FLETCHER JOHNSON

(Fletcher James Johnson)

Fletcher Johnson su Tillotson

 nato a: Morristown, New Jersey (USA)

il: 31/05/1931 - 04/10/2008

altezza: 196

ruolo: ala/centro

numero di maglia: 8 e 20

Stagioni alla Virtus: 1957/58 - 1958/59


 

FLETCHER JAMES JOHNSON L'AMERICANO DELLA VIRTUS

Arriverà a Bologna tra non molto

Stadio - 01/06/1957

 

Il velo che ancora nascondeva la verità sul giocatore americano assicuratosi dalla Virtus per la prossima stagione è caduto ieri: la Società bolognese infatti non ha ritenuto di dover più mantenere il segreto sul cestista le prestazioni del quale alla squadra ex campione erano state assicurate da qualche mese dal vicepresidente Zambonelli in occasione di un suo viaggio negli Stati Uniti.

Si tratta di Fletcher James Johnson, un atleta di colore nato il 31 maggio 1931 a Morristown, già titolare della squadra dell'Università di Duquesne e successivamente del Black's Linen Service di Pittsburgh e recentemente, come militare, del Roslyn Air Force. Il riserbo mantenuto dalla Virtus-Minganti sull'assunzione di questo atleta è stato imposto dal fatto che Fletcher James Johnson è stato congedato dal servizio militare, dove ricopriva il grado di tenente pilota, solo il 18 maggio scorso.

Tutto a posto, ora. Infatti la Virtus-Minganti è già in possesso di tutta la documentazione necessaria per il tesseramento dell'americano e questi è già pronto ad imbarcarsi per l'Italia. Fletcher James Johnson, la cui statura è di m 1,96, verrà a Bologna con la famiglia: moglie e due figli in tenera età. Non verrà solo per giocare ma altresì per completare i suoi studi in medicina (pur avendo già una laurea) presso l'Ateneo felsineo.

Con l'assunzione di questo atleta, negli USA qualificato tra i migliori cestisti tanto da aver ricevuto continue pressioni per entrare nella squadra degli Harlem, la Virtus-Minganti ha indubbiamente rinforzato il proprio organico in maniera rilevante. E se si considera che il sodalizio virtussino con Fletcher non ha fatto ancora il "punto" in materia, non si può fare  ameno di anticipare che le intenzioni degli ex campioni sono quelli di ritornare in tutta fretta campioni senza "ex".

 

FLETCHER JAMES JOHNSON DA OGGI A BOLOGNA

L'americano della Virtus-Minganti è arrivato

di Edilio Pareto - Stadio - 29/06/1957

 

Genova, 28 giungo. L'arrivo di un grande transatlantico costituisce sempre un avvenimento anche se a Genova è cosa di tutti i giorni. Così è stato nel pomeriggio di oggi per l'arrivo della Motonave Giulio Cesare dagli scali del Nord-America. Ma la scena è stata accentuata da una simpaticissima nota di colore a carattere sportivo. Un colore nero, per la verità, ma reso simpatico, quasi vibrante, da quattro viaggiatori di eccezione. Infatti, dopo le operazioni di ormeggio sulla testata di Ponte dei Mille alla Stazione Marittima, messo in opera lo scalandrone e iniziato il fluire dei passeggeri, apparvero i quattro protagonisti.

In testa un giovanottone alto, anzi in gergo cestistico un "lungo", che sorridendo reggeva una piccola vestita di bianco; al suo fianco, meno imponente ma più leggiadra, una giovane mamma con un bimbo di pochi mesi. La folla si interessava con simpatia alla scena e da un gruppetto in attesa si staccò un giovanotto a porgere alla signora un omaggio floreale, mentre scattavano gli obiettivi dei fotografi. Per noi e per i dirigenti della Virtus-Minganti di Bologna, in attesa, si trattava semplicemente del nuovo acquisto della società felsinea che verrà nel prossimo anno a rinforzare le file. Il dottor Fletcher James Johnson, la sua gentile signora, la piccola Renata di tredici mesi e l'ultimo nato. Il rag. Lello Zambonelli della Minganti, che lo aveva scovato e assicurato alla sua società  negli Stati Uniti, il dott. Angelo Zoni, il capitano Scirocchini e "Carlito" Negroni, capitano della squadra virtussina, erano ad attenderli. Rapidi convenevoli mentre si svolgono le operazioni doganali e poi l'intervista di prammatica.

