GINO CUCCAROLO

(foto tratta da www.virtus.it)

nato a: Asolo (TV)

il: 26/11/1987

altezza: 220

ruolo: centro

numero di maglia: 8

Stagioni alla Virtus: 2014/15 - 2015/16

statistiche individuali del sito di Legabasket

biografia su wikipedia

 

A BOLOGNA CUCCAROLO L'UOMO PIÙ ALTO D'ITALIA

Il centro trevigiano va alla Virtus: altro 221 cm, è certificato dal Guinnes dei Primati come l'italiano più alto. Arriva dalla Leonessa Brescia
La Gazzetta dello Sport - 08/08/2014
 

Nuovo arrivato molto speciale alla Virtus Bologna: ingaggiato Gino Cuccarolo, 26 anni, centro trevigiano che andrà a completare il reparto lunghi della squadra di Giorgio Valli. Lunghi? Lunghissimo: infatti Cuccarolo con i suoi 221 centimetri è, secondo il Guinness dei Primati, l'uomo più alto d'Italia. Nell'ultima stagione ha giocato al Basket Brescia Leonessa, dove ha tenuto una media di 5.1 punti e 5.9 rimbalzi in 18 minuti di utilizzo.

Gino Cuccarolo conta una presenza in Nazionale maggiore (11 marzo 2012 nell'All Star Game). Fu coinvolto assieme a Erazem Lorkek nel 2007 nello scandalo Benetton che portò ad una penalizzazione di 12 punti di Treviso a causa di irregolarità sul tesseramento dei giocatori.

 

VIRTUS, IL LUNGO CHE AVANZA

di Massimo Selleri - Il Resto del Carlino - 05/11/2014

 

Doveva essere il quarto lungo e giocare solo qualche spicciolo di partita, invece, Gino Cuccarolo si sta ritagliando uno spazio importante nelle rotazioni della Granarolo, dando man forte a un settore che spesso si ritrova in affanno. «Tutti gli allenatori dicono che va in campo chi lo merita - spiega il lungo della Virtus, Gino Cuccarolo - ma Valli è un coach che mette anche in pratica queste parole. L'esempio non è il mio minutaggio, ma l'utilizzo di Fontecchio. Simone ha solo 18 anni ma lavora con grande impegno e quando l'allenamento è concluso si esercita al tiro. Tutto questo gli frutta la partenza in quintetto mentre in altre situazioni probabilmente starebbe dietro a uno straniero».

È stato complicato tornare in serie A? «Molto. Io venivo da due stagioni nella seconda lega e posso dire che tra le due categorie c'è un abisso. Sono diversi i carichi di lavoro ed è differente il talento degli avversari. La distanza è tanta e non è facile rimettersi in linea con valori che sono nettamente superiori, ma volevo tornare nel massimo campionato e anche per questo motivo ho detto subito di sì alla Virtus».

Sia a Sassari sia a Cantù siete stati in partita per trenta minuti poi l'avversario è scappato via: mancanza di benzina o dovete crescere? «Siamo un gruppo che ha un ampio margine di miglioramento, con Capo d'Orlando e Caserta abbiamo dimostrato di saper sfruttare il fatto di giocare in casa, ora il passo successivo è quello di riprodurre in partita quella pallacanestro di buon livello che esprimiamo durante l'allenamento. Se riusciremo a fare questo potremmo diventare una delle sorprese di questo campionato. I conti, però, si fanno sempre alla fine, per cui ora dobbiamo concentrarci solo sulla gara di domenica a Pistoia».

Che tipo di incontro si aspetta? «Abbiamo lo stesso numero di vittorie ma per noi sarà una partita molto difficile. Sulla carta loro sono una buona squadra e l'atmosfera sarà molto calda. Ricordo di aver giocato sul campo la finale per la promozione in serie A nel 2013 e posso dire che il loro pubblico è un valore aggiunto, come il nostro quando giochiamo in casa».

Le pesa la sua altezza? «No, anzi la ritengo un vantaggio essendo io un giocatore di pallacanestro. Quello che mi pesa è che mi faccio coinvolgere dalle situazioni anche quando dovrei essere più distaccato. In sostanza dovrei giocare sempre come ho fatto a Cantù, domenica scorsa. Ma purtroppo solo a volte riesco a esprimere quella cattiveria sportiva che è tipica di chi è sempre concentrato sulle cose da fare».

