RICCARDO MORANDOTTI

(giocatore)

nato a: Milano

il: 18/09/1965

altezza: 200

ruolo: ala

numero di maglia: 13

Stagioni alla Virtus: 1991/92 - 1992/93 - 1993/94 - 1994/95 - 1995/96 - 1996/97 - 1997/98

statistiche individuali del sito di Legabasket

biografia su wikipedia

palmares individuale in Virtus: 4 scudetti, 1 Coppa Italia, 1 SuperCoppa, 1 Eurolega

Clicca qui per Riccardo Morandotti dirigente

RICCARDO MORANDOTTI

year book 1997/98

 

Ne ha suonato di basket, Ricky, con quella faccia da sassofonista yankee e quello sguardo sempre da "passavo di qui". Scanzonato, ironico, geniale, sensibile, umorale, passionale, gigionesco. Distaccato solo apparentemente ma, in realtà, tremendamente innamorato dei canestri e della V nera. Per questa maglia, lui che ha quella faccia un po' così e quel sorriso sarcastico come una maschera, ha sofferto e lottato come una bestia. Cambiando modo di giocare per diventare un uomo-squadra, trasformandosi dal bomber torinese che era (in 8 stagioni all'Auxilium da 13 a 22 punti di media) in gregario di lusso, da attaccante a difensore. E lottando contro le bizze del suo cuore, che ad un certo punto costrinse i medici a levargli il pallone per qualche mese.

Nato a Milano il 18 settembre del 1965, dopo la lunga esperienza torinese ha vinto una Coppa Italia a Verona e poi è approdato a Bologna contribuendo sostanziosamente alla conquista dei tre scudetti filati (ai quali, da editore-libraio, ha dedicato uno splendido libro senza badare a spese "perché quello che avevano fatto restasse per sempre, in un album fatto come dico io"). Dopo sei anni bianconeri, la veloce parentesi varesina e il ritorno a casa. A lavorare nell'ombra recuperando la voglia e la forma fisica migliore e ad aspettare senza brontolare, ritrovando feeling con Messina che si stupisce ogni giorno dell'abnegazione disciplinata di questo veterano stravagante, lunatico e molto simpatico.

 

MORANDOTTI FA VOLARE LA KNORR

di Giovanni Lennoni - La Stampa - 23/12/1991

 

Un sacco di carbone per la Scavolini sotto l'albero, un Natale dolcissimo invece per la capolista Knorr, che approfittando della sconfitta interna della Philips porta a quattro punti il suo vantaggio in classifica e si laurea campione d'inverno. Bologna ha vinto una partita (90-87) che sembrava già chiusa dopo il primo tempo (49-37) e ancora di più al 30' (73-51), ma che si è improvvisamente riaperta a tre minuti dalla fine, quando la Scavolini, al termine di un lungo inseguimento, si è portata a soli tre punti dai bolognesi (86-83). È stato allora Brunamonti, forse il peggiore dei suoi fino a quel momento, a mettere a segno l'unico canestro della partita, quello decisivo che ha sancito la fine del match.

L'avvio è, comunque, da libro «Cuore». Il pubblico tributa un uragano di applausi ad Alberto Bucci, tecnico dei pesaresi ma anche l'uomo che regalò nel 1984 lo scudetto della stella a Bologna, vittoriosa nell'ultima finale a Milano. Roberto Brunamonti festeggia invece le 300 partite in maglia bianconera e riceve un mazzo di rose rosse, quasi come una vamp.

Bucci predispone una difesa a uomo troppo allegra, mentre il suo collega Messina mischia le carte con una zona-uomo che imbriglia la Scavolini. Daye soffre i contatti fisici, Magnifico è l'ombra di se stesso e Workman fa più confusione che altro. Tocca così a Gracis tenere i contatti con la Knorr, che dopo tre soli minuti perde Wennington, fuori per tre falli. Ma il suo sostituto Dalla Vecchia non ha paura di sporcarsi i gomiti e Binelli libera i suoi virtuosismi, umiliando Costa e Magnifico. Fra i pesaresi si mette in luce Granoni, ma il divario comincia a farsi pesante (32-23 al 10'), con Zdovc e Morandotti molto concreti.

La Scavolini riesce ad arginare la Knorr entro i 12 punti al riposo, ma in avvio di ripresa conferma la scarsa vena di Magnifico, Costa, Daye e anche Workman, subendo ancora (6546 al 25', 73-51 al 30'). Con Binelli al posto di Wennington, la Knorr non sembra avere alcuna difficoltà a mantenersi in vantaggio di una ventina di punti. Ma sul +22 (73-51), il coach Messina toglie Morandotti e Binelli, mandando in collasso la sua squadra. Magnifico comincia a segnare e Gracis si ricorda di essere una delle guardie italiane più titolate. È proprio lui a suonare la riscossa per la Scavolini, che risale lentamente di fronte ad una Knorr quasi ipnotizzata ed inerme (80-70 al 35').

Bologna sbaglia sei tiri di fila, Magnifico trova un paio di canestri importantissimi, Gracis non sbaglia quasi mai: si arriva così a 86-83 quando mancano soltanto tre minuti alla fine. Ed è qui che Brunamonti trova la «bomba» decisiva, quella che laurea Bologna campione d'inverno con un turno di anticipo.

Si chiude così la partita forse più brutta vista quest'anno al palasport bolognese. Gli arbitri, tuttavia, alla fine riescono ancora una volta a essere protagonisti in negativo del match: dopo uno screzio tra Bucci e la «giacchetta nera» Colucci, volano paroloni: persino Magnifico viene coinvolto. Si sfiora la rissa. Pesaro esce così di scena mestamente: davvero un brutto Natale per la Scavolini.

 

MORANDOTTI COLPITO O SVENUTO?

di Emilio Marrese – La Repubblica – 01/02/1992

 

C'è un piccolo giallo Morandotti: colpo in testa o mancamento? La Knorr conoscerà oggi l'esito degli esami di Riccardo Morandotti. Il giocatore, fermato giovedì sera dai medici della società prima che scendesse in campo contro il Barcellona, avverte ancora qualche capogiro, problemi di equilibrio, occhi pesanti. Il malessere dovrebbe derivare da un colpo che l'ala virtussina ha rimediato in testa, domenica scorsa, durante la gara contro la Benetton. Ma ieri sera Rete 7, emittente bolognese, ha mostrato un filmato dell'azione: Morandotti non è stato colpito, ha avuto un mancamento o uno svenimento. Non è riuscito a terminare la partita di Treviso e, da martedì, ha cominciato a soffrire di mal di testa e vertigini. Mercoledì è stato sottoposto ad una Tac all'ospedale Maggiore di Bologna. Il suo impiego giovedì sera è stato sconsigliato dal medico Roberto Rimondini, che però parla di un colpo alla mandibola e non al capo. "Non sono soddisfatto degli esami - ha spiegato il dottore e ritengo opportuno procedere con ulteriori accertamenti prima di far tornare Morandotti in campo". Il giocatore, che ieri si è messo in tuta solo per fare qualche tiro, ma senza allenarsi con la squadra, sarà sottoposto stamane a una nuovi esami. Sembra comunque da escludersi l'utilizzo di Morandotti nella partita di domani contro la Robe di Kappa Torino. "Speriamo di poter togliere qualsiasi riserva sulle sue condizioni - ha detto il presidente Cazzola - all'inizio della prossima settimana". Dunque, la Knorr non pensa comunque di aver esaurito tutti gli accertamenti con quello di stamane. Quest'ultima disavventura di Morandotti in città è stata collegata alle voci che già circolavano a proposito di una sua presunta patologia cardiaca, voci che erano state amplificata, qualche tempo fa, da un articolo apparso su un settimanale specializzato. L'atleta ieri ha detto di non aver mai avuto problemi al cuore.

 

MORANDOTTI, ADDIO AL BASKET? PER ORA SI FERMA 40 GIORNI

di Emilio Marrese – La Repubblica – 02/02/1992

 

