi. I compagni intorno hanno capito e si sono sintonizzati sulla nostra frequenza. Del resto, non avevo dubbi sul fatto che sarebbe successo.

Sembra proprio che occorra qualcosa di speciale, per conquistare l'Europa.

Serve il gioco che abbiamo mostrato quest'anno. Un gioco corale, di gruppo, fondato sulla difesa. Niente più di questo.

Eppure anche della Virtus della stagione passata si diceva che fosse costruita per l'Europa.

Invece, probabilmente, era più adatta al campionato italiano. Questa sì, che è fatta su misura per l'Eurolega. è una squadra piena di personalità, e in difesa difficilmente lascia passare gli avversari. Un anno fa avevamo un bel gruppo, ma a un certo punto abbiamo accusato problemi in difesa. Avevamo iniziato il campionato segnando 105, 110 punti a partita. L'abbiamo finito segnandone sessanta alla volta. Perché in attacco non puoi tenere certi ritmi dall'inizio alla fine, ci sono momenti di appannamento. E in quei momenti, se la difesa ti sorregge ne esci, altrimenti crolli.

Una squadra costruita per il tricolore non sempre è adatta all'Europa. E viceversa?

Assolutamente no. Questa Kinder può vincere anche in Italia. E direi che l'ha dimostrato, con una serie fantastica nella regular season. Abbiamo perso tre partite, e sinceramente un paio contavano davvero poco.

Torniamo al Gigante Gentile. a certe polemiche sul cosiddetto gioco duro. Adesso in Europa dicono che Zoran Savic è stato il migliore di Barcellona, come la mettiamo?

Quella del gioco duro è una strana storia. Il basket è un gioco per uomini, mi hanno chiamato in un gruppo nel quale giocano uomini. Che vogliono vincere. Ecco, io sono qui per vincere, non per riuscire simpatico a tutti. Credo di essere corretto, nella vita, questo sì. Ma per quanto giri e rigiri il mio contratto, una clausola che riguarda la simpatia non l'ho ancora trovata.

Quello che conta, del resto, è il mondo fuori. Lì, Zoran Savic è la persona più disponibile di questo mondo. Gigante Gentile, appunto. Occhi vivi e intelligenza rara. Uno con cui si sta volentieri a parlare. Uno che ama conoscere il mondo intorno, anche.

Mi diverto a girare l'Europa. Non sono mai rimasto più di due anni nello stesso posto. Mi sono innamorato della Spagna, tanto che ci tornerò per viverci, a fine carriera. Nella mia casa di Barcellona. In Grecia ho vissuto un'esperienza meravigliosa, e non parliamo di quella italiana. Ho imparato le lingue, il basket mi ha permesso anche questo. Tutti i giorni leggo giornali sportivi spagnoli, slavi, greci, italiani. E viaggio in internet, perché è un mondo da scoprire. Il futuro, dal punto di vista culturale e formativo.

Torniamo indietro un attimo. Mai stato più di due anni nello stesso posto, Zoran Saviccc. E alla fine di questo sono due con la canotta della Virtus. Un segnale?

Ho detto che è andata così fino ad oggi. Il futuro è una strada da percorrere.

D'accordo, Re d'Europa. Ne riparliamo.

 

ABBIO COMMENTA IL PASSAGGIO DI SAVIC ALLA SKIPPER

www.telebasket.it - 09/10/2001

 

Sull’arrivo di Zoran Savic in Fortitudo scherza anche il capitano della Kinder Alessandro Abbio che, insieme con Hugo Sconochini nel lontano aprile del 1998, fu etichettato da Savic come "il compagno di squadra ideale, senza nulla togliere a tutti i ragazzi della nazionale iugoslava". Picchio ed Hugo ringraziarono; ed ora il primo se lo ritroverà di fronte come avversario.

È esperto – dice il capitano della Kinder – ha un carattere ed un cuore immensi. E’ un’addizione importante per la Skipper, e sicuramente trovarselo di fronte farà uno strano effetto. Onestamente non so nemmeno dire che tipo di reazione avranno i nostri tifosi. Ridendoci su dico che ora Fucka sarà tranquillo in partita, ma molto meno in allenamento. Ecco, a Gregor dico di prepararsi a prendere tante legnate in allenamento.

