EMANUEL GINOBILI

(Emanuel David Ginóbili Maccari)

Manu Ginobili in stretching pre-gara

nato a: Bahia Blanca (ARG)

il: 28/07/1977

altezza: 201

ruolo: ala

numero di maglia: 6

Stagioni alla Virtus: 2000/01 - 2001/02

statistiche individuali del sito di Legabasket

biografia su wikipedia

palmares individuale in Virtus: 1 scudetto, 2 Coppe Italia, 1 Euroleague

 

GINOBILI, LA STORIA PUO' RIPETERSI

di Carlo Annese - La Gazzetta dello Sport - 10/10/1998

 

Ha 21 anni, è argentino di nascita e di carattere ma italiano di passaporto acquisito, gioca da guardia e ha un repertorio che fa impazzire Reggio Calabria. Questa storia, forse, l'avete già letta qualche anno fa, quando il protagonista si chiamava Hugo Sconochini. Adesso si ripete, incredibilmente simile, con Emanuel Ginobili, la nuova stellina emergente della serie A-2. Semplici coincidenze? "Sì, solo coincidenze. Hugo è mio amico, abbiamo diviso spesso la stanza nei raduni delle nazionali argentine, ma non mi sento "il nuovo Sconochini" - chiarisce subito Emanuel -, anche perché in campo abbiamo due modi di giocare abbastanza diversi. Di Hugo, invece, ripeterei il successo che ha ottenuto qui in Italia: giocare presto in A-1, contro le squadre più grandi, è il mio obiettivo principale".

Non sarà il nuovo Sconochini, ma della guardia della Virtus, che proprio in Calabria cominciò la sua ascesa 6 anni fa, Ginobili ha il carisma del trascinatore e numeri di alta classe, un buon tiro da tre e una predisposizione naturale al gioco in velocità. "Ha tante soluzioni diverse ed è anche avvantaggiato dal fatto di essere mancino - dice il suo tecnico Gaetano Gebbia -. Ma ciò che impressiona di più è il grande controllo del corpo negli spostamenti laterali. No, non può essere paragonato a Sconochini, perché è un giocatore con una personalità propria, meno potente di Hugo, ma già completo per i suoi 21 anni e con una maggiore attitudine alla difesa. Per la sua età, è più pronto di Sconochini al salto in A-1". Anche perché nell'A-1 argentina, Ginobili ha già giocato un paio d'anni da titolare vero.

Nato e cresciuto a Bahia Blanca, dove il suo bisnonno, originario di Cremona, si è trasferito all'inizio del secolo, Emanuel ha cominciato col basket a 6 anni. "Una scelta inevitabile - racconta - perché mio padre era il presidente della società, dopo aver giocato negli Anni '60 nei campionati regionali, e la palestra era a un isolato da casa mia. Ho seguito i miei fratelli, tutti e due più grandi di me, che tuttora giocano in serie A. A 18 anni, per fare esperienza, sono stato ceduto alla squadra de La Rioja e poi sono tornato alla base dove ho iniziato a giocare 30-35 minuti a partita. Correvamo tanto, anche troppo: contropiede oppure un passaggio e tiro contro le difese schierate, un divertimento. Ma il mio sogno è sempre stato venire in Europa: seguivo i risultati del campionato spagnolo e quelli della Kinder (per Sconochini) attraverso Internet, perché pensavo che qui ci fossero il basket migliore e i club più importanti. Per questo, l'anno scorso, ho preso la cittadinanza italiana. Aspettavo che qualcuno mi chiamasse e per prima è arrivata una squadra spagnola. Avrei potuto parlare la stessa lingua, ma avevo dei dubbi e ho rifiutato. Poi, all'improvviso, è arrivata Reggio". Gebbia, che negli ultimi anni ha scovato nei modi più diversi giocatori di buon talento come Larranaga e Fajardo, lo seguiva da tempo. "Ho chiesto informazioni a Giorgio Rifatti, un mio ex giocatore tornato in Argentina ma rimasto in contatto con me. Lui conosce bene il nostro campionato e mi ha consigliato di prendere Ginobili a occhi chiusi".

In tre giorni, Ginobili ha accettato il triennale offerto da Reggio, ha lasciato il raduno della nazionale prima dei Mondiali (la sua prima grande esperienza internazionale), dopo essersi consigliato con Nicola, ora a Treviso, e Sconochini, ed è volato in Italia per firmare. "Hugo mi aveva detto che mi sarei trovato bene a Reggio ed era tutto vero - continua Emanuel -. In campo ho molta libertà e la possibilità di giocare spesso in contropiede come facevo a Bahia Blanca. Devo migliorare in difesa, ma adesso sto facendo un lavoro con i pesi per prendere 3 o 4 chili. Sono ancora "flaco", un po' leggero, per giocare in A-1. L'ho capito in coppa Italia, contro la Kinder: erano tutti grossi, in Argentina non c'è una squadra che abbia tre uomini oltre i 2.10. E questo è diventato il mio punto di riferimento: la Nba non mi toglie il sonno, prima voglio giocare in Italia alla pari con i più grandi".

GINOBILI, A TUTTA VIRTUS

di Francesco Forni - La Repubblica - 12/07/2000

 

«La nostra ultima pedina». Così Marco Madrigali ha presentato ieri Emanuel Ginobili, 23 anni, 1.97, natali argentini: «Manu» chiude il tris d’assi dopo Griffith e Jaric, in attesa di Smodis e Jestratijevic. Questo, ufficialmente: poi, si registrano rumori d’ogni tipo, intorno a residui spigoli contrattuali di Rigaudeau e Danilovic, nonché alla firma, da incassare, di Sconochini; ed anche intorno all’arrivo di un 4, cioè un’ala-pivot. Quel ruolo oggi è coperto dal solo David Andersen, in attesa che un pretore del lavoro, o la federazione, abilitino Smodis, sloveno, e dunque non ancora tesserabile come comunitario. Sennò, dal mercato rimbalza il nome di Darryl Middleton, americano spagnolizzato, già trattato dal Real Madrid. Ma a chi si spingeva a dubitare perfino della permanenza di Danilovic, è stato risposto che, avanti, la Virtus è fatta, ed è questa, con 11 pezzi nobili, all’alba della campagna abbonamenti che scatterà a giorni. In ordine: Rigaudeau e Jaric play, Abbio, Danilovic, Sconochini e Ginobili guardie e ali, Smodis, David Andersen, Frosini, Griffith e Jestratijevic pivot.

Ginobili avrà tre anni di contratto, con Nba escape dopo due. Dovrà conquistarsi gli spazi giusti, e sa che il salto tra Reggio e Bologna è alto. È parso però sorridente, rilassato. «Per la prima volta non sarò la più importante opzione offensiva. Sono qui per imparare a giocare coi grandi, e soprattutto per gli altri. La Virtus l’ho scelta dopo una settimana sofferta (e il pressing dell’Olympiakos, ndr), perché gradivo restare in Italia in un team ambizioso, che punta a vincere, con un coach esigente, ma che fa grandi i giocatori». Doti atletiche e tecniche (17 punti col 56% da due, il 34% da tre e il 71% ai liberi) sono la carta vincente di Emanuel, anche per Messina. «Ha grandi qualità nell’uno contro uno e offensive in generale. Con la Viola giocava quasi 40’ e doveva gestirsi in difesa e coi falli. Nella Virtus avrà l’occasione di spingere al massimo senza mordere il freno. Questo è il margine di miglioramento che gli rimane, ma è già un elemento di alto livello, con un grande senso della partita. E sa bene che chi aspira alla Nba deve vincere la concorrenza».

Madrigali ha allargato la visuale. «Di Sconochini stiamo aspettando solo la firma e nulla fa credere che non ci sarà. Bonora è sotto contratto: è probabile che una decisione sul suo futuro, se alla Virtus o in prestito, non venga presa prima di agosto. Smodis vorremmo farlo giocare come comunitario. Altre nazioni europee sono riuscite a far valere i loro diritti in situazioni identiche. Siamo convinti su questa strada, anche se le certezze non sono possibili». Ringraziata la Viola per la scorrevolezza dell’affare Ginobili, era inevitabile tornare su Meneghin. Madrigali s’è indurito. «Andrea se l’è scordato, ma io, lui e suo padre non abbiamo parlato del tempo, quando ci siamo visti. Poi, sento che l’abbiamo perso. No, ci siamo ritirati da un’asta che non volevamo fare». Messina ha schivato i paragoni: «Il valore di Ginobili, Griffith e Jaric non va letto in relazione a Meneghin, ma in modo assoluto: sono giocatori molto importanti, quindi non c’è motivo perché i nostri tifosi siano depressi». Finale sugli abbonamenti con Madrigali: «Ci sarà un lieve aumento dei prezzi, anche perché il torneo dell’Uleb avrà 4 partite in più. E poi verrà calata una «curva» particolare all’interno di una tribuna, che spero soddisfi la nostra tifoseria».

 

GINOBILI: "ALLENAMENTI DURISSIMI, MA HUGO ME L'AVEVA DETTO"

"Però è una fatica che darà frutti. Anche in Calabria stavo bene. Qui l'organizzazione è eccezionale"

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 29/08/2000

 

Inizio tremendo, ma previsto. È cambiato il preparatore atletico, dal mitico prof. Grandi a Francesco Cuzzolin, ma i primi giorni della preparazione atletica sono veramente tremendi per tutti. E forse qualcosa di più per i nuovi. "Me lo aspettavo, perché Hugo (ndr. Sconochini) me lo aveva anticipato, ma è molto dura in questi giorni anche per il calco eccezionale". È il primo commento alla fatica di agosto di Emanuel Ginobili che arriva alla palestra Arcoveggio in compagnia dell'inseparabile Sconochini. Stranamente con viso serio, quasi corrucciato, mentre è aperto e sorridente quello del nuovo figlio della pampa approdato alla corte di Messina. "È una fatica che si fa volentieri, perché si sa che darà buoni frutti. Ma finalmente è arrivato anche il pallone - e lo sottolinea con un grande sospiro - e quando si fa basket il lavoro pesa molto meno". Dopo le prime belle parole alla presentazione ora che conosce l'ambiente un po' meglio è cambiato qualcosa? "Va tutto benissimo. È tutto come mi aveva descritto il mio compagno. Anche a Reggio Calabria si stava bene, ma qui l'organizzazione è veramente a posto". C'è stato il tempo per conoscere un po' la città? "Per ora no e mi dispiace. Ma dopo le sudate in palestra non vedo l'ora di dormire. Solo dopo cena ho fatto qualche giro con Sconochini, ma così per vedere Bologna di sera, sperare in un po' d'aria fresca e poi subito a letto".

Dopo una settimana di lavoro prettamente atletico da oggi si passa alle lezioni di tecnica e all'approccio del gioco collettivo. Il coach Messina ha detto che dovrà lavorare non poco per fare di un bel gruppo quale voi siete una squadra. A che punto siete? "È ancora troppo presto per dare una valutazione. Stiamo diventando amici e ad esempio il fatto che pranziamo tutti insieme ci aiuta molto. Si avvicina il primo incontro di SuperCoppa (7 settembre ndr) e questo match contro la Bipop sarà un importante verifica per tutti noi. È certo che noi vogliamo partire bene e cioè con una bella vittoria".

