MUSEO

 

IL LOUVRE BIANCONERO

di Stefano Benzoni - Superbasket speciale derby 2008/09

 

Quando entri capisci di non essere in un posto qualsiasi. L'attenzione viene magnetizzata da due foto che coprono interamente la parete dalla parte opposta rispetto alle porte: in quella a sinistra sei grandi protagonisti dello scudetto bianconero del 1976 seduti in panchina esausti, ma felici ed emozionati come coach Dan Peterson, Carlo Caglieris, Gianni Bertolotti, Marco Bonamico, Gigi Serafini e Terry Driscoll, mentre a fianco sulla destra il "Duca Nero" Jim McMillian in trionfo al Pianella di Cantù dopo gara2 della finale scudetto del 1980 vinta dalla Sinudyne di Terry Driscoll. L'impatto con il Museo Virtus è questo: chiaro, immediato e indubbiamente piacevole. Subito un tuffo nei ricordi - e che ricordi - per i tifosi che visitano questa esposizione di cimeli, memorabilia, foto e video dei primi anni 80 di storia virtussina (le ottanta candeline il club le spegnerà nel 2009). Un'idea partorita dalla mente sempre in fermento del vulcanico patron Claudio Sabatini e che lui stesso considera "abbastanza banale". Come, scusi? "Quando abbiamo deciso di investire nella struttura del palazzo e si acquistarlo, accanto ad un progetto tecnico importante ed una squadra forte sarebbe stato assurdo presentarsi in un impianto che non si meritava tutto questo. La Futurshow Station è un contenitore culturale e, assodato questo, quella del Museo Virtus è stata un'idea abbastanza banale: non tutti possono creare un museo, perché sono in pochi ad avere una storia fatta di trofei ed una bacheca come quella della Virtus". Però anche quelli che hanno una bacheca più ricca o una storia analoga, al museo non hanno pensato. "Senza avere a disposizione un vero e proprio spazio museale, ma utilizzando un sottotribuna ed un mezzanino, in 40 giorni abbiamo avuto l'idea, lo abbiamo realizzato ed inaugurato".

Rispetto a quanto succede a Madrid e a Barcellona dove si paga l'ingresso, l'accesso al museo è gratuito, basta avere il biglietto per andare alla partita. ed è un luogo che tutti i tifosi virtussini dovrebbero visitare, magari più di una volta soffermandosi di fronte ad ogni immagine, ad ogni foto, ad ogni video, ad ogni frammento di storia. Curato da un ex giocatore della Virtus come Riccardo Morandotti, personaggio che dieci ne fa e cento ne pensa, è stato realizzato grazie anche al contributo di tutti i possessori di maglie, tute, fotografie, qualsivoglia cimelio in grado di trasudare storia virtussina e che mese a disposizione del club perché creasse questa sorta di Hall of Fame bianconera. Quello che stupisce e che va riconosciuto come merito a coloro che hanno ordinato tutto il materiale esposto, è il fatto che il Museo Virtus occupi una sorta di lungo e largo corridoio nel primo anello della Futurshow Station all'altezza del settore "distinti" con le pareti oblique da una parte e dall'altra, le scalinate ed una situazione logistica non proprio ideale. Nonostante questo il museo regala emozioni quasi ad ogni passo.

