EARL BOYKINS

(Earl Antoine Boykins)

Boykins in entrata contro l'Ostenda (foto tratta da www.virtus.it)

nato a: Ohio (USA)

il: 02/06/1976

altezza: 165

ruolo: playmaker

numero di maglia: 11

Stagioni alla Virtus: 2008/09

statistiche individuali del sito di Legabasket

biografia su wikipedia

palmares individuale in Virtus: 1 Eurochallenge

 

BOYKINS, DIECI ANNI DI VERA NBA, LA VIRTUS RIASSAPORA I TEMPI D'ORO

di Francesco Forni - La Repubblica - 07/08/2008

 

Earl Boykins sarà il piccolo grande uomo della Virtus. Ha firmato nella notte fra martedì e mercoledì, ed essendo una stella anche di là dall'Atlantico la notizia all'Italia l'hanno data, di buon mattino, i siti americani. Al cappuccino, i più svegli fra i tifosi bianconeri potevano già commentarne l'innesto, che completa una squadra da primissimi posti. Sabatini lo trattava da una decina di giorni, s'era impigliato in un contratto complicato e ne aveva, chissà se per rassegnazione o per strategia, propalato la resa. La svolta sul sì, ottenuto dallo stesso patron, dal gm Luchi e dal coach Pasquali, è stata invece rapida e anche un po' spiazzante: in Virtus erano già allertati sui voli di Best, dato in arrivo per il raduno.
Minuto nella statura, Boykins, un metro e 65, appare colossale in tutto il resto. La sua carriera Nba, anche recentissima, lo dipinge come un perfetto guastatore di difese. Ma anche l'ingaggio fa tornare la Virtus ai fasti degli anni d'oro. Sul sito della Espn, l'agente del giocatore Mark Termini ha annunciato un accordo annuale a 3,5 milioni di dollari. Ovvero circa 2,3 milioni di euro, cifra sbalorditiva, anche se si tratta d'un compenso lordo, come si usa fornire negli States, che al netto smagrirà: la paga per Earl avrà una base da 1,25 milioni e potrà toccare l'1,5 in forza d'una complessa tabella dei premi. Tantissimo, in ogni caso, anche rispetto alle previsioni bianconere: su Bynum, trattato per primo e poi finito alla Nba, s'era puntato un milioncino di dollari... Quanto ai raffronti col passato, sono cambiati il mondo e anche i suoi soldi: di lato c'è una traccia, chi vuole calcoli i cambi, detto che un euro mai e poi mai vale, all'oggi, le nominali quasi duemila lire.
Boykins arriva in Europa insieme a una corrente che sta spingendo qui molti pezzi grossi: da Josh Childress, che prenderà 13 milioni (lordi) in tre anni dall'Olympiacos, a Carlos "el Rifle" Arroyo che ne avrà 2,5 l'anno, stavolta netti, dal Maccabi. La cifra è record per l'odierno mercato italiano, ma soprattutto Boykins ridà alla sponda bianconera una superstar americana del calibro, ai tempi, di Sugar Richardson o Cliff Livingstone o Orlando Woolridge, e si va indietro almeno di due lustri. Boykins sublima l'estate della Virtus, già eccellente, e cancella l'unico neo, il mancato arrivo di Bynum. L'accordo è annuale, e così l'ha voluto Boykins, alla sua prima esperienza di club fuori dagli States. Arriverà, con famiglia e bagagli, due settimane dopo il raduno, in programma per lunedì.
Trentadue anni, 60 chili di dinamite, Earl è stato considerato il numero uno come cambio del play tra i "pro", dal 2002 al 2007, quattro anni a Denver e uno a Milwaukee (complessivamente a 12 punti di media): lì, in tante occasioni, è risultato, partendo dalla panchina, miglior attore protagonista. La fama che lo scorta è che viene usato sì di rincorsa, ma viene poi preferito dai coach nei momenti caldi. Come nel gennaio 2005, quando segnò 15 punti in un supplementare vinto dai Nuggets sui Sonics, battendo un record Nba vecchio di vent'anni, poi superato da Arenas (16).
Nelle saghe dei piccoletti (a proposito, la prima scelta bianconera fu, in ordine di tempo, il tascabile avellinese Green), Boykins è quello di successo, più dello schiacciatore Spudd Webb o di Mugsy Bogues, che ipnotizzò Drazen Petrovic ai Mondiali '86. La sua emersione è stata costante e progressiva, fino a guadagnarsi la stima generale. Dopo il college, Eastern Michigan University, venne il purgatorio della Cba e 5 squadre nelle prime 5 stagioni Nba: tanta diffidenza, nonostante discreti numeri. «Se sei basso, la gente ti squadra, ti fa i complimenti e poi si gira dall'altra parte» amava ripetere Earl, anche quando le cose presero a girar bene a Denver, città della sua consacrazione.
In tutto, nella lega più grande del mondo, 10 anni, 520 partite a 9,4 punti e 3,4 assist in 21', con il 41% dal campo e soprattutto l'89% dalla lunetta: un'altra ottima e apprezzata abitudine, anche perché risulta una discreta calamita di falli. Meno bene nell'ultima stagione a Charlotte, 36 partite (5,1 punti, 2,7 assist) con qualche acciacco che il giocatore e il suo entourage garantiscono superato. Nuovo per la nostra serie A, a dire il vero Boykins in Italia ha già combinato qualcosa: nel 1997, con la Nazionale americana, assieme ad Ansu Sesay, vinse le Universiadi in Sicilia battendo in semifinale l'Italia del povero Chicco Ravaglia. Non rimane che aspettarlo sul campo. Talento, tenacia e incredibile velocità lo rendono un'attrazione già intrigantissima.

 

BOYKINS CARICA LA VIRTUS "SONO QUI PER LO SCUDETTO"

di Francesco Forni - la Repubblica - 29/08/2008

 