 

CUCCAROLO: “FACCIO PASSI DA GIGANTE”

di Andrea Barocci - Corriere dello Sport/Stadio - 07/01/2015

 

Due centimetri. Due centimetri che a Gino non cambiano nulla. Ma lui ci tiene a toglierseli di dosso, per amore di verità. «Non sono alto 2,22 e neppure 2,21 come scrivono in molti: sono 2,20». Quei 220 centimetri rendono Cuccarolo ufficialmente, come decretato dal Guinnes dei primati, l’uomo più alto d’Italia, anche se il suo sogno è sempre stato solo quello di «poter giocare in serie A da protagonista». Difficile destino per un ragazzo per tanti anni bollato, proprio per la sua statura, come troppo lento, legnoso, macchinoso nei movimenti per diventare un vero centro di livello. E’ accaduto a Treviso, dove è cresciuto, e via via a Venezia, Montecatini, Siena (Virtus), Biella e Brescia: un gigante prigioniero di catene invisibili.

CATENE SPEZZATE. Poi, con l’arrivo a Bologna, Gino ha spezzato quelle catene. Domenica a Roma non ce l’ha fatta a far vincere la sua Virtus, eppure ha fatto un figurone, costringendo i lunghi avversari a deviare le parabole di tiro con le sue lunghe braccia e sorprendendo tutti per la sua mobilità e il suo carattere. Il giocatore che era è stato soppiantato da un altro: più sicuro, più veloce. Non un fenomeno, ma comunque da serie A. «Speriamo di proseguire così – dice lui con voce bassa e pacata – Se sono cambiato lo devo al nostro preparatore atletico Carlo Voltolini (ex Siena, ndr), che mi ha messo a posto piedi e schiena, e al mio coach».

VALLI. Valli con Gino ha svolto un gran lavoro sotto l’aspetto motivazionale e psicologico: si è trovato un ragazzo con pochi stimoli e molte etichette negative, e ne ha fatto un centro su cui si può iniziare a contare. «Giorgio è una grande persona, e non lo dico solo perché è l’allenatore della Virtus. Quando mi hanno preso avrei dovuto essere il quarto lungo Poi, un po’ per la mia forza di volontà, un po’ per gli alti e bassi degli altri lunghi, ho trovato spazio. Valli è un tecnico all’antica, come Djordjevic e Repesa che ho avuto a Treviso: se un giocatore dà tutto e si impegna, è il primo ad arrivare in palestra e l’ultimo ad andarsene, lui lo fa giocare. Ti stimola, ti sprona: è bravo a caricarti. A me ad esempio dice che se ce la metto tutta, sono in grado di difendere anche su un esterno».

RISVEGLIO. Il risveglio del gigante. Per Cuccarolo è una soddisfazione non da poco vedere finalmente il campo con continuità. «Certo che lo è. Da quarto lungo a titolare, da 2′ a 29’ di gioco come è accaduto a Roma, è un grande passo. Ecco, il mio obiettivo è proprio questo: riuscire sempre a fare passi avanti».

ESEMPIO GENTILE. Ma la terza torre di Bologna è anche un ragazzo onesto con se stesso, e non nasconde il peccato originale che ha frenato la sua carriera sino ad oggi: «Cosa non funzionava? La mia poca costanza. Ero a Treviso con Alessandro Gentile, e vedevo come lavorava: ci dava sempre dentro. Lui questo lo aveva capito già a 18 anni. E chi dice che la vita per i figli d’arte è in discesa, spara una cavolata: Alessandro con Repesa era sempre in palestra, a tirare e tirare. Io invece il basket lo vivevo con tanti alti e bassi: con le mie potenzialità, avrei potuto andare da tante altre parti in questi anni… Se ho dei rimpianti? Certo che ne ho. Ma c’è chi matura prima e chi dopo. Io l’ho fatto dopo. Ora alla Virtus lavoro con gli assistenti sulla tecnica di tiro, sul pick and roll, su tanti aspetti del gioco».

