1979-80

di Ezio Liporesi per Virtuspedia

Formazione: Franco Bertini, Achille Canna, Giuseppe Rundo, Angelo Rovati, Antonio Calebotta, Salomoni, Giuseppe Nannucci, Raniero Lebboroni, Vittorio Tracuzzi, John Fultz, Franco Tesoro, Germano Gambini, Paolini, Enrico Mora, Mario Alesini, Marco Cuppini. Allenatori Roberto Martini e Charlie Ugolini.

AMICHEVOLI

Torneo
Qualificazioni (Bologna - Palestra Furla)
Virtus Piero Calzature - Pistons                                                                                                                               72-65
Bertini 20, Canna 5, Rundo 5, Rovati 12, Calebotta 2, Salomoni 2, Nannucci 16, Lebboroni, Tracuzzi, Gambini
Finale
Virtus Piero Calzature – Fortitudo Dario Abbigliamento (Bologna - Palazzo dello Sport - 14/03/1980) 71-87
Mora 6, Paolini 2, Cuppini 6, Fultz 26, Tesoro 18, Rundo 2, Rovati 3, Nannucci 5, Alesini 3
Classifica
1 Fortitudo Dario Abbigliamento
2 Virtus Piero Calzature

 

SUL PARQUET DEL PALASPORT QUARANT'ANNI DI BASKET BOLOGNESE

La finale del Torneo Vecchie Glorie ha riportato gli appassionati indietro nel tempo

di Sandro Samoggia - Il Resto del Carlino - 17/03/1980

 

Nel vedere la partita delle vecchie glorie cestistiche bolognesi, venerdì scorso, qualche tifoso delle ultime leve è probabile che abbia sorriso, nel paragonare il gioco del passato con quello attuale; qualcuno più anziano, invece, sarà rimasto deluso per le "chieriche", le pancette ed i capelli bianchi, una volta inesistenti nei fisici degli atleti di un tempo; altri, infine, si saranno rammaricati per i troppi canestri sbagliati, i troppi passaggi inesatti, le troppe difese a zona...statica.

I più, però, avranno certo guardato la partita con lo spirito che richiedeva, ovvero come un omaggio ad uno sport che a Bologna è una vera e propria istituzione, come le Due Torri, i tortellini e le belle donne. Pensare, infatti, alla nostra città senza un paio di importanti partite di basket alla settimana, è come toglierle la caratteristica essenziale e ciò è, lo si deve anche a quei ventiquattro "giovani anziani" che rappresentano in pratica l'intero arco della storia cestistica petroniana.

Di pallacanestro, a Bologna, se ne parlava già prima della guerra, quando la Virtus dei Bersani, Marinelli e Vannini era ai vertici di campionati nazionali dove dominavano Reyer Venezia e Ginnastica Triestina. Di quel tempo si ricordano (siamo nel 1936) anche partite internazionali con squadre lituane ed estoni chissà come giunte fin sotto le Due Torri.

Nel dopoguerra, le "V nere" diventano leggendari con l'aggiunta di Rapini, Negroni e Ranuzzi e conquistano quattro consecutivi scudetti giocando nella chiesa di Santa Lucia in via Castiglione, dove si concentrano le prime leve della pallacanestro locale. Sotto le navate settecentesche della chiesa incompiuta, nasce anche il Gira di Ragnini, Battilani, Muci e Bongiovanni, micidiali nanetti dal folle trattamento di palla.

Virtus e Gira costituirono una vera epopea: la prima era la tradizione societaria d'alto lignaggio sportivo, l'altra era la "nuova venuta" che ne intaccava il prestigio ed i favori del pubblico. Purtroppo, però, con gli anni cinquanta, lo scudetto passa a Milano, dove una certa Borletti, guidata da Stefanini e Rubini lo tenne per cinque anni consecutivi, nonostante i seri tentativi delle due compagini bolognesi.