Emanano sicurezza i 165 centimetri, piccoli, asciutti ma carichi di classe, di Earl Boykins. In sostanza, lo mostrano come se l´aspettano la Virtus e i suoi tifosi: in duecento, ieri pomeriggio, l´hanno applaudito, con stima e simpatia, nel caldo ancora tropicale del Cierrebi. Movenze da ragazzino, polo bianconera di scuderia, Earl ha sfoggiato per quasi un´ora un bel sorriso giovanile. E strappato sghignazzi quando ha confessato: «Sì, una volta ho stoppato pure Bryant». Il piccolo grande play parla con voce bassa, quasi timida, ma sa bene dov´è capitato e quel che vogliono da lui.
Boykins, è la sua prima volta in Europa. Con quali attese?
«Appena arrivato qui, ho visto nella palestra (l´Arcoveggio, ndr) gli stendardi delle vittorie e le foto dei campionissimi. A fine anno vorrei avere anch´io una gigantografia, per aver dato una mano a portare a casa il sedicesimo campionato».
Parole da star. Intanto, dopo 10 anni filati di Nba, come cambierà la musica?
«Non mi sento una stella, solo un buon giocatore. E quelli capaci si riconoscono da quante partite riescono a vincere. Sono dove volevo, ringrazio la Virtus e Sabatini d´avermi dato la possibilità di poter competere per vincere, in un team dal passato glorioso, magari avendo la palla nelle mani quando si decide. E quello che vorrebbero fare tutti i praticanti e i professionisti di questo sport».
La Virtus quando l´ha cercata?
«Circa 45 giorni fa scelsi coi miei agenti di provare la sfida in Europa. La Virtus s´è fatta avanti un mese fa, e per me sarà una grande opportunità».
Prima ne aveva mai sentito parlare?
«Da anni. Ricordo che vidi in tv uno speciale dedicato a Richardson, in cui si nominava la Virtus. Poi Sugar l´ho conosciuto a Denver, dove io giocavo e lui faceva il pr. M´ha parlato spesso di Bologna. Appena arrivato, mi fermano per strada. Sbalorditivo: ricordavo una cosa simile nel ‘97, quando vinsi le Universiadi in Sicilia. Quell´entusiasmo ha pesato sulla scelta».
Dall´Nba all´Europa, non fa un passo indietro?
«La pallacanestro ora è globale, i risultati delle nazionali dicono che il livello sta uniformandosi. Tedeschi, slavi e spagnoli hanno successo da noi: ora siamo venuti a raccogliere la sfida».
Quale sarà, tecnicamente, la sua?
«L´essenziale per un regista è conoscere il gioco in tutte le sue parti. Il mio approccio sarà questo, non cambierò stile. Darò tutto per guidare bene la squadra, che dovrà aiutarmi ad entrare in sintonia. Ho visto i miei compagni, sono in gamba e saranno fondamentali».
E lei come sarà utile?
«C´è un equivoco nella mia carriera ed è che spesso la mia taglia veniva collegata solo ai punti che facevo. Beh, io non sono uno scorer. Col tempo m´hanno riconosciuto come vincente, e quello conta. Sono un play, ma posso giocare ovunque serva».
Da ottobre in poi tutti gli avversari le saranno addosso.
«Non credo che in una decade di Nba m´abbiano mai regalato qualcosa. Sono pronto ai trattamenti speciali».
Al primo turno troverà Shawn Kemp. Un mito.
«È stato mio compagno a Cleveland quand´ero matricola. Non lo vedo da 2-3 anni, l´aspetterò con piacere».


 

EARL THE PEARL

di Stefano Benzoni - Superbasket - 3/9 settembre 2008

 

Nei cinque anni da quando ne ha assunto il timone Claudio Sabatini ha indubitabilmente fatto molto per la Virtus intesa come società ed ovviamente come squadra. Ma fra i suoi meriti principali oggi ne va aggiunto un altro: aver convinto il piccolo grande uomo Earl Boykins a vestire la maglia bianconera, Earl "The Pearl", la Perla, o "Squirrel", lo Scoiattolo per la sua rapidità, un playmaker tra i migliori mai arrivati nel nostro campionato e per cui la stazza è inversamente proporzionale al talento, alla determinazione, alla leadership ed alle sue qualità tecniche e umane. È il miglior colpo della Virtus targata Sabatini, uno squadrone che vuole riscattare la brutta annata passata ed ha posto tutte le premesse per farlo, iniziando con la conferma di coach Renato Pasquali. E, a parte il resto, mettendo in cabina di regia questo giocatore che, se non avesse deciso di attraversare l'Oceano e di accettare la cospicua offerta del club bolognese (guadagnerà 1.700.000 dollari per un anno), non avrebbe avuto alcuna difficoltà a trovare posto nella Nba, nonostante l'ultima stagione a Charlotte non sia stata all'altezza delle precedenti a Golden State, Denver e Milwaukee. Già perché, nonostante la prima impressione quando lo si ha di fronte sia indissolubilmente portata a stupirsi per la sua altezza ridotta anche per un playmaker, Boykins è un giocatore molto forte, che sa passare, tirare, guidare la squadra, il tutto con talento. Molto. Fin da quando ha iniziato a giocare a basket, lui così piccolino, ha cominciato la sua immane lotta con pregiudizi ed enormi difficoltà per emergere e dimostrare che ad alto livello ci poteva giocare benissimo. Ma bastava vederlo in azione in campo anche solo pochi minuti per accorgersi che era uno vero, non certo un bluff. Uno che in campo ha ben pochi difetti visto che fa bene un po' tutto: tira da fuori anche da tre, va in entrata anche acrobatica, gestisce i ritmi, passa molto bene la palla grazie all'ottima visione di gioco, difende e recupera palloni con in più le chicca di una notevolissima precisione dalla lunetta e di una straordinaria capacità di segnare nei moneti decisivi e caldi degli incontri, una caratteristica quest'ultima tipica dei massimi interpreti del gioco. Intendiamoci, la Virtus non ha preso Steve Nash, Jason Kidd, o l'erede di John Stockton. Ha però acquistato un playmaker molto forte, solido, spettacolare e vincente, uno che tutte le squadre le invidieranno. E non è poco. Inoltre Sabatini e il suo staff tecnico sono stati anche bravi nel vincere i pregiudizi che molti allenatori e dirigenti - nonostante ci siano 520 partite in 10 anni di Nba a dimostrare il contrario e a smentirli - nutrono ancora nei confronti di Boykins pregiudizi ovviamente legati all'altezza, al sentito e risentito discorso legato a quelle guardie alte e prestanti che andranno in post basso e "allora dopo chissà cosa succede", peculiarità di tutti coloro che di fronte ad un giocatore partono col piede sbagliato elencando prima i difetti e spesso quasi dimenticando gli indubbi pregi.

Willie Williams, 1,72. Tutto nasce da lui. Il Signor Williams, che di mestiere fa il poliziotto a Cleveland, è il padre di Earl (il cognome è quello della madre, alta 1,56) ed ha una passionaccia per il basket. Il suo sogno è sempre stato quello di diventare un giocatore Nba. Il suo passatempo fuori dal lavoro? Andare al campetto con gli amici e giocare e giocare fino a quando è possibile ed ogni volta che è possibile. È piccolo, ma in campo ci sa stare. Il frugoletto che fin da quando è un bimbetto si porta appresso infilandolo, soprattutto in inverno, nella borsa degli indumenti sportivi da cui sbucano due vispi e furbi occhietti, è il figlio Earl che, mentre papà gioca con gli amici, corre con il pallone da basket tentando di palleggiare. Nel campetto di Cleveland fra Buckeye Street e la 126 Strada comincia l'avventura cestistica di Boykins che fin dai tre anni comincia a dare soddisfazioni al papà che sogna per lui il futuro che non ha potuto avere. L'amore fra Earl e la palla è istantaneo, al punto tale che anche in casa gioca sempre con il pallone regolare per la disperazione della mamma che, dopo alcuni disastri domestici provocati dalla sua foga, glielo sequestra e gli regala una pallina da tennis. Earl non si perde d'animo e continua a tirare in canestri improvvisati posti sugli armadi e sulle mensole della casa, ma anche a palleggiare, impresa non facilissima con una pallina così piccola. Il risultato è che Boykins acquisisce subito una notevole facilità di ball-handling che perfeziona nei campetti mentre assiste alle partite di papà. Ma Willie non sta nella pelle nel vedere il figlioletto che ogni giorno che passa diventa sempre più bravo e infatti quando ha 12 anni lo butta in campo nelle partitelle a tutto campo cinque contro cinque che disputa con i suoi amici. Per il piccolo Boykins è come passare dalle scuole medie all'Università in un attimo. In campo viene sballottato come un fuscello, è in continua difficoltà, ma queste sfide contro adulti fisicamente già formati, duri e muscolosi lo formano e gli insegnano a sfruttare la sua velocità, la sua rapidità; gli insegnano a resistere ai contatti, ad alzare la parabola di tutti i tiri e di tutte le entrate, a passare la palla velocemente e prima di avere addosso un difensore più grosso e potente di lui. In quello stesso playground, Earl fa la conoscenza con quello che fino a quel momento è stato più un giocatore di football che di basket e per questo vittima delle prese in giro dei coetanei, quel Ruben Patterson di cui Boykins è anche parente alla lontana perché uno zio di Ruben ed una zia di Earl hanno avuto una figlia insieme. Diventano amici, molto amici (lo sono tuttora e ai Milwaukee Bucks sono anche stati compagni di squadra), anche se frequentano high school e poi college diversi. Con la scuola degli amici del padre, l'innata rapidità e velocità, notevoli mezzi atletici, Earl è subito una stella di Central Catholic High School che guida a grossi risultati nel torneo dello stato con sfide all'ultimo sangue contro la John Hay di Patterson e la Chamberlain High di un altro futuro big della Nba, James Posey.