Carriera finita per Riccardo Morandotti? Il giocatore della Knorr ha il "cuore matto" e la società ha deciso ieri di fermarlo per almeno 40 giorni, in attesa di accertare la gravità della sua extrasistolia. Saranno i professori Bracchetti di Bologna e Furlanello di Trento, due massimi esperti nel campo, a studiare i rischi di questa aritmia cardiaca. Al momento non è possibile ipotizzare se Morandotti perderà solo questa stagione (nella migliore ipotesi potrebbe riprendere solo nella tarda primavera) o se la sua bella avventura tra i canestri è finita qui. L'anomalia del battito cardiaco accompagna da sempre la carriera di molti atleti (ad esempio i pallavolisti azzurri Zorzi e Lucchetta) ma in un caso analogo a quello del 26enne ex azzurro (un malore durante la partita) c'è stato anche chi in campo non è più potuto tornare, come Riccardo Pippi, schiacciatore di Ravenna. Il problema cardiaco di Morandotti era noto da tempo e la Knorr, sin dall'acquisto del giocatore la scorsa estate, aveva sempre controllato con scrupolo la situazione, sottoponendo l'ex veronese a frequenti test. Anche il medico sportivo del Coni confermava alla Fip l'idoneità del cestista solo dopo ogni verifica trimestrale, anziché annuale come nei casi normali. Morandotti, assicurano i medici, non ha mai rischiato la vita giocando, un accostamento al caso Manfredonia non è corretto. Quando però, domenica a Treviso, ha accusato per la prima volta un malessere in campo, hanno deciso di fermare la sua attività per capirne le cause. L'ala bianconera aveva avuto un mancamento durante un'azione: un capogiro e una perdita di equilibrio che lo avevano costretto ad abbandonare la gara. Giovedì, dopo una serie di esami dall'esito insoddisfacente, la Knorr ha deciso di non schierarlo nella partita di coppa col Barcellona e la mattina successiva lo ha portato ad un consulto con Bracchetti, il primario di cardiologia che si occupò di Manfredonia al Maggiore di Bologna, e Furlanello, direttore di un centro di aritmia a Trento. "L'extrasistolia - aveva spiegato Bracchetti in occasione del caso Zorzi - diventa preoccupante se esistono anche altri rilievi patologici, come un prolasso nella valvola mitralica, una cardiomiopatia o una displasia del ventricolo destro". Soltanto se Morandotti avesse avuto addosso, domenica scorsa, un Holter (l'apparecchio per l'elettrocardiogramma dinamico), i medici avrebbero potuto capire le cause del malore. Il quadro sarà chiarito meglio dagli specialisti questo pomeriggio, in una conferenza stampa che la Virtus ha convocato prima della partita contro la Robe di Kappa Torino. Pare che nel contratto siglato tra Verona e Bologna per la cessione del giocatore esista una clausola che riguardi proprio questa eventualità. La Virtus deve ancora pagare rate per 8 miliardi (su 11) e i veneti, intanto, fanno sapere che Morandotti è stato venduto idoneo e che sono pronti ad affidare ad un legale la tutela dei loro diritti. Ma, al di là dei singoli interessi economici, l'unica cosa che conta è che il basket italiano non perda uno dei suoi migliori protagonisti.

 

PAROLA DI RICKY

di Werther Pedrazzi - Giganti del Basket - 25/02/1992

 

Sarà stata la musica, Ricky, che ti ha fatto battere forte, forte il cuore. Quel tuo sax da cui non puoi più separarti, che ti è entrato nelle vene. Il suo suono è così: un po' basso, un po' alto, un po' sordo e un po' struggente, un po' lento e poi di colpo galoppante. E tu, che gli vai sempre dietro con il cuore, poi non ti devi lamentare se qualche volta rallenta e altre accelera i battiti.

Sotto i portici di Bologna la voce di Ricky si perde, o rimbomba, nella nebbiolina invadente, Un cuore da curare, una rabbia da sfogare.

Cosa farai domani?

Sai cosa faccio? Mi compro una moto.

Già, come cantava anche Giorgio Gaber: nel dubbio mi compro una moto. Ma per fuggire da cosa?

Sono depresso!

Perché?

È una situazione troppo nuova quella che sto vivendo e mi ha colto impreparato.

In che senso?

Questo dannato problema, chiamalo come vuoi tu... Ho sempre vissuto senza mai la minima preoccupazione per il mio fisico, quindi l'istinto sarebbe quello di non volerci credere. E poi, la vita di un giocatore scapolo è fatta di basket, amici, ancora basket, ancora amici e via di seguito. Se gli togli metà abbondante della sua vita, permetti che uno si senta un tantino strano? Quasi amputato.

Ti restano, però, gli amici?

Fondamentali. Soprattutto quelli che mi prendono in giro sdrammatizzando.

Parlaci del momentaccio di Treviso.

Per me, soggettivamente, è stato solo un annebbiamento normale. Sono molto emotivo e prima delle partite importanti ho sempre la faccia spiritata, sudo e mi stresso. Solo che subito dopo ho collegato il tutto alla faccenda che, bene o male, mi rompe le scatole da agosto.

Hai detto agosto?

Anche da prima, per essere precisi dalla fine di giuno.

Con il tuo lungo silenzio, hai mentito più agli altri o a te stesso?

Confermo che la Virtus mi ha informato del problema delle extrasistole fin dalle visite mediche di giugno. Però sapevo quel che so: cioè che la Virtus mi ha costantemente informato.

Tutte le società si sono comportate altrettanto correttamente?

Non fare il furbo, parla chiaro. Se ti riferisci a Torino e Verona, devo premettere che non penso proprio che la Glaxo abbia voluto scaricarmi, cedendomi a Bologna. Però posso fare un appunto: entrambe non hanno forse dato il peso necessario al mio problema.

Dunque confermi che lo sapevano fin dai tempi di Torino?

Te ne racconto una bella: quando sono tornato a Torino dal campo degli Atlanta Hawks hanno attribuito le extrasistole al fuso orario.

Dai, scordiamoci il passato e parliamo un po' del futuro.

Purtroppo so che, con tutto il pandemonio che si è scatenato, prima di riavere l'idoneità mi conteranno anche i peli che ho... in testa.

Non sei contento? Una garanzia per la tua salute.

È vero, diventerò la persona più sana del mondo. Ma lasciami fare un appello: quando tornerò in campo vorrei che nessuno mi ricordasse più questo brutto episodio.

Permetti un gioco assurdo: e se non te la dessero più, l'idoneità?

Andrei a fare il panettiere, il droghiere, il tappezziere, il pompiere... Scherzi a parte, non credo che rimarrei nel basket ad alto livello. Piuttosto andrei all'oratorio di Rozzano, con il "mio" pallone, dove non ci vuole l'idoneità per giocare. Ma cosa mi fai dire? Io tornerò nella Knorr...

E ci sbatte in mano un pacco enorme di lettere, in questi giorni il postino suona sempre due, tre, quattro e anche cinque volte a casa sua. Anche lui, il postino, crediamo non veda l'ora che Ricky guarisca, e non solo perché tutti i postini di Bologna tifano Knorr. Lettere di incoraggiamento, umane, toccanti, senza retorica. C'è anche chi, semplicemente gli manda un brano di Herman Hesse e, sotto, un nome per firma. Senza indirizzo del mittente: gente, cioè, che non cerca di avvicinare il campione, ma di mandare un segnale di solidarietà all'uomo. Adesso ha preso il volo dalla Malpensa verso il Sud Africa (ma quando il giornale uscirà sarà già tornato), in vacanza con Marta, una ragazza molto speciale, molto vicina al suo cuore. Appena salito sull'aereo ha trovato una simpatica sorpresa: la S.A.A. (South Africa Airways) gli ha mandato le sue hostess con una bottiglia di champagne e una ghiottissima torta, a forma di pallone di basket, perfetta anche nei particolari, con scritto: Auguri Ricky. Anche noi ci associamo.

 

MORANDOTTI 'LA VITA È ADESSO'

di Walter Fuochi – La Repubblica – 10/04/1992

 

"Sono stanco. Oggi mi sono allenato, ma non come gli altri. Mi sono fermato alcune volte, ma quegli esami di ieri sono stati proprio un massacro. Sono pronto a giocare domenica: quando l'allenatore mi dirà di entrare sarò emozionato, si capisce, ma passerà. Non so dire cosa potrò fare: sono fermo da due mesi, in pratica sarà come la prima partita d'agosto. Ma l'importante è sapere che la mia vita da atleta ricomincia. Che prima ero il giocatore più malato del mondo, e adesso sono il più sano". Nel corridoio della palestra della Virtus all'Arcoveggio, appena uscito dalla doccia, prima di imbucarsi di nuovo coi compagni a stappare due bottiglie, Riccardo Morandotti ha raccontato così il suo ritorno alla vita di cestista. Ieri, il suo nuovo battesimo fra i canestri ha avuto gli ultimi timbri. L'idoneità all'attività agonistica è stata firmata dal professor Bruno Carù, il suo dottore, abilitato a concederla come medico sportivo. Varrà addirittura per un anno: più della precedente, semestrale, che fu siglata l'estate scorsa e stava per scadere quando, il 26 gennaio, Morandotti accusò a Treviso problemi cardiaci, e pareva un giocatore perduto. Di lì, il suo calvario ha avuto tappe controverse: un periodo di de-training, che aveva acceso le ipotesi più pessimistiche, e che si è chiuso con lo scioglimento del collegio di tre aritmologi che dovevano "riqualificarlo". Defilati i professori Bracchetti e Furlanello, è andato avanti il solo Carù, sottoponendolo a una lunga serie di test clinici, e giudicandone infine l'extrasistolia "benigna", e non collegata a una lieve, non condizionante imperfezione aortica. "Non ho mai pensato di dover smettere - diceva ieri -, anche nei momenti in cui tanti dicevano che non sarei più rientrato. Ho avuto fiducia e, anzi, il periodo peggiore è stato quello dell'incertezza, quando non sapevo come sarebbe finita e aspettavo una risposta, un sì o anche un no, che chiudesse la questione. Adesso l'incubo è passato, vorrei non parlarne più. Quello che ho non si può neanche definire un problema: ho un cuore fatto così, ma non inadatto allo sport". Domenica, nel primo play-off contro la Clear, riavrà il suo numero 13: non fra i primi cinque, ma almeno per 15' . Dimostrasse di poterli dilatare, il coach Messina lo userebbe anche di più, avendo pure Binelli afflitto da un menisco. Gli servirebbe cioè il Morandotti dei primi mesi: non solo ala, ma anche vice-pivot. Ma il tecnico non sogna. "Non so quanto Ricky potrà darci: questi rientri non sono solo una questione fisica, ma anche di testa e di entusiasmo. Sarà una spinta per il morale della squadra, ma ci sforzeremo di non aspettarci niente da lui, di considerarlo solo uno in più, di grande talento: poi, se sapremo andare avanti nei play-off, l'avremo sempre più in forma".