INTERVISTA A GINOBILI

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 18/09/2000

 

Ginobili, in questo momento c'è una Kinder dimezzata. Ma lei, da solo, vale il prezzo del biglietto.
Non esageriamo. Devo ancora a pensare a tanti aspetti del mio modo di stare in campo.
Contro la Bipop, però, ha firmato il primo trentello stagionale.
Massimo rispetto per Reggio Emilia, però loro avevano mille problemi. E sono un club che milita in A2.
Non vorrà negare che ogni suo tiro si trasformi in canestro.
è un buon momento. Sto tirando da tre con percentuali superiori al 50 per cento. Di solito oscillo tra il 35 e il 40. Sto approfittando di questa situazione. Sperando che continui, ovviamente.
Il marchio di fabbrica della Virtus è la sua celebre difesa. E lei...
Io devo abituarmi. In passato difendevo, ma solo un po'. Certe volte lo facevo altre volte no. Qua non me lo posso permettere. è solo questione di concentrarsi su questo aspetto»
Le gambe non le mancano.
Appunto. Sono capace di difendere. Ma devo ricordarmi di farlo.
Quanto vale, per lei, Hugo Sconochini?
Tanto, tantissimo.
Un aiuto indispensabile, vero?
Proprio così. È dal primo giorno che mi aiuta. Così non mi sento solo. I suoi amici sono diventati i miei amici. So dove andare a fare la spesa, dove mangiare. A Reggio Calabria fu diverso perché arrivai da solo. Qua, invece, ho una guida straordinaria in Hugo.
Differenze tra Reggio Calabria e Bologna?
È presto per dirlo. Là sono rimasto due anni, qua 20 giorni. E poi sapete anche voi quali sono i ritmi della preparazione. Allenamenti intensi al mattino e al pomeriggio. Di sera trovi solo la forza per raggiungere il letto e dormire.
Virtus, Bologna, una piazza che lotta per il titolo.
Era il mio sogno. Sono arrivato a Reggio Calabria, in A2, volevo la A1. Conquista la promozioni.
Nella Città dei Canestri. Dove si vive di basket e di derby.
Me ne hanno parlato. Me ne accorgo girando per strada, dove tutti ti riconoscono. Il derby per ora l'ho visto solo in tivù. Non vedo l'ora di poter giocare una partita simile.
Per vincere, vero?
Mi sono reso conto di una cosa: a Bologna conta solo la vittoria. Per questo ci sono grandi investimenti, perché si vuole vincere. Nello sport è uno degli aspetti più belli. Il secondo posto qua non conta proprio.

GINOBILI, ARRABBIATO E DELUSO

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 20/10/2000

 

L'altra sera, sul pullman che riportava la Kinder dall'impianto di Atene all'hotel Divani, quartier generale bianconero, aveva la faccia più scura di tutti. Emanuel Ginobili, il talento, aveva immaginato un esordio diverso nella competizione che, per due stagioni, aveva solo visto in tivù, nella "sua" Reggio Calabria. Non avrebbe mai pensato, viceversa, che il suo debutto si sarebbe consumato così presto: 18'41" sulle tavole del gigantesco impianto greco, 5 falli, una palla persa, 0 su 2 da due e 0 su 4 da tre. Nemmeno un canestro a bersaglio. E nemmeno lui, "Manu" Ginobili, è in grado di ricordare un disastro del genere. Con la maglia della Viola non gli era mai accaduto così, forse, bisogna risalire alla sua esperienza argentina e, magari, a qualche confronto a livello cadetti, o allievi. A Roma, nello scalo intermedio tra Atene e Bologna, "Manu" si è messo in discussione. E soprattutto non ha nascosto le sue responsabilità.

Che cosa è successo, Ginobili?

Loro sono partiti benissimo, 8 a 0 e poi 18 a 2.

E lei?

Non sono mai riuscito a entrare in partita. Me ne sono accorto subito, fin dai primi movimenti.

Troppa tensione?

All'Eurolega ci tengo proprio. Anzi, ci teniamo tutti. Mi dispiace per come è andata a finire perché io ho disputato proprio un incontro anonimo. Ci tenevo a far bella figura.

E adesso?

Sono triste, arrabbiato, deluso. Non lo so nemmeno io: dobbiamo riprenderci subito. E alla svelta, perché dietro l'angolo c'è già il campionato.

Le era mai accaduta una cosa del genere? Diciotto minuti senza un canestro su azione sono tanti.

In Italia mai. Forse prima.

Sbagliata la prima conclusione ha perso fiducia?

No, non credo sia andata così. Non sono riuscito a entrare in partita. E quando forse stavo cominciando a rendermi conto della situazione sono finito in panchina, con cinque falli sulle spalle.

Avete forse sottovalutato gli avversari dopo la passeggiata in campionato?

Assolutamente no, sapevamo che era un campo difficile. E un'avversaria altrettanto insidiosa. Ma dipende tutto da noi, abbiamo un potenziale enorme che finora abbiamo espresso solo a sprazzi. Non è successo solo ad Atene, ma in tutto il precampionato. E alla fine, poi, ci siamo trovati in una situazione nuova.

Quale?

Una sfida punto a punto. Era accaduto solo a Verona.

Pressione troppo forte rispetto a Reggio Calabria?

Francamente la sento fino alla palla a due, o a fine partita. Durante mai, passa tutto.

Ma questa sconfitta?

Beh, considerando che ci siamo trovati sul 71 a 55 avremmo anche potuto subire una batosta pesante. Mi tengo stretto il risultato.

Avete trovato il leader, Rigaudeau. Voi giovani, dice Messina, avete talento. Ma siete molto inesperti.

Antoine, Picchio e Hugo sono quelli di maggiore esperienza. Hanno vinto tutto, hanno già vinto l'Eurolega, dobbiamo seguirli. Ma non possiamo lasciare Antoine da solo. Anche noi abbiamo le capacità per vincere. Dobbiamo mostrarlo. Io, Marko, Matjaz. Ci tenevamo molto, non abbiamo fatto una gran figura.

Manu, l'uomo dei tiri impossibili

TUTTI PAZZI PER GINOBILI

di Francesco Forni - La Repubblica - 03/02/2001

 

Va forte Ginobili, anche al bancone. Ieri pomeriggio, giornata di riposo dopo la lezione agli Estudiantes, c’era il tutto esaurito al Virtus Point di via Lame: duecento fans hanno bloccato Manu per un’ora e mezza. Bianconeri di ogni età, in maggioranza ragazze, tutti diligentemente in fila per un autografo, una maglietta con dedica o una foto con il «fenomeno», cioè colui che al momento interpreta al meglio la formula vittorie e spettacolo, che sembra infinita. Ginobili sorride per novanta minuti. Non fa una piega, anzi, consuma pennarelli divertito e si mette in posa davanti agli obiettivi. Lui è l’eroe, ma forse è pure quello più contento dell’assalto. Alla faccia di chi, tra i big, si concede con annoiata avarizia.

Se cinque mesi fa mi avessero detto che sarebbe successo tutto questo – attacca , non ci avrei creduto. A Bologna sarei venuto a piedi, avrei firmato con un entusiasmo incredibile. Sapevo che la città era «predisposta» per il basket, ma non fino a questo punto. Tanto affetto non me l’aspettavo.

Affetto, ma anche passione. Le giocate volanti di Ginobili sembrano fatte apposta per esaltare il Palamalaguti. La costanza invece è la novità.

So bene che il mio basket piace al pubblico. Anch’io, quando vado a vedere una partita, voglio divertirmi e vedere schiacciate, bombe, uno contro uno. Ma se io facessi le stesse cose e la Kinder fosse quinta? Non credo che il pubblico mi sosterrebbe tanto. Vado forte io perché gioca bene la squadra, tutti al proprio posto, pronti a farsi trovare. Quando si vince tanto, è chiaro che è l’intero organico a girare al massimo. Poi, nei momenti felici calano anche le pressioni, interne ed esterne.

Oltre a poche pressioni, occorrono anche molte risorse. La Kinder sembra non aver difetti.

Chiaro che di punti deboli se ne vedono pochi, ma soprattutto ci abbiamo messo meno tempo del previsto a crescere. Non me l’aspettavo. È scricchiolato qualcosa dopo Udine, ma di lì in poi l’ascesa è stata progressiva.

E dire che durante l’estate Ginobili era una seconda scelta. La Virtus voleva Meneghin.

Sono venuto dopo Andrea, è vero. Ma è normale che nei programmi degli allenatori e delle società ci siano delle priorità. Meneghin nel ‘99 ha vinto scudetto ed Europei: è stato il miglior giocatore del continente. Ci sono poi anche delle occasioni che vanno sfruttate. La Virtus riesce a vincere e a gasare il suo pubblico perché sa essere soprattutto solida. Io ho giocato partite brutte, ed altre ne giocherò, non c’è dubbio. Ma solo nel mio ruolo ho al fianco gente come Rigaudeau, Jaric, Abbio e Bonora, quando tornerà: il rendimento e l’intensità sono sempre garantite. Non ci sono segreti, c’è la qualità.

Quasi dieci anni fa, in Virtus, c’era una coppia Danilovic-Coldebella. Alla debita distanza di tre scudetti, c’è ora il duo Ginobili-Jaric, forte di un grande feeling in campo.

Ci troviamo perché siamo simili. Siamo giovani, ci piace correre e fare un basket atletico: normale che molte situazioni vengano interpretate allo stesso modo. Quasi sempre uno sa dove andrà l’altro, normale che l’intesa diventi più facile.

Tutto benissimo, o quasi: domenica nessun problema a giocare con Imola?

Ci sarò. Sto abbastanza bene, un paio di giorni di terapia mi dovrebbero bastare. Ho preso solo delle botte alla gamba: più grave quella con Siena che quella con l’Estudiantes. C’è un ematoma, ma il muscolo risponde bene. Non sarà un problema.

 

GINOBILI, IL FENOMENO

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 10/06/2001

 

Messina e Ginobili, numeri uno del campionato. Un riconoscimento meritato, ma pure un piccolo fardello da trascinarsi per altre due settimane, in vista di quella finale scudetto che scatterà giovedì sera, al PalaMalaguti (palla a due alle 20,30).

«Sono contento — il commento del Fenomeno bianconero —. Un fatto del genere era già successo in Eurolega, ma lì il trofeo era legato a cinque partite. Questo, invece, è un premio che riguarda tutto il campionato. Una scelta che mi riempie di orgoglio e che, per certi versi, cambia qualcosa. Cambiare società, venire a Bologna era, per me, una sorta di sfida. Non sapevo come avrebbe potuto finire: sicuramente ho bruciato le tappe perché credevo che i tempi fossero più lunghi. Ora cambiano anche le prospettive, gli obiettivi, ma non posso nemmeno dimenticare che confermarsi a certi livelli è molto difficile».

In via dell'Arcoveggio, nel quartier generale bianconero, c'è pure Marco Madrigali, il presidente. «Sarà una bella finale — dice il numero uno della Kinder — sono abbastanza tranquillo. Mi auguro, soprattutto, di poter vedere la Virtus di sempre». Elogia Messina, Madrigali, che sa che comunque, una volta finita la stagione, qualche ritocco andrà fatto. Abbio e Frosini, per esempio, sono in scadenza e il secondo, dopo quattro stagioni in bianconero — questa è senza ombra di dubbio la migliore per continuità e qualità — potrebbe anche cambiare aria. Ma per ora sono solo chiacchiera.

«La Virtus — sottolinea mister Cto — continuerà a essere forte, anche se qualche giocatore, prima o poi, ci lascerà per tentare la strada della Nba. Noi restiamo, e penso che comunque anche chi parte si ricorderà, un giorno, del lavoro in palestra con Ettore. I suoi consigli, i suoi suggerimenti. Noi saremo comunque qui e...».

Resta quasi a braccia aperte Madrigali. Intanto Roberto Brunamonti, il vice presidente, sta rientrando negli States. È stato a Chicago, Roby, non per concludere affari ma per dare un'occhiata in giro. Soprattutto ai giovani. Non va dimenticato, per esempio, che Matjaz Smodis l'ha pescato proprio lui, senza spendere tanto perché lo sloveno era in scadenza di contratto e quindi libero (nessun indennizzo al club di appartenenza). E proprio in questi giorni il vice presidente bianconero relazionerà sugli elementi giudicati interessanti. Fermo restando che lo stesso Marcus Brown, avversario di semifinale con la canotta della Benetton, è giudicato un elemento da non trascurare.