Ma alla fine dell'high school per Earl cominciano i problemi: tutti i coach teoricamente interessati a lui si spaventano di fronte al 1,65 e non guardano al talento. La storia del suo reclutamento da parte di Ben Braun, coach di Eastern Michigan, è curiosa. Nella primavera del 1994 Gary Waters, all'epoca assistente di Braun, viene mandato nel North Carolina per assistere a un torneo dove sono in campo selezioni dei migliori licei con il compito di osservare e scrutinare Ruben Patterson. Ad un certo punto Waters assiste a una scena curiosa: durante il riscaldamento vede un piccoletto, che lui considera un raccattapalle, sottrarre il pallone a Pattersone e tirare: "Ma che diavolo sta facendo quello?", si chiede Waters. In realtà il piccoletto è nientemeno che Boykins che chiude quella partita con 46 punti. Waters non crede ai suoi occhi, ma per stare sul sicuro il mattino seguente annulla il biglietto che avrebbe dovuto portarlo a Las Vegas dove era in programma un altro torneo giovanile: vuole verificare se quello di Boykins è stato un exploit casuale oppure se rappresenta la regola. Nella seconda partita Earl chiude con 36 punti. Forse è la regola.

Waters così chiama Braun e, tacendogli l'altezza del soggetto in questione, gli suggerisce di fare un salto per dare un'occhiata ad un ragazzo "bravino". Braun arriva, osserva il riscaldamento, esce subito dall'impianto e chiama Waters: "Ma perché mi hai chiamato a vedere come gioca un nano?". Il giudizio cambia radicalmente a fine partita. Altra telefonata a Waters: "Ma perché non mi hai detto che era così bravo?". Convinto lo staff tecnico, bisognava convincere Boykins che in cuor suo mirava a un college più prestigioso. Ma qui entra in scena papà Willie che convince il figlio che ad Eastern Michigan avrà più spazio rispetto a quello che potrebbe avere in un'altra squadra. Ad Eastern Michigan Boykins gioca bene con un crescendo di stagione in stagione fino a diventare nell'anno da senior il secondo miglior realizzatore del campionato universitario con 25,7 punti di media. Il mondo del basket internazionale fa la conoscenza con il talento, il coraggio, la classe e la determinazione di Boykins alle Universiadi che si tengono in Sicilia nel settembre 1997. Earl è il playmaker titolare della formazione a stelle e strisce allenata da Jim Molinari (ci sono anche Scott Padgett e Brian Skinner). Gli USA vincono l'oro e Boykins lascia tutti a bocca aperta per quello che mette in mostra. Marco Crespi, oggi coach di Casale Monferrato ma allora allenatore della selezione italiana che chiuse quarta, commentò così le prestazioni di Boykins: "è un computer che in campo sa sempre cosa fare, dove andare, se passare o tirare, a chi passare, se tirare da fuori o andare in penetrazione, anche se si vede che è ancora un bambino e non è sviluppato ancora a livello fisico. Comunque è uno forte, non certo un fenomeno da baraccone, ma uno che giocherà dieci anni nella Nba indipendentemente dalla mode e dalle manie del momento": Parole profetiche.

Chiusi i suoi quattro anni a Eastern Michigan, con la chicca dei 23 punti segnati nella vittoria contro Duke nel torneo NCAA, Earl vittima di una certa presunzione, considerandosi superiore agli altri playmakers presenti nel draft 1998, non si presenta nemmeno al pre-draft di Chicago ed alla fine non viene scelto da nessuna squadra della Lega. Earl è furente, ritiene (giustamente, in verità) di non meritare un torto simile e che tutti abbiano preso in considerazione solo la sua altezza e non invece le sue notevoli qualità. Così comincia un andirivieni fra la CBA (Rockford Lighting) e contratti decadali o mensili con svariate squadre della Lega, fra cui spicca due volte Cleveland, la squadra della sua città dove è compagno di un certo Shawn Kemp, che guardacaso ritroverà all'esordio in maglia Virtus contro Montegranaro nella prima giornata di campionato: "è da un paio d'anni che non lo vedo - ha detto Earl - non so cosa aspettarmi, ma di sicuro sarà interessante incontrarlo di nuovo in campo e fuori". La svolta arriva con i Los Angeles Clippers che gli fanno firmare un biennale garantito. Ma gli unici due problemi fisici della sua carriera (problema al ginocchio destro e fascite plantare al piede sinistro) lo costringono a saltare troppe partite e così alla fine del secondo anno i Clips lo lasciano andare. Lui ritiene di meritare un contratto garantito e infatti non accetta nessuno dei tanti inviti che riceve da molte squadre per andare ai training-camp: "Mio padre, la persona più importante della mia vita, fin da quando ero un bambino mi ha sempre detto che dovevo essere sicuro di me e credere in tutto quello che avrei fatto e così facendo, se il mio atteggiamento fosse stato quello giusto, avrei potuto raggiungere qualunque risultato. Non volevo essere il terzo playmaker, volevo essere il secondo ed avere un contratto garantito, così, in perfetto accordo con la mia compagna Keyan ho deciso di allenarmi a casa ed essere pronto all'eventuale chiamata". Così fa. Ma ormai il suo cammino Nba è segnato. E riprende il 26 novembre 2002 quando Garry St. Jean, gm dei Warriors, lo mette sotto contratto dopo l'infortunio patito da Bob Sura e l'evidente incapacità di contribuire di Dean Oliver. Boykins prende subito in mano la squadra e gioca alla grande. Poi però a fine stagione i Warriors lo lasciano libero ma su di lui piomba Denver che gli fa firmare un quinquennale da quasi 14 milioni. Quelli con Milwaukee e Charlotte sono gli ultimi episodi di una carriera Nba che non considera ancora definitivamente chiusa ma sulla quale ha posto non pochi interrogativi, sia per quello che riguarda lo stile di gioco, sia per quello che concerne lo stile di vita fuori dal campo.