 

BOLOGNA RIACQUISTA MORANDOTTI: 12 MILIARDI

di Walter Fuochi – La Repubblica – 30/05/1992

 

La Knorr ha in mano Morandotti e Moretti. Pagherà alla Glaxo 12 miliardi e mezzo (3 già versati l'anno scorso) per uno degli affari più complicati del basket mercato: Morandotti, che a Verona era stato restituito dopo i guai cardiaci, viene in pratica riacquistato, insieme a Moretti (22 anni, ala) e a Gallinari, infilato dalla Glaxo nel pacchetto; in cambio, oltre ai soldi, andranno a Verona Dalla Vecchia e la comproprietà di Bonora. Milano trattava Morandotti per 5 miliardi, Pesaro Moretti per 7 più Grattoni, ma l'affare della Knorr è virtualmente concluso, ieri Bologna ha ricevuto la bozza di contratto. Il mercato s'accenderà ora intorno a Carera, conteso da Roma, Milano e Bologna, e Myers, su cui punterà Pesaro.

Contro i Phoenix Suns in un McDonald's Open


MORANDOTTI NUOVO STOP

di Walter Fuochi – La Repubblica – 02/12/1992

 

Riccardo Morandotti deve fermarsi ancora. Non per il ginocchio, che l'aveva bloccato l'ultima settimana, con un sospetto, poi rimosso, di menisco. Ma per il solito cuore, quello che già la scorsa stagione lo tenne lontano dai campi 76 giorni, facendone temere la fine della carriera. Il presidente della Knorr Alfredo Cazzola l'ha comunicato ieri, nel corso di un'improvvisa conferenza stampa, raccontando che la società aveva ricevuto lunedì un fax dal professor Bruno Carù, cardiologo del giocatore, con l’invito a tenerlo a riposo fino alla prossima settimana. Morandotti, che si stava allenando blandamente al palasport, l’ha confermato poco dopo, minimizzando l’allarme. "Salterò solo la partita di sabato a Livorno, ma il 10, col Paok in Coppa, ci sarò. Mi sento benissimo, non c'è niente di grave: ho fatto normali controlli di routine ed è saltata fuori la necessità di fermarmi per 2-3 giorni, di evitare allenamenti tirati al massimo. Ne avevo parlato col professore e sono tranquillissimo". C'è un "giallo", però, a turbare il clima di ostentata serenità che società e giocatore si sono imposti. Ed è che il professor Carù, stilato e spedito l’invito a bloccare Morandotti, senza corredarlo, sostiene la Knorr, di nessun’altra spiegazione, se n’è andato negli Stati Uniti per convegni, sospendendo ogni decisione fino all’8 dicembre, data del suo rientro in Italia. A ieri sera, il medico risultava irrintracciabile per tutti. Cosicché Cazzola denunciava la "prassi sorprendente" e Morandotti ribadiva che "Carù ha sbagliato, scrivendo un messaggio e andandosene via". Ma restava appunto il mistero sull’entità del problema del giocatore e sulla durata della sua pausa forzosa. Il professore milanese Bruno Carù è lo stesso che in primavera rispedì in campo Morandotti, i cui guai cardiaci erano comparsi quando accusò capogiri a Treviso, in una partita di fine gennaio. Ricky aveva poi attraversato il calvario di una lenta ripresa, di ripetuti dolorosi esami e di una polemica clinica che contrappose i medici, riflettendosi poi in una contorta vicenda di mercato. La Knorr, che l’aveva acquistato da Verona e ne stava pagando le rate, lo ricusò e poi lo ricomprò, assieme a Moretti: con lo sconto comunque, dai 10 miliardi dell’estate precedente ai 4,5 di questa. Ma fu proprio Carù, il suo medico di fiducia, a firmare l’idoneità alla pratica sportiva, ed è Carù che da allora lo sottopone a periodici controlli. Quello a cui risale quest'allarme è stato fatto a metà novembre, durante la sosta di campionato, nel centro di Tradate "Fondazione clinica lavoro" dove esercita Carù. "Feci il test sotto sforzo in clinica - racconta Riccardo - ed era tutto okay. Poi mi diede l’holter, la macchinetta da tenere addosso 24 ore. Quando la riconsegnai, risultò qualche aritmia di troppo, credo dovuta a stanchezza o a nervosismo. Parlai col professore al telefono due volte, venerdì e sabato, mi disse di rallentare un po'. Ma l’indomani andavamo a Cantù e mi disse che potevo tranquillamente giocare. Avessi avuto un problema serio, me l’avrebbe impedito. Per questo, anche adesso, non sono minimamente preoccupato".

 

MORANDOTTI FUORI DAL TUNNEL

di Walter Fuochi – La Repubblica – 10/12/1992

 

Riccardo Morandotti può tornare a giocare. Dopo una sosta forzata di un mese, sarà in campo il 20 dicembre, a Milano con la Philips. Tre partite ha saltato finora, altrettante gliene toccano: il Paok stasera e la trasferta di Tel Aviv (il 17), nell’Euroclub; la RobediKappa (domenica 13) in quello italiano. Ieri Morandotti ha incontrato, assieme al medico e a un dirigente della Knorr, il suo cardiologo, il professor Carù, ma gli esami gli verranno fatti nei prossimi giorni: sarà decisivo l’holter del 17, superando il quale il giocatore rientrerebbe a Milano, nel match con la Philips che, per Telemontecarlo, si giocherà alle 15. Da parte sua e da parte della società, si attende insomma, con diffuso ottimismo, il ritorno a una condizione di normalità, dopo che un aumento dell’aritmia, riscontrato in un esame a metà novembre aveva consigliato un periodo di pausa e alimentato qualche allarme circa il suo futuro da atleta. Ora Morandotti dovrà sostenere solo leggeri allenamenti individuali: comincerà stamane, seguito dal preparatore del club, professor Grandi. In un comunicato emesso ieri dalla Knorr, stilato assieme al professor Carù, si legge che poi "il giocatore potrà riprendere la propria attività senza alcuna limitazione". Ed è questo, secondo la società, il dato più positivo. è rimasta inalterata l’idoneità per un anno che gli fu concessa in aprile, quando rientrò dopo una pausa di 76 giorni. Nessun aggravamento dalle condizioni fisiche di allora s'è dunque verificato alla luce dei recenti esami. Questo qua, lo chiama, e si punta l’indice al petto. Questo qua è un cuore che batte come vuole e che non parla. Che non l’avverte, quando s'affatica e ingrana ritmi diversi dai normali, ma lo racconta solo alle macchine, che qualcosa non va. Riccardo Morandotti s'è abituato a conviverci, con questo cuore bizzarro. Gli basta solo che lo lasci giocare a basket: che è il suo lavoro e anche il suo divertimento, di ragazzo di 27 anni che quando non ha in mano un pallone ama accarezzare i tasti di un sax, ma solo per hobby, fra amici, perché è timido e non ammetterebbe mai estranei, alle sue strimpellate. Al basket ha dato molto talento, spesso ricevendo in cambio diffidenza: quando non convinceva, una timidezza tanto musona da scambiarla a torto per superbia gli toglieva la durezza per difendersi. Passa per uno dei migliori giocatori italiani, fra i pochi armati di tutto, fisico, coraggio, talento; ma in Nazionale ha avuto finora poca vita. Potrebbe risarcirsi tra poco, se davvero il tecnico azzurro sarà Messina, che lo farebbe giocare sempre, o Bucci, che a Verona ne ha fatto un giocatore, quando prima a Torino gli bastava vivere di fantasia. L’allarme è cessato, Ricky potrà tornare in campo, con una sola avvertenza: che, ogni tanto, la macchina da basket Morandotti, una delle più belle ed efficaci, ha bisogno di fermarsi, di scaricare eccessi di fatica e di stress. Ma la macchina, dice lui, non ha una spia della riserva, non manda segnali. "Questo qua" fa di testa sua e non gli parla. "Sto bene, sono normalissimo, nessun problema. Ho letto tanti titoli sui giornali, ho visto in tv immagini che c’entravano poco con questa storia. Ma pazienza, so di non essere l’ultima ruota del carro, in questo gioco, e ne conosco le regole. Mi dicono che non ho problemi, ma io, di stare bene, l’ho sempre saputo. Però è vero: in questa faccenda dovevamo tutti essere più chiari". "Ieri mattina mi sono chiuso due ore nello studio con Carù. Avevo bisogno di sapere tutto su questo cuore, volevo che non ci fossero più equivoci. E lui m'ha detto tutto, anche quello che, all’inizio di questa storia, non s'era ben capito. Sì, lo so che lui mi dava versioni addolcite, perché non era il caso di allarmarmi per problemi che non esistono. Ma ho 27 anni, non sono un bambino, e soprattutto ho bisogno di sapere veramente cos'ho. Così, all’ultima visita, quando mi disse: rallenta un po', io non potevo pensare alle partite, o a una sosta di 30 giorni. Pensavo bastasse frenare un po' in allenamento. E tranquillamente giocai a Cantù". "Dopodiché, quando mi fermò con la lettera alla società, ero convinto di giocare subito: questa sera coi greci. Ieri speravo che mi avrebbe fatto rientrare domenica con Torino, ma sono contento lo stesso. Aspetterò, farò solo allenamento, non è il caso di sbattersi su qualche giorno in più. L’importante è che il problema non esiste. E che, se avrò di nuovo bisogno di fermarmi, sarà una roba di pochi giorni. E la prenderò con tranquillità, sapendo tutto per bene, invece di farmi venire le nevrosi come adesso". "No, nevrosi non è la parola giusta. Semplicemente mi girano le scatole. Perché star fuori è dura. Vedo gli altri che s'allenano, faccio un salto a vedere le partite, ma le guardo da un corridoio del palazzo, in mezzo alla gente, e me ne scappo subito. Non mi piace fare il giocatore che non gioca e poi dover parlare di cose che non mi vanno. è solo un momento, poi so che posso andare avanti tranquillamente per dieci anni. Basta essere tutti d' accordo: io, la società, l’allenatore. Sono messo così, se ogni tanto devo fermarmi, pazienza. Io a Bologna sto bene, giocare a basket mi piace tantissimo. Ma devono essere d'accordo anche loro". "Con questo cuore ci gioco da vent’anni, ma senza saperlo. Non sapevo delle aritmie, e dunque non ho mai convissuto con un cuore matto. Semplicemente, da pochi mesi, cioè da quando me l’hanno detto, convivo con una situazione che non mi pare così tragica. Mi ha seccato sentirmi mezzo morto, rivedere in tv le immagini dell’anno scorso, a Treviso, quando ebbi quei capogiri e neppure so se fossero proprio dovuti al cuore o a che altro. Comunque lì fu l’occasione per andare a fondo, per fare tutti gli esami e vederci chiaro. Ora la situazione è diversa. L’anno scorso non sapevo niente, mi sentivo un giocatore identico a tutti. Adesso so che ho un cuore un po' così". "L’ho imparato a Bologna. Avevo giocato a Torino e a Verona, tutto bene. In Nazionale andavo e venivo, ma nessuno m'ha mai detto che mi lasciavano a casa per problemi medici. Io ricordo solo che un paio di volte mi hanno scartato l’ultimo giorno, che ci soffrivo un po', ma penso come tutti. è stata a Bologna la prima volta in cui mi hanno detto: guarda Riccardo, c’è un problema. Da allora, ogni tre mesi faccio un controllo: la prova sotto sforzo in clinica, l’holter che tengo addosso 24 ore. E finisce lì". "La settimana prima dell’ultimo esame non m'ero accorto di niente. Sì, ero un po' nervoso, ma io sono spesso nervoso, ho i fatti miei e poi sono fatto così. Mi prendo a cuore le cose, mi emoziono, non parlo e mi tengo tutto dentro. Sono quello delle cause perse, sta pur sicuro che io, tra due, finisco sempre dalla parte di quello che ci rimette. Ecco, ero nervoso, ma non stanco. E non ce l’ho una spia che mi dice: alt, fermati, il cuore non va".