 

MANU GINOBILI, L'EROE DEI DUE MONDI

di Daniele Baiesi - www.telebasket.it - 04/09/2001

 

Eroe dei due mondi? Pare. Fenomeno? Senza dubbio. Almeno così lo vedono i suoi tifosi. Si ricomincia da zero, ora, e tutti i trofei vinti da Emanuel Ginobili contano zero, se non a dare quella fiducia e quella dimensione in più che solo le vittorie sanno dare. Al rientro dall'Argentina, Manu si racconta a Telebasket.com.

Ginobili, ma non corre il rischio di montarsi la testa?

Non nel mio caso, e nemmeno in quello della Virtus in generale. Non ci è mai successo, l'anno scorso. Ho avuto un anno incredibile, sono senza parole, ed il tutto è stato arricchito da una prestigiosa vittoria con la mia nazionale. Per noi è stata la prima volta. Ma questa stagione sarà ancora più dura, abbiamo la squadra competitiva per fare bene.

Si ricomincia da zero, insomma?

Sì, e credo che siamo abbastanza attrezzati per fare bene su tutti i fronti. Sono d'accordo con Messina quando dice che non ci si devono porre obiettivi stupidi; l'anno scorso è irripetibile, ma credo possiamo fare buona figura su tutti i fronti.

Arriverà Becirovic: un ingresso pesante, come l'ha definito il suo coach.

Io non credo sia ingombrante. È un giocatore di talento, punto e basta. Se ben ricordate, l'anno scorso quando sono arrivato c'erano Sconochini e Danilovic. Quando i giocatori sono forti ed intelligenti possono giocare insieme, con tutti.

Ginobili, le capita mai di pensare a 12 mesi fa?

Sì, ed era tutto diverso. Ero venuto qui per farmi un nome e magari raccogliere qualche cosa. Ora abbiamo tutti più pressione addosso, la squadra ed io.

Come vede le antagoniste?

Le vedo rinforzate. Treviso ha fatto un'ottima squadra, Siena si è rinforzata, e la Fortitudo è piena di grandi nomi. E poi ci sono tutte quelle squadre piene di americani un po' da conoscere, per cui è presto esprimere un giudizio. In Eurolega direi le solite, Real, Panathinaikos, Maccabi, Barcellona. Più l'Efes Pilsen.

Ginobili, ci vuole raccontare il ritorno di Hugo Sconochini?.

È stata una grande emozione. L'ho visto felicissimo fin dalle prime amichevoli con la nazionale. Era raggiante. Vedere il suo primo canestro da tre al ritorno è stato incredibile. Penso che gli abbia dato fiducia per la stagione che viene.

"HO CONQUISTATO ANCHE GLI ARBITRI"

Ginobili: è l'argentino il cestista dell'anno. "I loro complimenti sono i più graditi. Nemmeno in sogno avrei immaginato di vincere tutto. "Fenomeno". Quel coro mi dà la pelle d'oca. Proverò per la Nba. Il mio povero paese saprà risollevarsi"

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 29/12/2001

 

Argentino con lontane origini italiane. Per di più mancino e vincente, Come Mardona. Ma rispetto a Diego un altro tipo. Un fenomeno o, più semplicemente, Manu Ginobili, numero uno in Europa.

Ginobili, come si diventa "Fenomeni"?

"Non credo che esistano segreti particolari, Forse dipende dal mio gioco, molto atletico, che prevede schiacciate e stoppate. Sono stato fortunato: ho vinto tutto, là è nata la storia del Fenomeno".

Ma se Meneghin, un anno fa, avesse firmato con la Kinder, lei dove sarebbe?

"Probabilmente in Grecia, ma non ne sono sicuro. Forse devo ringraziare Andrea. Magari mi sarei trovato bene in Grecia, ma qui ho conosciuto persone importanti e ho imparato tante cose".

Da Reggio Calabria a Bologna sul tetto d'Europa: se l'aspettava?

"No. Credetemi: nemmeno nel sogno più bello avevo immaginato una situazione del genere".

Quanto ha influito Messina nella sua crescita?

"Parecchio. È stato importante, ma ci sono state tante piccole altre cose che mi hanno offerto la possibilità di crescere. La squadra, la decisione di Danilovic di lasciare, Sconochini".

È vero che lei non sapeva difendere?

"difendevo un giorno sì e l'altro no. Anzi, mi prendevo un paio di giorni di sosta. Ma se vuoi arrivare in alto non ci sono alternative: bisogna difendere".

Il compagno con il quale ha legato di più.

"Fuori dal campo, dopo la partenza di Hugo, Frosini. In campo Rigaudeau. Ancora oggi imparo tanto da lui".

Le manca la Calabria?

"Abitavo con Montecchia, eravamo sempre assieme. Mi manca qualche amicizia, ma non rimpiango nulla, Qui sto bene".

Cosa fa nelle ore libere?

"Quello che fanno le persone della mia età. Mi attacco a Internet e al computer. Poi c'è la musica, ci sono i libri. E con la mia fidanzata vado spesso al cinema".

Dove mangia?

"In casa. Cioè: spesso sono fuori, ma non ho un locale particolare".

La cucina delle Due Torri l'ha conquistata?

"Sì. Mia madre diventa pazza quando torno a casa: la costringo a prepararmi la pasta. Mangio pasta perché non riesco ad adattarmi alla vostra carne. Rispetto a quella argentina ha un altro sapore".

Che succede alla Kinder?

"Nulla. Abbiamo perso il derby di un  punto. Abbiamo subito un altro stop a Treviso e poi siamo stati sconfitti a Francoforte. Là potevamo e dovevamo vincere. A Kaunas, invece, non c'eravamo proprio. Ognuno ha giocato per conto suo. Ma resto fiducioso perché siamo un gruppo intelligente, sappiamo cosa fare".

L'avversario peggiore da marcare.

"Quelli piccoli e veloci, come Bullock o Edney. Per fortuna non mi toccano mai".

Il rivale che le ha fatto i complimenti.

"Tanti, Capita. Capita anche a me di rivolgermi alla stessa maniera nei confronti di un avversario. Ma i più graditi sono quelli degli arbitri. Quelli non te li aspetti".

Fosse rimasto Danilovic?...

"Chi può dirlo? Abbiamo fatto un allenamento insieme e basta. Mi avrebbe insegnato tanto, ma non avrei avuto lo stesso spazio. Uno scherzo del destino".

Un sito internet dedicato a lei: www.manuginobili.com. Perché?

"È un'idea venuta a un mio amico che sta a Buenos Aires. Ci siamo scritti e alla fine è nato il sito. Per permettere a tutti, sia in Argentina sia a Reggio Calabria, di restare in contatto con me".

Come ha scoperto il basket?

"Scoperto? Sono nato con un pallone in mano. Guardate le foto nel mio sito. Mio padre ha giocato ed è presidente di un club. I miei fratelli, Leandro e Sebastian, più grandi di me, giocavano già in prima divisione, Inevitabile finisse così".

Si sente pronto per la Nba?

"Pronto per provare sì, per restare non lo so. Misuriamoci con quei mostri e poi vediamo".

Non farebbe meglio a restare qui un'altra stagione?

"Chi lo può dire. Ma quando dovrò decidere avrò davanti una buona decisione e una ancora migliore".

Che accade in Argentina?

"Bella domanda., nessuno lo sa. Va tutto male: la gente ha fame, non c'è lavoro, non ci sono soldi. Prima o poi doveva accadere. Peggio di così non potrebbe andare, per questo sono ottimista sul futuro. Sapremo risollevarci".

Le piace il soprannome di Fenomeno?

"A chi non piacerebbe? Qui sono passati fior di campioni. Eppure mi hanno dedicato questo coro. La prima volta che l'ho sentito ho avuto la pelle d'oca".

Si vedrebbe con una F al posto della V sul petto?

"Mai dire mai. Basta vedere gli scherzi del destino di cui abbiamo parlato prima. Ma oggi dico no".

Lo scudetto è cosa vostra tra voi e la Skipper o c'è anche la Benetton?

"C'è soprattutto la Benetton. Lo ha dimostrato fin dalla prima giornata".

Si sente il numero uno d'Europa?

"No. Il mio gioco è cresciuto, sono più tranquillo anche nei confronti dell'Eurolega. Ma la strada è lunga".

 

 

 

GINOBILI, SALUTI E BACI

La Repubblica - 17/07/2002

 

Saluta Ginobili, il primo violino di un biennio magico per la Virtus. Ieri mattina al Crb Manu ha ringraziato la Bologna bianconera: e i tifosi l'hanno caldamente ricambiato. Giocate spettacolari come le sue non le ha regalate nessuno, e siccome sono arrivate grandi vittorie, è stato giusto paragonarlo, come ha fatto Lombardi, lì presente con Tanjevic, a nome della Virtus, ad altri grandi stranieri. Tre nomi da brivido, come «Cosic, Richardson e Danilovic». Lui, Gino, allo stesso piano.

Se ne andrà ora ai San Antonio Spurs, con un contratto biennale da tre milioni di dollari: fra due anni, se sfonderà, potrà rinegoziarlo con qualsiasi altro club, a cifre molto più alte. Ginobili andrà, con buoni margini da sfruttare, in una squadra di alto livello, forse non di primissima fascia, ma pur sempre con l'Mvp della lega, Tim Duncan. L'attico, in definitiva, ma Bologna non è stata solo l'ascensore.

«La Virtus e i suoi tifosi – attacca Manu - mi hanno dato tantissimo in poco tempo. Sono stati, sotto ogni profilo, due anni molto migliori di quanto potessi immaginare. Anzi, oltre i miei sogni. Per questo i miei ringraziamenti più sentiti debbono andare alla squadra, al coach, al presidente, a tutta la gente che mi è stata vicina e anche al mio sponsor. Il momento più bello? Quattro trofei in due stagioni sono roba grossa. Però l'Eurolega vinta nella passata stagione rappresenta per me il traguardo più importante, rafforzato anche dalla premiazione come Mvp. Un trionfo».

Qui Ginobili è diventato un padrone, con gli Spurs non sarà così. «Se non ci fosse un posto come la Nba, per la quale ho spasimato fin da bambino, sarei rimasto a vita con la Virtus. Negli Usa al massimo ci sono stato sette giorni in vacanza e le incognite sono tante. Le 82 partite in cinque mesi, l'ambiente nuovo, il gioco diverso. Per la prima stagione non ho un obiettivo specifico. Cercherò di adattarmi nel modo migliore e guadagnare più fiducia possibile da parte della squadra e dal coach. Questo lo posso fare. Qualcuno dice che partirò in quintetto base, ma mi sembra molto prematuro. Io cercherò di arrivarci, gli Spurs mi hanno dato grande credito sin da quando mi hanno scelto. È il momento di sdebitarmi».

Un po' come a Bologna, quando non arrivò da prima punta, ma lo diventò. «Non erano quelle le mie aspettative e anche tra i «pro» non avrò certo tante responsabilità. Ma è meglio così, sarò là per imparare e per adattarmi. L'ho già fatto e quando si sale di livello non c'è niente di strano in questo. Il 9 settembre finirò i Mondiali con l'Argentina, dopo qualche giorno sarò nel Texas a cercarmi casa e a familiarizzare, cominciando pure a lavorare, anche se gli allenamenti ufficiali cominceranno ad ottobre».