Dalla Santa Lucia, nel frattempo, si era passati alla Sala Borsa, elegante struttura architettonica ottocentesca, nella quale, spazzate le granaglie residue del mercato del venerdì, si alternavano la domenica Virtusssini e Girini in indimenticabili combattimenti a livello dei 40-60 punti a partita.

Alle due squadre se ne aggiunse ben presto un'altra, l'O.A.R.E. (Officina Auto Riparazioni dell'Esercito), con Sanguettoli, Randi, Rinaldi ed i fratelli Zucchi.

Con tre squadre nel medesimo campionato, con una sede decorosa anche se insufficiente, Bologna riprende in mano le redini della pallacanestro nazionale ed è ancora la Virtus a riportare sotto le Due Torri e per due anno lo scudetto. Su tutti, svettano i due metri e passa di Calebotta, con intorno gli uno e novanta di Alesini, Canna e Gambini. C'era anche un siciliano peloso, un omarino di nome Tracuzzi, sonoramente fischiato alla sua prima apparizione, per i calzoncini di raso.

Come sempre accade, quando uno sport si afferma, diminuiscono i giocatori "indigeni" per far posto a quelli "di fuori". Triestini, varesini, pesaresi, livornesi si affiancano ai purosangue petroniani Negroni, Di Cera, Muci, Nardi, Angelini, Zucchi, ecc. Vennero anche i primi stranieri; alcuni trovati nelle basi Nato come Germain e Mascioni: molti greci, come Rubanis, Murutzis, Spanudakis e Daneo; un egiziano, Chaloub (l'Egitto era allora campione d'Europa).

Nel 1955 viene inaugurato il Palazzo dello Sport con il Trofeo Mairano (ripetuto l'anno successivo). Con esso - spettacolo indimenticabile, con tre partite ogni sera fra le sei migliori squadre europee ed un pubblico che rese insufficienti gli spalti - Bologna diventa la riconosciuta capitale della Pallacanestro internazionale, tanto più che nell'arco di quasi dieci anni (dal '55 al '65) si svolgono i tornei preolimpici per Roma, il primo campionato europeo juniores, l'unico scontro fra Nazionale italiana e All-stars professionisti americani, la finale della Coppa dei Campioni (con l'indimenticabile Bradley) e gli spareggi fra Simmenthal e Ignis per lo scudetto.

Intanto, l'Oare era scomparsa ed il suo posto era stato assunto dalla Moto Morini che però, veloce come il volo di quell'aquila che aveva sulle magliette, si disfa dopo alcuni anni, proprio quando con un parco giocatori veramente eccezionali (Bertini, Vittori, Vianello, Conti) sembrava poter diventare la grande squadra degli anni Sessanta. Virtus e Gira, quest'ultima pur con una buona compagine (Lucev, Paoletti, Gatti e Marchionetti) vivacchiano alla belle e meglio, spesso in alta classifica, ma senza exploit.

Col Palasport, infatti, lo scudetto prende la strada della Lombardia e per ben cinque lulstri non farà più ritorno.

Scomparsa la Motomorini, non più mitica la Virtus, diventato comprimario il Gira, gli anni Sessanta si concludono però con una grossa novità: la Fortitudo.

Trovatasi con un vivaio miracolosamente sorto a livello di ricreatorio, la società inventa con Beppe Lamberti la carta vincente e così, i pivelli bianco-blu Bergonzoni, Orlandi, Orsi, Conficconi, Solferini, e gli altri che si succedettero nella squadra, si installarono con autorità nella massima divisione, superando spesso in classifica la più quotata Virtus, forte dei Lombardi, dei Pellanera, dei Giomo e dei Cosmelli.

Comincia anche il via vai degli stranieri e due, indubbiamente emergono su tutti sia per prestazioni che per idolatria del pubblico: Fultz per le V nere, Schull per la Fortitudo.