 

"ARRABBIATO, ANCHE SE VINCO"

Morandotti non allenta la tensione: "una battaglia dopo l'altra"

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 03/01/1995

 

Arrabbiato sempre. Ma quella di Roberto Morandotti  è una maschera per nascondere il talento di un giocatore che alla Buckler ha dato tantissimo. Giunto a Bologna in una Virtus che aveva appena perduto Richardson - "non. Aver giocato con Sugar rimarrà sempre uno dei miei più grandi rimpianti" ripete spesso - Morandotti si è ritagliato uno spazio sempre più importante e fondamentale. E da grande talento offensivo ha saputo adeguarsi alle richieste di Messina prima e di Bucci poi, che hanno inventato uno stopper straordinario, capace con le sue braccia smisurate, di difendere sui lunghi, così come sulle guardie. Ricky è uno che brontola sempre, mugugna, impreca, ma quando si tratta di rimboccarsi le maniche e sudare e prendere colpi per il bene della squadra non si tira indietro. E nella nuova situazione che si è venuta a creare nello spogliatoio bianconero, un "General Hospital" ormai, si è riscoperto realizzatore, perché qualcuno deve pur garantire i trenta punti che erano nelle mani do Danilovic e i venti di Moretti, che scende in campo stringendo i denti, senza poter incidere, a causa della pubalgia, come vorrebbe.

Con Abbio ha risolto la sfida con la Benetton. Come si sente?

"Sinceramente sono tranquillo come lo ero prima. Anzi ero arrabbiato prima e lo sono anche adesso, in fondo non è successo nulla di particolare, anche se siamo riusciti a vincere una partita che consideravamo come persa"

La vittoria della Buckler sembra un messaggio preciso al campionato. Avete vinto con mezza squadra. Chi potrà fermarvi?

"La squadra c'è, ma c'era anche prima, pur con qualche problema. In Europa siamo andati piuttosto bene, poi ogni tanto c'è qualche calo di tensione e ne paghiamo le conseguenze. Abbiamo vinto contro la Benetton, al contrario di altre volte quando, pur avendo i due punti in tasca, non abbiamo raccolto nulla".

E il Morandotti ispirato in attacco?

"Non c'è nulla di speciale. Stiamo attraversando un periodo particolare, con una lunga serie di infortunati. Questa è la pallacanestro, per fortuna che abbiamo una panchina lunga. Quanto al bottino personale non penso si possa parlare di miracolo. Lo stesso Abbio, che non ha un minutaggio molto elevato, ha realizzato 33 punti in 44 minuti di gioco. Manca Danilovic e lo stesso Paolo gioca per onor di firma. Avrebbe bisogno di fermarsi per la pubalgia, invece stringe i denti e ci dà una mano".

Non è cambiato proprio nulla?

"Se avessimo perso e avessi fatto schifo sarei rimasto arrabbiato per un paio di giorni. Abbiamo vinto e abbiamo trascorso un Capodanno in bellezza".

E magari ha anche più gente in libreria.

"Ma questo è l'ultimo dei miei pensieri. Adesso gioco a basket, mi piace, voglio farlo nel migliore dei modi. Abbiamo battuto la Benetton, dimostrando grande carattere e orgoglio. Ma era solo una partita, ora si ricomincia. Pensate forse che la partita di giovedì, con la Juventud Badalona, sia meno importante? No, ve lo posso assicurare, dobbiamo solo èensare a vincere. Per festeggiare c'è sempre tempo".

LA PRIMA MANO...

tratto da "3 volte Virtus" di Werther Pedrazzi

 

...

Non tutto funzionò, dunque, a dovere, almeno sulle prime. Ai primi di novembre si respira aria di crisi (si parla del campionato '92'-93 - ndb65). La Virtus, per esempio, aveva subito in casa un grande affronto, perdendo malamente dalla Scavolini, che aveva Bucci seduto in panchina, la sfida fratricida in Euroclub, una partita che Bologna aveva iniziato in fuga quindici a zero. Sasha era stato disastroso, un canestro solo, su undici tentati. Te c'eri quella sera, e ti fa effetto rileggere, adesso, quel che pensasti allora.

"Tira un'aria maligna fuori dal Palazzo, la luna porta attorno quell'alone di mistero che prelude alle notti dei misfatti. Come abbia fatto la Knorr a perdere il confronto con la Scavolini, è arduo da capire. Due partite dell'Euroclub, per Bologna, due sconfitte. La Virtus per vincere ha bisogno di almeno venticinque punti dal suo Nikita: se il killer non uccide, muore la Virtus. Questa non è, per il momento, ancora sindrome da dipendenza, ma fa venire in mente pensieri invadenti. Quello a disposizione di Messina, in questa stagione, è materiale composto da elementi atomici, e la loro fusione, si sa, è un problema di alta scientificità. Potrebbe essere soltanto questione di tempo. Ma, intanto, quando si siede in panca Riccardo Cuor di leone, il gioco s'impappina in forzate avventure, sospinte dall'individualità di quei talenti. Poiché, anche se a taluni può sembrare blasfemo, proprio Morandotti è l'unico passatore di questa squadra. E ci sono anche da registrare i contorni ancora vaghi e indecisi del profilo di Paolo Moretti, che ci pare un pochino sprecato nel ruolo di semplice vice-Danilovic...".

Qualcosa non quadrava era evidente. Alla Knorr, che aveva la migliore ala-piccola italiana (Morandotti), era arrivata la miglior ala-piccola d'Europa (Danilovic): inevitabile qualche sfregamento.

Ricky era molto nervoso, anche perché, dopo pochi giorni (prima della partita di Cantù, contro la Clear, il 22 novembre) veniva nuovamente fermato dal professor Carù, per via del cuore.

Ricky e Nikita: uomini contro.

Fuori di ogni metafora, era questo il problema principale di stagione. Facciamo un'altro bel salto in avanti, e andiamo con Ettore Messina a vedere la soluzione.