Escludendo lo shop, dove è possibile acquistare prodotti con il marchio Virtus (cuscini, polsini, cuffie, portachiavi, spille, completini e bavaglini per neonati o quasi, guanti, tazze, sciarpe, cappellini, tappetini per il mouse, canottiere da gioco double-face, zaini, felpe e camicie, bianche, nere, con la V sul taschino, di buona fattura ed anche eleganti), le immagini ad altezza naturale del più piccolo della squadra, Earl Boykins, e del più alto, Sharrod Ford, o le scarpe di Roberto Chiacig (quasi delle pinne), tutte le altre zone-Virtus regalano ricordi e sensazioni particolari. A partire dalle enormi foto che occupano quasi una mezza parete dedicate alle leggende bianconere some Brunamonti, Cosic, Ginobili e McMillian, a quella che ritrae il tiro da quattro punti di Sasha Danilovic contro Dominique Wilkins in gara5 del derby-scudetto del 1998, alla foto del tabellone di un derby che in Fortitudo non amano troppo ricordare: il 101-60 della Coppa Italia 93-94. Poi ci sono altre sezioni che meritano un'attenzione particolare: quella "Ieri Oggi Domani" con le squadre Virtus del passato, del presente ed i giovani protagonisti del domani, la sezione "Derby" dedicata alla stracittadina, quella dedicata ai tifosi, quella "Virtus rosa" dedicata alle tifose (ai tempi della Virtus di Porelli le più belle signore di Bologna impellicciate, ingioiellate e comodamente sedute in parterre molto spesso erano più ammirate ed applaudite dei giocatori in campo: un vero spettacolo nello spettacolo) e quella che omaggia i "Grandi rivali" nella storia della V nera, "un riconoscimento generale, complessivo e meritato a tutti i grandi del basket e quindi di conseguenza a tutto il basket italiano", sottolinea orgoglioso Sabatini. Senza dimenticare poi la parete con le foto dei vari impianti dove le V nere hanno giocato, da Santa Lucia, alla Sala Borsa, fino ad arrivare al "Madison" di Piazza Azzarita, per decenni il salotto del basket italiano. Così come le doto ed il video di incontri disputati 50 o 60 anni fa, e anche più indietro nel tempo, per non dimenticare quelli che hanno cominciato l'avventura e la storia della Virtus, uomini e giocatori che quelli di oggi dovrebbero sempre ringraziare per quello che hanno fatto. Poi ci sono gli schermi touch-screen, quelli che con la sola imposizione di un dito, ingrandiscono la foto che si desidera vedere. E ce ne sono di bellissime.

Ma la perla riguarda i video con i momenti più memorabili della storia del club. E allora è bello e suggestivo rivedere frammenti, azioni, giocatori e volti delle vittorie più belle e importanti. Lo scudetto della stella conquistato nel giugno del 1984 a Milano (nel dopo gara un giovane Andrea Bassani intervita l'avvocato Porelli mentre Enrico Campana fa lo stesso con un raggiante Alberto Bucci). L'arrivo di Danilovic con la prima conferenza stampa di Alfredo Cazzola, il tris di vittorie nel 1993, 1994 e 1995 con i canestri di Sasha, le incursioni di Brunamonti e la bomba di Damiano Brigo, passando attraverso la mitici finale del 1998, la Kinder vincitutto nel 2001, fino alle gioie più recenti, come la vittoria di Montegranaro ed il ritorno in A. Stessa cosa per la storia europea del club. Ed allora è piacevole tornare con la memoria a Firenze ed alla vittoria in Coppa Coppe del 1989 contro il Real Madrid allenato da un certo George Karl, ai trionfi in Coppa Italia a Forlì con Richardson e Ginobili protagonisti, ed ovviamente ai trionfi di Barcellona e di Bologna rispettivamente contro Aek e Tau, i due più importanti trionfi europei della Virtus. Ed è anche buffo, oltreché significativo, ammirare un Ettore Messina appena nominato capo allenatore della Virtus intervistato da Alberto Bortolotti in una giornata d'estate in Piazza Maggiore, o Giordano Consolini con qualche chilo in più, Renato Pasquali quasi uguale ad oggi, Paolo Francia e Messina sotto la doccia, o Alfredo Cazzola con la capigliatura, da Napo Orso Capo. E poi immagini che stringono il cuore come quelle del Prof. Grandi e di altri personaggi che non ci sono più ma che hanno scritto pagine di storia del club. Ora tutte racchiuse in questo Museo Virtus, l'ultima chicca che Claudio Sabatini ha voluto regalare al popolo virtussino ed ai tifosi che hanno la V nera nel cuore.

LA CURIOSITA'

Fra le 108 fotografie di tutti i giocatori più importanti (e non) della storia della Virtus che, a terra e sulle colonne formano quasi una linea retta che divide in due il Museo Virtus, ne mancano tre: su tutte quella di Tom McMillen, straordinaria ala-centro i 2.12 che nella stagione 74/75, pur facendo avanti-indietro con Oxford, chiuse con 30.4 punti di media nella Sinudyne di Dan Peterson che chiuse quarta. Al suo posto (l'ordine è alfabetico) compare Terry Driscoll (che così c'è due volte), grande giocatore prima e allenatore poi, che ha vinto due scudetti in due campionati. Mancano anche altri due americani che hanno vestito la maglia bianconera: Owen Wells, la guardia che conquistò lo scudetto nel 1979 e Orlando Woolridge, stella della spettacolare squadra (soprattutto all'inizio) nella stagione 95/96. Se ci sono giocatori di secondo piano come Daniele, Lanza e Righi, un posticino lo meritano anche quei tre che qualcosina per la V nera hanno fatto.