Sarà possibile un ritorno alla Danilovic? «Volete rivedermi qua? Potrebbe essere fattibile, se tornerò in Europa Bologna sarà senza dubbio la mia prima scelta. Ma mi faccio l'augurio di non rivedervi prima di cinque anni...». E infatti il suo sponsor tecnico, la stessa Nike dell'idolo Jordan e delle superstar degli Spurs, Duncan e Robinson, si è legata a lui per quattro stagioni. E la Virtus, come proseguirà? «Bene, anche senza di me. Lotterà per lo scudetto, con la Benetton, la Fortitudo e le altre. Rigaudeau, Andersen, Smodis, Frosini, Becirovic sono già cinque uomini da scudetto. Il mio erede? Non mi piacciono questi paragoni, ma sarei felice se Becirovic riuscisse a far vedere tutto il suo potenziale. Spero che adesso tocchi a lui».

 

 

"ITALIA, SEI D'ORO"

L'argentino, di passaggio a Bologna: "Rivivo due anni incredibili. Ai Giochi siete stati un modello di squadra. Sentire i vostri tifosi così felici per me il regalo più bello. Doloroso vedere sparire la Virtus. Ora tifo per gli amici, Consolini è l'uomo per ritornare in A"

di Angelo Costa - Il Resto del Carlino - 08/09/2004

 

Manu Ginobili a Bologna è un piccolo evento: nella città in cui ha cominciato a vincere, l'argentino non tornava da due anni. Nel frattempo ha completato l'album: al Grande Slam conquistato qui in una sola stagione (campionato, Eurolega e coppa Italia), ha aggiunto un titolo Nba con San Antonio e l'oro olimpico con l'Argentina col bonus, come lo chiama lui, di miglior giocatore dei Giochi. C'è chi si monta la testa per molto meno, Ginobili invece è sempre il ragazzo educato e sorridente, che la vita la misura con i sentimenti e non la pesa col valore dei soldi, nemmeno adesso che ne guadagna tanti da esser considerato una stella anche in America. Oltre che a sé stesso, Manu è rimasto fedele a chi gli ha voluto bene fin da quando ha messo piede in Europa, compresa la Nike italiana che continua ad averlo come testimonial e da oggi lo esibisce a Milano nel torneo di "uno contro uno", al quale faranno la loro comparsa anche giocatori di A, come i fortitudini Belinelli e Mancinelli.

Ginobili, tornare a Bologna ha sempre un sapore speciale?

"Sì. In questa città ho ancora tanti amici. Fare lo stradone, vedere il PalaMalaguti mi ha fatto tornare in mente i due anni incredibili che ho passato qui".

Incredibile anche la fine della Virtus...

"Mi hanno raccontato tutto mentre stava accadendo: sia chi era dentro la società che i tifosi irriducibili. È stato doloroso sparire pian piano. Mica tanto piano, a dire il vero".

Bologna è stata la svolta della sua carriera: prese il posto di Dnilovic, mica uno qualsiasi.

"È successo con un anno di anticipo. In quel momento non sapevo se arrivare così mi avrebbe aiutato  o semplicemente sarebbe stato un modo per affogare. Alla fine è sembrata una benedizione, ma io da uno come Danilovic potevo imparare tanto: un conto giocare accanto, un conto rimpiazzarlo".

L'impressione è che lei dagli altri abbia poco da imparare, essendo un esemplare unico...

"Si impara anche da chi non c'entra con te. Danilovic lo guardavo per come giocava senza palla. Duncan l'ho studiato per come si allena. Kerr per come parla in campo".

A proposito di parole: cosa ha detto a Delfino che ha preso la via della Nba?

"Non ho parlato tanto con lui: in America ogni città, ogni squadra, ogni allenatore sono una storia diversa. Più che dar consigli, posso raccontare come funzionano le cose: l'importante è che Carlos convinca il suo allenatore che può giocare in quel campionato".

Delfino ha detto: se là non gioco, torno a Bologna. L'ha mai pensato?

"L'opzione ti accompagna sempre, ma io sono fiducioso per natura e pensavo di restare là a lungo. Mi ero dato due anni di tempo: falliti quelli, sarei tornato".

Peccato per Bologna...

"Io non sono come gli americani, per i quali esiste solo la Nba: il mio sogno era far bene in Europa, tra i pro non pensavo nemmeno di finirci".

Ci resterà almeno 6 anni...

"Un contratto così cambia tutto: sai che resterai in una squadra a lungo , che sei a posto economicamente, anche se non calano le responsabilità. In più spero di avere il posto fisso in quintetto".

Vincere tutto non l'ha cambiata...

"Non è vero: mi ha dato sicurezza. Quando arrivai in Italia ero timido, ora ho la tranquillità e l'esperienza per poter parlar meglio ai miei compagni in campo. Più in Nazionale che a San Antonio, ovviamente".

A 27 anni ha conquistato tutto: cosa sogna adesso, un viaggio sulla luna?

"Più vinci, più ci prendi gusto. È come una droga, perché vivi momenti speciali, provi emozioni da dividere con gli altri. Mi è capitato ai Giochi, dove ho sentito un brivido incredibile ma non ho pianto, e anche a San Antonio, dove ho visto un monumento come Dave Robinson in lacrime. Tranquilli, ambizioni e sfide non finiscono mai".

Scelga la vittoria più bella.

"Ognuna ha il suo valore. L'Eurolega perché la prima, la Nba perché è una fatica lunga 106 partite, l'Olimpiade perché puoi regalare un po' di felicità a 35 milioni di persone".

Ad Atene avete vinto l'oro contro l'Italia...

"Gli azzurri hanno dimostrato come si fa ad esser squadra. Di motivi per battervi ne avevamo parecchi: eravamo favoriti, 4 di noi sono cresciuti qui...".

I tifosi italiani vi hanno perdonato.

"Hanno fatto di più: quelli che erano lì ci hanno applaudito, quelli che erano a casa mi hanno scritto di esser felici per me. Un argentino non farebbe mai così, voi siete impagabili".

Ginobili, segue ancora il nostro campionato?

"E come faccio? Non so più a cosa attaccarmi adesso che la Virtus è sparita. Guardo ai singoli, Fro (Frosini), Hugo Sconochini, Carlos Delfino, Smodis, David Andersen, la Benetton per Ettore...".

Lo sa che al timone della Virtus ora c'è Giordano Consolini, l'uomo che la volle a Bologna a tutti i costi?

"L'ho saputo e mi fa grande piacere. Era la scelta giusta, forse andava fatto prima. Gli auguro il meglio: lo meritano lui e tutti i virtussini. Spero che salgano in A".

Così, fra sei anni, magari Ginobili sa dove tornare...

"Avrò 33 anni, chissà in che condizione sarò".

Anche con una gamba sola potrebbe bastare.

 

IN VOLO CON GINOBILI: "BELLO CHE LA V NERA VIVA MOMENTI COSÌ"

Il fenomeno dagli States: "Non è ancora finita: Consolini lo ripeterà anche ai giocatori. Ma a tifare per la A ci sono anch'io "

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 03/06/2005

 

"Ciao, come va?". Chissà quante volte, sulla rete, vi siete imbattuti in un messaggio del genere. Solo che questa volta il messaggio ha una firma inequivocabile, Manu. È proprio lui, Emanuel Ginobili, attuale numero 20 dei San Antonio Spurs, fresco finalista Nba dopo aver eliminato i Phoenix di D'Antoni come in un Virtus-Benetton di qualche tempo fa e indimenticabile numero 6 della Kinder. Il "Fenomeno" si è confermato tale anche oltre oceano. Ma il "Fenomeno" di Bahia Blanca, per due stagioni (la prima quella del Grande Slam) in bianconero, è rimasto un personaggio alla mano, che tra una gara e l'altra trova il tempo per chattare con la Città dei Canestri.

Ginobili, da dove vogliamo cominciare: pensando a questa sfida tra Virtus Bologna e Premiata Montegranaro?

"Posso solo dire una cosa: non è ancora finita e..."

Dica.

"Sicuramente Giordano starà dicendo le stesse cose alla squadra. Ma è giusto che sia così".

Perché?

"Perché a volte l'ambiente ti fa pensare troppo ad altre cose. E a quel punto rischi di perdere la concentrazione: conta parecchio, se si vuole vincere".

La Virtus, nel frattempo, si è trasferita Porto San Giorgio con il vantaggio di aver vinto due gare su due.

"Sono molto contento per questa grande opportunità. E sono molto felice".

Felice anche avendo cambiato casacca e avendo trovato affetto nel Texas?

"Sono molto felice per la Virtus e per i suoi tifosi, che con me, ma non solo con il sottoscritto, sono sempre stati magnifici".

È stato Messina stesso, in un libro, ad ammettere che nel 2000 l'unico che non aveva dubbi nella scelta tra lei e Andrea Meneghin era proprio Consolini.

"E io sono molto felice anche per Giordano, con il quale sono legato da bellissimi momenti e da esperienze straordinarie".

Un messaggio per la sua Virtus?

"Uno solo: in bocca al lupo".

E se la firma in calce è quella di Manu, forse il Caffè Maxim che in gara uno ha avuto la benedizione dello Zar Danilovic e in gara due l'abbraccio di Marko Jaric, potrebbe dormire sonni tranquilli. E forse, se non ci fossero stati i playoff Nba di mezzo (nel 2003, non dimentichiamolo, alla sua prima esperienza del genere, Manu vinse subito l'anello), l'avremmo rivisto da queste parti. A tifare con quegli amici che non l'hanno dimenticato e con i quali si tiene ancora i contatto.

GINOBILI: «LE NOSTRE VITTORIE NON LE DIMENTICHERO' MAI»

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 29/11/2005


L’ultima volta lui era in campo, anche se Ettore Messina, giustamente, preferì risparmiarlo perché dietro l’angolo c’era la quinta e decisiva sfida con il Tau Vitoria che valeva un’Eurolega. Quel 6 maggio 2001, quando la Kinder si impose a Verona sulla Muller per 87 a 76, Manu Ginobili si limitò a 19 minuti di utilizzo e 6 punti realizzati (poco per uno come lui). Quel 6 maggio (ultima giornata della regular season 2000/01), prima di domenica scorsa, rappresentava l’ultima volta della Virtus in testa alla classifica del campionato di serie A da sola. Ora che la Virtus è tornata c’è un uomo — Emanuel Ginobili —, dall’altra parte dell’oceano, che festeggia. Perché qua ha lasciato il cuore.

Ginobili, la Virtus è in testa da sola.

L’ho saputo, ho visto. Sono molto contento, davvero.

Se l’aspettava?

Vado controcorrente e dico sì. A molti sembra che sia prematuro un piazzamento del genere, ma io sapevo che prima o poi sarebbe successo. E’ accaduto ora, alla vigilia di un derby. E’ fantastico.

Anche in Texas pensa alla stracittadina?

Pensarci sempre no, ma i derby sono bellissimi e ho dei ricordi incredibili di quelle partite.

I tifosi bianconeri, i suoi tifosi, ricordano il 16 giugno 2001, al PalaDozza, Myers che sta per riaprire la partita e lei che lo stoppa.

Perché, pensate che io mi sia dimenticato quella gara? Magari non ricordo il risultato finale, ma la foto di quella stoppata ce l’ho ancora. E’ un bel ricordo, non solo per quell’azione, ma perché fu una vittoria durissima. Come tutte in quella stagione.

Quell’anno ci fu anche, era il 3 aprile, l’incredibile rimonta in Eurolega.

Vero. Non ho dimenticato nemmeno quella partita. Sembra impossibile, poi noi abbiamo fatto un paio di canestri veloci e cominciato a difendere. E loro, quando hanno visto che ci stavamo avvicinando nel punteggio, non hanno più saputo cosa fare. Fu una grande soddisfazione, quel giorno, uscire dal palazzo e vedere tutti quei volti.

Il derby: Becirovic in Fortitudo e Milic in Virtus, che effetto le fa?

Seguo il campionato italiano perché ci sono tante persone che conosco. Ci sono ragazzi che sono stati miei compagni di squadra e tanti amici. Mi sembra normale quello che è accaduto a Milic e Becirovic. Anche quando c’ero io, in fondo, la situazione non era poi molto diversa. Con me c’erano Frosini e Jaric, che avevano giocato in precedenza con la Fortitudo. Ma non c’era, almeno credo, nessun ex virtussino che giocasse per la Fortitudo.