Johnson, ventisei anni, alto metri 1,96, peso kg 92, atleticamente perfetto, è un autentico campione. Ha trascorso tutta la sua vita sportiva nella compagine della Duquesne University e ha rifiutato allettanti offerte per giocare sia nei Globe Trotters sia nella S. Louis Hawks.

"Sì - conferma il giocatore tramite l'interprete - non ho accettato alcuna proposta perché intendo restare dilettante. Sono laureato in scienze psicologiche ma voglio proseguire gli studi già intrapresi per raggiungere anche la laurea in medicina. Ciò che farò presso l'Università di Bologna".

Poi le domande solite e le solite risposte. Johnson è contento di essere potuto venire in Italia, è lieto di risiedere a Bologna che conosce come "la dotta" e come centro nevralgico del basket italiano; e conta di trascorrere nel nostro paese anni proficui per lo sport e per la sua futura attività professionale. Il suo desiderio - unitamente a quello della Virtus - ha potuto essere appagato anche perché l'atleta può disporre di una borsa di studio assegnatagli dalla sua Università. La conversazione si conclude nel ristorante della Stazione Marittima mentre si attende l'esaurirsi delle formalità doganali. L'atleta esprime ancora il suo compiacimento per l'ottimo viaggio e risponde ad un'ultima domanda:

- È tanto che non gioca?

"Mi sono allenato fino alla vigilia della partenza".

- Quando intende riprendere gli allenamenti?

"Lunedì prossimo".

E questa risposta è tutto un programma. E non solo per l'atleta ma altresì per i numerosi sostenitori della Virtus-Minganti. Anche loro, come è accaduto a noi, faranno subito amicizia con il simpatico e cordiale Fletcher James Johnson.

Raffaello Zambonelli, Fletcher Johnson, Luigi Chierici (direttore di Stadio) e Agostino Mezzetti

FLETCHER JAMES JOHNSON A BOLOGNA

Stadio - 30/06/1957

 

Giunto a Bologna a tarda notte, il neo virtussino Fletcher James Johnson ieri pomeriggio, accompagnato dai dirigenti della Virtus-Minganti comm. Mezzetti  e rag. Zambonelli e dal cap. Scirocchini che fungeva da interprete, è venuto in visita di cortesia al nostro giornale dove è stato presentato al nostro Direttore. Occasione per fare quattro chiacchiere e scambiare le prime impressioni con il giocatore americano che dalla prossima stagione difenderà i colori della Virtus-Minganti. Felicissimo di essere in Italia e commosso dalle accoglienze ricevute a Bologna dove, ha detto, "ha trovato tutti tanto simpatici". È sicuro che si troverà bene e si augura di non deludere l'aspettativa dei dirigenti, dei compagni e dei sostenitori della sua nuova squadra. Ci ha confermato che ancora il mese scorso, al momento del suo congedo dall'Air Force dove era tenente pilota, ha ricevuto offerte dagli Harlem per passare professionista. Ha però precisato: "Desidero diventare medico prima di tutto, è la mia grande aspirazione; poi con una famiglia come già ho io (ho moglie e due figli) non si può girare il mondo. Si finisce per non concludere nulla di buono". Una dichiarazione che conferma la sua serietà. Ne saranno lieti i virtussini. Ci spiega che quando in America ha incontrato il rag. Zambonelli è proprio stata la grande fama che gode l'Ateneo felsineo a fargli accettare l'invito a venire a giocare nella Virtus-Minganti. Ora, appena dopo ventiquattro ore dal suo arrivo a Bologna, si sente già bolognese. In questi primi giorni provvederà a sistemarsi nella casa approntatagli dalla Società bianconera, poi, non appena rientrerà dalla Sicilia l'allenatore Tracuzzi sarà a disposizione per quanto il trainer virtussino deciderà che egli debba fare. Non improbabile tuttavia che in attesa del rientro di Tracuzzi qualche capatina al campo all'aperto del Ravone la faccia; tanto per mantenere i muscoli sciolti. È lieto di come lo hanno accolto i nuovi compagni di squadra: "ragazzi tanto cordiali", ha detto. La nostra impressione? È in primo luogo un atleta molto educato e che ispira immediata comunicativa; modesto. Non parla di sé, dice solo che ce la metterà tutta per favorire la riconquista dello scudetto da parte della Virtus-Minganti. Non v'è da dubitare che il suo apporto sarà senz'altro notevole. Un giudizio sul suo valore lo rinviamo di poco; al momento in cui con la squadra inizierà gli allenamenti sotto la guida di Tracuzzi.

