WILL CONROY

(William James Conroy)

Conroy in palleggio (foto tratta da www.virtus.it)

nato a: Portland (USA)

il: 08/12/1982

altezza: 187

ruolo: playmaker

numero di maglia: 8

Stagioni alla Virtus: 2007/08

statistiche individuali del sito di Legabasket

 

CONROY: "IO, NEL POSTO CHE FU DI SUGAR E GINOBILI. DATEMI L'ULTIMA PALLA E SAPRO' COSA FARNE"

di Francesco Forni - La Repubblica - 30/08/2007

 

Solo dieci giorni fa ha scelto Bologna, fino a martedì sera non sapeva nulla della Virtus e non conosceva nessuno dei futuri compagni. Will Conroy s’è presentato e, in due mosse, ha ribaltato il mazzo, dimostrandosi pronto a fiutare dove tira il vento. «Ho capito dove sono, un posto importante: qui ha giocato gente come Sugar Richardson, Ginobili e Best. E in campo l’altra sera ho notato subito la mano calda di Spencer, uno che si presterà bene ai miei assist, e la forza atletica di Holland».

Veloce di pensiero, Conroy dovrà anzitutto dimostrare, alla sua prima esperienza fuori dagli States, d’esser lesto con la palla in mano. Così se l’aspettano Sabatini e Pillastrini. «Ho deciso una settimana e mezzo fa. L’occasione è importante, il fatto di poter venire in un club vincente, che cercherà di esserlo ancora, ha pesato sulla mia scelta di uscire dalla mia patria. Punto al sodo, più che alla gloria personale. Per ora ho parlato poco col coach, ma i contatti tra la Virtus e il mio agente sono stati intensi, ed è stato lui a chiedere un contratto annuale: io sono qua per far bene».

Will ha la fama d’uno capace di vincere sempre la classifica degli assist, a qualunque livello, dal college alla D-League. Nba esclusa: lì s’è visto pochino. «Coi pro non è ancora venuto il mio momento. Non fui scelto e dovetti operarmi quando le cose andavano bene al camp degli Spurs, poi ho fatto qualcosa coi Clippers. Ma non ho perso le mie qualità. Il mio ruolo e il mio piacere coincidono. Funziono quando innesco i compagni e il pallone va veloce per il campo. Ho giocato a fianco di grandi realizzatori, come modelli ho Jason Kidd e Billups, so come gira e conto di fare quello anche con la Virtus».

Ieri sera ha svolto il suo primo allenamento a Bologna e da oggi sarà a Cortina, dandosi quasi il cambio con la Fortitudo, che scenderà in anticipo da Cavalese, per via dell’organico ridotto dagli infortuni, anche se Torres potrebbe arrivare sabato. Votato al servizio, nel senso più stretto del termine, Conroy era stato bomber al liceo, come tanti giovani talenti, poi al college cambiò la musica. «Da ragazzini tutti vogliono segnare tanto, per farsi notare, ma nel gioco più organizzato fatto poi a me non pesava il nuovo ruolo. Anzi, m’è sempre piaciuto vedere i compagni che si divertivano». Aspettando le feste in campo, Conroy dovrà far valere i suoi talenti, che non vanno certo misurati col centimetro: accreditato di un 1,88, si balla poco oltre l’1,80, anche se per la stazza passa per ottimo rimbalzista: intorno ai 5 di media nella D-league, quasi un secondo lungo. «Facevo arrabbiare i miei centri perché gliene rubavo qualcuno. Ma è per semplificare: se ho subito la palla corro, e il gioco diventa più diretto, veloce e pericoloso. Un vantaggio». Parole quasi da capobranco. «Uomo giusto al posto giusto», lo ha definito il gm Luchi, unico ieri in pista per la società, che lavora sempre a un rinforzo comunitario e nelle ultime ore s’è vista offrire Morandais. Da caprobranco, appunto, Conroy alla fine s’è candidato. «Ogni tanto piace segnare anche a me, so dove sta il canestro. Ma soprattutto, se c’è un'azione decisiva, voglio la palla in mano: non per tirare, ma decido io cosa fare».

 

ORGOGLIO CONROY: "PRESTO IL VERO WILL"

di Marco Martelli - La Repubblica - 11/11/2007

 

Che strano, il destino di Will Conroy. Primo viaggio in Europa, un rendimento negativo, prestazioni quasi nulle nelle sconfitte, il rischio del taglio. Eppure, la sua testa sulle spalle è l'appiglio da tutti riconosciuto. Nei giorni in cui contano più la persona che il giocatore, il play americano prova ad uscirne. Quattro ko consecutivi, l'assenza di Di Bella a coprirle le spalle. Sente la pressione di essere in discussione, Conroy?