"Per tutto l'anno ci eravamo trascinati dietro qualche problemino di convivenza in campo tra Riccardo e Sasha. La risoluzione arrivò alle porte dell'inferno, dopo una settimana di marzo, terrificante... che poi ti racconto nel dettaglio. Eravamo un po' sfatti di tensione, si era alla vigilia del confronto casalingo con Milano, penultima gara della stagione regolare. La guerra dei nervi tra Sasha e Riccardo stava sputtanando tutto l'allenamento. Lo sai, come si, nevvero? Io ti passo la palla un po' in ritardo, tu ti giri e mugugni un vaffanculo, poi quando te scappi come un razzo in contropiede, io mi volto da un'altra parte e tiro da tre, e via di questo passo... Anche i compagni non ne potevano più. Allora penso, li caccio via, tutti quanti... Così anche i compagni, mi daranno una mano, nello spogliatoio, a prendere finalmente per le corna 'sti due tori. E, infatti, mentre se ne vanno, li sento borbottare... Sì, era proprio ora... non se ne può più... ha ragione il coach... adesso basta... è ora di finirla con questa menata. Quando raggiungo la squadra nello spogliatoio, per aprire il dibattito frontale, Danilovic e Morandotti erano ancora fuori che si facevano i... fatti loro. Quando entrano, loro due - sembra che siano appena andati al cinema insieme, ma che forza, questi due fratelli-ribelli - Io attacco: dunque, ragazzi, lo vogliamo risolvere il problema? Mi guardano tutti, stralunati, come se fossi matto da legare. Quale problema? Che dici, Ettore? Mai stati così bene tra di noi, sereni. Tranquillo anche tu. Anche per Sasha; nema problema. E Ricky? Coach... ma cosa sei... scemo?"

"Sono uscito, più che incazzato, ero di sasso. Mi sono consultato anche con Pasquali e Nadalini, non sapevo proprio cosa pensare. Cosa era successo? Semplice: i giocatori avevano deciso di alzare la cortina fumogena per non coinvolgermi nella questione, e vedersela tra di loro. Ancora io, però, non lo sapevo. L'ho capito quando il giorno dopo massacrarono Milano, e non hanno più perso una partita fino al sospirato scudetto. Certo, a pensarci adesso mi scappa da ridere..."

"Morandotti era proprio bestiale. Un martello, l'avvocato delle cause perse, un Robin Hood del duemila. Un giorno ho dovuto cacciarlo dall'allenamento perché continuava a contestarmi, diceva che permettevo si giocassero troppi palloni sugli esterni e troppo pochi sui lunghi, nota che lui giocava esterno... Mentre infilava la via dello spogliatoio l'ho sentito che mi borbottava dietro: sì, sì, cacciami pur via, che tanto l'anno prossimo te ne vai via tu e arriva Bucci, almeno quello applica un po' di giustizia in campo... Ricky è così, forever. Sarebbe un guaio per la Virtus, perderlo".

"Prima di andare avanti, bisogna che mi fermi un momento... per dire che sono molto legato a questi ragazzi, ad un gruppo che ha lavorato in una situazione delicata. Sapevano fin da gennaio che io ero l'allenatore della nazionale, potevano scaricarmi, farmi sentire come uno ormai di passaggio, che non era più sulla stessa barca, e invece non l'hanno fatto".

Morandotti, intanto, continuava a fare il suo mestiere... cioè: spaccare i maroni. Adesso se l'era presa a morte per la questione Wennington. Lo difendeva a spada tratta.

"Ma pensa un po' che roba - ancora oggi se la prende Ricky - Bill era una persona perfetta, viveva per la sua famiglia, sua moglie e suo figlio, e in campo lavorava come un ossesso. E lo contestavano - Pensa un po' che fenomeni: qui da noi pigliava ottocentomila dollari e non era buono, adesso a Chicago ne prende un milione, ed è uno buono per la NBA... - Dov'era l'errore? Che lo facevano giocare pivot e lui era un'ala-forte. è bastato mettere Carera al "numero cinque", con Bill "quattro", e Wennington, forse, dico, forse, ha sbagliato un solo canestro in tutti i playoff. Allora? Di un po': chi è stato l'uomo-playoff, in quello scudetto? Wennington è stato, ma non mi daranno mai retta...".

Il rendimento alterno del canadese durante gran parte della stagione poi la sua devastante esplosione nei playoff, in effetti, è stato un gran mistero nella stagione dell'undicesimo scudetto.

"Ma quale mistero! Il mistero vero è il seguente: come ha fatto quel pirla di Messina a impiegarci tutto quel tempo prima di mettere Wennington nella posizione giusta?" - E qui, attenti, alle sovrapposizioni del dialogo, non è più Morandotti che parla, ma lo stesso Ettore Messina, con la sua proverbiale autoironia - "La mossa venne a pennello, anche per la presenza di Flavione Carera - un mattone determinante di questo scudetto, e mi pare di poter dire anche nei successivi - che ha permesso alla squadra di non dipendere più totalmente da Binelli, che è bello, ma un po' alterno, e quindi di avere sia Gus molto più rilassato e in grado di esprimere al meglio il suo potenziale, con la squadra più tranquilla. Il bello, però, sapete qual è stato? Che ci fu una reazione a catena. Che una volta appurato che il suo amico Bill era finalmente felice, anche Ricky si è messo a giocare da dio, e lo abbiamo riscoperto anche come attaccante. Quella di Morandotti contro Kukoc è stata una serie fantastica: una delle chiavi tattiche della vittoria finale contro Treviso".

Ma allora Ricky qualche volta, quando pianta casino, ci prende?

"Le esprime malamente però le vede chiare, le cose...".

"Alle mie idee, io vado fino in fondo - ribatte la Moranda da Rozzano - Se parto sfondo e ci tengo che si capisca subito, forte e chiaro, quello che dico e intendo, senza troppi giri di parole. Agli allenatori ho sempre detto: dimmelo se non ti vado bene, finisco l'anno e faccio le valigie. Vado io, non mando mica via te. Però, lasciatemi parlare, parlo.. pago le multe... e parlo. Ohh, sta a vedere, il record delle multe nella storia della Virtus, ci scommetto, non me lo toglie più nessuno".

Perbaccolina, facciamo subito il conto? Ed anche il racconto?

"Dopo, adesso aspetta, che devo dirne due a 'sto canguro, che mi ha massacrato per un anno intero...".

"Ah, bravo. Adesso, sarei io quello che ha rotto il ...?". Fa eco Messina.

"Ettore ha avuto un unico, ma grande difetto... quello di andare ad allenar la Nazionale. Si stava così bene insieme qui a Bologna, a litigare. E poi rosicava dopo ogni sconfitta, ma questo, per me, non è un difetto, perché significava che ci teneva da morire, e in questo, non glielo avevo mai detto, sentivo che anche un po' mi assomigliava".

...

 

IL MANTELLO DEL VAMPIRO

di Werther Pedrazzi tratto da "3 volte Virtus"

 

...

A proposito di multe, Morandotti non aveva promesso di raccontarci il suo record personale?

"Fu in occasione della trasferta di Zagabria, e fu, soprattutto, colpa di mia mamma. è dall'età di quindici anni che sono fuori casa e non mi aveva mai chiamato al telefono con tanta insistenza: dove vai a giocare Ricky? A Zagabria, mamma. A Zagabria? Ma lo sai che ho sentito alla radio che stanno bombardando a 40 chilometri da quella città? E quel giorno, ripeto, unica volta nella vita, mi ha chiamato tre o quattro volte. Già non ero tranquillo di mio. Vado all'aeroporto di Bologna per partire con la squadra, ho già fatto il check-in, chiacchierando con i miei compagni non mi ero manco accorto di essere arrivato sotto all'aeroplano... Ma quale aeroplano? Di solito, per le trasferte dell'Euroclub la Benetton ci noleggiava il suo aereo personale, una bella bestia, comoda... Ma questa volta... Vedo lì un aeroplanino... Un coso che sembrava uscito dai fumetti di Paperino. Eh no! Nooo, prima mia madre e poi 'sto trabiccolo qua. Vabbè sfidare il destino. Ma non esageriamo... Mi giro di scatto e ficco il biglietto in mano ad Achille Canna... Te sei scemo... Sei proprio scemo, se pensi che io ci monti sopra... Ricky, dove vai? Ero già fuori dal Marconi. Il giorno dopo, però, a mezzogiorno ero a Zagabria a pranzo con la squadra, e con un bel venti milioni di multa sulla groppa. Ragazzi, tanto per chiarire, quella trasferta ve l'ho pagata io. E abbiamo anche vinto la partita".

...

 

RICCARDO MORANDOTTI

"Il chi è chi" 96/97, redazione Superbasket

 

Lui dice: quando ho smesso di tirare 20 volte a partita, ho iniziato a vincere qualche scudetto. Per merito di altri...

Una volta vinceva qualche partita, per merito suo...

Il giocatore più trasformato nella storia recente del basket italiano. Da giovane, era un super atleta che in contropiede era così ficcante da non far spendere a vuoto la parola NBA. Dai 40 in su, ora ne ha 32, se lanciato in avanti si ferma a palleggiare dietro la linea dei tre punti...

Molto dipende dalle motivazioni, che alla Virtus sono crollate mese dopo mese, stipendio dopo stipendio (il suo contrattone dimostra che anche Cazzola, qualche volta, spende male i soldi)...

Però è simpatico, intelligente, affidabile: meglio averlo uno così, in squadra...

Appassionato di libri e jazz, proprietario di una libreria sportiva a Bologna...