PREGIUDIZI. Così come tanti mini play, anche un gigante come Gino è stato vittima dei pregiudizi di chi non vedeva in lui un pivot da A perché… troppo alto. «In passato soffrivo la mobilità di piedi di centri alti e di stazza. Ma in questo momento in Italia non esistono più i lunghi di una volta, alla Bagaric, alti e grossi. Ci sono giocatori di 2,03 o 2,04, pivot atipici, e questo mi spinge a migliorare la mia mobilità in difesa». Figlio di un imprenditore edile, con la mamma che lavora aiuta lo zio in un ristorante, il ragazzo di Asolo ha sofferto ben altro. Le battute scontate sulla sua altezza ad esempio. «Anni fa mi davano fastidio, adesso non più: di gente stupida in giro ce n’è sempre tanta». Così oggi, in una città abituata a guardare in alto, si rilassa «facendo lunghe passeggiate con il mio cane. Anzi, ne ho due: il mio, un bovaro delle Fiandre (circa 40/45 kg), e quello della mia fidanzata, un Pinscher toy di circa di chili di peso…». Un trio che non passerà mai inosservato.

Cuccarolo in gancio contro la Vanoli Cremona (foto Serra)

"LA VIRTUS CAMBIA LA VITA"

di Luca Muleo - Stadio - 27/01/2015
 

Se l'uomo sogna di volare, Gino Cuccarolo lo fa da sempre. A 220 centimetri d'altezza, capita. E adesso, che è diventato la terza torre di Bologna, gli succede anche un po' più spesso. L'immagine simbolo della strepitosa vittoria Granarolo contro Sassari è la sua uscita dal campo a braccia alte, per ricambiare l'applauso di un pubblico che nel ragazzone di Asolo, Treviso, vede riassunta tutta la gamma dei valori di una Virtus tornata a entusiasmare come non accadeva da un po'.

«Ci danno già all'ottavo posto. Ma noi dobbiamo guardarci alle spalle, puntiamo ancora alla salvezza. Ora arrivano due trasferte importantissime. A Capo d'Orlando ci ho giocato l'anno scorso, so quanto sia un campo difficile, con la gente vicina, psicologicamente è dura. Dovremo essere concentrati dall'inizio alla fine per vincere».

A Roma, dopo il record dì punti in carriera, disse: "Mi auguro sia solo l'inizio". Sta tenendo fede al progetto.

«Scusi se rido, penso che dopo Roma c'è stata Trento e non ho giocato una gran partita. Mi sono riscattato contro Sassari, il mio obiettivo è trovare sempre più fiducia in campo». Intanto, anche lei ne sta dando agli altri, no? «Mi sento di poter fornire una grossa mano, in difesa ancor più che in attacco. Sto migliorando nei cambi difensivi, tenendo i piccoli sui pick and roll. Tutto lavoro fatto in palestra con il preparatore atletico Voltolini che, assieme a Valli, studia il programma. Sono bravissimi, la loro collaborazione è il nostro segreto».

È arrivato un rinforzo sotto canestro, cosa cambia?

«Sono contentissimo di Reddic, è giovane, si è visto che potrà aiutarci parecchio. Le rotazioni sono ampie, Valli dà la possibilità a tutti, e lui è un gran bel giocatore».

Quello più forte con cui ha diviso la spogliatoio chi è?

«Tanti, su tutti Pittis».

E Ray che talento ha?

«È l'uomo da un milione di dollari, vorrà dire qualcosa. Uno dei più forti di questa lega, è sicuramente grazie a lui se siamo dove ci troviamo. Fino al terzo quarto aveva segnato solo due punti, quando decide che è arrivato il suo momento non ce n'è per nessuno».

Dove sta l'equilibrio tra piedi per terra e playoff?

«Dopo la vittoria con Reggio Emilia erano tutti contentissimi, si parlava di grande Virtus. Poi siamo andati a Varese e abbiamo perso, volando di nuovo basso.Ora, seperdiamo a Capo d'Orlando, siamo al punto di prima. Ci troviamo nel gruppone, è facile finire su o giù all'improvviso».

Con Sassari però si è vista una prova di grande maturità.