QUANTE STAR "USA" NEL CIELO DEL BASKET BOLOGNESE

di Giovanni Cristofori - Il Resto del Carlino - 22/08/1974

 

Pivot negro di 1,96, fu discusso subito dopo il suo arrivo in Italia per la discontinuità in rendimento nelle partite di precampionato. Ma dopo un breve periodo di rodaggio, si dimostrò forte rimbalzista ed eccellente realizzatore. Nel primo campionato in maglia Virtus, fu tra i migliori topscorers con 309 punti. Riconfermato nel campionato successivo, migliorato tecnicamente, realizzò 355 punti.

 

Fletcher Johnson in un derby contro il Motomorini

(foto tratta dall'Archivio SEF Virtus)

Tratto da "Virtus - Cinquant'anni di basket" di Tullio Lauro

 

Un ricordo di Peppino Cellini su Fletcher Johnson: "Conquistò subito la piazza, divenne ben presto idolo della tifoseria. Solo una volta prese la pazienza, fu contro il Gira oramai al canto del cigno, marcato da un piccoletto come Rino di Cera che per evitare di farlo andare a rimbalzo, usò per una volta metodi poco ortodossi. Fletcher si voltò di scatto e lasciò partire un destro, che se non prontamente schivato, avrebbe potuto staccargli la testa".

Fletcher Johnson in avvicinamento a canestro, marcato da Bon Salle (foto tratta da Giganti del Basket)

IL CUORE NEL CANESTRO

di Aldo Giordani - Il Guerin Sportivo - luglio 1982

 

Sono passati venticinque anni e l'aitante giovanottone di colore che allora giunse a Bologna proveniente dalla Duquesne University di Pittsburgh per giocare nella Virtus, è oggi un robustissimo cinquantenne sdraiato sulla spiaggia di Milano Marittima. Ha vicino la moglie e due figli. E la sua è una storia eccezionale. Fletcher Johnson aveva avuto un'infanzia difficile: sua madre faceva la domestica e lui - già all'età di otto o nove anni - si prodigava nei mestieri più umili per portare a casa qualche dollaro e arrotondare così le magre entrate familiari. Oggi è un cardiochirurgo fra i più quotati in America e può permettersi un'esistenza agiata: "Se guardo indietro - dice - concludo sempre che la mia vera vita è cominciata a Bologna".

BORSA DI STUDIO

Fletcher Johnson aveva studiato psicologia. A Lello Zambonelli, per portarlo alla Virtus, bastò offrirgli una borsa di studio per il corso di sei anni di medicina all'università di Bologna: "Allora non si usavano - spiega Johnson - le cifre colossali degli ingaggi di oggi, ma i giocatori pensavano di più all'unica cosa che conta: al proprio avvenire e a divenire uomini". Avendo studiato psicologia, Johnson non poté completare, per le leggi italiane, tutto il corso di medicina a Bologna e dovette poi laurearsi a Ginevra. Ma a Bologna imparò ad amare l'Italia, un amore che non ha più dimenticato: "So che oggi voi italiani avete molti problemi - dice - ma problemi ne hanno tutti: sociali, religiosi, razziali, economici. Però in Italia c'è ancora una dimensione umana che è difficile trovare fuori di qui".

ITALIA MON AMOUR

Johnson vive d una cinquantina di chilometri da New York. Ha arredato la casa all'italiana, ed anche il suo studio medico. A New York va solo per lavoro, per affari o per il basket. La "Big Apple" non gli piace: "La cosa più bella che c'è - dice con un sorriso - è l'aeroporto. Perché in sette ore si arriva in Italia". Johnson lavora duro per dieci mesi all'anno (anche quindici ore al giorno), per prendersi una vacanza qui da noi. Adesso i figli cominciano a diventare grandicelli e lui - che oltre all'italiano parla bene anche il francese - cerca di fargli conoscere il mondo. Si è fermato due settimane a Cannes: "Ma non è come qui. I bambini sono i padroni, possono giocare, fare quel che vogliono, divertirsi. Là c'è troppa formalità, i ragazzi debbono stare zitti, non possono correre a volontà. Non c'è dubbio, molto meglio qui". E indica i suoi due ragazzi che stanno facendo un castello di sabbia con un tedesco, un olandese e un italiano: "La perfezione al mondo non esiste - riflette ad alta voce - ma questa amicizia, questa cordialità tra elementi di razze così diverse, è molto vicina alla perfezione".