Il capitano della Virtus è Pelussi, argentino come lei.

Grande Pelussi. Mi sono allenato con lui, in nazionale, qualche volta. Non lo conosco molto bene, ma vedo che tutti ne parlano in modo entusiasta. Quando accadono queste cose significa una cosa sola: che Pelussi è veramente una brava persona. E poi in campo è il classico giocatore che tutti vogliono dalla propria parte, perché ha cuore e perché non si arrende mai.

Un pronostico alla vigilia di questa sfida?

Non lo so, il derby è così strano e così bello. Ma un messaggio lo voglio mandare: un abbraccio a tutti i tifosi virtussini.

WALKING PLUS-MINUS

di Fabio Maugeri – playitusa.com - Aprile 2008

 

La grinta di Manu Ginobili, una delle sue principali qualità, ma non l'unica...

Proviamo un attimo ad esaminare cosa fa di Manu Ginobili uno dei giocatori con il più alto fattore plus minus dell'NBA e quale sia stata la sua evoluzione.

Al suo arrivo nella lega dei professionisti, malgrado avesse vinto già tantissimo in Europa e fosse stato scelto da uno staff notoriamente molto oculato, nessuno pensava che l'argentino avrebbe compiuto la fulminante carriera che tutti conosciamo.

Per quanto mi riguarda, lo ritengo l'MVP degli ultimi due titoli degli Spurs, anche a costo di scatenare qualche polemica su questo punto.

Ai suoi inizi, il giocatore si presentava atletico, ma decisamente leggerino per gli standard professionistici americani, con un tiro da fuori non del tutto affidabile e soprattutto non "tarato" sulla distanza dell'arco dei 3 punti nba, con una "pericolosa" tendenza a costruire il gioco offensivo da solo e al di là del complesso book tecnico del suo coach, fosse anche solo per passare la palla, o, al contrario, con una certa voglia di strafare in penetrazione con iniziative che parevano addirittura impossibili da portare a termine.

La conseguenza, come per molti team professionisti, era che il suo apporto veniva centellinato nel minutaggio e ridotto notevolmente nelle fasi "calde" del gioco. A questo si aggiungeva il non facile ambientamento del ragazzo, piuttosto maltrattato dagli avversari afroamericani, e, in una prima fase, anche troppo lontano dai suoi affetti più cari (l'eterna fidanzata in primis).

Infine, la difesa del giocatore, specialmente se paragonata a quella di "mostri sacri" come Bowen e Duncan, non poteva dirsi di certo altrettanto efficace. Per un coach come Popovich, questo fattore è addirittura determinante per mettere in campo un suo giocatore: basti pensare al fatto che spesso ha tenuto in campo contemporaneamente giocatori come Horry e Bowen, non particolarmente prolifici di punti, pur di costruire una barriera impenetrabile a difesa del proprio canestro, facendo di Duncan quasi l'unica opzione di attacco.

Partendo da queste premesse, con la volontà che lo contraddistingue, l'argentino ha iniziato a migliorare il suo gioco difensivo, in un primo tempo puntando sulla propria nevrile reattività, divenendo uno dei primi della squadra alla voce "palle recuperate", e in seguito migliorando il lavoro di piedi ed il senso della posizione, con un enorme aumento degli sfondamenti subiti.

Si dice di lui che esageri quando subisce uno sfondamento, per convincere gli arbitri a fischiare a suo favore: se è vero, lo sa fare molto bene.

In attacco, la sua evoluzione è stata più lenta. Il giocatore risentiva di una impostazione di tipo "latino" decisamente difficile da imbrigliare nei complessi meccanismi offensivi, peraltro molto "europei", di coach Popovich.

Questa evoluzione è passata attraverso varie fasi. Per prima cosa il ragazzo ha dovuto imparare a contenere la sua esuberanza atletica e le sue iniziative individuali, che in passato gli procuravano molti TO quando non andavano a buon fine.

Quanto al tiro, la sua crescita è stata graduale, ma costante. Avendo un range di affidabilità entro i 3 - 4 metri e una straordinaria capacità di spostarsi in aria mentre tira, il giocatore ha iniziato a lavorare su questi fondamentali e sulla alternanza tra tiro e penetrazione, costruendo il suo bagaglio offensivo migliore.

Quanto ai passaggi, certe sue "idee", come saltare un passaggio per spiazzare gli avversari, sono state faticosamente limate costringendolo a riflettere di più. Ci sono stati anche periodi passati in cui Popovich lo ha schierato da secondo play, responsabilizzandolo sulla costruzione del gioco e letteralmente "obbligandolo" a riflettere di più. Contemporaneamente, numerose rimesse sono state costruite con lui come smistatore del pallone decisivo.

Col tempo, però, accanto a questo modellamento del giocatore sugli standard di gioco dei texani, si è verificato anche un adattamento della squadra al gioco di Manu e anche a quello del suo compagno Parker.

Nel passato, infatti, la squadra soffriva spesso di un gioco offensivo asfittico ed improduttivo, basato quasi esclusivamente su Duncan e su una circolazione di palla molto perimetrale, con poco uso anche del pick and roll.

Due "incursori" nelle aree offensive come Parker e Ginobili sono stati un toccasana, così come lo è stata la "follia" (l'imprevedibilità) dell'argentino nelle sue scelte offensive. Quando il pivot era troppo marcato o fuori fuoco, solo i due piccoli sono riusciti in molti casi a tirare avanti la baracca, facilitando il loro uomo di punta e finalizzatore, Duncan appunto, che resta l'uomo franchigia.

Ma c'è di più. La capacità di scaricare la palla dell'argentino ha spesso sopperito alle carenze di costruzione di opportunità offensive per il lungo degli spurs. In questo costrutto si è poi inserito Finley, al quale lo staff tecnico ha subito chiesto di rispolverare le sue capacità di tiratore perimetrale, specialmente nei momenti in cui Bowen non riusciva a dare il suo consueto apporto dagli angoli, cosa che l'ex Maverick ha fatto nel migliore dei modi lo scorso anno, contribuendo non poco alla conquista del titolo.

Nella stagione in corso, poi, Manu ci ha regalato un altro decisivo miglioramento, divenendo un tiratore affidabile e preciso dall'arco dei 3 punti (immagino con chissà quanto lavoro extra...), ma soprattutto più convinto di poter contare anche su questo fondamentale di gioco, al punto che il suo coach lo ha premiato con un posto stabile in quintetto a spese proprio di Finley.

C'è poi la questione plus minus...Ciò che una volta si chiamavano "attributi", "grinta", "aggressività", "decisività". Nelle fasi più calde del gioco, Manu è sempre stato coinvolto in azioni vincenti, ma, è importante sottolinearlo, non sempre e soltanto come finalizzatore: può essere la palla rubata, l'assist decisivo, lo sfondamento subito in contropiede o persino il rimbalzo catturato fuori dal proprio "cilindro" di salto.

In tutte queste cose Manu è davvero insuperabile. Non è un leader in assoluto, ma sa prendersi la squadra in mano, come quando, da sesto uomo, giocava come unica soluzione di attacco mentre il quintetto base riposava qualche minuto in panchina. Nondimeno, sa anche "sparire" dall'attacco e "servire" i compagni più caldi, Duncan o il tiratore perimetrale del momento, senza risentirne nel suo ego.

Quanto alla nazionale argentina, è doveroso sottolineare come Manu non si sottragga al suo compito di leader offensivo (e spesso anche difensivo...) fino a regalare alla sua Argentina l'oro olimpico.

Insomma, Ginobili è un uomo squadra come pochi e in questa sua caratteristica ricorda la definizione che Pat Riley diede di Magic Johnson: "Può fare sempre 30 punti, ma lui preferisce far vincere la sua squadra, segnando solo quando serve...".

Ecco perché, con Manu in campo, San Antonio ha molte più probabilità di vincere che senza.

Nella vita, poi, il ragazzo è un anti-divo per eccellenza, sebbene in Argentina sia letteralmente idolatrato, tanto che molti lo hanno paragonato a Maradona (tutt'altro personaggio...!) quanto a popolarità, e molto impegnato in progetti di beneficenza a favore dei bambini poveri del suo paese (e ce ne sono davvero tanti in Argentina).

Infine, lasciatemi un po' di orgoglio nazionale nel ricordare che il ragazzo ha sempre tributato al coach Ettore Messina grandissimi meriti nell'avergli insegnato la "dimensione totale" del gioco del basket: c'è anche un po' di Italia nel plus minus di Manu Ginobili....

MANU GINOBILI, LA MANO DE DIOS

di Marco Bogoni - VMagazine - Dicembre 2012

 

Siamo sicuri che Diego Armando Maradona ci perdonerà se utilizziamo la sua celebre frase, detta ai Mondiali di calcio del 1986, per celebrare Emanuel Ginobili, la seconda icona dello sport argentino proprio dietro al celebre Pibe de Oro.

Manu è l'essenza della pallacanestro condita dalla fantasia: tiro, penetrazione, rimbalzo, assist, difesa, elevazione, velocità, intelligenza, visione di gioco, impegno, grinta. Serve altro per essere un campione? Quando a metà settembre è cominciata a circolare la voce di un possibile ritorno dell'argentino sotto le due torri la mente è andata a ripescare le immagini delle gesta e dei canestri impossibili di Ginobili, l'uomo a ui piaceva sfidare la gravità. Al sogno si sono aggiunte le paroel: "Se giocherò durante il lockout lo farò solo a Bologna. Non ho rifiutato la propsota della Virtus, darò una risposta ad inizio Ottobre. A Bologna sono stato benissimo e a mia moglie Marianela piace molto l'italia. La possibilità che torni esiste, ho ancora un po' di tempo per decidere. Sarà per pochi mesi, poi a fine lockout tornerò a San Antonio".

Quasi una dichiarazione d'amore, che ricalca gli stessi concetti espressi da Ginobili il 17 luglio 2002 quando, prima dello sbarco in Nba, disse che se fosse tornato in Europa Bologna sarebbe stata la sua prima scelta. Alla fine Manu, dopo qualche tentennamento, ha fatto prevalere la ragione sul cuore e ha deciso di non oltrepassare l'oceano. Il suo fisico, dopo più di dieci stagioni ricche impegni continui tra club e nazionale, reclamava riposo ed inoltre Manu non voleva costringere sua moglie e le sue due vivaci gemella a trasferirsi in un altro paese solo per pochi mesi. Sogno infranto ed ora si potrà solamente ritornare a vederlo evoluire in tv poiché qeulla macchina di illusioni chiamata lockout ha cessato di esistere.

Gonobili ha una carriera da record, è l'unico giocatore della storia della pallacanestro ad aver vino un titolo nazionale, un'Eurolega, la medaglia d'oro olimpica e l'anello di campione Nba. I suoi successi sono stati costruiti con il sudore e l'applicazione in palestra. "El Narigon" (Il nasone) è salito nell'Olimp dei miti gradino dopo gradino con l'umiltà di chi sa che snza sacrificio non si possono raggiugnere grandi risultati. Ha preso per la prima volta in mano un pallone da basket a sei anni per emulare i suoi due fratelli maggiori che giocavano nella Baiense del Norte di cui il padre era presidente. Fa il suo esordio nel basket professionsitico a 18 anni, nell'Andino de La Rioja insieme a Pepe Sanchez, un altro giocatore che scriverà la storia della pallacanestro argentina. L'anno successivo passa all'Estudiantes di Bahia Blanca e nella stagione 1997/98 diviene il capocannoniere con 23,6 punti di media a partita. I suoi progressi gli valgono la chiamata nel Vecchio Continente. "Il mio sogno è sempre stato venire in Europa: seguivo i risultati del campionato spagnolo e di quello italiano attraverso intenet, perché pensavo che qui ci fossero il basket migliore e i club più importanti. Per questo ho preso la cittadinanza italiana. Aspettavo che qualcuno mi chiamasse e per prima è arrivata una squadra spangola. Avrei potuto parlare la stessa lingua, ma avevo dei dubbi e ho rifiutato. Poi, all'improvviso è arrivata Reggio" dice Manu. Gaetano Gebbia, l'allora coach della Viola Reggio Calabria in LegAdue, è stato il più precoce a notare le enormi potenzialità dell'argentino e l'ha fortemente voluto facendogli firmare un triennale.