Alla Virtus Boykins si è presentato con le parole giuste che hanno fatto breccia nel cuore del patron Sabatini e dei tifosi. Parole contornate da un sorriso disarmante e da un'umiltà e da una semplicità di fondo difficili da trovare in un giocatore con il suo passato, caratteristiche tipiche dei grandi in ogni campo: "Non sono una stella, sono un buon giocatore che è venuto per aiutare la Virtus a vincere il sedicesimo scudetto e riportare questo club alla sua tradizione vincente. Quando ho notato alle pareti della palestra tutte le immagini dei grandi allenatori e dei giocatori che hanno fatto la storia di questa squadra m sono detto che il mio obiettivo deve essere quello di avere il prossimo anno una mia immagine appesa a quelle pareti. Come quella di Micheal Ray Richardson che ho conosciuto quando eravamo entrambi a Denver e che mi ha parlato di questo club. So che tutti gli avversari mi vorranno sfidare, lo so bene, perché io allo stesso modo sfiderò loro. Non ho nessuna paura, altrimenti non sarei stato dieci anni nella Nba dove nessuno mi ha mai regalato nulla mentre tutti dicevano che non avrei potuto giocare. Ho dimostrato il contrario ed ora sono qui per aiutare la Virtus a vincere e per decidere le partite, la cosa che più amo fare. Perché io sono un vincente".

LA PRESENTAZIONE DI EARL BOYKINS

di Matteo Salvi – bolognabasket.it – 28/08/2008

 

Il pubblico delle grandissime occasioni, al Cierrebi, per la presentazione di Earl Boykins, che alla fine deve fare slalom tra i tanti tifosi che vogliono farsi fotografare con lui, magari dimostrare agli amici di poter essere più alti di una star NBA, e microfoni che richiedono ulteriori dichiarazioni. Claudio Sabatini, euforico, presenta il giocatore con il sorriso sulle labbra: “Ringrazio il giocatore per la sua semplicità, per il modo in cui si sta approcciando a noi: molti campioni NBA sono arrivati qui con atteggiamento altezzoso, ma lui sembra qui da sempre. Un grande campione si vede anche fuori dal campo, e sono contento di averlo portato qui dopo una trattativa che ci ha fatto sudare. Le informazioni che avevamo avuto concordano con la realtà: lui è una persona gradevolissima, è un grande campione, e speriamo che faccia parte del gruppo in modo perfetto”. A questo, aggiunge qualcosa di extrabasket: “Nel mio ultimo incontro con la stampa c’erano state giornate di contrasto con la Fortitudo, e mi dispiace se certe mie dichiarazioni possono essere state fastidiose. Mi scuso. Poi, avevo detto che la curva dei Forever sarebbe stata inutilizzabile, ma io cercherò di farla rimanere”. Prima, però, tutti gli occhi erano per Earl Boykins, che si era presentato con parole di ottimismo: “Voglio salutare tutti, e ringrazio chi mi ha portato in questa bella città per giocare a basket, alla società, al proprietario: è la mia prima volta all’estero, ma c’è stata una grande accoglienza, e il cibo è fantastico. Non vedo l’ora di iniziare l’avventura, e sono molto carico”.
Hai una grande carriera NBA. Cosa altro hai da dimostrare? “Sono qui per aiutare la Virtus a vincere, e riportare le vittorie in questo glorioso club”.
È l’inizio di una nuova carriera? “Non ci penso: ho giocato tanto in NBA, ma ora voglio fare bene qua. E’ una bella sfida, e sono contento di poterla cominciare”.
È un ritorno in Italia dopo le Universiadi che hai vinto nel 1997. “In effetti quando ho preso questa decisione ho ricordato quella esperienza, l’entusiasmo dei tifosi all’epoca, e ciò ha influito nel mio accettare di venire qua”.
Quando hai iniziato a pensare di poter giocare in Europa? “Circa un mese e mezzo fa, quando insieme ai miei agenti ho preso in considerazione offerte europee. Abbiamo iniziato a pensare alla Virtus su basi serie, e abbiamo fatto partire la trattativa”.
Sei sorpreso dai tanti giocatori NBA arrivati in Europa? “No, perché ormai il basket è uno sport globale, viste le ultime edizioni delle Olimpiadi: il livello si è uniformato, tanti europei fanno bene in America, e non c’è nulla di strano, per un americano, passare l’oceano per raccogliere questo tipo di sfida”
Vedendo la realtà europea, quali sono le caratteristiche che deve avere un playmaker per fare bene? “Intanto capire il gioco, in Europa come in America, a qualsiasi livello. Non penso che cambierò molto il mio stile di gioco: ho le mie caratteristiche, e ad ogni partita darò il 110% per aiutare la squadra a vincere”
In NBA eri un giocatore che ha costantemente migliorato il proprio livello, e che sapeva crescere all’interno delle partite. “Avendo questa altezza, tutti fanno confronti tra la mia taglia e i punti che segno. Ma io non ci ho mai pensato: sono un vincente, voglio esserlo anche in Europa, perché è questo che contraddistingue i giocatori. Un vincente viene rispettato, e non ci sono altri parametri per giudicare un giocatore”.
Puoi fare il regista o la guardia? “Posso giocare in tutti i ruoli in cui mi chiederanno di giocare”.
Conosci i tuoi compagni? “Lo sto facendo, perché devo imparare da loro: in ogni allenamento cercherò sempre di più di entrare in sintonia, e capire tutte le situazioni”.
Esordirai contro Shawn Kemp. “Ci ho giocato insieme a Cleveland, vediamo se in questi anni è migliorato…”
Il coach pensa che ad ogni partita avrai dalle difese avversarie un trattamento particolare. “Non fossi in grado di raccogliere le sfide, non avrei giocato per tanto tempo in NBA. Nessuno mi ha regalato niente, so che tutti mi vorranno affrontare, ma io sono pronto a mia volta, e non ho mai paura quando entro in campo”.
In difesa sei capace di nasconderti e poi andare a stoppare… “Non mi risulta, ma una volta ho stoppato Kobe Bryant”.
Conoscevi la Virtus prima di venire qui, o qualche ex giocatore? “Micheal Ray Richardson: guardando in TV uno speciale su di lui, ho capito quanto lui fosse stato importante per questo club. Poi era nella dirigenza di Denver, e all’epoca mi parlò di questa esperienza italiana”.
Qual è stata la persona più influente nella tua vita? “Mio padre, che mi ha sempre detto di dare il 100% per avere successo in ogni cosa. Ed aveva ragione”.
Che tipo di sfida è, per te, venire in Europa? “E’ qualcosa di bello, perché come tutti i giocatori avere la palla in mano e provare a vincere è una grande sensazione. Gli ultimi minuti sono quelli più eccitanti, e ringrazio tutti quelli che mi hanno permesso di venire qui a provarci”.
Infine, una dichiarazione di intenti: “Grazie per le belle parole, grazie per avermi definito stella anche se non lo sono: sono un buon giocatore, e vorrei contribuire a vincere qualcosa che avrebbe il numero 16. Ieri a Bologna, appena entrato nella palestra, ho visto le foto dei campioni del passato, dei successi di questo club, e il mio obiettivo sarà quello di avere anche la mia, di foto, su quei muri”.