MANDO TUTTI A QUEL CANESTRO

Morandotti: cestista, libraio, sassofonista. Sempre "contro". Sfida le regole, litiga, protesta. Ma i tifosi l'amano. "Perché dico ciò che penso". "Si fa fatica a vendere libri. Una autobiografia? Forse la scriverò. Ma ho paura che interessi solo a mia madre...". "Sì, la guerra con Danilovic dura da anni, per ridere. E la Kinder attuale è davvero un gruppo molto affiatato"

di Gianni Gennasi - Il Resto del Carlino - 08/02/1998

 

Se giocasse nei sette nani sarebbe Brontolo. Se vivesse in un mazzo di carte, il jolly. Se facesse un western, il Buono, il Brutto e il Cattivo. Riccardo Morandotti, uno, qualcuno e centomila: giocatore di basket, libraio-editore, sassofonista, lupo solitario. Forse non è (più) un campione straordinario, sicuramente è un personaggio fuori dall'ordinario.

Milanese, classe '65, Ricky (o la Moranda, il Biondino, eccetera) è di famiglia borghese, multietnica: padre ex fotoreporter, madre inglese ex ballerina delle Bluebells, tre fratelli. Terza media, poi scuola professionale e troppi problemi con gli insegnanti (ma guarda...) per continuare tra i banchi. E fu pallacanestro. Talento, fisico, temperamento: Riccardo ha numeri da asso e li riverserà negli annuari: 495 partite in A, 5843 punti tra Torino, Verona, Virtus, Varese e ancora Virtus, dove è alla settima stagione: 72 presenze in nazionale; tre scudetti, una Coppa Italia. Da guastatore in attacco è diventato un agente speciale in difesa, dove non fallisce una missione. Tranne quando è impossibile. In un recente derby il coach Bucci gli affidò Myers, venne crivellato di bombe. Derby finito, finito pure il feeling con quell'allenatore.

Irascibile, sregolato, stravagante, scanzonato, imprevedibile Morandotti. Amato dai tifosi, rispettato dai compagni di squadra, stimato da nemici ed ex amici. Da sempre in lotta con le convenzioni, le convenienze, le conventicole. E la sfortuna. Torna in campo in questi giorni dopo uno stop di due mesi per l'operazione al menisco destro. Fu bloccato dai medici all'inizio del '92 perché dissero che aveva il cuore matto, quando in realtà l'organo non era diverso dal suo padrone. Come cestista l'hanno dato finito, cotto e sepolto a più riprese. Lui è ancora lì, tassello importante della Kinder, prima in Europa e in Italia, e vuole continuare anche oltre giugno, quando gli scadrà il contratto.

Da tre anni gestisce "Libri di sport", di fronte al Palazzarita. Una Mecca per gli appassionati, una avventura per lui. Ha mandato alle stampe quattro volumi: Guerrieri, Virtustriscudettata, Brunamonti, Esposito. Suona il sax, da solo ("davanti agli altri mi vergogno"). Da solo vive ("né cane, né gatto, bastano e avanzano i vicini...), va al cinema, ascolta jazz. Non ha orari, dimentica gli appuntamenti, mangia quando ha fame, scherza su tutto e tutti. Testimone di nozze di Paolo Moretti e testimone per l'Admo, associazione donatori midollo osseo. E se scriverà un'autobiografia, ne devolverà i proventi in beneficenza. "Ma forse interesserebbe solo a mia madre, che ne vorrebbe una copia gratis...".

Signor libraio-editore, come vanno gli affari?

"Un casino - risponde secco Riccrado Morandotti -. Si fa fatica".

Pentito?

"Pentito no, non ancora. Si sa, in Italia si legge poco, comprese le pubblicazioni di sport. Bisognerebbe dedicare più tempo a 'sto lavoro, ma io non ne ho".

In quale romanzo vorrebbe entrare da protagonista?

"Io leggo di tutto, perché sono curioso. Grazie a mia madre ho conosciuto il  mondo dei vari Wilbur Smith e Harold Robbins, e devo dire che mi ci troverei benone: se le fanno tutte..."

Anche i bolognesi sono alquanto goderecci.

"E infatti qui sto a mio agio. È una città positiva, che sa vivere, meglio che a Verone e Torino. Vero, al Palazzo ci sono 6000 allenatori, ma è anche il suo bello. Io, poi, mi adeguo all'ambiente".

Lei è un commerciante: ha sentito parlare della recente "battaglia" al vertice della Camera di commercio?

"Queste faccende le delego..."

E gli orari dei negozi?

"È giusto lasciare liberi i negozianti di aprire e chiudere quando preferiscono".

Lei non ha mai offerto l'altra guancia. Come si trova nell'era del buonismo?

"In Italia è così, per fare incazzare davvero gli italiani bisognerebbe togliere la pasta dai supermercati. Tiriamo a campare al meglio, col telefonino, la macchina, la vacanza esotica...".

Se incontra Alberto Bucci lo saluta?

"Per salutarlo lo saluto. Con lui ho discusso tantissimo, io ho detto quello che pensavo e ne ho pagato le conseguenze. Chi se ne frega. E dopo tutto nell'"esilio" di Varese ho avuto un'esperienza positiva".

Tra i compagni di squadra ha qualche amico?

"Li reputo tutti amici e compagni di lavoro. Ma io ho frequentato sempre poco i colleghi, fuori dal parquet. Moretti lo trascinavo al jazz e finivamo per litigare. Insomma non è facile essermi amico. Forse perché non ho orari".

È vero, invece, che non vede l'ora di rientrare in squadra per ricominciare a picchiare Danilovic in allenamento?

"Quella è una guerra che dura da anni, per ridere. E poi Sasha non me lo fanno marcare, altrimenti lo menerei davvero..."

Storie e storielle di Virtus: cominciamo da Papanikolau.

"Un ragazzo normalissimo e un ottimo giocatore. Perché sia tornato in Grecia non lo so io e non lo sa nessuno. Tenete conto però che sto sempre dalla parte dei giocatori..."

Amaechi.

"Ci ho parlato molto, è un ragazzo intelligente. Lui voleva giocare, qui aveva poco spazio. È andato in Inghilterra".

Komazec.

"Arijan aveva un solo difetto; non rispettava i compagni di squadra".

Sull'altra sponda: Wilkins è davvero un problema per la Fortitudo?

"Ma no, non è certo lui il problema della squadra, se c'è. È un grandissimo, come lo era Woolridge da noi. Poi in campo può succedere di tutto".

Quella di quest'anno è la Virtus più forte in cui ha giocato?

"No, secondo me la più forte è quella che ha vinto. I conti si fanno alla fine. Però già adesso posso dire che il gruppo è piuttosto affiatato, e questo è molto bello. Con Ettore (Messina, l'allenatore, ndr) c'è stato un ricambio di ossigeno non indifferente. Proveremo a vincere qualcosa di importante".

Il miglior giocatore italiano.

"Ce ne sono tanti, di buoni. Io sono un grosso tifoso di Andrea Meneghin".

Il migliore straniero. Un consiglio: non dimentichi Danilovic...

"Sasha, certo. Ma ce ne sono altri. Per esperienza diretta dico che il numero uno in assoluto arrivato in Italia è stato Scott May, che giocava con me a Torino. Con Mike Bantom formava una coppia formidabile".

Ha in programma una moglie e un figlio?

"Sì, ma a lungo termine".

Il suo maggior pregio.

"Il fatto che dico quello che penso".

Il difetto.

"Come sopra".

In contropiede, alla ricerca del passaggio

 

LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DI RICKY

di Salvatore Maria Righi - Bianconero - n. 2 del 11-17 maggio 1998

 

Metafisico e ribaldo, fondamentalmente leggero. Fate conto un aquilone in mezzo a dei tank. E renitente, irresistibilmente renitente alla realtà. Oddio, per uno come Morandotti Riccardo, anni 33, fuori-sopra-sotto-a-lato ma comunque non negli schemi quotidiani, fare il giocatore di basket è una beffa mica da ridere. Il basket vive, pullula di coordinate, ordini, ruoli, traiettorie e insomma gabbie. è razionalità, ci ha spiegato Ettore Messina, geometria. Sudore. Una scienza, altro che sport. Poi, se mamma e papà ci mettono una spruzzata di talento, tanto meglio. Ricky ne ha, pergiove, a Torino sono ancora a bocca aperta, a pensare alle sue veroniche ed ai suoi voli. Ma l'angelo biondo, che nel frattempo è diventato Ricky Sax, Moranda e un florilegio di altri vezzeggiativi che fanno un po' Memphis, ha capito strada (e canestri) facendo che il mondo mica puoi scalarlo a mani nude. Solo con la fantasia, l'estro. Col dono di meravigliare meravigliandosi. O anche appena con allegria, davanti ad uno spartito privilegiato. Sorridendo. No, servono i guanti. E un bel vestito di metallo. Abbastanza robusto da renderti impermeabile, da tenere ben calda quella voglia matta di andare per conto tuo. Di sterzare sempre all'ultimo momento, e chissenefrega dove vai a sbattere. Soprattutto, di tenere comunque in tasca una risata larga, una domanda irriverente, una pacca sulla spalla. Dalla Kinder campione d'Europa, anche un po' sua, alla Nazionale, molto meno sua, alla carriea lunga come il ponte di Brooklyn (quello della gomma, che è un po' lui quando cammina) ecco il suo specchio, la sua cosmogonia. Rigorosamente portatile, vista l'aria da giramondo sospeso tra Blade Runner, un pittore di Montparnasse e quello che passa di lì per caso. Vai a sapere.