«Sono d'accordo, non so davvero come abbiamo fatto a vincere contro un'armata come la loro. Fontecchio era fermo da un mese, Mazzola non si è mai allenato in settimana. Matteo, pur in progresso, non è al top. Così è dura preparare una partita importante come quella di domenica. Però non ci mancano cuore e anima, e con quelli si vince».

Sembra il vostro motto.

«E lo è, cuore-anima, il coach ce lo scrive spesso sulla lavagna prima delle partite. A volte lo ripete: "Per vincere dobbiamo dare tutto, per noi, per la maglia e per il pubblico". Non siamo una squadra di talenti come Milano, Reggio o Venezia, ma lottiamo fino alla fine».

Contento di essere l'idolo dei tifosi?

«Senza nulla togliere a Treviso, Brescia o qualunque campo che abbia calpestato, ma giocare in Virtus, con questo palazzo, fa sempre un gran bell'effetto. Sono stati il nostro sesto uomo: a 5' dalla fine, quando i Forever hanno cantato il coro sulla base de "L'estate sta finendo", tutti ci siamo caricati. Vorrei vedere lei andare in campo con questa gente, ti fanno battere il cuore forte».

Quanti sacrifici ha fatto per questo?

«Ne sto facendo ancora tanti. Non si può mai dire di essere arrivati, lì con la testa e pedalare. Voglio raggiungere i miei obiettivi falliti negli anni scorsi, il bilancio lo faccio alla fine».

Quando è venuto a Bologna ci sperava?

«Sono arrivato senza pressioni, il coach mi aveva detto che sarei stato il quarto lungo, un paio di minuti a partita per far rifiatare i titolari. Iomisono ricordato dell'insegnamento di Djordjevic a Treviso. Mi diceva sempre: "Se tu dai, riceverai, in allenamento i sacrifici pagano". Ora devo molto a Valli, se sono contento di essere qui è intanto perché c'è un allenatore con gli attributi, bravo a stimolarti, anche quando sbagli ti incoraggia. Quello che sta succedendo è in parte una sorpresa anche per me, non ero convinto dei miei mezzi, questa è la cosa che mi è mancata in carriera. In una squadra in cui ognuno dà il massimo, sei stimolato e pensi: se loro ci mettono tutto, perché io no? E allora lavori sulle lacune, sui miglioramenti individuali. E i sacrifici pagano, appunto».

Si può dire che la Virtus le sta cambiando la vita?

«Certo. È qui che nasce il basket, ed è un trampolino di lancio per tutti quanti, c'è molta visibilità in più. Spero che il mio futuro sia a Bologna, mi piace l'ambiente, la società».

Firmerebbe in bianco?

«Subito. In bianconero».

Com'è la vita fuori dal basket?

«Esco poco, mi piace guardare la tv a casa, ogni tanto qualche cena con i compagni, ma non dico sempre sì se mi chiamano. Sono un po' asociale, preferisco il relax di un buon film. E cerco di rispettare i miei limiti, il riposo è necessario».

L'idea, da fuori, è quella di un gruppo molto unito. «Siamo giovani, ci capiamo al volo in campo e fuori, non c'è il vecchio che prevarica. Meglio una squadra giovane che vecchia, o ancora peggio di giovani vecchi».

Se lei è il più orso, il più simpatico?

«Mazzola, è lui a fare gruppo, compreso quello su whatsapp tra italiani e fisioterapisti, dove ci prendiamo in giro di continuo. E poi, se c'è da uscire la sera ci sentiamo sempre con gli americani. A Ray e White piace molto la nostra cucina, andiamo spesso a cena insieme».

Un suo difetto che eliminerebbe?

«Timidezza e l'emotività».

Ragazzo acqua e sapone, senza tatuaggi.

«Invece uno ce l'ho, dietro la schiena: è la parola basket con un rosario e una rosa dei venti. Al posto dei punti cardinali ci sono le iniziali dei miei familiari, a cui sono molto legato. Famiglia e basket».

A farne una sua, di famiglia, ci pensa?

«Sicuramente, ma più in là. Ora sono concentrato sul lavoro».

È fidanzato?

«Sì, lei è a Treviso, sta seguendo un progetto comune, che abbiamo brevettato. Sto pensando anche al futuro».