 

DUBBI BIANCONERI

di Stefano Brienza - Il Domani - 23/12/2009

Ventinove palle perse a Caserta, dimenticate con la vittoria ad Ostenda ma che riaffiorano in casa con Teramo; stavolta sono 26, con Boykins che ne colleziona 17 nelle due sconfitte. È lui ora l'uomo contro il quale si punta il dito: aveva detto di essere il leader della squadra e di prendersi tutte le responsabilità, nel bene e nel male. E così dev'essere, per un giocatore dal suo ingaggio capace di cambiarti la partita e vincertela, ma anche di gestire pessimamente gli ultimi possessi e buttarla. Forse troppo alto il minutaggio, forse inadeguato per portare sempre la palla; così come inadeguati sono parsi Giovannoni e Ford come coppia di ali titolari, vedendo il 16-4 con cui si è aperta la partita. Colui che si salva sempre risponde al nome di Keith Langford, l'eroe del derby e non solo, sempre imbattibile in difesa e puntuale in attacco. L'altra nota positiva è il definitivamente ritrovato Arnold, miglior rimbalzista della squadra e autore di 13 punti, dimostrando che quando è in forma è davvero buono, e che le critiche dei primi tempi erano dovute più agli infortuni che alla testa. Boniciolli ora trae le somme: se ne vinco sempre 8 su 10 sarò felicissimo, dice. Giustissimo pensarlo, e ingeneroso riservargli critiche dopo 2 sconfitte tutto sommato fisiologiche, dopo che la squadra è stata impegnata in due partite a settimana per un mese intero. E non è finita qui, dato che a Natale arriva Ferrara. Serve ossigeno quindi, e c'è stretto bisogno di ritrovare concentrazione e gioco di squadra. Insomma, il bilancio è ottimo, ma occhio alla classifica: ora ci sono 11 squadre in 4 punti, con le grandi in ripresa e una coppia di sorprese (Montegranaro e la stessa Teramo) appaiate ai bianconeri al secondo posto.»

 

VIRTUS BOLOGNA: BOYKINS TAGLIATO!

di Emiliano Carchia - www.tripladoppia.it - 26/12/2008

 

Incredibile notizia in casa Virtus Bologna: Earl Boykins sarà tagliato. In un'intervista rilasciata a Sky Sport, è stato il presidente Sabatini a fare capire che la decisione è ormai presa: 'Il giocatore aveva chiesto quattro giorni di vacanza, non le abbiamo concesse, ma lui ha deciso di partire ugualmente per gli Stati Uniti. Un comportamento inaccettabile anche per un ragazzo del '94, noi abbiamo le idee chiare sul da farsi'. L'escalation arriva il giorno dopo la vittoria della Fortezza su Ferrara, nella quale Boykins ha praticamente scioperato, non tirando mai e con un atteggiamento che ha fatto infuriare pubblico e società, dopo due settimane nelle quali le sue prestazioni erano finite sotto processo ed erano coincise con due sconfitte della squadra di Boniciolli. A questo punto Bologna dovrà tornare sul mercato per trovare un sostituto e si parla già di Melvin Booker.

Boykins alle prece con Huertas nel derby

SOSTITUIRE BOYKINS NON SARA' FACILE

di Walter Fuochi - La Repubblica - 30/12/2008
 
Il volo a casa sua di Earl Boykins, che doveva operare d'adenoidi il figlioletto, spezzerà come un banale gesto di insubordinazione sul lavoro, le ferie negate e prese lo stesso, di forza, dal dipendente, quella che doveva essere la storia più bella del basket italiano. Eppure, non può aver solo questa facile, scontata lettura, traducendo ben altro, nell'impetuoso tumulto degli eventi: e cioè quella voglia cresciuta in Virtus negli ultimi giorni, o addirittura quella speranza, che il "nano" pigliasse davvero il volo, che si mettesse da solo fuori gioco, perché nel gioco ci stava ormai da reuccio sopportato, e non da leader rispettato. Sabatini l'aveva pagato molto (o troppo) perché la sua idea che servano, a questo sport languente, poderosi urti mediatici, è forte e quotidiana (e non infondata, vedi anche partita di Natale). Boykins era il personaggio che gli riempiva tutto: aveva una carriera Nba lunga e non usurpata, da arraparci i chierici del basket, e una statura da impiegato dell'anagrafe, da incuriosirci gli analfabeti. Ma poi, passata l'onda iniziale, doveva essere pure una polizza sui risultati della Virtus: il troppo più forte che sbrogliava le matasse complicate per il gruppo. Non lo è stato, e forse nemmeno esiste chi possa farlo qui, in un campionato ricolmo di brocchi ma incanaglito dalle diavolerie tattiche che forse sono proprio la risposta del bisogno all'imperante modestia.
Boykins non era diventato uno dei tanti, ma ci si stava accostando, concimando per di più l'impotenza tecnica col malumore. E già quello bastava a incrinare la luna di miele. Perché, per uno dei tanti, 3,5 million dollars (lordi) l'anno Claudio Sabatini non li spenderebbe neanche se facesse, insieme, il play della Virtus, il gobbo ed Esmeralda, e andasse la mattina presto ad aprirgli la radio. E perché, insomma, lo "sciopero" bianco di Earl contro Ferrara, ultimo atto del braccio di ferro in corso per volarsene a casa, è stata la goccia finale in un vaso pieno, portato all'orlo da prestazioni gravide di troppi dubbi, più che di bizze, rivolte, o mancati, o eccessivi sorrisi (ci diranno poi, in Virtus, una volta per tutte: s'ha da ridere o no?). La tentazione di disfarsene montava, come in quei gialli in cui marito e moglie, sorridendosi a tutto spiano, preparano il veleno per topi: i rubinetti aperti da Di Bella nel finale di Caserta (oggi, non a caso, rievocato nei duri atti dell'accusa sostenuta da Boniciolli) furono un acme plateale e, probabilmente, uno spartiacque valicato. La scoperta che il nano non facesse miracoli, più che la sua diffidenza nella chirurgia otorinolaringoiatrica della città sede dell'Alma Mater, spingono un divorzio ormai irreparabile, in cui sarà bene pure prepararsi alle coltellate per gli alimenti. Poi, già si profila, col solito daltonismo manicheo, la dannazione della memoria affidata ai giudizi a senso unico: il fenomeno perdeva troppi palloni, andava protetto in difesa perché chiunque ne abusava, faceva filare se stesso più che la palla, e in fondo, anche nelle giornate da eroe, come a Roma, era stato baciato dal caso dopo una fila immonda di vaccate. Tira aria insomma che la Virtus senta di poterne trovare cento, a far le veci del nano, ma intanto i quasi 20 punti a partita, i gol decisivi nei finali, i 5 minuti che spaccarono il derby, simili a tanti altri incuneati nel cuore di partite in cui, sia pur per poco, l'omino si issava a piani irraggiungibili per gli altri, saranno da rimpiazzare. Aggiungendo pure, infine, che la casa bianconera sarà anche l'arca del sorriso (quando si vince?), ma un tecnico e due giocatori da quintetto segati in tre mesi dicono che più somiglia a quei castelli medievali dove l'ospite cammina osannato e felice, in attesa che, sotto il tappeto, si spalanchi il trabocchetto pronto a inghiottirlo.