Il resto è storia troppo recente per necessitare di spazio. Quando la Virtus, sempre lei, come in definitiva è giusto per la struttura societaria - riporta lo scudetto a Bologna, sono passati precisi dalla sala Borsa e trent'anni dal primo campionato vinto a Santa Lucia.

 

Note di Virtuspedia

1) Nessuno scudetto fu vinto in Santa Lucia, che funzionò fino al 1944. Nel 1945-46 le cinque gare di campionato disputate dalla Virtus, furono tutte in campo neutro, tre per la fase di semifinale a Reggio Emilia e due per le finali di Viareggio; in quella stagione e nel 1945 la Virtus giocò amichevoli al campo del Ravone e alla piscina dello Stadio. I successivi scudetti, fino al sesto furono vinti in Sala Borsa.

2) Tra il sesto e il settimo scudetto passarono quattro e non cinque lustri.

Fultz e Schull (foto fornita da Sandro Samoggia)

UNA NOTTE A BOLOGNA

di Gianfranco Civolani - Giganti del Basket - 1980

 

Non è banale campanilismo, è che certe cose puoi farle solo a Bologna.

Per esempio: facciamo un torneo delle vecchie glorie del basket, vuoi vedere che di gente ne portiamo tanta? Il calcio non ce l'ha fatta, il calcio programma le sue sfide d'antan, le pubblicizza, le nutre con personaggi che furono carissimi, ma duemila se va bene. Eppure di decide di tentare con il basket e chiaramente deve essere una cosa messa su proprio come si deve, l'idea naturalmente nasce e cresce nel solito bar (e va bene, per chi ancora non sa è il Bar della Grada) e mi sembra giusto che una volta ancora siano Virtus e Fortitudo a tener banco. Ma chi della Virtus e chi degli altri? Per la Fortitudo non è problema, c'è il Beppone (Lamberti) che ha sempre un po' di vecchi pupi a mano e per la Virtus ci penserà l'augusto presidente della Sinudyne, dico Achille Canna capace di fare un fischio ad Alesini, a Calebotta e a qualcun altro, supponiamo. E poi la miglior pensata: e se chiamassimo il Barone? Si capisce che il Barone ci vuole, il Barone ci ha lasciato qualche anno fa e non si è fatto più vivo, brutto stronzo di un Barone, qualche telefonata sempre fatta da qua e una lettera a me, vorrei fare l'allenatore in Italia, tu mi puoi aiutare. Io ti posso anche aiutare, ma tu fatti vivo, torna un momento qui da noi e vediamo. Io no che non torno se non ho niente di sicuro, ho il lavoro di papà che mi assorbe, cerca di capire.

Sì, i dollari sotto la pietra, vecchia storia. Per far tornare il Barone bisogna pagargli il viaggio e assicurargli vitto e alloggio altrimenti col cavolo che viene. Gli ho telefonato ieri sera, dice Parisini, e mi ha garantito che viene. E il viaggio glielo paghi tu?, dico io. Il viaggio glielo pagano gli amici che gli vogliono ancora bene e che desiderano averlo qui una settimana intera, mi risponde Piero. Benone, si proceda. La Virtus avrà anche John Fultz, veniamo a sapere. E intanto si comincia con i comprimari, rivedo antiche maschere, si gioca nella palestrina della Fortitudo, ingresso gratis, sempre un pieno così, la vecchia Virtus e la vecchia Fortitudo fanno a pezzi un po' tutti, c'è Alesini che trascina la pelata, c'è Canna che è sempre il solito chiodo, c'è Gambini che ha la chioma argentea di vecchio lord, c'è Vittorio Tracuzzi che ancora passa palla roteando l'occhio per far la finta assassina, c'è Calebotta che porta i suoi cinquanta divinamente e ci sono Bergonzoni e Orlandi oggi uguali a ieri, guizzanti e scattanti, Paolino sempre immerso nella sua gran cupezza e Picchio con sorrisino eterno.