La vittoria in Eurolega

Sono felicissimo, contentissimo, mi dispiace solo di averla vissuta un po' esternamente, per via dell'infortunio. Ma la sento anche mia, nonostante tutto ci ho creduto fin da agosto.

Il menisco

Io e lui andiamo perfettamente d'accordo, un po' meno con un altro problemino che ho al ginocchio.

La Fortitudo

Non ci sono problemi, li odio solo per i 40' che dura la partita. Ma è un odio sportivo, poi ci rido sopra, ci scherzo: a volte mi diverto, al limite. Finisce tutto lì, comunque.

Il passato

Parlando di basket, sono molto contento. L'unico rammarico è che se avessi avuto un altro carattere, forse, avrei resistito meglio in certe situazioni, come ad esempio in Nazionale. Ma in fondo non me ne frega niente. Mi basta sapere che a Torino e Verona, per dire, mi ricordano sempre al di fuori del campo come una persona in gamba.

Le donne

Mi piacciono, ho questo difetto. Il fatto è che a Bologna ce ne sono, ehm, diciamo troppe. Allora diciamo che simpatizzo, via.

La finale scudetto

Vorrei tanto esserci, in campo. Ma mi accontento anche della panchina,visto che ultimamente sono rimasto più che latro in tribuna.

I compagni "brotta zent"

Mah, io sono tranquillo, rispetto tutti: basta che qualcuno non mi voglia mettere i piedi in testa. E se proprio succede, almeno sia gentile. Se mi calpestano mi adeguo, ma soprattutto mi piace partire sempre verso nuove avventure.

La televisione

Guardo solo i telegiornali, ma quasi tutti. Anche di notte. Gli altri programmi mi stufano.

La rissa di Eurolega

Ho cercato di fare da paciere, volevo essere diplomatio, e mi hanno espulso lo stesso. Molto fumo e poco arrosto, però. È successo molto meno di quello che mi è capitato di vivere in episodi singoli, giocatore contro giocatore. Che magari lì volavano certe sventole...

La politica

Mi prende poco. O meglio: cerco di istruirmi, leggere, ascolto e ne parlo, ma penso che alla fine serva poco. Cosa posso farci, come individuo? E allora vaff...

Alfredo Cazzola

Tra noi c'è un rapporto di amore-odio. Cioè, da un lato penso che mi apprezzi perché dico quello che penso, dall'altro magari mi odia per quello che dico. Siamo persone molto diverse, insomma, ma legate, nel bene e nel male. E poi, oh, tutto quello che tocca diventa oro.

Il cinema

Mi piace molto, soprattutto preferisco andarci da solo, senza nessuno che mi rompa. Ma purtroppo ho poco tempo libero, anche perché c'è la libreria da mandare avanti. Ecco, quando ho qualche momento per me, vado in negozio, metto un disco jazz e faccio le mie cose.

Ettore Messina

Gli voglio bene, d'altronde all'inizio abbiamo chiarito il mio ruolo e il mio spazio. Ho accettato quello che mi ha proposto, e lo farò anche in futuro, se ci sarà. Fa parte delle regole del gioco, capire.

I giornali

In 30 anni penso di non aver speso più di 30mila lire per quelli sportivi, ai quotidiani in genere mi interesso solo in casi particolari come ad esempio quello di Di Bella. Ho un'opinione molto brutta dei giornalisti, ma penso che per sopravvivere in quel mestiere bisogna essere così. Non lo accetto, però, credo ci debba essere il giusto equilibrio. Non si può giudicare indifferentemente basket e ping-pong. Ai tempi della Nazionale, ad esempio, dicevano che facevo il fenomeno solo perché portavo sempre walk-man e occhiali scuri: ero un ragazzo, e invece quello era solo il mio modo di essere ai tempi di Torino.

Basket City

Non frequento posti e locali alla moda, faccio la mia vita. Anche se ogni tanto incontro qualche mezzo busto che mi chiede questo e quello. Sto 8 ore al giorno in palestra, il rapporto col basket è tutto e solo lì. Ma d'altronde ho iniziato a giocare a 5 anni, ero in A a 16, ho sempre fatto questo. E a volte penso che mi freghi il fatto che mi diverto ancora troppo, o al momento sbagliato.

Amici

Conosco tante buone persone, molto vere. Anche gente più vecchia di me. Ho girato mezza Italia, mi sento ancora con gente dei tempi della foresteria.

Arbitri

Credo di avere un ottimo rapporto con loro, anche se come categoria mi hanno odiato perché ho sempre detto quello che pensavo, pane al pane. Anche spudoratamente. Adesso mi accettano meglio, o magari sono io che parlo meglio, senza più la bava alla bocca.

Dio

In allenamento lo chiamo spesso... ma poi gli chiedo scusa. Non lo faccio apposta, ecco. Sono sfoghi così. Avevo un amico prete, del mio paese, con cui ho fatto un patto: che le bestemmie dette in campo non contano.

La Kinder

Mi chiedono da settembre se sia la squadra più forte in cui ho giocato. La squadra più forte è quella che vince, dico.

Il futuro

Difficile dire come sarà da giocatore, chi fa questo mestiere fatica ad immaginare cosa succederà. Dipende anche dal rapporto con l'allenatore. Ma giocatore o boscaiolo, spazzina o chissà che, vorrei solo essere felice. Anzi, mi basta la serenità. Nonostante la faccia strafottente, spesso ho molti conflitti dentro.

 

L'ECLETTICO RICKY

di Luca Villani - Bianconero numero speciale giugno 1998

 

Ricky Jazz Morandotti, il giocatore più ironico, con la faccia da schiaffi che riesce a mandare tutti a quel paese, arbitri compresi, senza che nessuno se la prenda. È al suo quarto scudetto in maglia Virtus. Eternamente distaccato dalla realtà, è sempre presente quando serve. Se è in panchina si agita e tifa per i compagni, se è in campo dà il massimo sempre. La sua carriera, di tutto riguardo, è stata purtroppo segnata da periodi sfortunati. Per motivi di salute (le bizze al cuore) o per infortuni (prima l'occhio e poi il ginocchio), Ricky ha abbandonato il parquet per diverso tempo. Riccardo ha scelto Bologna anche per la sua libreria, una delle più fornite sui libri di sport. Nel tempo libero sta molto nel suo negozio, si diceva addirittura che avesse fatto costruire un tunnel comunicante con il PalaDozza. L'altra sua grande passione è il sax. Ricky suona e anche bene, va a scuola di musica, abbraccia il suo strumento e si lascia trasportare dalle note. Adora gli scherzi, sia farli che riceverli. Ne ha organizzati veramente tanti e le sue vittime se li ricordano ancora bene. Morandotti è comunque una persona dal grande cuore: se c'è da aiutare qualcuno bisognoso, lui non si tira di certo indietro, dà tutto quello che può perché una persona di successo - come dice lui - deve essere anche generosa verso chi è più sfortunato. La Moranda è forse l'unica persona che si è fatta tatuare un gatto nero su una caviglia (tipo strano, vero?).

 

MORANDOTTI, PROMOZIONE PER RINASCERE

LA VIRTUS? "UMANAMENTE SCHIFOSA"

di Andrea Tosi - La  Gazzetta dello Sport - 14/03/1999

 

Le scarpe sono quelle dei giorni belli, l’andatura ciondolante è sempre la stessa. Riccardo Morandotti è ancora un giocatore di basket ma tutto il resto, attorno a lui, è molto diverso. L’impianto non è il PalaMalaguti dove ha celebrato i suoi trionfi ma una palestrina del quartiere Savena di Bologna; i compagni non si chiamano Brunamonti e Danilovic, ma Petito e Guidastri cioè un medico e un rappresentante e l’avversario è un certo Marino, all-around di 1,90 che fa l’autotrasportatore. La nuova dimensione cestistica di Ricky Sax è il campionato di Promozione, la sua squadretta si chiama Cavour EmilCargo che gioca in casa, alle 18 di un sabato primaverile, contro il Garisenda. È una partita da Guinness dei primati: non si è mai visto infatti un giocatore campione d’Europa e d’Italia in carica scendere di sette categorie in 10 mesi anche se da tempo infortunato a causa del più lungo menisco della storia. A 33 anni Ricky si diverte tra gli amatori ("una bella esperienza: l’ambiente giusto con le persone giuste"), due sedute alla settimana più il lavoro quotidiano con Roberta, la fiosioterapista personale. All’esordio gioca tutta la ripresa e grazie ai suoi 7 punti con bomba risolutiva il Cavour vince 72-57. In Promozione lo ha portato Patrizio Petito, medico traumatologo che segue Morandotti nella rieducazione del ginocchio operato in due tempi. Il ritorno in campo è anche l’occasione per sfogarsi. "La tensione è quella degli incontri veri, alla mattina ho pure vomitato tanto ero agitato - dice Morandotti -. Sono qui per provare a tornare quello di prima, mettendoci entusiasmo e convinzione, ma se sarà una sofferenza lascerò perdere perché ho già dato tanto. Tutto è nato per il ginocchio operato a dicembre ‘97 dallo staff ortopedico della Virtus. Un intervento che fin dall’inizio ha presentato problemi. Ero entrato per una artroscopia in scarpe da tennis, pensando che in pochi giorni sarei tornato in palestra, e sono uscito con un cocomero al posto del ginocchio. Quattro mesi di calvario, a siringate, il mio menisco era diventato una barzelletta. Mi chiedevo perché non riuscivo ad allenarmi. Così dopo l’Eurolega ho chiesto alla società e ai suoi clinici che ci riguardassero dentro, ma ho avuto solo dinieghi. Adesso posso dire, con amarezza, che la Virtus mi ha preso in giro. Umanamente è stata una vicenda schifosa. Scaduto il contratto, mi sono arrangiato da solo. Alla fine ho scelto Roseto, sono andato là a mie spese, credevo di potermi gestire in A-2 purtroppo il ginocchio ha ripreso a dolermi così ho lasciato perché non mi andava di fare la figura del vecchio bacucco". Ricky annuncia battaglia. "Il secondo intervento ha risolto tutte le complicanze. Farò valere i miei diritti per quello che mi è successo, voglio che si sappia la verità. La rieducazione mi dà fiducia, riesco a correre Bologna-San Luca (3,5 km in salita ndr) una volta alla settimana, quando la correrò tre volte sarò pronto per tornare in A-1. Sarebbe come vincere il mio quinto scudetto, il più importante".