"El Narigon" non ci impiega molto ad ambientarsi nella nuova realtà, il sistema di gioco di Gebbia lo esalta perché c0è molta libertà e viene sempre cercata la possibilità di giocare in contropiede come faceva in Argentina. Ginobili si concentra anche sul suo fisico aumentando la massa muscolare di 4 kg per potee reggere l'urto contro avversari più grossi di lui. ALl'esordio in Italia firma 32 punti in Coppa Italia ai danni di Livorno. Lui, insieme a Scott e Oliver, costituiscono il terzetto che regala alla Viola la promozione in Serie A. Nella serie finale con Biella Ginobili è il miglior marcatore e nell'ultima decisiva gara realizza 29 punti che sono la ciliegina sulla torata di una stagione positivissima. Si dichiara eleggibile al Draft nba del 1999 e viene scelto al secondo giro col il numero 57 dai San Antonio Spurs (la scelta si rivelerà una delle più grandi "steal of the draft" di ogni epoca), ma decide di rimanere ancora in italia per crescere ulteriormente nel nostro campionato. Nella sua prima partita di Serie A al Pentimele di Reggio Calabria il destino vuole che l'avversario sia la Kinder Bologna di Danilovic e Rigaudeau. A sorpresa vincono i padroni di casa trascinati da un immarcabile Ginobili autore di 23 punti. La Viola si dimostra la matricola terribile, l'arrivo del playmaker argentino Alejandro Montecchia rende la squadra di Gebbia la rivelazione del campionato. La stagione è trionfale con la conquista del quinto posto in classifica e la qualificazione alla Coppa Korac. Ginobili conferma le cifre della stagione precedente: quasi 18 punti di media segnati.

La corsa di Reggio Calabria si interrompe ai quarti di final per mano della Kinder Bologna. Senza Oliver e Montecchia la Viola riesce a portare la Virtus a gara 5. Troppo decimata Reggio Calabria e troppo più forte Bologna, così l'ultimo atto diventa una mera formalità e si conclude 61-43 a favore della Kinder. Nell'estate del 2000 la Virtus vuole puntare su Andrea Meneghin, ma su di lui c'è anche l'interessamento dell'Emiro Seragnoli che instaura una vera e propria asta. Madrigali non ci sta e si ritira da questo gioco al rialzo e così il futuro del figlio del Dino nazionale si tinge di biancoblù mentre all'Arcoveggio approda Ginobili su indicazione di Giordano Consolini. Immediatamente giungono inevitabili i confronti con Hugo Sconochini, argentino e con un passato a Reggio Calabria, proprio come Manu. Ginobili, però, si smarca subito: "Non mi sento il 'nuovo Sconochini' anche perché in campo abbiamo due modi di giocare abbastanza diversi. Di Hugo, invece, ripeterei il successo che ha ottenuto qui in Italia: giocare presto in Serie A, contro le squadre più grandi, è il mio obiettivo principale". Uno dei motivi che lo ha spinto a venire a Bologna è stata la presenza di Ettore Messina. Ginobili sapeva che attraverso l'attuale vice-allenatore dei Los Angeles Lakers sarebbe potuto migliorare ed infatti sotto le due torri è diventato un giocatore totale capace di essere decisivo su ogni lato del campo. "Io e messina abbiamo fatto passi l'uno verso l'latro, io mi sono un po' calmato e lui mi ha accettata" dice Manu. Se a Reggio Calabria era libero di inventare e di concentrarsi solo sull'attacco, a Bologna ha dovuto imparare a ragionare, a dosarsi e a difendere costantemente. Il prematuro ritiro di Sasha Danilovic gli ha spalancato le porte del quintetto base e Ginobili si è potuto metter in mostra fin dalla sua prima stagione in bianconero. I suoi 16 punti di media (tirando con il 60% da due punti) danno un notevole contributo alla conquista del Grande Slam. Il gaucho prende tutto, Scudetto, Coppa Italia ed Eurolega di cui è l'MVP.

L'anno successivo conquista il quarto trofeo, la Coppa Italia del 2002, ma sarà l'ultimo acuto perché le nubi del crack di Madrigali cominciano ad addensarsi, la fuga di ABbio e la cacciata di Messina con successivo reintegro a furor di popolo sono solo le manifestazioni più evidenti. I problemi extrasportivi minano la stabilità all'interno dello spogliatoio e le conseguenze sul campo non possono che essere nefaste. La Virtus perde la finale di Eurolega (giocata in casa) dopo essere stata avanti di 14 punti sul Panathinaikos mentre in campionato viene eliminata dalla Benetton Treviso che poi si laureerà Campione d'Italia. Ginobili saluta Bologna con qualche rimpianto e tanti ricordi bellissimi che porterà con sé in Texas. San Antonio diventa la sua nuova casa.

L'inizio nella lega professionistica americana è in salita, Ginobili salta quasi tutta la preseason a causa di un infortunio alla caviglia rimediato ai Mondiali di Indianapolis del 2002 (l'Argentina arrivò seconda dietro la Jugoslavia). Oltre alle non perfette condizioni fisiche, le difficoltà arrivano anche dal diverso sistema di gioco americano. Manu è decisamente leggerino per gli standard della Nba, con un tiro da fuori non del tutto affidabile, ha una certa voglia di strafare in penetrazione e in difesa non è particolarmente efficace. Nel suo primo a stelle estrisce trova poco spazio anche se si conclude con la conquista dell'anello. La sua vera e propria esplosione arriva nella stagione 2004/05: partendo sempre in quintetto Ginobili realizza 16 punti e 4 assist di media a partita e vince il suo secondo campionato Nba. Attraverso quella voglia di migliorare che lo ha contraddistinto in tutta la sua carriera, il giocatore di Bahia Blanca è diventato uno specialista nei recuperi trasformandosi in elemento difensivo di impatto, mentre per quanto riguarda il tiro, la sua crescita è stata graduale, ma costante. Avendo un range di affidabilità entro i 3-4 metri e una straordinaria capacità di spostarsi in aria mentre tira, il giocatore ha iniziato a lavorare su questi fondamentali e sull'alternanza tra tiro e penetrazione, costruendo il suo bagaglio offensivo migliore.

Il suo terzo anello è arrivato al termine della stagione 2006/07 battendo in finale i Cleveland Cavaliers di LeBron James. Nelle successive tre annate coach Popovich gli ritaglia il ruolo di sesto uomo (nel 2007/08 riceve il premio di "Sixth Man of the Year"), mentre nell'ultima stagione ritorna in quintetto base e, a causa del minutaggio ridotto del veterano TIm Duncan, è la stella indiscussa della squadra. I San Antonio Spurs disputano unìottima regular season arrivando secondi soltanto ai Chicago Bulls di Derrick Rose, ma a sorpresa, nei playoff, vengono eliminati al primo turno dai Memphis Grizzlies con Manu limitato da un infortunio al gomito. Da Bahia Blanca a San Antonio, passando per Reggio Emilia e Bologna, ne ha fatta di strasa "El Narigon", il fenomeno che ha portato alla vittoria ogni squadra in cui ha giocato.

IL RITIRO DI GINOBILI: "È STATO UN VIAGGIO FAVOLOSO"

tratto da www.pianetabasket.com - 27/08/2018
 
 

Attraverso i propri profili social, Manu Ginobili ha comunicato il suo ritiro.

"Oggi, con tante sensazioni addosso, annuncio il mio ritiro dal basket. Sono grato a tutti coloro che sono stati coinvolti negli ultimi 23 anni: famiglia, amici, compagni di squadra, coach, staff e fans). È stato un viaggio favoloso, ben oltre i miei sogni più sfrenati".

Palmares: 4 campionati NBA San Antonio Spurs 2003, 2005, 2007, 2014; 1 Oro olimpico Argentina 2004; 1 Bronzo olimpico Argentina 2008; 1 Eurolega Virtus Bologna 2000-01; 1 campionato italiano Virtus Bologna 2000-01; 2 Coppa Italia Virtus Bologna 2001, 2002; 1 Argento Argentina Mondiali 2002; 2 Oro FIBA Americas Argentina 2001, 2011, 1 Argento Argentina 2003, 1 Bronzo Argentina 1999; MVP serie A 2001, 2002;  Euroleague Final Four MVP 2001; All-star NBA 2005 (Spurs).

 

LA LETTERA DI SALUTO

di Emanuel Ginobili - 27/08/2018

 

"Mentre scrivo, così come ho detto nel tweet dell’annuncio del mio ritiro, mi sento in preda ad un miscuglio di sensazioni. Molto entusiasta per la decisione presa e per quel che accadrà, ma anche con un po’ di incertezza di non sapere come mi adatterò alla vita quotidiana, giorno per giorno, senza dover pensare alla prossima partita. E’ che ho fatto soltanto questo durante tutta la mia età adulta. Da quando a 18 anni me ne sono andato da La Rioja non ho mai smesso di giocare fino ad un paio di mesi fa. Sarà strano, senza dubbio, ma credo di essere abbastanza pronto e molto ben accompagnato per affrontarlo.

Tuttavia, non posso dire che sia stata una decisione affrettata o inaspettata. Ho 41 anni, l’ho tirata abbastanza per le lunghe con questa cosa del basket, no? No, non è solo questo, nella mia testa l’ultima stagione è stata sempre “l’ultima”. Non l’ho mai esternato, perché non aveva alcun senso limitare le mie scelte, volevo lasciare la porta aperta ad ogni dubbio che mi potesse farmi cambiare idea o se avessi continuato ad avere la forza fisica e mentale che serve per affrontare una stagione di questo tipo.

Alla fine della stagione, come al solito, ho lasciato passare uno o due mesi per vedere come mi sentivo e in una riunione prima di andare in vacanza in Canada dissi a Pop che mi vedevo più fuori che dentro, ma che ci saremmo tenuti in contatto e ne avremmo parlato al mio ritorno. Durante le vacanze ho parlato abbastanza con Many (la moglie, NdT) circa la concreta possibilità che questa fosse la resa definitiva, però non ci siamo mai spinti più di tanto a confermarlo o a crederci del tutto. 
Volevo continuare a lasciare questa opzione nel caso in cui tornando a San Antonio qualcosa mi facesse tornare il desiderio di continuare e mi riportasse in campo, però è successo il contrario. Sono tornato e ho ricominciato a fare pesi, ho ripreso la palla in mano, ho guardato i più giovani allenarsi e rompersi la schiena per essere pronti per la preseason e io, invece, ancora provavo dolore per gli ultimi due infortuni della stagione passata. A poco a poco mi sono convinto della decisione da prendere. Ad ogni modo ho dovuto aspettare che Pop tornasse dal suo viaggio in Europa, perché volevo che fosse il primo a saperlo e il primo con cui parlarne. Il 27 Agosto mi è toccato il momento di renderlo pubblico. Non potete immaginare la tensione che provavo di fronte al computer prima di premere “Invio”. Non so bene perchè: ero convinto di quello che dovevo fare e che era la decisione corretta, però è stato davvero pazzesco. Sono convinto e felice del passo che ho fatto. E’ difficile spiegare tutto quello che ho provato. Subito dopo ho provato un grande sollievo e ho pensato che mi sarei potuto disconnettere, però sono iniziati ad arrivare i messaggi e non ho potuto evitare di leggerli. Alcuni mi hanno davvero emozionato. In realtà ci hanno emozionato, perché Many, mia moglie, è nella mia stessa situazione. È come se anche lei si stesse ritirando e in questo momento sta provando le mie stesse emozioni. È che con Many ho vissuto 21 di questi 23 anni, ha sofferto in tutti i campionati, ha festeggiato, ha pianto, ha gridato, li ha visti da lontano, da vicino, ha sopportato che stessi anche fino a due mesi fuori di casa durante le competizioni con la Nazionale, quando sarebbero potuti essere momenti di vacanza con la famiglia e mille altre cose. Si è fatta carico delle faccende di casa in tutti questi momenti, dei bambini, del fatto che non mi svegliassero prima di una partita importante. In più è stata il mio appoggio morale dopo dolorose sconfitte e la compagna di festeggiamenti di molte vittorie. Ad ogni modo, la lista continuerebbe per almeno un altro paio di pagine in più.