 

MUCH ADO ABOUT NOTHING

di tromba - all-around.net - 03/01/2009

 
Boykins reintegrato e presente a Siena per l'opening game del basket day.
Facciamo prima una breve cronistoria della vicenda per chiarire le diverse fasi della telenovela:
 
Fine novembre: la Virtus nega al giocatore il permesso di recarsi negli Stati Uniti durante la sosta del campionato.
24 dicembre: Boykins non consegna alla società il proprio passaporto per il rilascio del visto in vista della trasferta a Samara in Eurochallenge.
25 dicembre: il giocatore attua una forma di sciopero bianco durante la partita natalizia contro Ferrara e durante l'intervallo c'è un vivace scambio di idee tra società, allenatore e giocatore. A fine partita, in conferenza stampa, coach Boniciolli e il patron Sabatini si esprimono con termini molto duri nei confronti del n° 11 bianconero, ventilando addirittura il taglio del giocatore stesso.
26 dicembre: Boykins parte per Cleveland, senza permesso, per poter accompagnare il figlio, insieme alla moglie, ad una visita specialistica per un problema di adenoidi comunicando che il 30/12 sarebbe stato di ritorno, mentre Sabatini ai microfoni di Sky parla espressamente di probabile taglio del giocatore.
27 dicembre: Boniciolli non lesina critiche al giocatore e ne parla come un "uomo ricco", mentre il nome del "solito" Melvin Booker viene affiancato a quello della Virtus.
28 dicembre: la Virtus inizia la preparazione della trasferta di Siena con lo staff tecnico che parla espressamente di esclusione di Boykins e di ipotesi Moraschini.
29 dicembre: si attende il ritorno del giocatore che ha dichiarato di essere pronto ad allenarsi per Siena.
30 dicembre: Boykins arriva e rivuole il suo posto, la Virtus invece non lo fa allenare e chiede garanzie tese a scongiurare nuove "fughe".
31 dicembre: Boykins ancora fuori squadra ed escluso dalla trasferta di Siena.
01 gennaio: si susseguono incontri fra società, coach e giocatore con i toni che si smorzano e Boniciolli che parla di errore più formale che sostanziale.
02 gennaio: Boykins parla con la squadra, viene perdonato e reintegrato in squadra con il permesso di poter ripartire in caso di operazione di adenoidi del figlio, comunicando via etere ai tifosi la risoluzione del caso chiedendo scusa a tutti.
 
Tutto è bene ciò che finisce direbbe Nick Carter, ma ancora una volta in Virtus sembra vigere l'impossibilità di essere normali. Un caso come mille altri viene gestito al limite della schizofrenia, con diktat, annunci di tagli, reintegri e colpi di scena degni di una puntata di "24" piuttosto che della gestione di una società professionistica. Non si sa ancora se l'apparente intransigenza societaria fosse ispirata da una reale esigenza di correttezza o da una delusione relativa al rendimento in campo del giocatore, però non dovrebbe essere questo il modo di esporsi. Si dice che le grandi squadre, le grandi società, lavano i panni sporchi in famiglia, ma questo per la Virtus pare non possa succedere, forse perché la Virtus non può essere ancora una grande società? E dire che Sabatini ha avuto casi scabrosi in casa, ma quando a gestirli era un professionista del settore, come Faraoni, questi passavano sotto silenzio e si risolvevano senza i riflettori di tutta l'Italia cestistica puntati addosso, mentre quando il pallino in mano l'ha avuto il patron bianconero, come ad esempio lo scorso anno prima della trasferta canturina, la prima pagina dei giornali è sempre arrivata. Sarà un caso?
 
Tornando ai fatti concreti, probabilmente l'idea di tagliare Boykins è balenata nella mente della dirigenza de La Fortezza, ma anche considerando gli aspetti negativi del suo gioco, un giocatore che ha più di 16 punti di media a partita con oltre 3 assist, considerando anche il match contro Ferrara, non è che cresca sotto i cavoli o te lo porti la befana nella calza, magari prima della partita coi Tartu Rock. Il giocatore, in tutta la sua carriera, si è sempre dimostrato un serio professionista, non avvezzo alle bizze delle prime donne, prima di questo caso era benvoluto dal resto della squadra e, se tutto dovesse andare nel migliore dei modi, questi chiarimenti potrebbero anche portare un beneficio al prosieguo della stagione.

Boykins vs Jennings, una sfida dal sapore di Nba (foto tratta da www.virtus.it)

CHIEDO SCUSA, FATEMI GIOCARE

di Walter Fuochi - La Repubblica - 04/01/2009

 
Si è messo alla gogna radiofonica in diretta, mentre le agenzie battevano le sue scuse all'universo mondo, Earl Boykins ha scontato ieri un altro pezzo della sua colpa. Renderla più pubblica di così non si poteva e anche diffonderla sull'emittente padronale, la Futur Station di Claudio Sabatini, ha aggiunto altro senso al pasticciaccio. Adesso può rientrare in campo: lo farà a Siena, domani a mezzogiorno, molto prima di quando, da peccatore confesso, gli fosse stato minacciato. «È stato un episodio sfortunato - ha detto della sua fuga in America -, un incidente di percorso dovuto ad un errore di comunicazione di cui mi assumo le responsabilità. E per il quale chiedo scusa». Ultimo atto. Per adesso. Earl ha risposto a tutti, ieri pomeriggio. Cortese, spiegando poco o nulla, dando voce a un copione verosimilmente già concordato. Dice dunque, l'omino nero, di aver letto gli strali a lui rivolti da internet: non proprio tutto, probabilmente. Il suo datore di lavoro ha strillato di volerlo buttar fuori di casa con gli scatoloni (dura, il padrone dell'appartamento adora quell'inquilino modello), di gettare la chiave dell'auto, di citarlo per danni. E il suo allenatore ha aggiunto che nel gruppo conta come Moraschini, che è soggiogato dalla moglie, che in campo già tanti l'han fatto nero e che è ancora qui solo perché il mercato non spreme di meglio. Cos'altro avrebbero dovuto dirgli, in coppia, senza trascendere nel volgare? «So che non c'era nulla di personale, hanno fatto dichiarazioni indirizzate dal mio errore e dal rendimento in campo. Li ho capiti». È lui, addirittura, che perdona. Chapeau. E tutto vien ricomposto. Resta pur sempre un padre che vede il figlio andar sotto i ferri a 8 anni («stabene», dice), e allora, guardando i giornalisti che gli chiedono dei problemi che ha causato, si sarà anche chiesto che razza di gente siamo noi. Ma sì, è stato proprio giusto far operare Junior in America. E in dote è già arrivato pure il prossimo permesso: dal 5 all'8, per assisterlo. Concesso dalla società, stavolta. Si chiederà ancora, Boykins, cosa gli è costato tutto lo sconquasso, multa a parte: il 2% del percepito, bruscolini per lui. «Sono andato in America per la situazione di mio figlio. Poi siamo tutti umani e facciamo errori». A chi gli chiede: da adesso righerai dritto, lui non risponde. E gli altri cui il permesso è stato negato, che penseranno, ora? «Ho parlato coi compagni e mi sono scusato. Se ho perso la mia leadership? Per quella conta cosa fai sul campo, a loro non interessa cosa accade fuori, ma come puoi aiutare la squadra a vincere». Su quel conto ci sarebbero almeno tre partitacce di fila: Caserta, Teramo e Ferrara. Per Sabatini, «4 punti persi dalla Virtus e non fatti dalle avversarie». «Contro Caserta e Teramo il problema sono stati i fischi di passi e palleggio accompagnato: almeno 12-13 sulle 17 palle perse». Insomma, nessun problema, neanche difensivo. «Gli avversari non c'entrano. Devo imparare ad evitare i 'passi'». Insomma, io sono Earl Boykins, se non l'avete capito. «E vi dico che si contano le partite. Vinte e perse. Non le mie cifre. Nessuno è soddisfatto dalle due sconfitte nelle ultime tre gare». Tutto ha, meno che la faccia del pentito. O di quello che non lo farà più, come gli ha chiesto Boniciolli. «Dovesse ricapitare una situazione simile, prima parlerò col club». Quindi, non l'esclude. «Il coach? Se l'ho messo in una situazione complessa me ne scuso. Ma è esperto e intelligente per affrontare e gestire situazioni di difficoltà». Dice addirittura che, sondato dai Lakers, la sua idea è sempre stata «tornare a Bologna». Perfetto. Pure se da qui gli pioveva addosso di tutto. «Ho letto su internet». Ma non s'è scomposto. Il ventaglio spazia dall'impeccabile professionista (ma se n'è andato senza permesso) al furbo di prima fila. «Voi qui non avete la mezza misura. Se vinci sei un eroe. Se perdi sei horrible». "Un pirla" direbbe Mourinho. In una vicenda in cui alla fine il pirla non è stato certo lui. Che domani va pure in panchina, a Siena. «Se giocherò? Sono pronto per farlo, ma deciderà il coach. Altrimenti guarderò i compagni». A naso, come possa esser pronto uno che degli ultimi otto giorni ne ha passato uno in palestra resta complesso. E intanto gli altri si sbattevano qui, a Trieste, in sala video. Certo, aver in panca Boykins, sotto di chissà quanto, e non usarlo, sarà una bella sfida per Boniciolli, che con la Virtus vuol provare a vincere lo scudetto. Sotto di 5 nel terzo quarto, lo metterà? O lo farà sul -30 a 5' dalla fine? «Il bello dello sport è che tutti possono avere un'opinione. Su Siena non ci sono opinioni, non hanno mai perso». Alla fine neanche lui, e dire che ci avevano quasi convinto del contrario. Poi, di convinzioni ne abbiamo pure un'altra: un Boykins è meglio averlo che perderlo, siamo seri.
 