IERI E OGGI

Quando Fletcher Johnson venne in Italia per la prima volta, ci furono equivoci - tra i meno esperti - perfino sul suo nome e cognome. Taluni pensarono che Johnson fosse il nome e Fletcher il cognome. Anche alcuni giornali caddero nell'equivoco. Non era un fenomeno, ma aveva un gran potenza e per la sua mole una notevole agilità. L'allenatore della Virtus di allora era Vittorio Tracuzzi e il "professor" Johnson è oggi lietissimo di apprendere che il suo vecchio coach di una volta ha ora una posizione di rilievo come allenatore della nazionale femminile. Johnson ricorda ancora con simpatia i suoi vecchi compagni, da Canna a Calebotta, ed è informatissimo: sa molto bene, ad esempio, che Gambini è ora sull'altra sponda petroniana, quella della Fortitudo. Del resto, quando ha potuto, Johnson ha sempre cercato di ritrovare i suoi vecchi compagni. Quest'anno non può, perché deve ritornare in USA, rinunciando volentieri a qualche giorno di ferie, per essere puntuale al consueto "Memorial Stokes" di Monticellouna classica di beneficenza cui partecipano le grandi stelle di "pro" in ricordo di Maurice Stokes, l'ex-asso dei Cincinnati Royals che negli anni '50 fu colpito da una encefalite nel pieno della carriera, dovette smettere e poi morì nel fiore degli anni. Al "Memorial Stokes", come sempre, anche quest'anno Johnson si presenterà gratuitamente come medico, dall'aeroporto andrà direttamente al campo. Fino a qualche anno fa, Johnson era primario di un ospedale. Adesso fa il libero professionista, e annovera tra i suoi pazienti anche alcune celebrità dello spettacolo. Ha operato Myron Cohen e, di recente, Melen Hayes, considerata la miglior attrice americana. La stragrande maggioranza di coloro che si rivolgono a lui è di razza bianca: "E non vengono da me - disse una volta con orgoglio ad una rivista americana - per chiedere un'aspirina!". Gli affidano in effetti la propria vita. E sembra quasi impossibile che quelle enormi manone, che una volta nascondevano la palla come fosse una mela, possano oggi armeggiare col bisturi in mezzo centimetro quadrato sull'aorta oppure tra le valvole del cuore. Di recente, gli è accaduto un episodio che ricorda con fierezza ma anche con una certa qual meditazione sugli insegnamenti della vita: "Quando avevo dodici o tredici anni, facevo il groom in un Grand Hotel e aiutavo i facchini a portare le valigie. Così all asera potevo portare a mia madre qualche spicciolo. Adesso il proprietario di quel Grand Hotel è venuto da me per farsi operare al cuore!".

GUSTO ITALIANO

Ha una spiccata predilezione per il gusto italiano, per i prodotto italiani: ha sempre avuto una Lamborghini, adesso ha una Maserati Quattro Porte; gli piace la cucina italiana e ne insegna ai figli le leccornie. Jaime, il più grande, è un torello di dieci anni. che nel fisico somiglia al padre, e che diventerà di sicuro una "power forward" del basket o un "full back" del football. Benjamin, il più piccolo, ha sei anni, è più asciutto e minuto, ma - dice la mamma - "è più atletico, più rapido, più scattante dell'altro". Anche la signora Jane segue le vicende del basket italiano. Sa che Haywood è stato in Italia e che qui ha creato qualche problema. "Ma il più caposcarico di tutti i campioni - le diciamo - è stato forse Barnes". "Anche negli Stati Uniti - è la risposta - non aveva sempre la testa a posto". E i giocatori di oggi rispetto a quelli del tempo che fu, come sono? Qui interviene di nuovo il signor professore: "Sono più alti, e in genere più forti, non soltanto in Italia. Tirano anche meglio. Ma non sono abbastanza completi. Dovrebbero rendere di più. Nella differenza del gioco c'entra anche un diverso metro di valutazione degli arbitri: oggi è lecito, nei contatti o nel prendere posizione, ciò che a me veniva fischiato". Fletcher Johnson si trovava in Francia quando l'allora Squibb vinse la Coppa dei Campioni a Colonia contro il Maccabi. Vide l'incontro in televisione: "Buona partita, ottimi giocatori - dice - molto buono il livello tecnico. In Italia il miglioramento è stato notevole".