MESSINA TAGLIERÀ IL NASTRO DEL MUSEO VIRTUS

di Massimoi Selleri - Il Resto del Carlino - 01/09/2008

 

Sara’ Ettore Messina a inaugurare, il 13 settembre al Futurshow Station, il museo dedicato alla storia della Virtus. Due Euroleghe, 3 scudetti, 1 Coppa delle Coppe e 3 Coppe Italia sono il bottino che il coach del Cska Mosca ha conquistato sulla panchina bianconera da primo allenatore. In altre parole non ci potrebbe essere persona migliore per tagliare il nastro di un museo che illustra, passo dopo passo, l’esistenza e le vicissitudini della squadra virtussina, dal lontano 1927, anno della sua fondazione, ai giorni nostri.

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Claudio Sabatini presenta a Dan Peterson il Museo

 

INAUGURATA LA PRIMA SEZIONE DEL MUSEO VIRTUS

tratto da www.virtus.it - 13/09/2008
 

Sabato pomeriggio Claudio Sabatini ha inaugurato la prima sezione del Museo Virtus. A questo importante momento, che ha aperto i festeggiamenti per l'80° compleanno di Virtus Pallacanestro Bologna, hanno partecipato molte stelle della storia bianconera come Porelli, Danilovic, Bucci, Messina, Peterson, Canna, Di Vincenzo, i campioni della Prima Squadra capitanati da Giovannoni, alcuni rappresentati delle istituzioni come Venturi, Cevenini, Gamberini e Zamboni, e l'amica Nicoletta Mantovani.

Le Vu Nere festeggiano 80 anni di vita con una doppia inaugurazione: la nuova Casa Virtus e il Museo Virtus.

Cuore di Futurshow Station, struttura polivalente progettata dal Gruppo Sabatini, Casa Virtus, si presenta con un'arena ridisegnata all'insegna della passione bianco/nera, per esaltare lo spettacolo e le emozioni che il basket sa regalare.

I lavori, iniziati a giugno, saranno completati a fine stagione. Ma già oggi, il cambiamento è di forte impatto. A cominciare dagli ingressi che offrono una prospettiva completamente diversa. Si entra dalla parte alta della cupola - non più dal basso come nella vecchia struttura - e ci si sente subito immersi in un'onda bianconera formata dagli anelli degli 8.600 posti (12.000 a fine lavori) con schienale, rigorosamente bianchi. Lo sguardo, tolto l'ingombrante tabellone centrale, punta direttamente al parquet, su cui sembra affiorare la mitica stella delle Vu Nere. Un omaggio al marchio di una società che in 80 anni ha scritto la storia del basket in Europa.

Basterà però guardare verso l'alto per capire che Virtus è fiera del suo passato, ma pensa al futuro. E adotta tutti gli strumenti che la tecnologia offre per comunicare. L'arena è sovrastata da sei megaschermi di 6,70x5 metri ciascuno programmati da una postazione di regia centrale, che coordina anche i led bordocampo e le luminose per trasformare un incontro di basket in un grande spettacolo, dal prepartita alla conferenza stampa degli allenatori a fine incontro. Punteggi, dati, statistiche, informazioni su iniziative speciali ed eventi, immagini e suoni si alterneranno a ritmo coinvolgente.

Telecamere fisse puntate all'uscita degli spogliatoi, e lungo il tunnel che i giocatori percorreranno per emergere direttamente in campo, saranno gli occhi indiscreti in grado di rubare le emozioni che i campioni provano un attimo prima della gara e di farle vivere in diretta a tutti i tifosi in arena.

Cablaggio della struttura per ricevere messaggi via bluetooth, dotazione di un'americana composta da tre ring di 500 metri quadrati per una portata totale di 500 quintali, e soprattutto modularità degli spazi rendono Casa Virtus all'altezza delle più grandi e moderne strutture al mondo, capace di ospitare, oltre a eventi sportivi di livello internazionale, eventi musicali, esposizioni, congressi, manifestazioni culturali, set televisivi, ecc.

La prima partita giocata sul parquet della nuova Casa Virtus, lunedì 15 settembre con il CSKA Mosca, è l'occasione per inaugurare anche la prima sezione del Museo Virtus, un museo in progress che celebra i momenti storici e gli uomini che li hanno segnati, mostra i luoghi, raccoglie le curiosità, le testimonianze, le speranze, mescolando passato, presente e futuro. Immagini impresse nella memoria di chi ama le Vu Nere, e immagini assolutamente inedite, tutte da scoprire, raccolte e selezionate da Riccardo Morandotti che ha messo a disposizione il suo archivio e chiesto la collaborazione di fotografi, giocatori, allenatori, virtussini doc. Grazie al suo lavoro si completeranno via via gli spazi del Museo, organizzati per aree tematiche e sarà pubblicato un volume dal titolo Virtuspedia.