 

RICKY, LIBRI AL POSTO DEL PALLONE

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 19/01/2001

 

Un giocatore in meno e un editore in più. Il conto, forse, torna. Anche se lui, Ricky Morandotti, di appendere le scarpette al chiodo non ci pensa. Ma il fascino dei libri incombe.

Gioca a Castelguelfo, vero Ricky?

Per il momento mi alleno là.

Ma non era a Trapani?

Sì, ma sono tornato.

Perché?

Per la libreria. Non era facile conciliare le due attività.

E adesso?

Sono a Castelguelfo perché conosco Millina da una vita. E ho spiegato chiaramente che l'attività legata alla libreria e alla casa editrice è primaria.

E con la Virtus?

Con la Virtus cosa?

Pare vi siate scambiati una maledizione.

Prego?

Da quando ha lasciato il bianconero lei non ha trovato pace. Mentre la Virtus è ancora alla ricerca del famoso numero tre.

Mah, forse alla fine ero un giocatore importante di quel gruppo. Se c'ero nessuno se ne accorgeva. Una volta che me ne sono andato, però, si è sentita la mancanza. Forse avevo un ruolo strano e difficile.

Senta editore...

Dica.

Ha pubblicato volumi sulla Virtus e il celebre tris tricolore, su Brunamonti, Danilovic e Ravaglia.

Se per questo ne ho prodotti molti altri.

Sì, ma vogliamo restare in ambito bianconero.

E allora?

Un libro su Morandotti?

Il problema sono i costi.

Prego?

Ma sì: le spese dell'impianto per dieci copie. Che poi non posso nemmeno vendere. Perché alla mia famiglia lo dovrò pure regalare. Sarebbe un libro a fondo perduto che interesserebbe solo mia madre. Mica posso vendere un volume alla mamma, non trova?

Niente di interessante da raccontare?

Forse sì. Ho passato un paio di generazioni. Da Brumatti, Meneghin padre, Sacchetti a quella attuale.

E senza tanti peli sulla lingua. Ricordiamo una sua intervista legata al primo periodo di Woolridge. Tutti osannavano il talento di Orlando: lei, candidamente, ammise che bastava impedirgli l'entrata a destra per escluderlo dal gioco.

Forse capisco qualcosa di pallacanestro. Magari lo racconto male perché ho un carattere un po' burbero: dico sempre quello che penso. L'ho sempre fatto e ho pagato per questo.

Possiamo concludere questa chiacchierata dicendo che da oggi c'è un giocatore in meno e un editore in più?

No.

Ma «Libri di Sport» di via Calori?

C'è e ci lavoro. Perché in quell'attività ho investito cinque anni della mia vita. Ma giocare mi diverte. Anche se sto male perché la testa corre ancora, le gambe non più. E poi fondamentalmente sono uno da playground. Uno che fa casino. Millina mi riprende anche adesso.

Perché?

Ogni tanto faccio l'asino. Ma il problema è un altro.

Quale?

Io riesco ancora a fermarmi e a riprendere il lavoro seriamente. I miei compagni no: e Millina giustamente si arrabbia.

Che ci volete fare: Riccardo Morandotti, per tutti Ricky, è un tipo fatto così. Prendere o lasciare.

OGGI COMPIE 55 ANNI RICCARDO MORANDOTTI

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 18/09/2020

 

Riccardo Morandotti compie oggi cinquantacinque anni. Fu pedina fondamentale dei tre scudetti consecutivi degli anni '90 e partecipò anche, seppure in maniera più marginale, all'Eurolega e allo scudetto del 1998, rientrato dopo aver trascorso una parte della stagione precedente in prestito a Varese. Ricky era già stato un elemento importantissimo della formazione bianconera nella stagione precedente all'inizio del trittico tricolore, quando le V nere sfiorarono l'accesso alla Final Four di Eurolega e alla finale scudetto: nella competizione europea furono sconfitte nella decisiva gara tre a Bologna dal Partizan che avrebbe poi vinto il titolo; in campionato persero alla bella delle semifinali dalla Scavolini Pesaro. Chissà cosa sarebbe, però, successo se Morandotti non avesse saltato tante partite (comprese quelle con il Partizan) nella fase cruciale di una stagione partita benissimo, fermato dai medici per un problema al cuore. Quando arrivò a Bologna, nel 1991, aveva già fatto vedere cose molto belle a Torino e a Verona con coach Bucci, ma alla Virtus diventò un giocatore fondamentale: il formidabile realizzatore cominciò ad affinare anche le qualità difensive. Ne venne fuori un giocatore totale, capace di francobollare temibili avversari, abile nel recuperare palloni e schizzare in contropiede, capace di sfruttare il suo tiro, ma anche di farsi largo, con la sua tecnica, anche sotto canestro. Possiamo anzi dire che la metamorfosi si ebbe dopo lo stop medico. Prima Riccardo aveva toccato quota venti punti realizzati nove volte in pochi mesi, dopo il rientro non raggiunse più quel traguardo, pur vestendo il bianconero per molte stagioni. Il suo massimo in maglia bianconera lo raggiunse con i ventisei punti segnati a Trieste, quando la Virtus vinse 86 a 84 il 3 novembre 1991: uno strepitoso Riccardo, pur acciaccato, risolse la gara segnando anche otto degli ultimi dieci punti bolognesi. Dopo l'uscita per falli di Binelli e Wennington, Morandotti andò a giocare vicino alle tacche ottenendo prima due canestri, poi guadagnandosi i falli che convertì nei punti decisivi dalla lunetta. Ottime anche le sue cifre, 9 su 12 da due, 1 su 2 da tre, 5 su 6 dalla linea del tiro libero, 4 rimbalzi, 5 recuperi e un assist.

RICCARDO MORANDOTTI

di Ezio Liporesi - Cronache Bolognesi - 16/07/2021

 

Riccardo Morandotti arrivò a Bologna nell'estate del 1991, dopo un brillante percorso a Torino e Verona. La Virtus visse una bella stagione, grande protagonista nella massima competizione europea, dove il cammino si fermò proprio alle soglie della Final Four, anche perché Riccardo non c'era, fermato tempo prima per un problema al cuore.  In campionato la squadra arrivò alla bella delle semifinali contro Pesaro, con Morandotti che era rientrato da poco, proprio con l'inizio dei playoff, nei quarti di finale contro Cantù, eliminata alla bella da un canestro allo scadere di Binelli. Se Morandotti fosse stato sempre presente, probabilmente quella Knorr, che dovette supplire nella fase decisiva di coppa e campionato anche all'assenza dell'infortunato Bon, avrebbe potuto ottenere risultati anche migliori. Poi vennero tre scudetti consecutivi, in cui Riccardo si mostrò, lui abituato ai grandi bottini, sempre di più per le sue doti difensive: un po' incise forse l'influenza di quello stop, ma sicuramente anche l'arrivo di grandi frombolieri, Danilovic su tutti, ma anche Moretti. Morandotti divenne così un giocatore totale, magari non più produttivo ed esplosivo come un tempo, ma molto funzionale ai successi della squadra. E quel trittico di vittorie fu celebrato con il libro "3 volte Virtus" proprio da Morandotti, che nel frattempo aveva intrapreso anche l'attività di editore, con il negozio "Libri di Sport" nei pressi del palasport di Piazza Azzarita, e la casa editrice "Riccardo Morandotti editori". Rimase a Bologna fino al 1998, contribuendo, anche se in modo più marginale, all'Eurolega e allo scudetto di quell'anno, rientrato dopo aver trascorso una parte della stagione precedente in prestito a Varese. Ha poi curato il Museo Virtus, inaugurato nel settembre 2008, nell'impianto che ha per anni ospitato le gare della Virtus a Casalecchio. Subito dopo, dall'autunno 2008 all'inizio dell'estate 2009, di nuovo in ambito editoriale, è direttore responsabile di Virtussini Official Magazine, ma gli appassionati delle V nere ricordano soprattutto il Morandotti vincente sul campo. Ha chiuso la sua esperienza in bianconero con 2236 punti realizzati in 319 gare ufficiali, che lo pongono, rispettivamente, al ventiquattresimo e al dodicesimo posto assoluto nella storia della Virtus in queste due speciali classifiche.