Poi una mattina arriva il Baron. Il giusto riposo nel pomeriggio e la sera al bar, centinaia di persone che fanno ressa per rivederlo, mi avevano detto che era diventato un barile e invece non è vero, si è preso dieci chili, si è discretamente gonfiato, ma i suoi trentasei se li porta ancora bene e via a parlare di mille cose, mentre Lucio Dalla gli fa un'intervista e nel bar entra pure il mitico Harald Nielsen detto Dondolo, il centravanti di un altro Bologna, quel Bologna che nel giugno del sessantaquattro vinceva uno scudetto.

Il Barone mi racconta che papà è morto e che bisogna mandare avanti l'azienda, una impresa edile che appunto costruisce villette in Florida. Una vita tremendamente noiosa, mi dice il Baron. E fortuna che ho trovato la donna che sposerò, è in gamba, mi aiuta nella contabilità, ci sposiamo l'anno prossimo e sicuro che veniamo poi a Bologna, voglio che la mia donna sappia e veda chi sono ancora in questa splendida città.

La finalissima al Palazzo. Dicevo che può succedere solo a Bologna. E dico subito che a me queste patetiche rimpatriate provocano uno strano struggimento. Il voler vedere se tizio ha messo su pancia e se ha più capelli bianchi che neri, il voler vedere se ancora il campione che fu si ricorda come si prende un rimbalzo e se è almeno capace di fare uno su dieci, no, non vorrei mai vederli i campioni così, in linea di massima io vorrei ricordarli nel gran fulgore, non siete d'accordo con me? Però questa volta mi sembra diverso e manifestamente sembra a tutti. Tremila persone a tifare come in quei giorni, oltre dieci milioni di incasso, ditemi voi dove potrebbe accadere. Ma John Fultz non c'è, è per strada, arriverà a metà partita. E con il numero tredici Garj Baron Schull, grida il redivivo Paulucci e giù un boato e lui magari un po' si vergogna di far vedere il corpaccione, ma l'ovazione lo ripaga e lo rincuora e la Fortitudo dilaga perché Bergonzoni e Orlandi non perdonano, Bruni ha sempre il temperamentaccio, Germano Gambini alza la gambina e ciuffa dentro, Angelini e Paganini qualcosa si ricordano ancora e dall'altra parte c'è Rovati che fra uno sbuffo e l'altro infila palla, c'è Paparà Paolini che sferraglia non ignobilmente, ma i draghi degli anni cinquanta non hanno più spiccioli da spendere e meno male che arriva Fultz, trenta punti in poco tempo, ma non c'è gara, la Fortitudo avrebbe vinto lo stesso, il Baron segna venti, tripudio, festa per il popolo, ecco come sono oggi i vecchi campioni, li avete rivisti un po' tutti e peccato che Dado McLombard non si sia spogliato, ma pazienza, pesa molto più di un quintale e se appena una volta si proietta a canestro gli viene un mezzo malore, mi sembra di capire.

Poi la gran magnata. Piero, Dario, Mario, Beppe, Gianni, Garj eccetera, tutti in quel grande abbraccio, tornerai vecchio Baron?, hai promesso che tornerai, questa è solo la prima edizione del torneo vecchie glorie, ostia se devi tornare.

La musica è finita, gli amici se ne vanno, che splendida serata, ma sì, anche per me è stato un revival, dove sono i giornalisti che hanno cominciato con me? Mi guardo intorno, non li vedo più. Lemmi Gigli, Francia e Calzolari fanno altre cose, c'è Vespignani, ecco, meno male, non sono rimasto solo, ma Astorri è morto, Fabbri e Martinelli sono in pensione, negli anni cinquanta io ero un ragazzo, altri erano professionisti affermati e provetti, ma non vedo più nessuno, della vecchia guardia siamo rimasti in tre gatti. Basta così, ho solo quarantaquattro anni, perbacco. Ma basta così e viva le rimpatriate, una volta ogni vent'anni.