Savic è stato uno dei primi numeri quattro a costruirsi il gioco lontano da canestro, pur rimanendo capacissimo di giocare dentro.

È completo in tutto – continua Abbio - anche nella capacità di metterti fuori partita. C’è una foto con Nesterovic che salta sulla palla a due, e Zoran sta già tirando Fucka per la maglia. E’ così, dà tutto ed anche di più per la squadra. Il ricordo più bello che ho di lui come compagno è ovviamente legato a Barcellona, a quel canestro da tre contro l’AEK, che ha dato un’impronta decisiva a quella coppa. Ma anche a tutto quello che ha dato in spogliatoio.

 

20 ANNI DALL'EUROLEGA. IL RICORDO DI ZORAN SAVIC

tratto da bolognabasket.it - 19/04/2018

 

Nel ventennale della vittoria dell’Eurolega a Barcellona (21-23 aprile 1998) Luca Aquino sul Corriere di Bologna ha intervistato uno dei protagonisti, Zoran Savic.
Ecco un estratto delle sue parole.

Tutti volevamo entrare nella storia di questo club vincendo la prima Eurolega. Battuta la Fortitudo eravamo consci che dovevamo andare a Barcellona per vincere. Sapevamo di essere la squadra più forte. Adoravo giocare quel tipo di partite e il formato della Final Four. Il mondo si fermava a guardarti. Io e Sasha eravamo gli unici ad aver già conosciuto quell’atmosfera, non vedevamo l’ora di scendere in campo. 
C’erano oltre 7000 tifosi. Dormivamo nell’albergo in centro dove aveva alloggiato anche il Dream Team. Passeggiando per le Ramblas oppure andando a mangiare al ristorante incontravi solamente dei tifosi della Virtus. Pressione o carica? Ci hanno dato grande carica, però sentivamo anche la pressione della grande squadra che deve vincere qualcosa. Sotto pressione i grandi giocatori si esaltano. 
In finale i giochi furono chiusi da una tripla di Savic. Lo ricordo bene. Pick and roll con Sasha, passaggio e il tiro ci avvicinò alla vittoria. Eravamo migliori di loro, eravamo un gruppo di carattere abituato a vincere battaglie importanti. Superare nei quarti una squadra incredibile come la Fortitudo ci aveva dato questa consapevolezza.
Il tiro più importante della carriera? Forse avremmo vinto anche senza quel canestro. Ma è il tiro che ricordo di più, un'emozione perché è uno dei miei pochi canestri da tre in serie di playoff .
MVP? La cosa più importante era la conquista dell’Eurolega. Per noi, per i tifosi, per la società che non l’aveva mai vinta. Un godimento incredibile, ma ancora più bello è il risveglio il giorno dopo quando ti rendi conto di far parte della squadra più forte d’Europa.
Un aneddoto? La partita di calcetto alla fine dell’allenamento fra la semifinale e la finale. Durante la preparazione estiva avevo detto al prof Grandi che non avrebbe avuto il coraggio di farci giocare prima della finale di Eurolega. Lui mi disse: “Tu portami in finale e ci penso io”. Ovviamente non mi ricordavo questa battuta, ma alla fine dell’allenamento il prof. arriva con il pallone. Messina quasi sviene, ma lui rispettava Grandi e ci ha fatto giocare contribuendo a rilassare l’ambiente. Il bis all’aeroporto? Lì era un altro tipo di calcetto, era più rilassato anche Messina.

 

ZORAN SAVIC, “L’EUROLEGA PIU’ COMPETITIVA DI TUTTI I TEMPI, MA LA VIRTUS PUO’ ARRIVARE AI PLAYOFF”

tratto da bolognabasket.it - 26/01/2023

 

Zoran Savic è stato ospite di Sport Club.