Non la sento perché manca Fabio, ma perché odio perdere. Mi sembra di tornare al college: a Washington, prima di diventare una squadra di prima fascia, dovemmo perdere 7-8 partite di fila: poi, ne abbiamo vinte anche nove di seguito. Ora, ci serve solo una vittoria che ci ridia fiducia. È vero, ne abbiamo perse tre, ma guardo la classifica e vedo solo due punti in meno delle seconde. Basta continuare a lavorare, sperando di non aver più problemi.

Radiografia del momento.

Negli ultimi 3-4 allenamenti abbiamo fatto bene, anzi, molto bene. È un periodo difficile, perché affrontiamo i migliori, e per una squadra giovane è un problema. Per noi, oggi, la prima cosa è stare insieme, credere l'uno nell'altro e credere nel sistema. Già al Pireo qualcosa di meglio l'avevamo fatto.

Poi passa all'autodiagnosi.

Alti e bassi, e sto ancora imparando. È tutto molto differente dalle mie abitudini, e ci vuole tempo per adattarsi, capire e fare ciò che il coach chiede. Come voto mi darei C+ o B- (poco più che sufficiente, nella scuola americana, ndr), ma no, non m'aspettavo una transizione più semplice. Il gioco è simile al college: gli avversari riempiono l'area, penetrare diventa difficile. In più, sono arrivato subito al top, in un club importante che gioca l'Eurolega. Essere subito perfetti è impossibile.

Tanti problemi dunque, davanti e dietro ma per Will è in difesa la falla.

Invece la difesa può creare l'attacco. Abbiamo bisogno di essere aggressivi e, per le guardie che abbiamo, fare contropiede. Ma qualcosa è migliorato, anche nelle rotazioni: l'Olympiacos ha segnato tiri molto difficili, anche se avevano il talento per farlo. Ma anche il miglior difensore, come diceva Rick Barry, non può fermare il migliore attaccante.

E in una squadra con gente che ama sentire la palla tra le mani, Conroy prova a conviverci così.

Ci sono playmaker che lavorano per se stessi, altri per i compagni: io sono del secondo gruppo, in America creavo per i compagni e loro dovevano solo prendere e tirare. Qui abbiamo molti attaccanti, che in alcuni momenti pensano di poter risolvere la partita da soli, più che con il sistema. Io dico che le buone squadre applicano il sistema. Quando lo faremo, andrà bene.

Infine Siena, stasera.

«Impressionanti, per come giocano insieme e come si conoscono: e conoscersi è la chiave per crescere. Ricordo UCLA, al college: li battemmo quando avevano otto freshmen, ma perdemmo l'anno dopo. Per noi, tutti nuovi, oggi è come essere freshmen. Abbiamo talento per competere con tutti, ma il talento non vince le partite. Quelle le vince la squadra. Fidiamoci del sistema, come fa Siena, e possiamo giocarcela.

Un ironico striscione dei tifosi virtussini

SABATINI MANDA VIA CONROY

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 27/11/2007

 

Il ritorno di Brett Blizzard, atterrato ieri mattina al Marconi, strappa un sorriso alla Virtus. È l’unico in una giornata nella quale l’umore tende al nero. In serata, poi, l’atmosfera diventa elettrica. È l’ora delle decisioni. Claudio Sabatini non si tira indietro.
La prima. «Abbiamo tagliato Will Conroy». Il giocatore finirà la stagione a Milano, dove cercherà di esprimere quel talento che all’ombra delle Due Torri non s’è visto.
E i play della Virtus? Lo stesso Sabatini non ha dubbi: «Di Bella, McGrath e il giovane Stojkov». Punta sui giovani la Virtus che, dopo tre mesi, prende atto che l’americanizzazione - quattro statunitensi in un colpo solo - ha avuto un violento rigetto.
Non si ferma Sabatini, perché giovedì, al PalaMalaguti, ci sarà una faccia virtualmente nuova sul parquet. Due volti noti, invece, prenderanno la strada della tribuna.
«Subito dentro Michelori. Mentre Anderson e Crosariol finiranno in tribuna. Fino a quando? Non lo so. Intanto seguiranno la squadra da lì, poi valuteremo».
Scelte legate in qualche modo a Porto San Giorgio. Il centrone azzurro aveva seguito tutta la partita dalla panchina. Un insolito «ne» frutto di una settimana di lavoro che, come atteggiamento, non era piaciuto a Pillastrini.
Di Anderson - del quale si sono perse le tracce dopo la nascita del figlio - non è piaciuto il rapporto minuti-falli: come se stare in campo fosse un dispetto.