BOYKINS: «RIECCOMI, ORA VOGLIO VINCERE»

di Luca Aquino - Corriere di Bologna - 11/02/2009
 
Earl Boykins nella Nba era conosciuto con il soprannome «The Closer» per la sua capacità di chiudere le partite nel quarto periodo. La stessa cosa che ha fatto a Udine con i 25 punti negli ultimi dieci minuti, a memoria d'uomo un'impresa da record. La Virtus ha avuto tanti giocatori decisivi, a partire da Sasha Danilovic, ma un simile filotto di punti non l'aveva mai realizzato nessuno. Ora il piccolo play dimostrato perché è il giocatore più pagato del campionato. Boykins, aveva mai fatto qualcosa di simile in precedenza? «Una volta ne segnai 20, sempre nell'ultimo quarto (ma di 12 minuti, ndr), quando giocavo con i Golden State Warriors, nel 2002-03, contro Minnesota. In un'altra occasione ne misi 15 in un supplementare (e fu a lungo un record nella Nba, ndr)». Quale molla è scattata negli ultimi dieci minuti a Udine? «Niente di particolare, mi sono messo in ritmo subito anche grazie al gioco molto veloce. La cosa più importante, al di là dei miei numeri, è però la vittoria della squadra. In trasferta avevamo fatto molta fatica negli ultimi mesi, questa era una partita da vincere a tutti i costi e averlo fatto ci dà un nuovo slancio». Cos'ha pensato a inizio terzo quarto quando, dopo un paio di errori difensivi, è stato richiamato in panchina e ci è rimasto fino all'inizio dell'ultimo periodo? «Nulla in particolare, quando sei in panchina devi solo mantenere la concentrazione per non perdere il feeling con la partita. Dopotutto sono uscito dalla panchina per 10 anni nella Nba, per me non è una novità e non mi crea alcun problema». Nella partita contro Oldenburg, in Eurochallenge, ha sbagliato un tiro libero cruciale nel finale. Quanto le ha fatto male? «Ci ho pensato tantissimo, ma lo faccio spesso quando sbaglio dei liberi soprattutto nel finale di una partita. Ho cercato di concentrarmi fin dal primo quarto a Udine e alla fine il 14/14 dalla lunetta dimostra che ho fatto un buon lavoro». Prima di Udine, dove ha subito 10 falli andando in lunetta 14 volte, è sembrato molto frustrato dalle decisioni arbitrali che tollerano molto i contatti su di lei. Si sente poco tutelato? «Io devo solo pensare a giocare, non posso anche pensare ad arbitrare. Se loro ritengono che io non subisca fallo è giusto che non fìschino. Nulla da dire sugli arbitri». Dai fatti di Natale in avanti è stato piuttosto sotto pressione. Con coach Boniciolli, dopo Biella, sembrava si fosse arrivati a un punto di rottura... «Non mi sono sentito sotto pressione, quando si perde sono il primo a non essere contento delle mie prestazioni». Boniciolli, però, sembrava che l'avesse scaricata. «Il nostro rapporto è molto solido, non c'è nessun problema fra noi. È vero, c'è stato un periodo anormale, sono accadute delle cose. Ma credo che tutto quello che è successo nelle ultime settimane abbia solo compattato ulteriormente la squadra e fortificato il gruppo. Abbiamo fatto reset, ci siamo riconcentrati e siamo ripartiti. Ora sono di nuovo qui e sono pronto a vincere le partite». La vittoria contro Milano e quella di Udine vi rilanciano nella parte alta della classifica. Cosa serve per un ulteriore salto di qualità? «È solo una questione di continuità. A inizio stagione eravamo una squadra totalmente rinnovata, serve tempo per trovare tutti gli automatismi e di certo stiamo gradualmente migliorando. Sono fiducioso per il resto della stagione, non conta come si comincia il campionato ma come lo si finisce, quello che si fa ad aprile-maggio-giugno». Cosa ne pensa dell'innesto di Reyshawn Terry? «Una grande addizione per il nostro roster, un giocatore che ci dà grande energia ed atletismo, può giocare più di una posizione ed è ancora giovane».
 