Non credo di essere l’unico che vive e sente tutte queste emozioni al momento del proprio ritiro, suppongo che succeda a chiunque altro nell’ambiente cestistico, solo che nel basket è molto difficile trovare il livello di familiarità che si raggiunge a San Antonio. Giocare con alcuni compagni per quasi 16 anni, sempre con lo stesso allenatore e vedendo in gran parte le stesse facce tutti gli anni, porta a generare un senso di appartenenza molto forte. Non voglio iniziare a fare nomi perché di sicuro finirei a trascurare ingiustamente qualcuno. L’ho scritto nel mio tweet, sono immensamente grato a tutti.

Quello che ho messo in chiaro con Pop è che non è un “addio, me ne vado”. I miei figli hanno già iniziato la scuola e finchè sarò ancora in città rimarrò ancora vicino alla squadra e alla franchigia, questa volta non potrò dare una mano guadagnando un fallo in attacco o rubando la palla o cose del genere, però cercherò di aggiungere qualcosa là dove posso, perché provo un grande affetto per i miei compagni, per lo staff e per tutta la gente che ruota attorno alla squadra, e desidero che tutto vada nel miglior modo possibile. Si posso aiutare anche da fuori, lo farò con grande gioia.

Posso anche dire che non mi ritiro lasciando insoddisfatto alcun desiderio: sono riuscito a giocare finchè ne ho avuto voglia, altri sono costretti a ritirarsi prima del dovuto per infortuni o altri problemi, ma io ho giocato fino ad oltre 40 anni. La verità è che non lascio nessun conto sospeso. In più ho avuto il piacere negli ultimi tre anni di giocare come chiunque potrebbe fare con i suoi amici, senza sentire la pressione di essere l’unico responsabile di quello che sarebbe successo, con la sensazione di aver già dato tutto quello che potevo. E ci ho tenuto a ringraziare tutti nel modo in cui ho potuto con il mio tweet, perché è davvero tanta la gente con cui ho condiviso qualcosa nel corso di questo cammino. Una delle cose migliori che mi porto con me è che con tutti i compagni con cui ho giocato, sono 254, non ho mai avuto un litigio, idem con i miei allenatori. Non che ne abbia avuti tanti, sia chiaro, però con i nove allenatori per i quali ho giocato mi sono sempre trovato benissimo, con reciproco rispetto e apprezzamento per il lavoro altrui. Però c’è anche tanta gente che non era in primo piano ma che si è rotta la schiena per far sì che noi potessimo essere nelle migliori condizioni possibili per giocare. Insisto, non partono in quintetto e non ricevono riconoscimenti, però sono fondamentali per qualsiasi organizzazione.

Inoltre è importante riconoscere che sono diventato il giocatore che sono quando mi sono trasferito a giocare in Europa. Più ancora dei successi sportivi che ho raccolto a Bologna o della crescita che ho avuto a Reggio Calabria, tutto quello che ho dovuto imparare lì mi è servito più avanti per poter competere al massimo livello in NBA.

Tutto è stato speciale nella mia carriera, perché non è cosa comune rimanere così tanto tempo in una squadra così come non ci sono casi in nazionale in cui un pugno di giocatori condividano assieme quasi 20 anni, come è successo a me con gli Spurs e la Generación Dorada. Ho avuto la fortuna di essere parte di due gruppi che hanno avuto una rilevanza incredibile nello sport, e in entrambi i caso ho trovato una qualità umana impossibile da eguagliare. A livello professionale, aver avuto questa possibilità è senza dubbio sorprendente.

Dico grazie anche ai tifosi, perché mi hanno "adottato" fin dal primo giorno. Capisco che le mie origini argentine ed il mio spagnolo abbiano aiutato nel processo di integrazione con la gente, e questo mi ha permesso di avere un feeling unico durante 16 anni, con un affetto dato e ricevuto incondizionato. Parlando ai tifosi argentini, la verità è che non ho parole: quello che abbiamo vissuto, per esempio a Mar de Plata e a Rio de Janeiro, sarà molto difficile da dimenticare. Le emozioni che ho vissuto con la Selecciòn non sono facili da spiegare in un paio di righe. Una delle cose che mi ha emozionato di più fu l'ultima partita alle Olimpiadi di Rio 2016. Fu una dimostrazione di affetto impattante. In più, vedere negli ultimi anni l'arrivo di tanti tifosi argentini a San Antonio per vedermi giocare è stato incredibile. Conosco gli sforzi che avete fatto per esserci, e questo mi commuove.

E nulla, ora è arrivato il momento di passare più tempo con mia moglie e con i miei bambini. Di divertirmi in Argentina con la mia famiglia e con i miei amici. Di mangiare la polenta a tavola con mio padre e l'asado con i miei amici. Di passare la seconda metà della mia vita con molte meno responsabilità e senza sforzare troppo il mio corpo, che è l'unico che ho. In definitiva, sfrutterò tutto il tempo a mia disposizione, perché è quello che tutto il mondo non vede l'ora di poter fare e io ora ce l'ho tutto per me, a 41 anni. Grazie a tutti per avermi sostenuto durante questo lungo viaggio."
Manu

 

Ginobili "colorato"

GINOBILI, I LATI MENO CONOSCIUTI

di Ezio Liporesi - basketcity.net - 31/08/2018
 

IL BASKET, UNA SCELTA INEVITABILE

Nato e cresciuto a Bahia Blanca, dove il suo bisnonno, originario di Cremona, si è trasferito all’inizio del secolo, Emanuel ha cominciato col basket a 6 anni.

“Una scelta inevitabile – racconta – perché mio padre era il presidente della società, dopo aver giocato negli Anni ’60 nei campionati regionali, e la palestra era a un isolato da casa mia. Ho seguito i miei fratelli, tutti e due più grandi di me, che tuttora giocano in serie A. A 18 anni, per fare esperienza, sono stato ceduto alla squadra de La Rioja e poi sono tornato alla base dove ho iniziato a giocare 30-35 minuti a partita.

Correvamo tanto, anche troppo: contropiede oppure un passaggio e tiro contro le difese schierate, un divertimento. Ma il mio sogno è sempre stato venire in Europa: seguivo i risultati del campionato spagnolo e quelli della Kinder (per Sconochini) attraverso Internet, perché pensavo che qui ci fossero il basket migliore e i club più importanti. Per questo, l’anno scorso, ho preso la cittadinanza italiana. Aspettavo che qualcuno mi chiamasse e per prima è arrivata una squadra spagnola. Avrei potuto parlare la stessa lingua, ma avevo dei dubbi e ho rifiutato. Poi, all’improvviso, è arrivata Reggio”.

Gebbia, che negli ultimi anni ha scovato nei modi più diversi giocatori di buon talento come Larranaga e Fajardo, lo seguiva da tempo.

“Ho chiesto informazioni a Giorgio Rifatti, un mio ex giocatore tornato in Argentina ma rimasto in contatto con me. Lui conosce bene il nostro campionato e mi ha consigliato di prendere Ginobili a occhi chiusi”.

L’ARRIVO IN ITALIA

In tre giorni, Ginobili ha accettato il triennale offerto da Reggio, ha lasciato il raduno della nazionale prima dei Mondiali (la sua prima grande esperienza internazionale), dopo essersi consigliato con Nicola, ora a Treviso, e Sconochini, ed è volato in Italia per firmare.

“Hugo mi aveva detto che mi sarei trovato bene a Reggio ed era tutto vero – continua Emanuel –. In campo ho molta libertà e la possibilità di giocare spesso in contropiede come facevo a Bahia Blanca. Devo migliorare in difesa, ma adesso sto facendo un lavoro con i pesi per prendere 3 o 4 chili. Sono ancora “flaco”, un po’ leggero, per giocare in A-1. L’ho capito in Coppa Italia, contro la Kinder: erano tutti grossi, in Argentina non c’è una squadra che abbia tre uomini oltre i 2.10. E questo è diventato il mio punto di riferimento: la Nba non mi toglie il sonno, prima voglio giocare in Italia alla pari con i più grandi”.

Arrivato a Reggio Calabria subito in Coppa Italia deve affrontare la Virtus, priva di quel Danilovic (infortunato), che incrocerà spesso la strada di Manu.

Sasha negli ultimi giorni del 1999 era a letto con l’influenza, ma il suo inizio del nuovo anno fu strabiliante: una grande gara a Montecatini, poi, il 9 gennaio Messina gli affidò l’incarico di attaccare, fin dai primi possessi, Ginobili; l’argentino commise presto 3 falli e Sasha continuò imperterrito a segnare, raggiungendo i 31 punti, penultima prestazione oltre i 30 della sua carriera (ne fece 32 nell’ultima giornata di stagione regolare). Quel giorno assistemmo ad un ideale passaggio di consegne tra il passato vincente il futuro vincente delle V nere, tra il vecchio e il nuovo match winner, tra Sasha ed Emanuel.

EMANUEL ALLA VIRTUS

“La nostra ultima pedina”. Così Marco Madrigali presentò Emanuel Ginobili, 23 anni, 1.97, natali argentini: «Manu» chiuse il tris d’assi dopo Griffith e Jaric, in attesa di Smodis e Jestratijevic. Tre anni di contratto, con Nba escape dopo due.

Queste le sue impressioni dopo i primi allenamenti: “Me lo aspettavo, perché Hugo (ndr. Sconochini) me lo aveva anticipato, ma è molto dura in questi giorni anche per il caldo eccezionale”.

È il primo commento alla fatica di agosto di Emanuel Ginobili che arriva alla palestra Arcoveggio in compagnia dell’inseparabile Sconochini. Stranamente con viso serio, quasi corrucciato, mentre è aperto e sorridente quello del nuovo figlio della pampa approdato alla corte di Messina. “È una fatica che si fa volentieri, perché si sa che darà buoni frutti. Ma finalmente è arrivato anche il pallone – e lo sottolinea con un grande sospiro – e quando si fa basket il lavoro pesa molto meno”.

IL DIFFICILE ESORDIO EUROPEO

Trentello alla terza di Supercoppa a Reggio Emilia, 22 all’esordio in campionato, ma tre giorni dopo, all’esordio europeo un tracollo: 18’41” sulle tavole del gigantesco impianto greco, 5 falli, una palla persa, 0 su 2 da due e 0 su 4 da tre. Nemmeno un canestro a bersaglio, solo un punto a referto, nella sconfitta contro l’Aek, che resterà l’unica in Eurolega fino alla finale… ma poi Ginobili MVP del campionato e trascinatore verso i successi in Coppa Italia Eurolega e Campionato, il Grande Slam e a fine anno arriva anche il riconoscimento di cestista dell’anno, poi è il grande artefice della rimonta nella finale di Coppa Italia.