Come è questa Eurolega? “Forse la più competitiva di tutti i tempi. Mi ha sorpreso Milano perchè la davo sicura alle Final Four ma con gli infortuni, specie quello di Shields, sono stati molto penalizzati. Si gioca tanto, tanti viaggi, e chi non ha una rosa da 17-18 giocatori fa fatica. La Virtus sta facendo quanto ci si aspettava, pagando lo scotto dell’inesperienza, ma sta facendo bene”

Messina non è più il grande allenatore del passato? “Era ed è un grande allenatore, ma non è facile concretizzare in stagione quello che si progetta. Milano sta pagando il fatto di essere la squadra più vecchia del campionato, è stanca. Ma Ettore rimane uno dei più grandi allenatori di Europa”

Meglio lui o Obradovic? “Obradovic ha vinto di più ma sono bravi entrambi”

Il maggior talento di Scariolo? “Sa adattarsi alle sue squadre, è migliorato rispetto alle sue ultime stagioni nelle squadre di club europee. E lo si è visto anche con la Spagna, vincono vincendo bene le partite importanti. Anche tecnicamente mi è piaciuto, per come è andato in NBA a vedere il basket da un altro punto di vista.”

La Virtus del 1998 che farebbe in questa Eurolega? “Eravamo una squadra lunga, ma ora ci sono tante partite, tante squadre, e devi avere anche la fortuna del calendario, di affrontare squadre con infortuni. Lo stesso Partizan ha faticato in certe partite che, a giocarle adesso, sarebbero finite diversamente. Le spagnole hanno un campionato nazionale difficile, non possono far riposare il quintetto e quindi soffrono, e anche in Italia rischi di perdere a Brindisi o Reggio Emilia”

Quanto incide la presenza di Teodosic in campo? “Ha visione di gioco incredibile, capisce un attimo prima quello che succede in campo. Non gli puoi chiedere di difendere tuttocampo e mettere tiri importanti, può esserci qualche palla persa ma quando conta la mette. E Scariolo lo sta gestendo bene, dandogli giorni di riposo, unico modo per farlo arrivare fresco a fine campionato”

Tu lo metteresti in una tua squadra di Eurolega? “Sì, a me piace vedere gente che sa giocare a basket. Correre e saltare lo fanno in tanti, ma lui sa giocare, anche se sembra si sia appena svegliato ne fa 30 e in due giocate può cambiarti una gara”

Meglio lui o Rigaudeau? “Non so. Rigaudeau aveva meno talento ma era più consistente, sapevi sempre cosa ti avrebbe dato. Mi piaceva tantissimo, sapeva giocare anche spalle a canestro, era completo”

Lundberg non sta andando bene. “E’ un giocatore a cui piace mettere punti, è diverso da chi gioca per la squadra. Lo puoi usare da 1 e da 2, ma va capito che è al primo anno in Virtus, dove se non fai bene subito hai delle alternative pronte. Ma è bravo, e tante squadre lo hanno cercato”

Tre giocatori imprescindibili per la Virtus? “Shengelia è importante, poi mi piace anche Cordinier, e Pajola per come difende. Peccato che Teodosic e Belinelli fatichino a giocare insieme per l’età, sarebbe stato bello vederli qualche anno fa.”

Che effetto ti fa rivedere le azioni del 1998? “E’ stata la prima vittoria della Virtus in Eurolega, è stato bellissimo spostare 6000 persone a Barcellona. E’ stata una competizione dura, abbiamo battuto la Fortitudo in due sfide durissime. Bei tempi, Bologna era la capitale della pallacanestro europea. La rissa? Andavamo al ristorante insieme, poi giocavamo… Ho avuto la fortuna di vivere in questa città, ora abbiamo Belgrado che ha due squadre in Eurolega ma si tirano in campo bottiglie di cristallo”

E’ finita l’era dei centri alla Griffith? “Qualche giocatore forte in area è sempre necessario, uno come Shaquille penso non sia mai uscito sul pick and roll in vita sua. A me piace sempre avere un centro a cui dare la palla spalle a canestro, solo che nessuno lavora più su quei movimenti. Sono tutti atletici, saltano tanto, anche nelle categorie inferiori non si cerca più qualcuno che sappia giocare in area. Ma quel che conta è trovare qualcuno che sia bravo, indipendentemente dal ruolo”

La Virtus è da playoff in Europa?“Rischia di essere penalizzata dagli infortuni e dalla competitività del campionato italiano, ma può farcela”

La Virtus è penalizzata dagli arbitraggi? “Tutti piangono, a turno. Ma l’arbitro sloveno di cui parlate è uno dei migliori, e la media non è bassa. Non penso che certe squadre siano tutelate, se sei forte ti tuteli da solo”

Quello di Wilkins era fallo? “Chiarissimo”