IL SOGNO DI BOYKINS SI CHIAMA VIRTUS

di Claudio Limardi - Il Corriere dello Sport/Stadio - 06/03/2009
 
La novità è che adesso Earl Boykins vuole rimanere anche l'anno prossimo. Il periodo di grande forma, l'entusiasmo suscitato dalle ultime partite l'avrebbero convinto - l'ha raccontato coach Matteo Boniciolli riferendo di una conversazione avuta durante il rientro da Oldenburg - a prolungare la sua carriera bolognese. Al punto che, se questo non fosse possibile, preferirebbe un'altra destinazione europea al rientro in America. Lo stile di gioco di queste parti, basato sull'esecuzione dei fondamentali, la manovra collettiva, lo ritiene più adatto alle sue caratteristiche di quanto lo sia quello molto atletico in voga nella Nba. La svolta-Boykins è promettente per il finale di stagione bianco-nero: Boykins, motivato, leggero com'è di questi tempi, è un giocatore che può fare facilmente la differenza e pilotare la Virtus in finale scudetto, vero e realistico obiettivo stagionale. Ma in prospettiva futura?
PERCHÉ SÌ - Boykins è un giocatore serio, atleticamente a posto, che al suo secondo anno non avrebbe problemi di inserimento o adattamento. La Virtus sa che la posizione di playmaker non è quella su cui sia opportuno risparmiare: quando l'ha fatto, con Will Conroy, ha pagato a caro prezzo in termini di risultati e ha dovuto richiamare Travis Best. Boykins sarebbe una certezza oltre che un giocatore ormai apprezzato da società, compagni e sicuramente dai tifosi.
PERCHÉ NO - Boykins costa tantissimo. Il suo ingaggio, sull'entità del quale hanno speculato molto anche i suoi agenti, dovrebbe valere circa 1.7 milioni di dollari netti. è il giocatore più pagato della serie A e tutti sanno che spendendo la metà si può comunque prendere un playmaker americano di altissimo livello. È solo un po' più rischioso. Proprio Boniciolli ad Avellino ha avuto da Marques Green un rendimento non inferiore a quello attuale di Boykins a un ottavo, forse meno, di quello che guadagna Earl. Poi dall'anno prossimo saranno consentiti solo tre americani per squadra. Oggi la Virtus ne ha quattro, tre dei quali futuribili, giovani, promettenti e con qualche vincolo futuro. Quindi per tenere Boykins bisognerà rinunciare realisticamente a Reyshawn Terry.
PERCHÉ SÌ - II playmaker di Cleveland dovrebbe rinunciare ad una fetta del suo salario. In piena crisi economica mondiale si sono ridotte le opportunità di ingaggi stratosferici che hanno dopato il mercato la scorsa estate. Se consigliato bene, come dice Boniciolli, preferirà rinunciare a qualcosa con la certezza di non andare incontro a cattive sorprese piuttosto che fare la fine dei vari Hollis Price, Jannero Pargo e Scoonie Penn, attratti dai contratti dell'Europa dell'est e poi rimasti beffati dalle circostanze e costretti a scappare.
PERCHÉ NO - Per quanto accetti di ridursi i compensi, Boykins è un giocatore abituato a guadagnare molto e comporterà comunque un sacrificio economico notevole per il club di Claudio Sabatini. Difficile, partendo da cifre così alte, trovare un punto d'incontro. E su Boykins, la Virtus non ha alcun diritto concreto, non ha opzioni da far valere, non ha nulla. Quindi la conquista dell'Eurolega, con una licenza permanente, è probabilmente la condizione indispensabile per sedersi attorno ad un tavolo.
IN CONCLUSIONE - Tutto ha un prezzo e nello sport ce l'hanno anche i sentimenti. Il finale di stagione, soprattutto i playoff, e il rendimento di Boykins nelle partite cruciali, influenzeranno in modo pesante il giudizio sull'ingaggio dello scoiattolo di Cleveland. La conquista dell'Eurolega, una finale scudetto, potrebbero essere fattori determinanti anche per un proprietario giustamente calcolatore come Sabatini. C'è un altro fattore da non sottovalutare: per tenere tutti e tre i saltatori americani (Ford, Langford e Terry) la Virtus con le nuove regole dovrebbe andare a prendere un regista europeo. E quelli buoni non costano poco. Alla fine ad un americano dovrà rinunciare comunque e il playmaker americano dovrà prenderlo a prescindere. A quel punto esplorare fino in fondo la disponibilità al sacrificio finanziario di Boykins non sarebbe certo sbagliato. In ottica programmatoria, un altro anno di Boykins per poi lanciare Petteri Koponen, potrebbe avere un senso, soprattutto se all'impegno di campionato dovesse aggiungersi quello di Eurolega. 

 

MA IL TECNICO NON RINUNCERA' ALLA CARTA EARL

di Claudio Limardi - Corriere dello Sport/Stadio - 24/05/2009

 

Nelle poche ore che separano la Virtus da gara 4, ultima chance di restare in vita e tornare al Palaverde mercoledì per gara 5, Matteo Boniciolli dovrà prendere una decisione importante:appellarsi all'orgoglio di Earl Boykins o battezzarlo psicologicamente perso? Il suo patron, Claudio Sabatini, non ha dubbi. «Se non lo fa giocare o non lo mette in quintetto ha tutta la mia comprensione. Senza di lui, giochiamo meglio, lo dicono le statistiche. La reazione della squadra mi ha soddisfatto, è una questione di un giocatore. Se lui resta seduto al massimo andiamo pari. Siamo stati carini e garbati con lui per tutto l'anno ma ora è troppo. Bravo ragazzo, ma siamo delusi», esplode il proprietario della Virtus. «Ringrazio Sabatini, ma il mio lavoro è sfruttare le risorse di questa squadra incluso Boykins. Abbiamo fatto 99 e ora faremo 100, non mi metto a stravolgere la squadra prima di gara 4. Questa Virtus è costruita attorno a Boykins, dipende da Boykins e quando Boykins gioca bene come due giorni fa vinciamo. Quando muore la nonna o gioca male, perdiamo. è la storia di questa stagione. Ma con Boykins abbiamo vinto gara 2, vinceremo gara 4 e torneremo qui per la quinta».

 

MA QUEI PROCESSI PER DIRETTISSIMA NON SERVONO A NESSUNO

di Walter Fuochi - La Repubblica - 25/05/2009

 

Earl Boykins ha giocato una pessima gara 3 a Treviso, dopo una gara 1 in chiaroscuro e, in casa, un'ispirata gara 2 a Casalecchio. Va e viene come tanti, o forse tutti, nei play-off. Non va o viene abbastanza per quanto è stato pagato, o quanto ci s'aspettava da lui, d'accordo, ma questi conti sarebbe meglio farli alla fine, consegnandogli un ormai scontato foglio di via, e pure lì con toni più bassi. Quelli che invece alla Virtus non usano, soprattutto in corso d'opera: e detto che, in qualsiasi società, uno che parla forte è duro da marcare, se diventano due addirittura stravincono. Sabatini è una costante, ormai pluriennale, di questi show irruenti e gratuiti, dispensati a botta calda al fascino evidentemente insostenibile di microfoni e taccuini. Boniciolli è un estremista della parola che spesso dilata per spettacolarità verbale e acrobazia dialettica, di fatto però fracassando concetti ed equilibri delicati. Di solito, lo sport azzera e anche stasera si dovrebbe ripartire senza ammaccature: o non vedendole, che è cosa diversa che esser certi che non ci siano. La squadra è discretamente a pezzi, serve che remino tutti, per il poco o il tanto che possono. Il lusso di tirare lo sciacquone in questa Virtus non è concesso. Boykins era stato orrido fino a pochi minuti prima delle filippiche del PalaVerde (dove il patron ha tolto il coperchio e il coach sistemato poi la risaputa sfilza dei conti pregressi), ma potrà (o dovrà) essere il leader di una Virtus che stasera avesse ancor voglia di inseguire qualcosa. C'è lui ai comandi, o va lui o non va nessuno, almeno finché Koponen non dimostrerà che, di sola giovanile freschezza, potrebbe un bel dì sfrecciare fra i protagonisti bolliti che questa serie potrebbe sfinire: dopodiché, qualche domanda a chi ci ha smazzata mezzo milione per far battutine sui panini da mangiare in Fortitudo andrà pur fatta. Tutto questo, però, finito il campionato, visto che, finché si gioca, quelli che hai te li tieni, li sopporti, ci convivi, e fai pure finta di volergli bene. Come farà stasera, laicamente, Boniciolli, cercando di cavar sangue da tutte le sue rape, nano compreso, e ignorando una scomunica infelice perfino nella sua formulazione, perché il permesso di lasciar fuori Boykins nemmeno esisterebbe, in una squadra normale, dove qualsiasi allenatore decide, per banale incombenza di compiti, chi gioca e chi guarda, senza ricevere deleghe padronali. E pure qui, non ci si smuove dal solito punto: ad azzeccarne una sì e una no, quando va bene, non c'è mica solo Earl Boykins, alla Virtus.