UNO SPECCHIO

I due ragazzi partono a razzo per tuffarsi in acqua. La famiglia Johnson è in spiaggia già alle nove del mattino. L'attuale chirurgo di gran fama sta scrivendo un libro. Stando sotto l'ombrellone ha riempito quaderni e quaderni, che farà ribattere una volta a casa. Un libro, se abbiamo capito, di medicina, basket, sociologia. Forse lo specchio della sua esistenza: "I malati, come i giocatori, devi capirli. Io ricevo dalle cinque del pomeriggio alle due di notte. In media dedico mezz'ora a ciascuna visita, perché qualche caso ha bisogno di dieci minuti magari per il semplice esame di un elettrocardiogramma, e qualche altro, invece, richiede più di un'ora per scoprire se c'è il male e dov'è. è lo stesso coi giocatori: a qualcuno basta dare un'occhiata, a qualche altro devi dedicare più tempo. Guai a generalizzare: ognuno ha bisogno di un trattamento diversificato". è un concetto che Johnson mette in atto anche nella sua professione. Dal miliardario si fa pagare tutto; se invece in Harlem, mentre assiste al Rucker Tournment, un poveretto gli chiede di visitarlo, lo fa ben volentieri senza riscuotere una lira. E magari lo opera, pure gratis. Lavora molto per avere poi il tempo di correre in Italia. Dove - lo dice e lo ripete - imparò a vivere e dove mosse i primi passi per la grande "escalation" sociale che ha realizzato.

Fletcher Johnson, affermato chirurgo, veniva sempre in vacanza nella Riviera Romagnola

ADDIO A FLETCHER JOHNSON, GLORIA VIRTUS

La Gazzetta dello Sport - 08/10/2008

 

È morto sabato scorso all'età di 77 anni, stroncato da un tumore al pancreas, Fletcher Johnson. Il suo nome è legato a quello della Virtus Bologna con cui giocò dal 1957 al 1959, diventando uno degli stranieri più celebri e apprezzati dell'epoca. Uscito dalla Duquesne University (finalista del Nit nel 1954), sbarcò in Europa dove, a fianco della pallacanestro, proseguì gli studi e si specializzò in chirurgia. Pilota dell'Air Force durante la guerra di Corea, nel 1973 si stabilì nel New Jersey dove continuò a esercitare la professione medica fino alla scorsa settimana.

 

FLETCHER JOHNSON PROTAGONISTA IN VIRTUS - VARESE 63 ANNI FA

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 17/11/2020

 

Stagione 1957/58. Dopo il rodaggio della prima stagione, questo è il secondo campionato in cui le V nere giocano le gare casalinghe al Palazzo dello Sport di Piazza Azzarita. I bianconeri disputano una grande stagione, ma non basta per aggiudicarsi il titolo. Su un telaio già forte, Alesini, Canna, Calebotta, Carlo Negroni, Gambini, Andreo, Borghi più i giovani Pellanera e Andreo, s'inseriscono i nuovi arrivi Lucev, Fletcher Johnson e Lovari. I ragazzi delle giovanili Nannucci,, che si dedicherà poi alla vendita di dischi, Gandolfi futuro presidente del settimo scudetto, Fiorini e Bevilacqua mettono insieme in tutto cinque presenze. L'allenatore è Vittorio Tracuzzi, il vice Giovanni Corsolini, che poi diventerà uno dei più grandi dirigenti della pallacanestro italiana, inserito anche nella Hall of Fame. La squadra colleziona diciannove vittorie in 22 incontri, ma soprattutto parte con dieci vittorie consecutive: tutto questo non basta, due delle tre sconfitte sono contro l'Olimpia Milano che si aggiudica il titolo. Il 17 novembre 1957 si gioca la sesta giornata e le V nere sono nel pieno della loro striscia vincente. In piazza Azzarita arriva Varese, che ha come elemento di punta Zorzi: Tonino segna quattordici punti, ma non bastano contro lo strapotere bianconero. Trascinati da un superlativo Fletcher Johnson (22 punti), alla prima delle sue due stagioni bolognesi, le V nere vincono nettamente, 74 a 54. L'americano rimase a Bologna anche la stagione successiva, in due campionati collezionò 44 presenze, segnando 659 punti, alla media di quasi 15 a partita. Ci ha lasciato nel 2008 a 77 anni.

Virtus Minganti Bologna: Alesini 15, Lovari, Andreo, Borghi, Calebotta 11, Lucev 6, Gambini 2, Carlo Negroni 2, Fletcher Johnson 22, Canna 16.

Ignis Varese: Marelli 12, Stefanini, Gallo, Gualco, Nesti 4, Toth 8, Forestieri 4, Padovan 6, Zorzi 14, Magistrini 6.

Johnson e Alesini, i due artefici della vittoria (72-64) dell'Oransoda-Virtus sulla Motomorini il 9 novembre 1958, si complimentano al termine dell'incontro. L'americano denuncia l'evidente commozione: ne ha ben donde. Sempre modesto, Alesini lo consola (foto tratta da Stadio)