IL SECONDO ANNO IN VIRTUS

L’anno dopo si conferma, anche se la squadra non offre il rendimento costante della stagione precedente. Nella prima di ritorno in trasferta contro Cantù non ci sono infatti Griffith, Rigaudeau, Bonora, Becirovic e anche Abbio costretto a restare in albergo da un attacco influenzale; Smodis rientra con il polso fasciato e giocherà solo 12′, torna anche Barlera, ma sarà in campo solo 2′, e Ginobili è sofferente per una contusione alla spalla. In pratica quasi tutto il peso della gara è su Ginobili (27 punti in 39′), Andersen (16 punti in 39′), Jaric (19 punti in 38′), Frosini (16 punti in 37′) e Brkic (6 punti in 32′).

Nonostante tutti i problemi la Virtus domina la prima gara del girone di ritorno a referto vanno solo in 9, con Brkic in quintetto (2 su 2 da due è ai liberi, solo un errore da tre) e Smodis, con la mano sinistra fasciata, costretto a giocare comunque 12 minuti, Graziano e Carera non entrati.

La Kinder parte con 5 su 6 al tiro, molto concentrata e racchiusa nella sua zona 2-3; i bolognesi controllano fino all’8, 15-21, poi al momento dei primi cambi, avendo poche risorse, i padroni di casa rimontano e sorpassano nel finale del quarto, grazie anche ad un antisportivo a Brkic e un tecnico a Messina: 26-23 al 10′.

A inizio secondo periodo i lombardi allungano, 30-23 (parziale di 15-2), ma coraggiosamente Bologna regge e all’intervallo è sotto solo 40-37, tirando molto meglio dei locali, 59% al tiro, contro il 36% canturino, anche se le V nere pagano dazio a rimbalzo, 19-13. A inizio terzo quarto Cantù torna a +7, ma un imperioso 0-10 rovescia l’inerzia, 46-49.

Al 30′ i petroniani sono volati via, 52-65. Quando a 6′ dalla sirena Jaric e Hines prendono un doppio tecnico il risultato è cambiato di poco, 52-67, la squadra di casa prova ad avvicinarsi, ma arriva solo a meno 8, poi la Virtus trionfa 68-84. Ginobili, 27 punti, 11 falli subiti e 14 su 21 ai liberi più 6 recuperi.

In gara tre di finale Eurolega Ginobili, 27 punti (massimo in carriera in Eurolega), 6 su 7 da due, 4 su 8 da tre, 3 su 4 ai liberi, 4 rimbalzi, 3 recuperi e 1 assist in 31′.

Poi l’avventura in Nba, la lunghissima carriera, tutta vissuta a San Antonio, con tanti successi e con un’impronta bolognese e virtussina importante, a fianco anche di Belinelli e Messina.

L’ADDIO AL BASKET

“Oggi, con tante sensazioni addosso, annuncio il mio ritiro dal basket. Sono grato a tutti coloro che sono stati coinvolti negli ultimi 23 anni: famiglia, amici, compagni di squadra, coach, staff e fans). È stato un viaggio favoloso, ben oltre i miei sogni più sfrenati“.

PALMARES

4 campionati NBA San Antonio Spurs 2003, 2005, 2007, 2014;

1 Oro olimpico Argentina 2004;

1 Bronzo olimpico Argentina 2008;

1 Eurolega Virtus Bologna 2000-01;

1 campionato italiano Virtus Bologna 2000-01;

2 Coppa Italia 2001, 2002;

1 Argento Mondiali 2002;

2 Oro FIBA Americas 2001, 2011, 1 Argento 2003, 1 Bronzo 1999;

MVP serie A 2001, 2002;

Euroleague Final Four MVP 2001;

All-star NBA 2005 (Spurs).

LA NOTTE DI GINOBILI: GLI SPURS RITIRANO LA CANOTTA NUMERO 20

tratto da ww.virtus.it - 28/03/2019

 

La notte della stella più grande. Quella di Emanuel Ginobili, che vedrà ritirata la sua canotta col numero 20 dai San Antonio Spurs tra poche ore, nella serata (notte in Italia) che propone la sfida casalinga con i Cleveland Cavaliers. Sarà il nono giocatore nella storia degli Spurs a ricevere questo onore. Gli altri: David Robinson, Tim Duncan, Bruce Bowen, Sean Elliott, George Gervin, Avery Johnson, Johnny Moore e James Silas. Gran bella compagnia.

Emanuel David Ginobili Maccari è stato un grande del basket internazionale. Ha giocato 16 stagioni e 1057 partite nella Nba, vincendo 4 anelli con i San Antonio Spurs: quelli del 2003, 2005, 2007 e 2014. Nato a Bahia Blanca, con la sua Argentina ha conquistato un oro olimpico nel 2004, e un bronzo nel 2008, un argento mondiale nel 2002, due edizioni della FIBA Americas Championship.

E poi, naturalmente, la Virtus. Ci arrivò nel 2000, dopo due anni italiani passati a Reggio Calabria. Aveva 23 anni. Doveva essere un eccellente sesto uomo per una squadra imbottita di campioni. Da fuoriclasse, trovò subito i suoi spazi e dettò le sue regole. In due stagioni bianconere mise in carniere uno scudetto (2001), due Coppe Italia (2001 e 2002), l’Eurolega del 2001, e in entrambe le stagioni fu l’Mvp della Serie A. La prima, il 2001, resterà nella storia della V nera come la stagione del Grande Slam: Eurolega, scudetto e Coppa Italia, un team capace di vincere tutto. Capace di farlo perché imbottito di campioni, nomi e volti indimenticabili: Rigaudeau, Griffith, Sconochini, Andersen, Jaric, Smodis, Abbio, Frosini, Bonora. Guidati dal grande timoniere Ettore Messina, e dal fido scudiero Giordano Consolini, Capace di farlo perché in questo gruppo già fortissimo era atterrato un marziano destinato a scrivere una storia affascinante e irripetibile nel mondo dei canestri: Manu Ginobili.

Questa notte ad applaudire Manu ci saranno tanti compagni della Generacion Dorada, la Nazionale argentina che vinse l’oro olimpico nel 2004. Ci saranno Tony Parker e Tim Duncan, compagni di giorni fantastici a San Antonio. E qui, a Bologna, tutto il mondo bianconero sarà accanto a lui. Che ha chiuso la sua carriera incredibile con parole meravigliose, queste:

“E nulla, ora è arrivato il momento di passare più tempo con mia moglie e con i miei bambini. Di divertirmi in Argentina con la mia famiglia e con i miei amici. Di mangiare la polenta a tavola con mio padre e l’asado con i miei amici. Di passare la seconda metà della mia vita con molte meno responsabilità e senza sforzare troppo il mio corpo, che è l’unico che ho. In definitiva, sfrutterò tutto il tempo a mia disposizione, perché è quello che tutto il mondo non vede l’ora di poter fare e io ora ce l’ho tutto per me, a 41 anni. Grazie a tutti per avermi sostenuto durante questo lungo viaggio.”

I fans di tutto il mondo saranno incoraggiati a partecipare alla celebrazione inviando storie personali, momenti e messaggi sui social usando l’hashtag #GraciasManu.

Indimenticabile Manu, la Virtus ti dice grazie e continua a fare il tifo per te e per la tua nuova vita.

 

 

MANU GINOBILI ENTRA NELLA HALL OF FAME

tratto da bolognabasket.it - 02/04/2022

 

Manu Ginobili entra nella Hall of Fame, nella classe 2022. L’annuncio ufficiale è arrivato pochi minuti fa.

 

Ginobili nella Hall of Fame

GINOBILI NELLA HALL OF FAME NBA, “RINGRAZIO L’ITALIA”

tratto da bolognabasket.it - 03/04/2022

 

Entrato nella Hall Of Fame NBA, Manu Ginobili alla Gazzetta dello Sport ha ringraziato anche l’Italia per il risultato ottenuto.

Da voi i miei coach mi hanno trasformato da giocatore talentuoso e agile, quello che faceva la giocata bella, a un giocatore completo che capisce quello di cui la squadra ha bisogno. Sono diventato più uomo, più giocatore di squadra. Ho sempre apprezzato quello che hanno fatto per me, tanto i coach individualmente come le squadre per cui ho giocato. È’ stata una bellissima esperienza che mi ha permesso di arrivare negli States più capace di affrontare quello che mi aspettava qui, un coach come Popovich e una squadra come gli Spurs”


 

 

Luglio 2023: il ritorno di Manu alla Porelli

OGGI È IL GIORNO DELL’INGRESSO DI MANU GINOBILI NELLA NAISMITH BASKETBALL HALL OF FAME

sportando. basketnball - 10/09/2022

 

Oggi è il grande giorno per l'argentino, il nome più noto della Classe 2022.

Manu Ginobili, due volte All-Star e quattro volte campione NBA, ha commentato con queste parole la notizie del suo ingresso alla Naismith Basketball Hall of Fame.

“Ci sarà forse una probabilità su decine di milioni….Le probabilità sono molto, molto basse, ed è successo a me. Non so come mai, ma è capitato a me.

“Mi è capitato di essere una parte importante di due squadre iconiche di questi due decenni sia della FIBA che della NBA. Sono stato incredibilmente fortunato a farne parte”.

 

Oggi è il grande giorno per l’argentino, il nome più noto della Classe 2022. Insieme a lui tra gli altri anche Tim Hardaway, il coach NCAA Bob Huggins, il sesto allenatore più vincente della NBA di tutti i tempi George Karl, la giocatrice Swin Cash e l’arbitro Hugh Evans.

Ettore Messina, che sarà a Springfield per l’occasione, ha raccontato a NBA,com la stagione 2000-2001 di Ginobili alla Virtus Bologna.

“(Dopo il ritiro di Sasha Danilovic) Da un momento all’altro Manu diventò la nostra guardia titolare. Al debutto in Euroleague non segnò nemmeno un canestro dal campo, solo sei tiri liberi. Zero punti su azione. Perdemmo ad Atene sulla sirena. Ricordo che uscii dal campo e dissi ai miei assistenti: ‘Ascoltate, se questo è il nostro go-to-guy, questa sarà una lunga stagione'”.

Ma poi venne fuori la natura competitiva di Ginobili.

“Successe esattamente il contrario….Eccezionale. Continuò a crescere e migliorare, fino ad esser eletto MVP alla fine della stagione in EuroLeague. Quindi passò dal segnare zero punti dal campo nella partita d’esordio all’essere l’MVP in otto mesi. Davvero notevole”.

Vedevamo Manu giocare con il suo entusiasmo, il suo sorriso, la sua aggressività, cadere a terra e per poi saltare in piedi e correre di nuovo…..La sua energia finì per contagiare tutti”.

R.C. Buford, CEO degli Spurs che decise di scegliere Ginobili al n.58 del Draft NBA 1999, non ha dubbi: “Si tratta del giocatore più competitivo che abbiamo avuto a San Antonio…La sua passione per il gioco, per i suoi compagni di squadra, per la vita…”.

Nel Draft 1999 gli Spurs erano indecisi tra Ginobili e il playmaker Lucas Victoriano, alla fine la scelta cadde su Manu perchè – parole di Buford- ‘All’epoca non pensavamo di poter convincere Pop a far giocare un playmaker straniero’.

Da lì è iniziata l’incredibile carriera NBA dell’argentino, il resto è storia…

I CANESTRI DECISIVI DEI GIOCATORI DELLA VIRTUS - DICIANNOVESIMA PUNTATA: EMANUEL GINOBILI

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 12/05/2023

 

Due stagioni, due Coppe Italia, uno scudetto, un'Eurolega, ma anche punti decisivi nella Virtus, prima di volare in NBA  a mietere altri trionfi:

  • firmò la tripla del sorpasso nel supplementare contro Lubiana in gara uno dei quarti di Eurolega vinta 80-79 nel 2001;
  • nella stagione successiva, con un libero a 9" dalla fine a Faenza contro la Filattice Imola, completò la rimonta vincente della Kinder: da 61-69 a 70-69.