Allenatori, Giocatori, Legend, Luoghi storici, Derby, Maglie, Cambi Maglie, Scudetti, Coppe, Stella, Tifosi sono alcune tra le sezioni previste, tante immagini che si snodano in un percorso originale e interattivo. Alla Stella è dedicato un omaggio speciale, un'opera dell'artista Davide Nido.

L'allestimento del Museo, realizzato a tempi da record grazie alla competenza del Gruppo Sabatini, e alla collaborazione di Logital, rispecchia l'obiettivo del progetto, quello di essere un Museo interattivo, non un deposito di memoria ma un ambiente vivo, in continuo progress, pronto a ospitare nei propri spazi i contributi di tutti quelli che hanno legato un piccolo pezzo della loro vita alla vita delle Vu Nere.

Un Museo coinvolgente per chi segue la stella Virtus da anni ma anche per chi assiste, magari per caso, per la prima volta, a una partita di basket.

Un Museo per chi ha 80 anni, quanti ne festeggia Virtus e avrà gli occhi lucidi nel riconoscersi in una fotografia. Ma anche un Museo per chi di anni ne ha 8 e si piazzerà davanti a uno dei touch screen installati navigando, a suo piacimento, tra le migliaia di immagini archiviate, e con questo gesto inizierà a scrivere una nuova storia d'amore: quella che lega ogni tifoso alla squadra del cuore.


 

LE MIE CONSIDERAZIONI SUL MUSEO

di Roberto Cornacchia per Virtuspedia

 

Non fregherà niente a nessuno, ma trovo che la concezione del Museo sia sbagliata, con un ordine alfabetico che si vorrebbe onnicomprensivo che lo rende osboleto a ogni nuova stagione, costringendo, per mantenere il corretto ordine, a rifarlo ex-novo di continuo. Sarebbe stato molto più semplice e logico mettere i giocatori per epoca, in modo che sarebbe bastato aggiungere la foto di gruppo della nuova stagione o i nuovi giocatori del periodo per non lasciare buchi scoperti. Essendo stato completato nella stagione 2008/2009, ora mancano tutti i personaggi che hanno scritto la storia della Virtus a partire dalla stagione seguente.

Alcuni errori, da me scovati oltre a quelli segnalati nell'articolo soprariportato:

- il più grossolano (Voluto? Ma se è storico non ci dovrebbero essere "revisionismi"...) riguarda gli allenatori, dove appare Scariolo (ingaggiato da Madrigali prima della radiazione e mai sedutosi su una panchina bianconera) mentre manca, clamorosamente, Pillastrini, che pure è stato fortemente voluto dallo stesso Sabatini che il Museo l'ha fatto costruire. Stranamente c'è anche due volte la foto di Nico Messina.

- Nella sezione derby, sotto alla foto di Lombardi appare il nome di Cosmelli;

- In ordine alfabetico, all'altezza di quello che dovrebbe essere Borghetti (giocatore degli anni '60), c'è invece Roberto Raffaele, giocatore della stessa epoca.

Due delle vecchie canottiere in mostra nella teca sono le mie: la canotta n. 6 bianca con piccole strisce nere ai lati della Sinudyne dei primi anni '70 e la n. 14 della Granarolo della stagione 1983/84, regalatemi dal Prof. Giorgio Moro - preparatore atletico di quel periodo - mentre un'altra (una canottiera Sinudyne degli anni '70 con degli insoliti bordini colorati) è del mio amico Franz (che l'ha avuta tramite la Signora Porelli). Da noi fornite a Morandotti, curatore del museo assieme a Vincenzo Ritacca, il quale le mise in esposizione ma poco dopo ruppe definitivamente i rapporti con Sabatini. Questi cimeli, a cui siamo affezionati, sono stati concessi perché rimangano a disposizione del pubblico e non perché spariscano nelle case di qualcuno, come è successo con alcune coppe.

 

SABATINI APRE LA NUOVA CASA VIRTUS

di Walter Fuochi - di la Repubblica - 14/09/2008

 

Sfiorando da soli la maggioranza assoluta degli scudetti Virtus, 7 di 15, la metà meno uno, i tre tenori s´aggirano incantati tra maxischermi e gigantografie, un po´ piegati dagli anni in più, ma certo ringiovaniti da quelle effigi che in eterno rimandano feste, gioie e trofei di chi, all´epoca, li pilotò dalla panchina. C´è Dan Peterson che vinse il titolo del ‘76, e «la Virtus lo farà solo se crollerà il tetto di Masnago», vaticinò al mattino la tremendissima stampa lombarda, e invece a sera, a Varese, non servì nessuna Protezione civile. C´è Ettore Messina, che ha meno ricci e un braccio ingessato, rispetto a quando fece suoi i titoli del ‘93, del ‘98 e del 2001. E c´è Alberto Bucci che, solcando una sezione della galleria tutta per sé, riapre il guardaroba delle sue folli giacche colorate: «La stella», si chiama, e fu uno scudetto tra i più attesi e sofferti (´84, poi vinse pure quelli del ‘94 e del ´95).
Sarebbe giornata di allenatori, alla ‘vernice´ del Museo Virtus, ma a Sasha Danilovic che fa sapere che verrebbe volentieri non si può non spedire l´invito, cosicchè ora può schivare il gruppo in visita guidata e girare da solo: non si è Zar per niente e non si ha per niente la foto più enorme del museo (il tiro da 4, va da sé). C´è Ricky Morandotti che si issa in spalla il piccolo Elia, ci ha messo quasi tutte le foto in mostra e avrà un suo shop per vendere ricordi. Ci sono tanti vecchi virtussini. E ci sono, in divisa, i nuovi, pure un po´ spiegazzati dalla ripassata della sera prima con Siena. C´è infine Claudio Sabatini, che fa molto il cicerone e poco il gigione, perché questo museo è molto roba sua ed essendo molto bella lo premia nelle lodi di chi è venuto a vederlo. L´ha pensato e voluto, all´ex PalaMalaguti che si chiamerà Futurshow Station, «come un percorso obbligato per chi entrerà nella nostra arena e capirà subito in che casa si trova». La casa d´una società che compirà 80 anni nel 2009, che «è qui grazie a tutti quelli che ci hanno vissuto e soprattutto grazie a Gigi Porelli», che questa nuova casa, monca fino all´anno venturo, già però la intravede: splendida, avveniristica, confortevole. L´ovvia battuta circolante è che, a fare il suo mestiere, Sabatini è un drago: l´allestitore di stand, mica il presidente di basket.
La casa è tutta bianca e nera: perfino il campo di gioco, perché nere sono le aree e quasi candido il parquet sbiancato e solo decorato con tante Vu e tante stelle in una sovrimpressione in stile jacquard. Sei maxischermi campeggiano a parete, la novità sarà quello che terrà per mano il pubblico fino alla partita esplorando, da un´ora prima, il backstage: spogliatoi, tunnel e dintorni. Spariranno invece i trofei pendenti dal soffitto. «Sarà tutto su video», dice Sabatini, che deve averci pure, nell´impianto, flessibilità estrema: non ospiterà solo sport, è noto, ma concerti, convention, spettacoli.
«Grazie a chi m´ha sopportato», dice a chi ha ammucchiato notti bianche, per tagliare questo nastro. Poi fa le sue battute. «Quando comprai il Malaguti mi dissero che nel sottotetto doveva esserci rimasto un angelo, ma non l´ho trovato», e bisognerebbe ricordare la storia di quando, casa di entrambe le squadre, un tifoso fortitudino issato lassù in veste da cherubino avrebbe dovuto calarsi nel vuoto recando lo scudetto ai suoi eroi: quello mai vinto, nel terribile anno ‘98. Meglio seguirlo sulle mappe, il patron. Il museo è al secondo piano, dove ora è l´ingresso per il parterre (lato opposto al parcheggio grande): ci si soffermerà andando al campo. Ieri, s´è detto, era giorno d´allenatori. In carne ed ossa e in immagine, fissa o mobile, nella galleria. Si notava qualche dimenticanza, ma s´è pure detto che il lavoro è in progress: manca Bob Hill, Pillastrini c´è solo in una foto su touchscreen. E spicca un´inquietante presenza: Scariolo, accanto a Pasquali, dà corpo alla dilagante chiacchiera cittadina su futuri ribaltoni e a qualche celato imbarazzo. Ma non è un falso storico, se don Sergio fu, per pochi giorni della calda estate 2003, coach virtuale della Virtus passata da Madrigali a Sabatini. Ecco, mettiamola così.